"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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Giovanni Paolo II, l’Europa e la cultura classica (da Zetesis, 1996, 2, con aggiornamenti) A più riprese nel
corso del suo lungo pontificato Giovanni Paolo II ha insistito sulla necessità
cite l’uomo europeo sia cosciente della tradizione di valori che forma l’identità
culturale del nostro continente e ha richiamato a una fedeltà e continuità nei
confronti di questi valori. Solamente a queste condizioni è possibile il
progetto di una “nazione europea” che non sia fondato su logiche puramente
mercantili. Secondo l’insegnamento del Papa, l’apporto fondamentale alla
formazione dell’identità culturale europea è stato dato dal Cristianesimo
(tanto che non sarebbe concepibile un’identità europea che prescindesse dai
valori e dalla tradizione cristiana), ma viene ampiamente ribadita l’importanza
della cultura classica. In particolare, i grandi personaggi che hanno
contribuito in misura determinante alla formazione dell’identità europea (per
esempio San Benedetto) hanno ricevuto la grande eredità culturale del pensiero
latino o greco. Al fondo dell’insegnamento di Giovanni Paolo II vi è il
richiamo a non ritenere che l’inizio dell’identità culturale europea sia da
porre nell’Illuminismo, che viene visto conte un momento di deviazione o di
rottura più che di continuità: il vero volto dell’anima europea va riscoperto
nei secoli che precedono l’Illuminismo, non in quelli che lo seguono. Di questa dottrina
articolata e profonda rechiamo qui alcuni stralci (quelli che presentano
maggior interesse ai fini immediati del nostro lavoro), scelti, senza alcuna
pretesa di completezza, all’interno di un corpo di scritti e di interventi
molto ampio e ricco di sollecitazioni. Ma voi avete voluto riflettere in particolare sul diritto alla vita del concepito e il destino dell’Europa. È facile notare la stridente contraddizione che v’è fra la legalizzazione dell’aborto, ormai in atto, purtroppo, in quasi tutta l’Europa, e ciò che costituisce la grandezza della cultura europea. Questa, che ha le sue fonti maggiori nell’eredità greca e latina, ha trovato nel cristianesimo l’illuminante apporto che le ha consentito di spingersi verso traguardi di superiore grandezza. Col cristianesimo l’Europa ha scoperto la dignità di ogni singola persona umana come tale: una scoperta che ha fatto della cultura europea una cultura eminentemente umanistica. Radicata nella latinità, essa è stata la scuola del diritto, inteso come razionale organizzazione del vivere sociale sul fondamento della giustizia. Erede della cultura greca, la cultura europea ha visto nel retto uso della ragione – concepita come facoltà di cogliere la realtà non lasciandosi dominare dai propri interessi particolari – uno dei segni più chiari della grandezza dell’uomo. Ai partecipanti al
Convegno di studio su "Il diritto alla vita e l’Europa", 18 dicembre
1987 La storia della formazione delle nazioni europee va di pari passo con quella della loro evangelizzazione, a tal punto che le frontiere dell’Europa coincidono con quelle della penetrazione del Vangelo. Questa identità europea, dalle radici cristiane, è una realtà che oggi ancora deve sostenere i benemeriti sforzi di tutti coloro che operano per il superamento delle divisioni e per la sparizione dei «muri», che gli uomini hanno così spesso artificiosamente creato. Ai cardinali e alla
Curia romana. 22 dicembre 1989 Tutta l’Europa s’interroga sul suo avvenire, quando il
crollo di regimi totalitari esige un profondo rinnovamento delle politiche e
provoca un vigoroso ritorno delle aspirazioni spirituali dei popoli. L’Europa,
per necessità, cerca di ridefinire la sua identità al di là dei sistemi
politici e delle alleanze militari. Essa si riscopre continente di cultura,
terra irrigata dalla millenaria fede cristiana e, al tempo stesso, nutrita da
un umanesimo laico percorso da correnti contraddittorie. In questo momento di crisi, l’Europa potrebbe essere tentata
di ripiegarsi su se stessa, dimenticando momentaneamente i legami che la
uniscono al vasto mondo. Ma forti voci, dall’Est all’Ovest, la esortano a
innalzarsi alla dimensione della sua vocazione storica, in quest’ora al tempo
stesso drammatica e grandiosa. Spetta a voi, nella vostra posizione, di aiutarla a
ritrovare le sue radici e a costruire il suo avvenire, conformemente al suo
ideale e alla sua generosità. I giovani che ho incontrato con gioia sui cammini
di Santiago de Compostela hanno manifestato con entusiasmo che questo ideale
viveva in loro. Al Pontificio Consiglio
per la cultura, 12 gennaio 1990 Se la memoria storica dell’Europa non si spingerà oltre gli
ideali dell’illuminismo, la sua nuova unità avrà fondamenti superficiali e
instabili. II Cristianesimo, portato in questo Continente dagli Apostoli e
fatto penetrare nelle varie sue parti dall’azione di Benedetto, Cirillo,
Metodio, Adalberto e di una innumerevole schiera di santi. è alle radici stesse
della cultura europea. Il processo verso una nuova unità dell’Europa non potrà
non tenerne conto! Che ne sarebbe, dell’affascinante panorama di questa «Città
dalle cento torri», se vi sparisse il profilo della cattedrale e quello dei
molti monumenti che costituiscono altrettanti gioielli della cultura cristiana?
Come diventerebbe povera la vita spirituale, morale e culturale di questa
nazione, se dovesse esserne escluso tutto ciò che era, è e sarà ispirato dalla
fede cristiana. Ai rappresentanti del
mondo della cultura nel Castello di Praga, 21 aprile 1990 Non ci sono dubbi che alla base dell’Europa degli uomini c’è
l’immagine dell’uomo che la rivelazione cristiana ci ha lasciato e che la
Chiesa cattolica continua ad annunciare e a servire. Si tratta dell’uomo nella
sua piena verità, in tutte le sue dimensioni, dell’uomo concreto, storico, di
ogni uomo compreso nel mistero della redenzione, amato da Dio e destinato alla
grazia, come ho già lungamente esposto nell’enciclica Redemptor hominis. Questa
immagine dell’uomo ha segnato in maniera particolare la cultura europea e sarà
sempre per noi il principio fondamentale di ogni umana dignità. È su questa
base che si costruisce l’Europa degli uomini e dei popoli, e non solamente
quella del progresso materiale e tecnico. Ai giuristi e ai
giudici della Corte europea, 10 novembre 1990 ... gli uomini e le donne di questo vecchio Continente dalla
storia così tormentata devono riacquistare la coscienza di ciò che fonda la
loro identità comune, di ciò che continua a essere la loro grande memoria
divisa. Certo, l’identità europea non è una realtà facile da circoscrivere. Le
fonti lontane di questa civiltà sono numerose, provenienti dalla Grecia e da
Roma, da substrati celtici, germanici e slavi, dal Cristianesimo che li ha
plasmati profondamente. E sappiamo quanta diversità di lingue, di culture, di
tradizioni giuridiche ci sia fra le nazioni, le regioni e anche le istituzioni.
Ma, agli occhi degli altri continenti, l’Europa appare come una sola unità,
anche se questa coesione è meno chiaramente percepita da quelli che la
costituiscono. (...) Sentiamo spesso pronunciare frasi di rammarico nel
vedere i giovani restare in qualche modo estranei alla memoria dei patrimonio culturale
costituito dai popoli europei in più di due millenni. Si prova anche una certa
inquietudine per la conservazione stessa di questo patrimonio. Se parlo
brevemente di questo problema, (...) è perché sono convinto che l’incomparabile
patrimonio culturale di questo Continente non debba essere semplicemente
preservato per restare a disposizione degli sguardi distanti o indifferenti che
si rivolgono alle vestigia. È importante che, da una generazione all’altra, si possano trasmettere, affidare le testimonianze di una cultura viva, le opere, le scoperte e le esperienze che hanno progressivamente contribuito a formare l’uomo in Europa. Ecco perché ci tengo a incoraggiare non solo gli sforzi notevoli compiuti per salvare dalla scomparsa le ricchezze del passato, ma anche gli sforzi per farne la ricchezza di oggi. Al Consiglio d’Europa,
8 ottobre 1988
Per questo, io, Giovanni Paolo, figlio della nazione
polacca, che si è sempre considerata europea, per le sue origini, tradizioni,
cultura e rapporti vitali, slava tra i latini e latina tra gli slavi; io,
successore di Pietro nella sede di Roma, sede che Cristo volle collocare in
Europa e che l’Europa ama per il suo sforzo nella diffusione del Cristianesimo
in tutto il mondo; io, vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale, da
Santiago, grido con amore a te, antica Europa: «Ritrova te stessa. Sii te
stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici. Torna a vivere dei
valori autentici che hanno reso gloriosa la tua storia e benefica la tua
presenza negli altri continenti. Ricostruisci la tua unità spirituale, in un
clima di pieno rispetto verso le altre religioni e le genuine libertà. Rendi a
Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Non inorgoglirti delle tue
conquiste fino a dimenticare le loro possibili conseguenze negative; non
deprimerti per la perdita quantitativa della tua grandezza nel mondo o per le
crisi sociali e culturali che ti percorrono. Tu puoi essere ancora faro di
civiltà e stimolo di progresso per il mondo. Gli altri continenti guardano a te
e da te si attendono la risposta che san Giacomo diede a Cristo: "Lo
posso"». Discorso tenuto a
Santiago de Compostela, 9 novembre 1982 ... migliaia di europei danno l’impressione di vivere senza
memoria spirituale, come degli eredi che hanno dilapidato il loro patrimonio
sacro. (...) D’altronde, riconosciamolo, le prove e le divisioni che hanno
lacerato questo vecchio Continente costituiscono, anch’esse, un pressante
invito per gli europei, li impegnano a ritornare alle fonti della loro storia,
per ritrovare la loro fratellanza comune e la loro cultura indelebile.
Rispettando il pluralismo delle società moderne sappiamo ridare vita e significato
all’eredità cristiana dell’Europa. Eredità non vuol dire passato antiquato,
come se lo immaginano troppe persone che hanno la tendenza a vedere il
Cristianesimo attraverso alcune istituzioni vecchie e sorpassate. Per noi che
lo viviamo, il patrimonio cristiano è sempre attivo e creatore di cultura. Ai partecipanti a un
convegno culturale, 20 aprile 1986 Ma è tuttavia essenziale per l’università, come istituzione,
fare costantemente riferimento al retaggio intellettuale e spirituale che ha
plasmato la nostra identità europea nel corso dei secoli. Qual è questo retaggio? Pensiamo per un momento ai
fondamentali valori della nostra civiltà: la dignità della persona, il
carattere sacro della vita, il ruolo centrale della famiglia, l’importanza dell’istruzione,
la libertà di pensiero, di parola e di professione delle proprie convinzioni o
della propria religione, la tutela legale degli individui e dei gruppi, la
collaborazione di tutti per il bene comune, il lavoro inteso come
partecipazione all’opera precisa del Creatore, l’autorità dello Stato, a sua
volta governato dalla legge e dalla ragione. Questi valori appartengono al tesoro culturale dell’Europa,
un tesoro che è il risultato di lunghe riflessioni, dibattiti e sofferenze.
Essi rappresentano una conquista spirituale di ragione e giustizia che fa onore
ai popoli dell’Europa che cercano di mettere in pratica nell’ordine temporale
lo spirito cristiano di fratellanza insegnato dal Vangelo. Le università dovrebbero essere il luogo speciale per dare luce e calore a queste convinzioni che sono radicate nel mondo greco-romano e che sono state arricchite ed elevate dalla tradizione giudeo-cristiana. È stata questa tradizione a sviluppare un concetto più alto della persona umana vista come immagine di Dio, redente da Cristo e chiamata a un destino eterno, dotata di diritti inalienabili e responsabile del bene comune della società. l dibattiti teologici relativi alle due nature di Gesù Cristo hanno consentito l’elaborazione di un concetto di persona, che è la pietra angolare della civiltà occidentale. All’Università di Uppsala, 9 giugno 1989
La Chiesa e l’Europa sono due realtà intimamente legate nel
loro essere e nel loro destino. Hanno fatto insieme un percorso di secoli e
rimangono marcate dalla stessa storia. L’Europa è stata battezzata dal
Cristianesimo; e le nazioni europee, nella loro diversità, hanno dato corpo all’esistenza
cristiana. Nel loro incontro si sono mutuamente arricchite di valori che non
sono solo divenuti l’anima della civiltà europea, ma anche patrimonio dell’intera
umanità. Se nel corso di crisi successive la cultura europea ha cercato di
prendere le sue distanze dalla fede e dalla Chiesa, ciò che allora è stato
proclamato come una volontà di emancipazione e di autonomia in realtà era una
crisi interiore alla stessa coscienza europea, messa alla prova e tentata nella
sua identità profonda, nelle sue scelte fondamentali e nel suo destino storico. L’Europa non potrebbe abbandonare il Cristianesimo come un
compagno di viaggio diventatole estraneo, così come un uomo non può abbandonare
le sue ragioni di vivere e di sperare senza cadere in una crisi drammatica. V Simposio dei vescovi
d’Europa, 5 ottobre 1982 ... Queste date (scil.
i millenari dell’evangelizzazione della Polonia, 966, dell’Ungheria, 972, e
della Rus’ di Kiev, 988) ci riportano a radici cristiane particolarmente ricche
e ispiratrici perché poggiano sulla stessa fede, si riferiscono alla stessa Chiesa
indivisa e hanno dato linfa a una cultura e a un umanesimo cristiano di
eccezionale valore. Esse sono oggi custodite dalla memoria materna della
Chiesa, la quale ce le ricorda come particolarmente significative e importanti
nella situazione odierna, in cui in alcuni ambienti e da talune correnti di
pensiero si tende a cancellarle dalla memoria e dalla vita. L’amnesia del
proprio atto di nascita e del proprio sviluppo organico è sempre un rischio e
può condurre perfino all’alienazione. D’altra parte, dobbiamo anche considerare che queste radici
comuni sono dicotomiche. Esse, infatti, si sono configurate come due correnti
di tradizioni cristiane teologiche, liturgiche, ascetiche e due modelli di
cultura diversi, non opposti, anzi complementari e mutualmente arricchentisi.
Benedetto ha permeato la tradizione cristiana e culturale dell’Occidente con lo
spirito della latinità, più logica e razionale; Cirillo e Metodio sono gli
esponenti dell’antica cultura greca, più intuitiva e mistica, e sono venerati
come padri della tradizione dei popoli slavi. Sta a noi raccogliere l’eredità di questo pensiero ricco e complementare, e trovare i mezzi e i metodi appropriati per la sua attualizzazione e una più intensa comunicazione spirituale tra Oriente e Occidente. VI Simposio dei vescovi
d'Europa, 11 ottobre 1985 ... egli (San Benedetto), padre dei monaci, legislatore
della vita monastica in Occidente, divenne anche indirettamente il pioniere di
una nuova civiltà. Ovunque il lavoro umano condizionava lo sviluppo detta
cultura, dell’economia, della vita sociale, lì giungeva il programma
benedettino dell’evangelizzazione, che univa il lavoro alla preghiera e la
preghiera al lavoro. (...) Si può staccare il lavoro dalla preghiera e farne l’unica
dimensione dell’esistenza umana. L’epoca contemporanea porta in sé questa
tendenza. Essa si differenzia dai tempi di Benedetto da Norcia, perché allora l’Occidente
guardava indietro, ispirandosi alla grande tradizione di Roma e del mondo
antico. (...) Non si può vivere per il futuro senza intuire che il senso della
vita è più grande della temporalità, che è al di sopra di essa. Se le società e
gli uomini del nostro Continente hanno perso l’interesse per questo senso,
devono ritrovarlo. Possono, a questo scopo, tornare indietro di quindici
secoli`? Ai tempi nei quali nacque san Benedetto? No, tornare indietro non
possono. li senso della vita devono ritrovarlo nel contesto dei nostri tempi.
Non è possibile diversamente. Non devono e non possono tornare indietro ai
tempi di san Benedetto, ma devono ritrovare il senso dell’ esistenza umana
sulla misura di Benedetto. Solo allora vivranno per il futuro. E lavoreranno
per il futuro. E moriranno nella prospettiva dell’eternità. Omelia a Norcia, 23
marzo 1980
Nel Messaggio del Santo Padre al Card. Antonio María
Javierre Ortas In occasione del Convegno per il 1200° anniversario
dell'incoronazione imperiale di Carlo Magno (16 dicembre 2000) il Santo Padre
ravvisava nella figura e nell'opera di Carlo Magno un ideale punto di
riferimento per la nascita dell'Europa moderna, risultante da una sintesi tra
cultura classica e culture germanica e celtica. Cristianesimo e cultura classica
ebbero quell'ampiezza di respiro e quella visione universalistica (non per nulla
la Chiesa prende il nome di cattolica) che poteva favorire una sintesi tra
culture diverse ("grandiosa sintesi ... operata sulla base del Vangelo di Gesù
Cristo" afferma il Papa); nello stesso tempo la cultura classica,
continuata e trasfigurata nella vita e nella predicazione della Chiesa, offriva
ai popoli germanici e celtici gli strumenti per prendere coscienza delle proprie
potenzialità espressive e dare così vita a nuove culture e nuove tradizioni,
sempre nell'ambito europeo Segnaliamo infine
questo breve passo, tratto dal volume autobiografico Dono e mistero (Libreria Editrice Vaticana, 1996, p. 11) in
cui il Papa sottolinea il valore formativo degli studi filologici e
linguistici:
... la mia scelta della Filologia polacca [scil. alla Facoltà
di Filosofia dell’Università Jaghellonica] era motivata da una chiara
predisposizione verso la letteratura. Tuttavia, già durante il primo anno,
attirò la mia attenzione lo studio della lingua stessa. Studiavamo la
grammatica descrittiva del polacco moderno ed insieme l’evoluzione storica
della lingua, con un particolare interesse per il vecchio ceppo slavo. Questo
mi introdusse in orizzonti completamente nuovi, per non dire nel mistero stesso
della parola. La parola, prima di essere pronunciata sul palcoscenico, vive nella storia dell’uomo come dimensione fondamentale della sua esperienza spirituale. In ultima analisi, essa rimanda all’imperscrutabile mistero di Dio stesso. Riscoprendo la parola attraverso gli studi letterari e linguistici, non potevo non avvicinarmi al mistero della Parola, di quella Parola a cui ci riferiamo ogni giorno nella preghiera dell’Angelus: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare i mezzo a noi» (Gv. 1, 14). Capii più tardi che gli studi di Filologia polacca preparavano in me il terreno per un altro genere di interessi e di studi. Predisponevano il mio animo ad accostarsi alla filosofia e alla teologia.
(a cura della Redazione)
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