Marziale uomo dalle mille contra
 

 

 

 

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Pietro Rapezzi, Marco Valerio Marziale. Temi e forme degli Epigrammi, pag. 144, Edizioni Helikon, Arezzo, novembre 2008

 

Marziale uomo dalle mille contraddizioni, Marziale poeta in cui mille antinomie si delineano e si fondono, creando un caleidoscopio di temi e di toni: è questa la chiave di lettura che Pietro Rapezzi, già docente di lettere e noto studioso che ha già al suo attivo importanti saggi e pubblicazioni, ci propone nel suo agile e interessante volume, ove a una prima parte di presentazione della figura del poeta e delle tematiche da lui trattate segue una seconda parte antologica, con la traduzione italiana poetica originale di una nutrita serie di epigrammi (dei quali viene fornito il testo a fronte). Per disegnare il profilo del poeta si deve guardare «questa indissociabile compresenza di elementi contrastanti», questa «ambivalenza perennemente irrisolta» (pag. 7).

Il volume ha il merito di farci riflettere su una figura che è stata trattata in modo spesso sbrigativo e superficiale da molta critica. Hanno nuociuto alla fortuna recente del poeta le due letture antiteticamente parziali di Lessing e di Croce (pag. 8 e ss.): la prima ha valorizzato soprattutto l'elemento scommatico, la seconda ha cercato di enucleare all'interno della produzione comico-satirica «pregiudizialmente impoetica» i momenti lirici, che sarebbero i soli meritevoli di attenzione. Ancora, nella produzione di tipo scommatico si è visto un ripetitivo ricorrere di uno schema fisso, per cui a una descrizione che tende a creare un'attesa corrisponde inevitabilmente una risoluzione (Aufschluss) sarcastica. Questo tentativo di fare rientrare gran parte della produzione del poeta in uno schema prefissato e rigido è in sostanza privo di corrispondenza nella realtà: spesso la prima parte, quella dell'attesa, è essa stessa canzonatoria, nei tratti caricaturali con cui la realtà o i vari personaggi sono rappresentati, e la conclusione spesso non fa altro che trarre una conseguenza, in modo che pare naturale e quasi inevitabile, di quanto è stato detto in precedenza: in vari casi però la risoluzione è evitata con l'introduzione di un elemento inatteso (aprosdóketon). Il tentativo di sceverare, spesso con criteri discutibili, il grano dal loglio all'interno degli epigrammi di Marziale, ha fatalmente finito da una parte per disarticolare una raccolta in cui il lettore non disattento percepisce comunque un respiro unitario e dall'altra per circoscrivere a un limitato numero di componimenti il "Marziale da leggere", respingendo nel limbo della "non-poesia" il resto della raccolta. Questo ha avuto un peso anche nella tradizione scolastica, che spesso fa di Marziale una voce poetica di scarsa rilevanza, meritevole,  nelle storie della letteratura latina attualmente circolanti, di poco più di un accenno fugace e di un giudizio al massimo indulgente. Peggio ancora, molti epigrammi sono stati e sono usati come composizioni da proporre ai principianti di latino, nella convinzione, assolutamente erronea, che si tratti di brani di facile lettura in grazia della loro brevità e del loro carattere apparentemente spiritoso per la presenza di una battuta conclusiva, senza curarsi del fatto che alle spalle di Marziale c'è una tradizione epigrammistica largamente praticata da secoli che ha codificato in maniera sensibile il genere e che ogni frase e ogni parola del poeta risente di antecedenti letterari profondamente riletti e rifatti propri (in qualche caso anche con citazioni letterali di poeti precedenti).

Uomo dalle mille contraddizioni, si è detto. Poeta che rievoca con accenti di grande struggimento la vita agreste, che a Roma, pur percependo il fascino della città dagli innumerevoli palazzi, piena di rumore e di traffico, sogna di poter tornare nella nativa Bilbili, e che poi, tornato nella città a lungo vagheggiata, si ritrova ugualmente triste e spaesato, col rimpianto della grande città ormai lontana. Roma è città che offre possibilità a tutti, e tutti pensano di poter venire e di sfondare, diventando ticchi e famosi: in realtà questa pretesa «solo a tre o quattro rende, la restante | moltitudine è livida di fame» (III 38). A Roma Marziale vive la condizione del cliente (pag. 32 e ss.), e questo rende il più delle volte amara la sua osservazione dei tipi umani, spesso corrispondenti a realtà precise di personaggi di varia condizione ed estrazione sociale che gli stanno intorno. Marziale non è afflitto da povertà: la sua delusione non nasce tanto dalla mancanza di mezzi (v. pag. 13 e ss.), quanto dalla considerazione dello scarso prestigio sociale che la sua professione di poeta gli fa avere, cosicché i pochi guadagni e la necessità incombente di mendicare una cena da sponsor avari e assai poco partecipi ai valori della poesia gli fa sentire l'ingiustizia dell'eccessivo divario tra la sua condizione e i facili proventi di professioni remunerative come quella del citaredo o dell'auriga. Si aggiunga che Marziale è troppo onesto con sé stesso e con gli altri, è nimis poeta, come il Ligurino nel quale si traveste (III 44): tutti gli stanno alla larga, perché è attento osservatore della realtà e dell'umanità, e tutti sanno che ogni minimo difetto non gli sarebbe nascosto e potrebbe diventare occasione di dileggio. Così il poeta deve rendere meno tagliente la sua espressione, fino a ridursi alla condizione di adulatore, con una forzatura della sua indole che lo porta infine alla stanchezza e alla solitudine.

La percezione della brevità della vita è forte in Marziale: il richiamo al poeta latino che più intensamente ha espresso questo sentimento della precarietà umana, Orazio, è spesso sotteso alle composizioni di Marziale, e in qualche caso rievocato in modo palpabile, se non addirittura letterale. Ma Orazio è il poeta del carpe diem, della tensione a vivere l'istante nella consapevolezza della sua irrepetibilità e del suo esserci donato, Orazio è il poeta del presente: Marziale è il poeta del passato, il suo vive hodie e sera nimis vita est crastina si fonda sulla considerazione che unico possesso dell'uomo non è ciò che è, ma ciò che è stato: solum hoc ducas, quod fuit, esse tuum. L'oggi è già tardi, hodie iam vivere, Postume, serum est, come si dice all'amico (V 38) che vorrebbe rimandare sempre a domani l'inizio della vera vita (pag. 26 ss.): un amico che anche nel nome, Postumo, richiama il Postumo di Orazio carm. II 14.

E' difficile dire quanto del libro di Marziale nasca dalla sua emozione e dal suo sentimento, e quanto sia filtrato attraverso la letteratura e la retorica. Questa problematica s'impone tanto nella descrizione e nella rievocazione della vita agreste (la contrapposizione fra la quiete della campagna e il convulso e affannoso trambusto della città è un topos letterario ormai vecchio di secoli al tempo di Marziale) quanto in componimenti assai più impegnativi, come gli epicedi per Erotio (p. es. V 34) ove sincerità e calore sarebbero richiesti dalla serietà e dalla tristezza dell'argomento pag. 49 ss.). Giudizio difficile e destinato a rimanere pur sempre effimero. Al di là di tutto, si deve dare a Marziale il merito di avere radunato nel suo libro una quantità di temi e la descrizione di una umanità varia e caratteristica: per quanto possano avere pesato nei suoi componimenti i riflessi dei modelli che lo hanno ispirato, Marziale sa trovare temi e termini giusti per interessare l'ascoltatore: anche il linguaggio, che usa una quantità di registri, dal plebeius sermo con la sua trivialità fino alla lingua letteraria più elevata, presenta in più di un caso innovazioni interessanti (p.es. il togatulus in X 74 e XI 24). 

Il libro di Rapezzi si compone di due parti fondamentali: nella prima parte viene presentato prima il poeta (Profilo di Marziale, nei due paragrafi L'uomo e Il poeta), poi la sua opera (Temi e forme degli Epigrammi, in dieci sezioni che esaminano i molti filoni dell'opera); nella seconda parte abbiamo una traduzione italiana poetica di una serie di epigrammi poeticamente e tematicamente significativi: la traduzione in metrica italiana rivela un buon uso della metrica italiana tradizionale da parte del Rapezzi, che ci offre endecasillabi e settenari di buona fattura, tali da rendere al lettore italiano una immagine fedele e viva del poeta latino. Anche la scelta del registro e dei vocaboli corrisponde al tono degli originali, che vengono resi in modo adeguato e permettono anche al lettore con poca esperienza di latino di accostarsi alla figura di Marziale. Le due parti sono separate da un'utile Nota bio-bibliografica, con indicazioni aggiornate ed esaurienti. Gli studi di autori precedenti sono presentati e discussi in modo approfondito: il Rapezzi unisce in modo equilibrato alla disamina critica delle bibliografia e all'indicazione dei risultati acquisiti dalla critica precedente una lettura personale spesso innovativa della figura di Marziale.

 

 

 

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