"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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Il libro Cultura classica e ricerca del divino. Di fronte alla Tragedia greca di M. Morani e G. Regoliosi si propone di offrire una rilettura della tragedia greca riscoprendo nel teatro antico quell'ansia di capirenil significato della vita e del proprio operare che pervade la cultura greca. Si tratta di un volume di 152 pagine edito da "Il Cerchio iniziative editoriali" di Rimini" nella collana l'Altrotesto. Il libro si compone di quattro capitoli (La tragedia greca, Eschilo, Sofocle, Euripide) ed è completato da Esercizi per l'analisi e l'approfondimento del testo e da una nota bibliografica. Per l'impostazione, il taglio, il linguaggio adottato il testo risulta particolarmente adatto per l'utilizzazione didattica (sia nello studio della letteratura sia nella lettura della tragedia sia anche in vista dei percorsi per l'esame di maturità).
Dal primo capitolo:
(...) Due caratteri si riconoscono come distintivi della tragedia greca: la sua autenticità e la sua originalità. Con autenticità intendiamo dire che, tra tutte le manifestazioni artistiche greche, la tragedia è tra quelle che più compiutamente rappresentano il modo di pensare e il mondo ideale dell’uomo greco o, per meglio dire, della civiltà greca in un momento specifico del suo sviluppo storico-culturale. Esiste un legame inscindibile fra tragedia e mondo della polis ateniese: la cultura dell’Atene classica costituisce lo sfondo culturale sul quale la tragedia poggia e ne è condizione essenziale. Non potremmo leggere e capire una tragedia, se non tenessimo adeguatamente conto di questo. La nascita e il momento di massima fioritura della tragedia coincidono cronologicamente e idealmente con l’organizzarsi di un sistema di ideali che contraddistingue in modo preciso l’esperienza di Atene in quel variegato e molteplice insieme culturale a cui in modo generico (e largamente approssimativo) diamo nome di civiltà greca. (...) Eppure, anche una volta stabilito tutto questo, quando ci chiediamo: «Che cosa è la tragedia greca?», dobbiamo confessare la nostra incapacità di dare una definizione sintetica. È difficile individuare, dal punto di vista delle tematiche e dei contenuti, elementi comuni che convengano a tutte le tragedie; riconosciamo una sostanziale unità di fondo sfaccettata in una straordinaria molteplicità. Potremmo limitarci agli aspetti strutturali, e affermare che la tragedia greca è caratterizzata, oltre che dal suo carattere teatrale (per cui le azioni sono rappresentate e imitate, non descritte: è un’azione, un drâma, non un racconto), per esempio da un certo numero (variabile nel tempo) di attori, dalla presenza del Coro, da una scansione alternata di parti dialogate e di parti corali, da un codice che impone l’uso di registri linguistici diversi nelle parti dialogate e nelle parti corali (le prime si rifanno almeno inizialmente alla lingua della tradizione poetica epico-ionica, per avvicinarsi sempre più alla lingua di Atene; le seconde sono più legate alla tradizione della lirica corale, e quindi modellate, sia pure in modo sempre più vago, secondo una norma linguistica che accoglie elementi in dialetto dorico), dall’uso di determinate forme metriche (diverse per il dialogo e per le parti corali), da determinati costumi e maschere, e altri aspetti esterni di questo genere. Ma se passiamo allo spirito che anima la tragedia, quando, in una parola, ciò che vogliamo definire non è la tragedia, ma il senso del tragico, allora il discorso si fa molto più problematico.
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