"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI)

"La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)

 

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I libri di storia antica per il biennio

  

(da Zetesis 1996-1, con aggiornamenti)

 

PREMESSA

Sedici anni fa, uno dei primi lavori di cui si era occupata la redazione della rivista, ancora in attesa di registrazione, era stato lo spoglio dei libri di storia per il biennio. Ci pareva infatti che lo studio della storia antica richiedesse da parte nostra la massima attenzione e vigilanza, giacché costituiva per alcuni tipi di scuola l'unico approccio con la cultura antica, e per licei e magistrali la predisposizione di un orizzonte cronologico, istituzionale e événementiel in cui inserire lo studio letterario.

Rifacciamo adesso lo stesso lavoro, dopo anni rivolti alla difesa della nostra porzione di storia, tesi a dimostrarne l’importanza culturale e didattica di fronte a proposte di soppressione. Siamo partiti con l'idea di affrontare posizioni ideologiche dichiarate e battagliere, metodologie contrapposte, personalità di autori che s'imponessero fin dalla prefazione: la situazione, cioè, del 1980. Al contrario ci troviamo di fronte spesso ad autori evanescenti, che non si dichiarano e neppure si presentano, nomi illustri divenuti bandiera di redazioni affastellate, e addirittura libri senza autori. Il libro stesso si presenta da sé, con la pretesa di essere un work in progress, a cui il discente (l'insegnante nel migliore dei casi, cioè raramente) si presume collabori leggendo, approfondendo, scegliendo percorsi. I fatti sono per lo più ridottissimi, quasi disdegnati, e con essi l'interesse per i nessi, i rapporti causa/effetto, i dibattiti politici, le persone: la scuola degli Annales e l'archeologia forniscono a volte il supporto ideologico per questa operazione spersonalizzante.

In questo panorama è difficile scegliere: a volte testi che ideologicamente non condividiamo (alcuni dei quali recensiti precedentemente) appaiono comunque metodologicamente più seri e credibili di testi la cui matrice ideologica è confusa e ambigua e l'impostazione scientifico-didattica assai discutibile. Altri testi propongono materiale iconografico e letture di grande fascino e pregio ma alla prova didattica risultano difficili da utilizzare. Si vedrà dall'analisi puntuale pregi e difetti di ciascuno.

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L'analisi dei testi è stata resa possibile dalla collaborazione di quelle case editrici che ci hanno inviato la loro produzione recente o comunque in catalogo. Ci siamo basati su una griglia di lettura che presentiamo qui di seguito, con qualche precisazione fra parentesi. Uno studio autonomo è stato riservato alle modalità della presentazione del periodo tardo-antico.

Per motivi di spazio, i testi esaminati sono solo quelli in uso nei licei.

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GRIGLIA DI LETTURA

1) C'è un'introduzione metodologica? qual è la sua validità scientifica e didattica? qual è la posizione ideologica? i presupposti metodologici sono poi messi in pratica nel testo e nelle rubriche?

1b) Com'è strutturato il testo? che ruolo svolgono le rubriche e la parte iconografica? Nel caso esista un'edizione precedente e sia possibile un raffronto, che cosa è fondamentalmente mutato?

2) Com'è impostata la preistoria? (N.B. Troviamo francamente questa parte in grande misura superflua se non pericolosa. È molto semplice operare su dati piuttosto vaghi: ne nasce la tentazione di rischiare apodittiche certezze su evoluzionismo, matriarcato, "buon selvaggio", religione come prodotto sociale, ecc.)

3) L'esposizione storica è svolta per popoli o per orizzonti cronologici? È privilegiata la storia di fatti o di civiltà?

4) Quanto spazio in proporzione è dato alle civiltà orientali? Sono evidenziati i nessi fra i popoli? In particolare, quanto spazio hanno gli Ebrei e i Persiani? (N.B. questi due popoli ci sembrano particolarmente importanti per la nostra storia, gli Ebrei in quanto sono stati scelti per dare inizio alla storia della salvezza, i Persiani in quanto per primi hanno unificato sotto di sé l'oriente, creando i presupposti per la conquista e l'ellenizzazione operata da Alessandro. Anche i Cartaginesi sarebbero importanti, ed è singolare che manchi abitualmente una trattazione apposita, se non nel secondo volume per introdurre le guerre puniche: sorte peraltro analoga a quella destinata nei testi recenti ai Persiani, come si vedrà. Troviamo invece meno importante, nell'economia del tempo, un'ampia trattazione degli altri popoli, per non parlare di indiani, cinesi e civiltà precolombiane, nei confronti dei quali vige una specie di affannosa par condicio, se non addirittura una ipervalutazione per svalutare l'eurocentrismo).

5) Esame di episodi esemplificativi del metodo, con particolare attenzione all'uso esplicito delle fonti, al rigore della narrazione e alla problematizzazione: la guerra del Peloponneso e i Gracchi.

6) Com'è presentato il Cristianesimo?

 

Le civiltà dell'antichità, due voll. di pagg. 352 e 448, Bruno Mondadori 1994

È curioso il fatto che questo testo non presenta alcun autore. All'interno si dice che due persone (Ambaglio/Foraboschi) hanno fornito la consulenza scientifica, altre quattro hanno curato revisione, schede, questioni-chiave e lessico, un'altra ha curato le sezioni "I classici come fonti storiche" e una serie di persone il progetto redazionale e la parte iconografica. Ma chi ha scritto il libro? Che rapporto progettuale c'è fra esposizione, schede e fonti, se le persone che se ne sono occupate sono diverse? E soprattutto è mai pensabile un testo che nasce coralmente, come i poemi omerici nell'idea vichiana?

È evidente (del resto l'introduzione lo fa capire) che il testo è la rielaborazione di un'opera precedente, il cui autore non è nominato.

1a) A questo punto rispondere alle prime domande non ha molto senso. La breve introduzione si limita a descrivere le modificazioni apportate.

1b) Ogni capitolo è accompagnato da rubriche di approfondimento. foto, schemi e cartine, nonché schede lessicali sui margini. Alla fine del capitolo c'è un riassunto è una tabella cronologica. Alla fine di ogni sezione c'è una parte piuttosto ampia dedicata alle questioni-chiave: vengono individuate delle tematiche su cui si propongono brani di storici moderni; segue un eserciziario, con riferimento sia al testo, sia, più raramente, a schede e questioni-chiave: alcune domande sono sconcertanti: indica approssimativamente l'epoca dell'origine dell'universo (risposta desumibile dal testo: tra gli otto e i diciotto miliardi di anni fa: "approssimativamente" è la parola!); descrivi le regole e i comportamenti sociali in vigore nei gruppi umani dell'età paleolitica e simili. Due volte nel primo volume e quattro nel secondo troviamo I classici come fonti storiche: passi di autori greco-romani o documenti di altri popoli con breve commento e note inserite fra parentesi in azzurro. A conclusione, una presentazione biografica degli autori antichi e la citazione precisa delle fonti e delle traduzioni.

Manca un punto preciso del testo in cui siano dichiarate le fonti disponibili per ogni periodo. Il fatto poi che i passi riportati vadano cercate in spazi collocati a metà o alla fine del testo porta lo studente a considerarle letture aggiuntive.

2) La preistoria ha uno spazio piuttosto ampio, suddiviso in due capitoli. Si parte da cenni sull'origine dell'universo (big bang), sulla formazione della terra nella forma attuale (deriva dei continenti), sull'evoluzionismo, con prudenti perplessità. Seguono le varie fasi dello sviluppo dell'uomo (è irritante che una fase sia costantemente definita homo abilis, senza h), studiate soprattutto come risposta all'ambiente o reazione ad esso.

3) L'esposizione è svolta per orizzonti cronologici (Le prime civiltà urbane – Le civiltà della Mezzaluna fertile nel iii millennio – L'età del bronzo: grandi migrazioni e nuovi popoli – L'età del ferro nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente). Poiché però la ripartizione nei due volumi è tradizionale, l'Italia resta fuori degli orizzonti cronologici. È nettamente privilegiata la storia di civiltà, soprattutto nel primo volume.

4) Alle civiltà orientali è dedicata la seconda sezione, da pag. 76 a pag. 176, più la prima sezione di I classici come fonti storiche, in cui sono inseriti autori greci e fonti locali. Nella trattazione sono compresi Persiani, Cretesi e Micenei; una delle questioni chiave introduce anche India e Cina. I nessi fra i popoli sono abbastanza evidenziati, se non altro dal tentativo di conservare una visione sincronica d'insieme.

Agli Ebrei sono dedicate circa cinque pagine, in cui si discute in modo piuttosto confuso (con discrepanze fra testo e riepilogo cronologico) sulla storicità della Bibbia e sulla nascita del monoteismo; un approfondimento è dedicato alla Bibbia (curiosamente nell'esposizione del Nuovo Testamento mancano gli Atti); nelle Fonti troviamo tre passi biblici, di cui uno utilizzato come fonte per i Fenici. I Persiani sono presentati essenzialmente come primi costruttori di un impero multinazionale; vi sono alcuni approfondimenti, soprattutto sulle città. Due passi di Erodoto nelle Fonti: stranamente però si tratta della seconda serie di fonti, segno che probabilmente la collocazione dei Persiani nel testo è variata.

5) La guerra del Peloponneso ha uno spazio ridottissimo: meno di due pagine, senza quasi fatti. Nelle Fonti due passi di Tucidide sull'importanza della guerra e sulla peste (oltre all'Epitafio di Pericle, che però è considerato fonte sulla democrazia ateniese). Anche ai Gracchi è riservato uno spazio ridotto. Le fonti riportano un passo di Floro, il discorso di Tiberio in Plutarco e un frammento di Caio.

6) Il Cristianesimo è visto con discreto rispetto e attenzione. Il suo contenuto risulta essere che Dio si era incarnato in Gesù di Nazaret e che questi era addirittura risuscitato dai morti ed era apparso di nuovo ai discepoli (pag.299 del II vol.). C'è un'ampia esposizione dei ritrovamenti di Qumran, fino alla scoperta di 7Q5; sono citate fonti non cristiane quali Tacito, Suetonio e Plinio il Giovane; successivamente l'argomento è ripreso nella trattazione della tarda antichità, con passi apologetici e patristici.

 

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P. Aziani, M. Mazzi, I secoli antichi, due volumi di pagg 301 e 373., La Nuova Italia 1993.

1a) Il primo volume inizia con una parte fuori numerazione, intitolata Il lavoro dello storico, che riguarda il concetto di storia, tempo, spazio, le fonti e l'archeologia, utilizzando anche ampie citazioni di Bloch, Braudel e Carr. Dal testo e dalle citazioni emerge un concetto di storia che pone l'uomo al centro, e che tende a superare sia l'eurocentrismo sia il taglio politico/militare.

1b) Il testo è accompagnato da approfondimenti, passi critici, documenti, cartine, schemi e foto: nella maggior parte dei casi le rubriche e le illustrazioni sono fornite di commento e domande a cui rispondere per esercizio. I testi citati hanno il nome dell'autore e il titolo dell'opera (l'editore se è opera moderna: per lo più Einaudi o Editori riuniti): raramente la citazione è più precisa. Manca un punto fisso in cui siano indicate le fonti di ogni periodo.

2) L'inizio del capitolo sulla preistoria contiene un equivoco comune: è posto il problema dell'origine dell'universo, della vita e dell'uomo come se fosse un unico problema, e come se l'evoluzionismo rispondesse a tutte e tre le questioni. Si passa poi appunto all'evoluzionismo, accettato nel testo con qualche dubbio, negli schemi e nelle domande d'esercizio con sicurezza. Segue l'esposizione delle diverse fasi della preistoria esposte nel testo con prudenza, richiamandosi sempre alle testimonianze dei reperti; le rubriche riportano tesi più avventate.

3) L'esposizione è svolta per orizzonti cronologici, in cui vengono inserite anche l'Italia e Roma, nonché l'India e la Cina. Queste ultime, in modo originale, sono affrontate nei loro rapporti con l'ellenismo; le vicende di Roma restano invece isolate, compresa la guerra con Pirro che è raccontata prima del capitolo su Alessandro Magno e quindi sganciata dai suoi legami con le guerre dei diadochi. Generalmente i fatti precedono l'esposizione della civiltà, a cui è dato molto più spazio.

4) Ai popoli orientali sono riservate le pagg.52-130, che comprendono anche i micenei ed escludono i Persiani. Fra i popoli sono evidenziati soprattutto i nessi commerciali (ma anche culturali, ad esempio fra ellenismo ed India). Agli Ebrei sono dedicate circa tre pagine, comprese figure e due passi dell'Antico Testamento: il testo è molto generico, non racconta praticamente fatti e mette in dubbio la credibilità della Bibbia come fonte. I fatti sono affidati ad una cartina con frecce che indicano i trasferimenti e le occupazioni straniere.

I Persiani hanno quattro pagine, di cui due occupate per buona parte da una grande cartina che illustra le fasi della conquista, sostituendosi al testo, limitatissimo. Un brano di Senofonte è introdotto da un commento che confonde clamorosamente Ciro il Grande e Ciro il Giovane.

5) La guerra del Peloponneso ha uno spazio molto limitato, nessun approfondimento e come documento il testo del trattato fra Spartani e Persiani riportato da Tucidide. Un po' più curata la parte sui Gracchi, che comprende nel corso dell'esposizione la citazione di fonti quali Appiano e Plutarco, e lateralmente due passi su Tiberio di Plutarco stesso e Floro, con questionario, e un giudizio critico pure accompagnato da domande.

6) L'esposizione della vita di Cristo, del contenuto dell'annuncio e della diffusione del Cristianesimo è semplice, chiara e abbastanza precisa (a parte l'esclusione, nell'elenco dei testi canonici, dell'Apocalisse, che comunque non gode di simpatie nei libri di storia). Come fonti sono citati Svetonio e Tacito, e riportati il carteggio fra Plinio e Traiano (un po' tagliato) e i due passi sinottici con le Beatitudini. Due brani critici sui motivi delle persecuzioni.

 

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C. Barberis, Storia delle civiltà antiche, 2 voll., Principato, 1990

1a) Il testo si apre con un ampio capitolo (pp. 3-21) introduttivo di carattere metodologico che, dopo aver definito la memoria storica come elemento indispensabile per poter conoscere la società e per contribuire a modificarla... e la storia come la scienza che si pone come principale obiettivo la ricostruzione e la comprensione del passato, passa a presentare le fonti per tale ricostruzione, le discipline che se ne occupano, le nuove metodologie al servizio delle storico e le problematiche connesse all’indagine storica. L’andamento dell’introduzione appare estremamente discorsivo e non sempre adeguatamente puntuale, disordinato per una serie di rimandi e di riprese discorsi che non giova alla perspicuità. Ad esempio analizzando le diverse tipologie di fonti tra le testimonianze scritte distingue quelle primarie e quelle secondarie a seconda che siano contemporanee o posteriori ai fatti a cui si riferiscono e non a seconda che utilizzino documenti o ricostruzioni storiche. Non inserisce inoltre tra le fonti la tradizione storiografica, anche se poi più avanti nel testo si sofferma ad analizzare quelle che sono le caratteristiche del lavoro dello storico. Alcuni concetti non sempre facili, come la cronologia relativa e quella assoluta, sono introdotti, ma non spiegati, altri sono enunciati, ma senza alcuno sviluppo (Altri metodi, come quello basato sulla trasformazione dell’uranio in piombo, interessano non tanto la storia quanto la geologia. p. 10)

La trattazione, generica e ovvia nella prima parte (L’indagine e il lavoro archeologico subacqueo richiedono attrezzature specifiche p. 6) si rivela più interessante nella seconda dove evidenzia la necessità dell’utilizzo anche delle fonti letterarie, della lingua, dei reperti per la loro possibilità di introdurre allo studio della realtà sociale e della mentalità di un popolo e dove illustra la positività di una ricerca storica che si orienti a campi più estesi, indagati "in tempi lunghi", quali ad esempio la tecnologia, la considerazione della donna... Interessanti gli spunti di riflessione che vengono proposti sulla possibilità di una ricostruzione obiettiva da parte dello storico, anche se l’autore sembra avanzare questi dubbi solo sugli storici antichi: sottolinea che il loro punto di vista era parziale perché focalizzato essenzialmente sui fatti politico-militari e centralizzato sulle grandi figure e che quindi non ci permette di ricostruire in modo adeguato alcuni fenomeni che esulano dall’interesse degli antichi e che pur per noi sarebbe importante ricostruire. Presenta quindi come problematica la possibilità di ricostruire adeguatamente tutti i passaggi e tutti gli aspetti della storia e anticipa quindi quanto più volte nel corso del testo verrà ad osservare circa la difficoltà di fornire una esatta valutazione di alcuni fenomeni (es. i Gracchi, il fenomeno del Cristianesimo). Mette in guardia inoltre dal pericolo di accostarsi al passato sovrapponendovi meccanicamente valori moderni di parole e di concetti e di interrogare il passato a partire dalle ideologie moderne. Anche questa preoccupazione metodologica viene poi ripresa nello svolgimento delle diverse unità, evidenziando non solo il possibile, ma anche l’effettivo fraintendimento di alcuni episodi storici (interpretazione rivoluzionaria e non riformistica dei Gracchi). Valida la conclusione che apre i ragazzi ad una posizione corretta di fronte all’indagine storica e alla conoscenza in genere: Accantonato ... il miraggio dell’obiettività, è più corretto parlare del rigore storiografico con cui un’indagine viene condotta; esso si misura con la serietà con cui tutte le fonti disponibili sono state attentamente valutate e con la disponibilità a modificare i risultati della ricerca sulla base di nuove scoperte o acquisizioni che sono sempre possibili. (p. 16). Si tratta quindi di un capitolo che vuole essere un’introduzione sistematica alla disciplina e ai suoi metodi e nel contempo una spiegazione dei criteri adottati nel testo. Di tali preoccupazioni metodologiche in genere nel testo c’è un riscontro quando si valuta l’attendibilità di una fonte o la difficoltà di un’interpretazione per scarsità o unilateralità di fonti.

1b) Il testo, dalla chiara grafica, è diviso in due colonne che occupano tutta la pagina lasciando poco spazio per note a margine o per sottopuntualizzazioni.

Il testo è strutturato in ampie unità (es. unità 1. L’evoluzione culturale dell’uomo: da cacciatore a cittadino; unità 2. Dalle città agli imperi; unità 3. Origine e sviluppo della civiltà greca...) introdotte da una pagina con una breve sintesi concettuale con evidenziazione attraverso sottolineatura di alcuni passaggi forti (es. diffusione dell’uomo, capacità di adattamento, villaggi, città, civiltà fluviali e rivoluzione urbana) e con una chiara ed efficace tavola sinottica a colori che presenta, per il periodo trattato nell’unità, le vicende nel vicino Oriente-Egitto, nella Grecia e Egeo, nella penisola italica e nell’estremo Oriente. La tavola continua anche nel II volume, dove però si complica, a seconda dei periodi, con l’aggiunta di Cartaginesi, della Magna Grecia, mentre continuano ancora le civiltà dell’estremo Oriente. Costituisce comunque un valido supporto didattico.

Ad ogni unità seguono: proposte di lavoro: esercizi creativi; proposte di letture integrative con esercizi di comprensione.

Ogni singola unità è al suo interno divisa in capitoli, ciascuno dei quali è a sua volta distinto in paragrafi corredati da numero e da titolo e in ulteriori sottoparagrafi con il titoletto evidenziato in grigio.

I documenti appaiono a partire dall’unità Dalla città agli imperi e sono inseriti, in un riquadro verde, nella pagina di testo a cui si riferiscono ed occupano quasi sempre una mezza pagina. Si tratta di documenti (trattati, leggi, iscrizioni ...), passi della tradizione storiografica (Erodoto, Tucidide, Diodoro Siculo, Appiano ...) e anche di numerose fonti letterarie. Quando si presentano più documenti di uno stesso storico ritenuto particolarmente significativo, questi vengono introdotti da un’interessante scheda sullo storico con il rimando ai passi citati (Erodoto, Tucidide, Polibio, Tito Livio)

Ad ogni capitolo seguono:

una sintesi su fondo giallo: risulta generalmente chiara ed efficace;

indicazioni bibliografiche su fondo verdino; inizi di una bibliografia ragionata;

verifiche su fondo celeste: domande aperte, strettamente legate alla comprensione del testo, senza altro sviluppo. Si richiede essenzialmente la riproposizione dei contenuti, per verificarne l’avvenuta comprensione;

letture, su fondo grigio, con una fascia colorata blu che le evidenzia sulla costa. Le letture, anticipate nel testo da un riferimento, insistono sui punti nodali che vengono presentati come problematici. Sono sempre introdotte da alcuni chiarimenti per indirizzarne l’utilizzo.

L’apparato iconografico con la prevalenza di chiari colori pastello appare molto gradevole. Si compone essenzialmente di:

schemi-grafici colorati; si trovano soprattutto a sintetizzare fasi o periodi delle diverse civiltà (epoche e dinastie dell’Egitto con gli eventi principali), o le organizzazioni politiche delle diverse civiltà. Appaiono nel complesso chiari ed efficaci;

cartine

fotografie a colori e in bianco e nero. Valide le didascalie, che illustrano il valore non semplicemente estetico, ma funzionale delle stesse. Forniscono informazioni supplementari o accompagnano visivamente i concetti espressi nel testo.

Nel testo compare normalmente un linguaggio chiaro e preciso, con l’etimologia delle parole più complesse e con l’accentazione delle parole non consuete.

2) La trattazione della preistoria occupa 20 pagine di testo e 5 di rubriche ed è inserita nella prima unità L’evoluzione culturale dell’uomo: da cacciatore a cittadino.

L’autore aderisce in modo distaccato alla teoria dell’evoluzione da scimmie antropomorfe ad uomo (Gli studiosi...ritengono che sia necessario risalire molto indietro nel tempo per giungere alle fasi iniziali del lungo processo di formazione della specie umana ... p. 25) e rimanda alla lettura in cui la problematica è affrontata più ampiamente, ma senza toccare alcuna questione di ordine morale e religioso. In modo chiaro e semplice presenta la successione dei vari tipi umani, resa più evidente dalla grafica. In particolare si sofferma sull’ interessante questione della modalità delle acquisizioni e delle evoluzioni, della trasmissione del patrimonio culturale e della formazione di una attività mentale complessa: L’uomo è riuscito a sopravvivere e a migliorare le proprie condizioni di vita ... grazie alla creatività del suo pensiero, che gli ha permesso di modificare il proprio comportamento in senso positivo ogni qualvolta che l’ambiente intorno a lui cambiava, creando nuovi problemi.

Nella ripresa più dettagliata dell’ambiente del paleolitico (ambiente, economia con passaggio da economia individuale a quella tribale, nascita dei fenomeni artistici) l’aspetto problematico è costituito dalla nascita e dalla funzione della produzione artistica, con la prevalenza della teoria dell’origine magica, propiziatoria, legata al senso di precarietà della vita, per le condizioni straordinarie. Non è accennata l’idea di una dimensione religiosa dell’uomo.

Il testo, essenziale nella trattazione, offre informazioni e riferimenti più precisi nello schema delle ere e dei periodo: tale scelta appare giustificata, visto che si tratta di informazioni non fondamentali per uno studio sintetico.

Chiara la cartina dell’Europa durante la glaciazione di Wurm ed interessante lo schema che evidenzia graficamente le relazioni tra glaciazioni (periodo postglaciale, sovrapposizione di strati ) e tipologia di uomo, con i manufatti corrispondenti Nel complesso quindi l’impostazione è necessariamente lineare ed essenziale, ma non manca di alcuni interessanti spunti problematici, che possono essere approfonditi nel corso delle letture.

3) L’esposizione è svolta fondamentalmente per popoli e non per orizzonti cronologici. Lo sguardo sincronico è però favorito dalle tavole sinottiche all’inizio dell’unità. Inoltre il criterio dei popoli si media con quello cronologico: ad esempio tra le civiltà fluviali vengono anche studiate quelle sorte intorno all’Indo e al Fiume Giallo; queste vengono prima trattate all’interno dell’unità L’evoluzione culturale dall’uomo: da cacciatore a cittadino (pp.54-55), con le vicende che vanno in genere fino al II millennio, ma poi vengono riprese nell’unità Tra oriente e occidente con gli eventi successivi e soprattutto con attenzione alle vicende parallele ad Alessandro. La trattazione dell’estremo oriente continua poi nel II volume con un capitolo Il mondo eurasiatico: l’impero romano e l’oriente all’interno dell’unità L’apogeo dell’impero, pp. 556-670 e con un paragrafo su Le vicende politiche del mondo eurasiatico (Persia, Cina e India) all’interno dell’ultima unità La fine del mondo antico. Così pure le civiltà della Mesopotamia vengono trattate unitariamente fino al 1800, poi, dopo la trattazione della civiltà egiziana, svolta integralmente fino all’assogettamento ai Romani, vengono riprese, insieme agli Ittiti, fino alla conquista persiana.

Riguardo al rapporto tra storia di fatti e storia di civiltà sembra essere mantenuto un certo equilibrio: per le civiltà orientali ad una prima parte dedicata alle fasi di sviluppo e agli avvenimenti, seguono lo stato e la sua organizzazione, la religione, l’economia, l’arte, la letteratura e la scienza, con una struttura che con diverse ampiezze prevede però la stessa successione. Anche per i Greci e i Romani viene dato spazio alla civiltà e alle questioni letterarie in appositi capitoli; un capitolo 3.3 Il mondo dei Greci dedicato religione, cultura e arte; nel capitolo Atene, democrazia e imperialismo società. arte, edilizia, teatro nel V sec..

4) Le civiltà orientali sono esaminate da p.66 a p. 145, in un totale quindi di 80 pagine.

Di queste 13 sono dedicate ai Persiani, presentati piuttosto confusamente: introdotti nel capitolo Ittiti, Assiri, Neobabilonesi (p. 109) tra gli Indoeuropei, se ne preannuncia l’insediamento in Iran. Un accenno preannuncia l’opera di conquista su Media, Babilonia, Anatolia (All’orizzonte però si profilava un nuovo popolo, quello persiano, che, come vedremo, avrebbe assunto un ruolo da protagonista e avrebbe dato vita ad un rapido processo di unificazione: tra il 550 e il 539 a.C. Media, Babilonia e Anatolia sarebbero passati sotto il dominio del re persiano). La conquista persiana era del resto già citata nella trattazione dell’Egitto. Vengono ripresi in modo continuativo nell’unità Apogeo e declino delle Poleis (pp. 228-240) con attenzione alla civiltà e alla religione con alcune letture e documenti.

Agli Ebrei, invece, sono dedicate 5 pagine di testo con un documento (L’intervento di Dio nella storia) e due letture. Il testo presenta la vicenda degli Ebrei senza particolari problematizzazioni e senza evidenziare il rapporto tra narrazione biblica e verità storica. Corretta, anche se semplicistica, la presentazione del significato del testo biblico e la possibilità di utilizzo dello stesso come fonte storica. Breve la presentazione dei caratteri fondamentali della religione ebraica (monoteismo, trascendenza del dio, eticità del dio) di cui si afferma che rappresenta nell’evoluzione del pensiero umano un salto qualitativo di straordinaria importanza rispetto a un mondo dominato da una molteplicità di dei, a volte terrificanti, a volte schiavi delle stesse debolezze che travagliano l’uomo (130). Fa specie allora lo scarso peso dato a tale religione in paragone allo zoroastrismo a cui viene dedicato uno spazio più che doppio.

5) La guerra del Peloponneso. La presentazione della guerra del Peloponneso, introdotta nell’unità Apogeo e declino delle poleis, cap. La lotta per l’egemonia, occupa meno di 4 pagine di testo ed è supportata da 4 documenti: passi di metodologia storica dalla Guerra del Peloponneso con ampia introduzione su Tucidide ( note metodologiche, più interesse sulle caratteristiche della fonte che non su fatti veri e propri: rifiuto di ogni elemento favoloso, esattezza, uso delle testimonianze, cause reali e cause occasionali, rispetto della cronologia, utilizzo dei discorsi, rifiuto dell’enfasi retorica); il dialogo degli Ateniesi e dei Meli, l’alleanza tra Spartani e Persiani (Tuc. VIII 37). Una sola lettura sulla caduta di Atene. Si parla più precisamente de Le guerre del Peloponneso introducendo come prima guerra del P. le continue scaramucce fino alla tregua del 446.

La trattazione è relativamente breve, supportata da una scheda riassuntiva. In particolare risulta molto succinta la narrazione delle pur importanti vicende interne di Atene (governo oligarchico del 411, i trenta tiranni). Nel testo la narrazione è enunciativa, senza alcun ricorso alle fonti né discussione.

I Gracchi L’episodio dei Gracchi è inserito nel capitolo Il disagio sociale (pp. 440-448 testo; 448-453 sintesi, bibliografia, verifica) di cui occupa più di 5 pagine.

La presentazione delle loro proposte di riforme è abbastanza ampia e dettagliata, spiegate nelle ragioni e nelle implicazioni politiche; ugualmente curata la ricerca delle cause del loro insuccesso. L’autore esprime la difficoltà di una esatta valutazione storica dell’episodio (per noi ... è difficile valutare con esattezza il significato dell’azione politica dei due fratelli) per la scarsità di notizie (quali?) a nostra disposizione e per il pericolo di sovrapposizioni di ideologie moderne, con un riferimento specifico alle preoccupazioni espresse nella parte metodologica. Ricorre alle fonti in parte indirettamente senza citarle, in parte direttamente (Cicerone) per spiegare l’avversione ai Gracchi e l’incomprensione da parte degli antichi del fenomeno da loro costituito.

I tentativi dei due tribuni vengono spiegati come espressione della necessità di riforme sentita dalla classe dirigente di fronte ai gravi problemi di ordine sociale del II secolo. La politica dei Gracchi fu essenzialmente riformatrice, ma l’inadeguatezza delle istituzioni costrinse Tiberio ad assumere iniziative in contrasto con la tradizione giuridica, che lo presentarono agli occhi della classe dirigente come un pericoloso rivoluzionario, tanto che la legge agraria fu definita "un incitamento alla discordia civile e un danno per la repubblica (Cic). Il significato problematico è annunciato nel testo e illustrato da una lettura che insiste sulla stessa tesi da lui sostenuta nel testo.

6) All’argomento del Cristianesimo vengono dedicate 15 pagine di cui 10 di testo vero e proprio e 5 di rubriche e letture (608-618 testo; sintesi, bibliografia; verifica 618-619; letture 620-623). Tra i documenti vengono riportati passi di Tacito, L’incendio di Roma, il carteggio tra Plinio e Traiano, passi dagli Atti degli Apostoli e parte della lettera Ad Diognetum, Il distacco dal mondo. Accompagnano il testo pitture catacombali, lastre tombali, iscrizioni, esempi di simbologia cristiana.

L’argomento viene inserito come I capitolo dell’unità La fine del mondo antico. Dopo una breve presentazione della Palestina ai tempi di Gesù e del contesto storico, si tocca il problema delle fonti in modo piuttosto impreciso: della trascrizione dei Vangeli dopo la diffusione orale si dice che essa avvenne abbastanza presto (!). Di fronte alla scarsità di fonti pagane (che peraltro, tranne quella di Tacito, non sono citate) l’autore introduce una discussione storiografica: che Gesù sia stato trascurato, era ovvio per il non immediato interesse politico o militare della sua figura e di quella dei suoi seguaci, fino a quando non si ebbe un vero e proprio contrasto con l’impero. Da ciò deriva anche la confusione nella valutazione degli storici del passato (Svetonio confonde tra Ebrei e Cristiani; Tacito riporta opinioni e pregiudizi). Anche in questa occasione l’autore esprime la difficoltà di valutare il fenomeno per scarsità di fonti.

Scarsi i dati circa Gesù e negativa l’assenza ad ogni riferimento ai contenuti caratterizzanti del suo annuncio, pur riportati nelle fonti cristiane: della resurrezione ad esempio non si parla neppure come evento fondante dei vangeli. Del Cristianesimo vengono infatti presentati essenzialmente gli aspetti con sviluppi politici e sociali: universalità, ideale ugualitario e solidaristico, capovolgimento di valori.

Breve la storia delle persecuzioni, essenziale (circa una colonna). Si accentua come motivo determinante il carattere teocratico di certi imperi, il pericolo derivanti dall’esterno. Veloci cenni alla struttura della Chiesa, concili, eresie.

 

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E. Bonifazi, Itinerari di storia, due volumi di pagg. 415 e 295, Bulgarini 1996

1a) Manca praticamente un'introduzione. La Premessa si limita a descrivere il testo nelle sue parti.

1b) Nel corso di ogni capitolo il testo base è alternato con approfondimenti, letture critiche e documenti: il testo è evidenziato da una striscia laterale color arancio chiaro, le rubriche da riquadri dello stesso colore. Testo, titoli e titolini di richiamo ai margini sono piuttosto sbiaditi: le figure piccole e in bianco e nero contribuiscono a dare un'idea di minimalismo, probabilmente voluta come reazione a testi grandi, complessi e coloratissimi: anche la copertina del resto è grigia e arancio pallido, e il formato è più piccolo del consueto.

Alla fine di ogni capitolo si trovano le esercitazioni, divise in Comprensione, competenze logiche, competenze operative e rielaborazione personale: come spesso avviene in questi eserciziari, mutuati dai testi della Scuola Media, molte domande sono banali, mentre altre richiedono sintesi complesse e pretenziose. Segue una proposta di itinerario storico-turistico (alcuni in Italia, altri all'estero: ma in fondo anche per il mondo greco ci si poteva indirizzare su Paestum o la Valle dei templi). All'inizio di ogni volume c'è un glossario di termini sociopolitici, con l'evoluzione storica; alla fine di ogni volume c'è un atlante storico, con cartine a colori, qualche foto e qualche disegno: nel corso del testo vi sono rimandi marginali sia al glossario sia all'atlante.

Le letture critiche indicano autore, titolo ed editore dell'edizione italiana, senz'altro riferimento. I documenti l'autore, a volte il titolo.

Manca un punto preciso in cui siano indicate le fonti di ogni periodo.

2) Alla preistoria sono dedicate, comprese le rubriche, una quindicina di pagine del primo capitolo, che comprende anche la civiltà mesopotamica ed egiziana. Non ci sono ipotesi sull'origine dell'universo né della vita (nonostante vi siano dei titoli sull'argomento); l'evoluzionismo è accettato in toto senza discussioni. Lo sviluppo della civiltà è raccontato senza dubbi, con scarse testimonianze (direi che si demanda alle rubriche) e perentorie certezze (il focolare fattore di coesione sociale, la democrazia di villaggio, il rispetto degli anziani, ecc.).

3) L'esposizione è svolta per orizzonti cronologici; così la storia dell'Italia e di Roma inizia già nel primo volume e giunge fino alla guerra con Pirro (esisteva in precedenza un testo dell'editrice, Storia critica del mondo antico, autore C. A. Giannelli, con la stessa struttura).

Tuttavia l'impostazione è semplificata, forse per evitare di cominciare e interrompere continuamente un popolo; gli Egiziani ad esempio sono seguiti nella loro vicenda dalle origini al 670 (a questo punto tanto valeva arrivare al 525, anche perché una vera e propria ripresa non esiste). Anche l'inserzione di Roma appare ultimamente posticcia: persino l'episodio di Pirro, che poteva servire da raccordo se inserito nel periodo delle guerre dei diadochi, viene largamente anticipato.

Molto tradizionale è la successione fatti/civiltà.

4) La parte dedicata alle civiltà orientali (esclusa la Persia) è piuttosto limitata; i rapporti fra i popoli appena accennati. Gli Ebrei hanno in proporzione un discreto rilievo: sei pagine, compresi due approfondimenti e passi della legge ebraica con commento; nel secondo volume, l'argomento viene ripreso nel cap. 4 (Le religioni dell'impero) con tre pagine circa più due letture. I Persiani hanno cinque pagine compresi due approfondimenti all'interno del capitolo sulle guerre persiane.

5) La guerra del Peloponneso viene sbrigata in un paio di pagine limitatissime nei fatti e praticamente prive di giudizi. Più interesse è invece prestato ai Gracchi: alle loro vicende sono dedicate sei pagine, comprendenti due passi critici e un breve riepilogo in cui si esprime un giudizio. Assenti invece le fonti.

6) Il Cristianesimo è affrontato con molto interesse: gli sono dedicate dieci pagine nello stesso cap.4 del II volume citato più sopra, compreso un passo critico e tre fonti (la lettera di Plinio con la risposta di Traiano, un passo degli Acta martyrum e uno di Tertulliano). L'esposizione appare rispettosa ma anche confusa: si dice che i discepoli diffusero la notizia della resurrezione di Cristo "assunto in cielo e apparso in Terra, secondo la tradizione, prima a Pietro, quindi ai Dodici..." (pag.164): apprezziamo la buona volontà, ma l'assunzione è successiva alle apparizioni! Più grave è l'idea che solo con la predicazione ai pagani nasca il Cristianesimo vero e proprio, in cui Gesù è riconosciuto "come il Salvatore per mezzo del quale e grazie al suo sacrificio (sic l'anacoluto) sulla croce essi ottenevano il perdono dei peccati e la salvezza eterna". Va citato infine un ampio itinerario sulle Catacombe.

 

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A. Brancati, I popoli antichi, 2 voll. di 350 e 444 pagine, La Nuova Italia 1984.

È il testo più vecchio che abbiamo esaminato. Si tratta della rielaborazione di un testo del 1969, a sua volta rielaborato rispetto al 1962: Sulle vie della storia: rispetto al testo del 1969, l'esposizione è ripresa senza molti cambiamenti, a volte letteralmente: è stata soppressa invece un'eccellente appendice di fonti e passi critici, seguita da una raccolta di foto commentate e un atlante storico staccabile.

1a) Nella prefazione l'autore individua due presupposti: che la storia è uno sviluppo organico ed espressione armonica di diverse "dimensioni" concorrenti ad uno stesso fine; che un testo deve tener conto non solo dei capi e delle personalità eccezionali, ma anche del popolo, del quotidiano, della cultura materiale. Metodologicamente, l'autore intende rendere l'allievo "capace di orientarsi anche da se e di 'farÈ egli stesso storia" e pertanto ha inserito nel testo un "materiale amplissimo".

Agli studenti è indirizzata l'Introduzione allo studio della storia. Dopo una definizione di "storia" (in cui avremmo preferito che l'indicazione dell'origine greca della parola comprendesse anche la precisazione del suo significato originario) sono elencate ampiamente le varie scienze ausiliarie e viene presentato con vari esempi concreti il lavoro dello storico sulle fonti. Nelle ultime righe viene posto il problema del perché studiare la storia: la risposta, mutuata da Huizinga, è la soddisfazione dell'insopprimibile desiderio di verità.

1b) Il testo ha una struttura molto varia anche tipograficamente (un po' disturbante). Ogni capitolo è diviso in paragrafi con parti scritte in caratteri normali, parti in caratteri piccoli, parti in grassetto, parti in corsivo, sottolineatura delle frasi importanti, titolini di richiamo sui margini; all'interno del testo, in posizione varia (a volte all'inizio, più spesso in altri punti) sono indicate le fonti, rilevate da una riga gialla laterale; talvolta s'incontra un argomento schematizzato in rettangoli azzurri (ad esempio: le pubbliche finanze in Atene); nella parte inferiore di alcune pagine, divisa da una striscia verde, vi sono passi d'autori antichi; alla fine del capitolo (striscia viola) i suggerimenti bibliografici (tutti in italiano, accessibili all'insegnante), (striscia rosa) brevi passi della storiografia contemporanea, (striscia arancio) passi più ampi di approfondimento su aspetti documentari. Tutti i brani, antichi e moderni, non hanno la citazione completa e neppure l'indicazione dell'opera. La parte iconografica (cartine, disegni, foto artistiche e documentarie) è molto ampia, con riproduzioni in grande. Alla fine di ogni volume, dopo vari indici e tabelle riassuntive, ci sono le "proposte di lavoro": si tratta in realtà di questionari le cui risposte sono desumibili dal testo (per lo più), o da letture e figure (talvolta, con precisi riferimenti).

2) Il capitolo sulla preistoria occupa una ventina di pagine, con molte figure: si tratta quindi di una trattazione piuttosto rapida, soprattutto per quanto riguarda la parte scientifica sulle diverse ere e le teorie sulle origini. Riguardo alla nascita dell'universo si allude, senza nominarlo, al big bang; riguardo alla nascita dell'uomo, si segue una tesi evoluzionistica moderata: "ad un certo momento ebbe a determinarsi una decisa differenziazione". Nel presentare le diverse fasi della preistoria si segue un'idea di progresso che però, negli ultimi due paragrafi, viene riletto negativamente in chiave politica: il progresso porta alla divisione in classi e in società dominanti e dominate.

3) L'esposizione storica è svolta per popoli, con l'eccezione della storia del popolo persiano che è inserita nel capitolo sulle guerre persiane. La trattazione di ogni argomento procede in ordine cronologico, riportando parcamente i fatti essenziali, inserendo all'interno della narrazione gli aspetti culturali, con collegamenti cronologici inevitabilmente un po' approssimativi. La trattazione dei due volumi termina con una parte fuori numerazione: Lettere ed arti nella Grecia antica e Lettere ed arti nella Roma antica.

4) I popoli orientali, esclusa la Persia e compresa l'India e la Cina, sono trattati nelle pagg.46-133 del primo volume. I nessi fra i popoli sono ridotti ai fatti essenziali. Il capitolo 6, dedicato agli Ebrei, è uno dei più ampi e curati (15 pagine contro le 12 dedicate alle civiltà mesopotamiche, che non hanno neppure un capitolo autonomo); come si è detto, i Persiani sono visti invece in un'ottica un po' riduttiva.

5) La guerra del Peloponneso presenta evidentemente un interesse molto scarso. Le sono dedicate circa sei pagine del capitolo 13 (Dalla guerra del Peloponneso all'egemonia tebana), comprese figure e rubriche: i fatti sono raccontati molto succintamente; come fonte è appena accennato Tucidide; l'unico brano di supporto è un passo ridotto della Lisistrata. Molto è invece l'interesse per i Gracchi: già nell'introduzione al primo volume la proposta di legge di Tiberio è utilizzata come esempio per la discussione delle fonti; nel secondo volume l'esposizione è piuttosto ampia, con precisazioni di carattere giuridico, esposizione delle fonti, di cui sono riportati due passi, e brani critici.

6) Al Cristianesimo è dedicato un ampio capitolo di sedici pagine, che ne studia la storia interna fino alla patristica e la storia esterna fino alla persecuzione di Decio. Le fonti citate sono inizialmente i Vangeli, poi, in una ripresa successiva, gli Atti e le lettere di S. Paolo (non è chiara l'esclusione delle lettere cattoliche e dell'Apocalisse); inoltre alcuni autori cristiani; fra i passi riportati vi è però anche il famoso brano del XV libro degli Annali di Tacito e documenti sulla persecuzione di Decio. Del Cristianesimo si mette in rilievo la predicazione morale (del resto il titolo del capitolo parla dell'amore e della solidarietà); la divinità di Cristo è presentata di passaggio, come un ostacolo per gli Ebrei; alla Resurrezione si accenna così velocemente da passar via quasi inosservata, mentre la morte è messa in forte risalto per sotttolineare l'eroica grandezza di Gesù.

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E. Cantarella - G. Guidorizzi. Storia del mondo antico. 1. Dalle origini ad Alessandro Magno. 2. Dall’Italia preromana a Giustiniano. Einaudi, nuova ediz. 1996

1a) Gli autori affermano di aver ritenuto che la comprensione di alcuni aspetti del mondo antico richiedesse un approccio di tipo antropologico: ... il mito, o alcune istituzioni fondamentali della convivenza (ad esempio il matrimonio), determinate cerimonie magico-religiose, certi riti iniziatici delle comunità tribali, alcune crudeli forme di pena (p. XIII).

Nel contempo hanno voluto rispettare la sequenza cronologica degli avvenimenti, che è l’indispensabile supporto di ogni ricostruzione storica, quando si voglia cogliere il senso del divenire e individuare le tappe del cammino degli uomini (p. XIII)

L’introduzione metodologica è condotta in modo ampio, chiaro e lineare; tocca soprattutto e in modo esauriente il tema delle fonti e la natura della storiografia nelle sue forme antiche e moderne. Supportata da alcune esemplificazioni, manca però di una dimensione problematica. Si tratta in pratica della giustificazione in linea teorica delle scelte storiografiche che verranno poi utilizzate nel testo e che in linea più programmatica hanno già trovato enunciazione nella prefazione: taglio antropologico, attenzione alle diverse storie, non limitazione alla storia politico-militare, ruolo dell’ambiente geografico nello sviluppo delle civiltà....L’impostazione appare però equilibrata ( cfr. evoluzione della categoria di "progresso", diversi criteri di storiografia) e motivante allo studio del passato.

Il discorso metodologico sulle fonti viene poi riutilizzato nella trattazione, anche se in modo sporadico e non strutturale, certamente in modo ridotto rispetto alle aspettative generate dall’introduzione. Coerente alle dichiarazioni programmatiche la presentazione della materia. Negativo in questa parte l’utilizzo dell’apparato iconografico che, a differenza delle premesse, sembra avere scopo puramente ornamentale, così privo di ogni didascalia e di ogni guida interpretativa.

1b) Il testo si presenta diviso in due colonne con poco spazio per le annotazioni. L’impostazione è ordinata con le didascalie delle immagini a margine.

Ogni sezione (nel I volume I La preistoria, II Gli antichi regni, III Il mondo greco, IV Il lontano oriente; nel II volume V l’ascesa di Roma, VI l’impero, VII La crisi del mondo antico) è introdotta da una citazione tematica ed è divisa in capitoli.

Ogni capitolo, sottotitolato è

– preceduto dalla rubrica Storia e contesto per evidenziare lo scenario geografico e politico contemporaneo degli avvenimenti in questione. Una breve sintesi introduttiva e una cartina di orientamento, chiare ed efficaci, risultano utili ai fini della contestualizzazione.

– diviso in paragrafi intitolati in neretto

– seguito da un sommario abbastanza ampio, spesso corredato da una tavola cronologica

– seguito da una pagina di verifiche

Nel paragrafo

– concetti e passaggi importanti evidenziati in neretto

– rimandi agli approfondimenti e alle letture

– rimandi interni ad altri paragrafi

Tavole sinottiche sono introdotte alla fine del volume per confrontare i diversi fatti storici che si svolgono contemporaneamente e che sono invece trattati in diversi capitoli in base alla decisione di trattare l’esposizione storica per civiltà e non per orizzonti cronologici. Graficamente però le tavole risultano scialbe e, soprattutto, non particolarmente funzionali.

I documenti, inseriti nel corpo della ricostruzione su fondo verde, presentano e commentano una breve fonte; vogliono affrontare in forma spesso problematica, questioni storiografiche di particolare rilievo o che nel testo sono state solo accennate, e propongono e discutono interpretazioni diverse e talora contrastanti tra loro (... per) sollecitare il senso critico degli studenti ed insegnare loro che nella storia non esiste mai una sola verità (dalla prefazione). In realtà i passi sono troppo brevi, introdotti da alcune indicazioni di contenuto sullo storico e sulla sua concezione della storia. Notizie sugli storici (es. Senofonte) anche a margine come didascalia di immagini. Manca però ogni discussione sulla fonte. Negativa è la mancanza della citazione precisa della fonte.

Gli approfondimenti, inseriti nel corpo della trattazione in pagine separate o all’interno della stessa pagina, evidenziati da un fondo giallo, vogliono avere un carattere più didattico: forniscono nozioni ulteriori su eventi a cui si è accennato nel testo, o riportano notizie insolite o curiose che aiutano gli studenti a entrare in realtà e mentalità diverse. Costituiscono anche l’occasione di approfondire questioni a livello problematico (es. datazione assoluta dei reperti archeologici, genetica e storia la paleontologia, il mestiere dell’archeologo). Alcuni approfondimenti risultano estranei al campo propriamente storico (es. i dinosauri) e spesso affondano in altri campi in modo non del tutto chiaro (es. genetica e storia). Altri costituiscono delle anticipazioni che inseriscono dati successivi e più analitici, che forse potrebbero disperdere l’attenzione. Tutti gli approfondimenti non presentano un autore; si devono quindi attribuire agli autori del libro.

I percorsi tematici, offerti in un fascicolo a parte nella prima edizione e nell’ultima inseriti in fondo al II volume, presentano dei temi, quali la donna, il diritto, la religione, l’esercito..., in ordine alfabetico. Secondo gli autori permettono di ripercorrere sinteticamente le trasformazioni - nel tempo- degli istituti politici e dell’economia, dei costumi e della vita materiale, del diritto e della cultura (...) Una serie di itinerari trasversali che consentono di tirare le fila delle diverse storie, seguendo le linee fondamentali di ciascuna di esse (dall’introduzione). In realtà, piuttosto che sintesi, sembrano frutto di una giustapposizione che ripropone i contenuti precedentemente esposti nel testo.

Le verifiche, poste alla fine di ogni capitolo, presentano esercizi di vari tipi: interpretazioni linguistiche, confronti concettuali, sintesi e rielaborazioni per verificare l’apprendimento in modo non ripetitivo. Interessante è il ricorso ai documenti e alle fonti storiografiche anche negli esercizi quale esatta prospettiva per impostare la ricerca e lo studio degli studenti. Ci sono, oltre a esercitazione di completamento e associazioni, anche richieste di spiegazioni più ampie. Sembrano essere di un certo livello e richiamano ad una lettura molto attenta del testo, in modo non generico.

Interessanti gli indici tematici, alla fine del volume, che permettono di ricostruire lo sviluppo di un argomento nelle diverse civiltà.

L’apparato iconografico, nelle intenzioni degli autori, non vuole essere puramente decorativo, ma un "prolungamento del testo", un’integrazione ed una chiarificazione. I documenti iconografici, una serie di raffigurazioni raccolte intorno ad un tema iconografico o ad un genere artistico, costituiscono dei veri e propri dossier raccolti dopo molti capitoli, in base ai quali operare una riflessione sintetica. Accanto a fotografie compaiono alcuni disegni abbastanza gratuiti e inutili, oltre che non particolarmente graziosi (p. 26). Grafici e schede: non si presentano particolarmente affascinanti per colori e per tratto. Alcuni sono interessanti come strumento di visualizzazione (p. 15), mentre altri non sono sembrano molto utili (p. 9). In sintesi appare interessante l’unità che infonde tutte le parti del capitolo dagli esercizi, ai documenti iconografici...che può aiutare a fissare i concetti. D’altra parte questo può anche essere un difetto: tutto indirizza troppo il ragazzo e lo fissa eccessivamente in una determinata visione del problema.

Il linguaggio vuole essere piano e accessibile, anche grazie a rapide, ma esaurienti spiegazioni per i termini difficili o inconsueti. Anche nella parte più teorica (Prefazione, Premessa metodologica) questa volontà viene rispettata.

Si tratta di una riedizione a pochi anni dalla prima del 1992, rispetto alla quale gli autori affermano di essere intervenuti con modifiche testali per semplificare l’apprendimento, divisione di paragrafi in sottoparagrafi per una maggior evidenziazione, raddoppiamento delle carte, schemi grafici per visualizzare realtà complesse e stratificate, introduzioni delle Fonti, introduzioni dei documenti iconografici raccolti dopo molti capitoli, rubrica Storia e contesto per evidenziare scenario geografico e politico contemporaneo degli avvenimenti in questione.

 

2) Alla preistoria sono dedicate nel complesso 47 pagine sulle 361 del I volume. La sezione, introdotta da una frase di Darwin che sintetizza la concezione evoluzionistica, adotta la teoria dell’evoluzione (I nostri progenitori furono l’ultimo anello di una catena di trasformazioni delle specie viventi e, come queste, riuscirono a sopravvivere perché seppero trovare, in modo più o meno casuale, le risposte adeguate ai problemi che l’ambiente poneva (p. 5). La teoria evoluzionistica viene ricostruita nelle sue tappe fondamentali e chiarita nei concetti essenziali: ereditarietà dei caratteri acquisiti; selezione naturale all’interno della lotta per la sopravvivenza; conquiste nell’ambito biologico e in quello culturale. Viene avanzata per contro anche l’ipotesi creazionistica come la teoria generalmente accettata fino alla fine del sec. XVIII.

La presentazione discorsiva all’interno della trattazione manualistica vuole essere completa (nascita della terra, prime forme di vita, glaciazioni e modificazioni ambientali ...), ma per questo non risulta sempre particolarmente approfondita. Spesso, soprattutto negli approfondimenti, vengono toccati campi specifici in modo non del tutto chiaro (es. genetica e storia), argomenti e settori complessi e in fondo paralleli e non funzionali, che saranno ripresi a maggior titolo in altre discipline (ad esempio a che pro inserire una scheda di approfondimento sui dinosauri?). Nel complesso tuttavia il testo è accettabile, soprattutto se si tiene conto degli approfondimenti e della modalità del riferimento ad essi. Questi offrono possibili, ma non necessarie integrazioni, a cui si può pertanto accedere a seconda delle necessità, della classe, del tempo.

Dopo una veloce presentazione delle conquiste materiali, molto spazio è dedicato sia alla cultura "sociale" (clan, totem, tabù, sistema di divieti...) che alla cultura " spirituale", di un certo interesse, anche perché forse nuovo rispetto alle conoscenze dell’alunno e difficile da reperire in altri testi. In questa parte sorprende che a p. 17, laddove si tratta delle peculiarità dell’essere umano, si inserisca il bipedismo, il miglior controllo del territorio, lo sviluppo cerebrale e la differenziazione delle aree cerebrali, la fabbricazione degli strumenti, ma si trascuri ogni aspetto relativo alla coscienza che l’uomo ha di sé, della proprio natura, del proprio destino. Solo all’interno del paragrafo dedicato alla cultura "sociale" viene inserito un sottoparagrafo sulla magia, in cui "nel passato si è voluto vedere (...) uno stadio elementare del sentimento religioso; secondo alcuni ...sarebbe invece un’antenata ancora rudimentale della scienza, e il suo scopo quello di costringere la natura o la divinità a concedere qualche beneficio.

Notevole spazio viene anche dedicato al mito che pur non appartenendo alla storia, nel senso che non parla di fatti realmente accaduti; tuttavia è un aspetto essenziale della civiltà di un popolo: (...) ha lo scopo di spiegare i vari aspetti della realtà attraverso un racconto, trasmesso oralmente di generazione in generazione (...) trasmette una serie di interpretazioni della realtà che non sono né scientifiche né filosofiche, ma che vengono accettate per vere e reali dalla comunità...come una forma (...) di verità superiore (...) si affianca al pensiero razionale e coesiste accanto ad esso.

In conclusione la trattazione risponde a quelle che sono le premesse di metodo degli autori.

3) Nell’introduzione gli autori dichiarano che per garantire una migliore comprensione dei fenomeni storici...le vicende di ciascuna civiltà sono presentate senza interruzioni, anche quando queste vicende si svolgevano contemporaneamente a quelle trattate in altri capitoli. Fortunatamente rispetto alle premesse nella compilazione del testo c’è un certo discostamento. Infatti non si procede proprio per aree, ma in modo misto: per aree e per orizzonti cronologici. Per esempio l’area mesopotamica è divisa in più paragrafi a seconda dei diversi momenti. L’anticipazione dei Cretesi e dei Micenei rientra nella stessa strategia di orientamento cronologico. Così, senza sconvolgere la struttura tradizionale, ma semplicemente operando piccoli spostamenti, si favorisce la possibilità di procedere in modo sufficientemente chiaro ed utile alla ricostruzione della storia dell’oriente, di solito difficile da proporre.

Nell’introduzione gli autori affermano di aver voluto scrivere un "libro di storia (...) fatto non solo di date, di grandi avvenimenti e di personaggi importanti, ma ben più ampio e complesso, rivolto a far conoscere agli studenti la vita di tutti – sia dei protagonisti che delle "comparse" – nella sua interezza, facendo luce sui rapporti economici e sociali, sulla cultura, sulle credenze religiose, sulle abitudini di vita quotidiana, sui modi di vestire, del nutrirsi, del divertirsi, dello studiare, sulla condizione femminile e sul mutare nel tempo. (...) Abbiamo dunque cercato di scrivere più "storie", all’interno della quali (...) abbiamo dato rilievo anche alla storia del diritto inteso essenzialmente come strumento di organizzazione dello Stato, di regolamentazione dei rapporti internazionali, di controllo sui vari gruppi sociali e politici " (p.XIII). Per lo più tale preoccupazione trova riscontro nella ricostruzione storica. Sempre si presta attenzione alla collocazione geografica che influenza sviluppo della civiltà e si dà spazio ai vari aspetti della vita dei popoli: cultura e scrittura, cerimonie, sviluppo scientifico, letteratura, tecnologie, lingua, diritto, diplomazia, tecnica militare, architettura, amministrazione. Non tutti gli aspetti sono trattati nello stesso ordine e sempre nel testo, talora vengono esposti negli approfondimenti.

4) Agli antichi regni, compresi i Cretesi e i Micenei,sono dedicate 125 pagine ( 53- 177) sulle 361 del I volume.

Sumeri                                   54-73              19 pp.

Babilonesi e Hittiti                74-87              13 pp.

Egizi                                      88-115            27 pp.

Cretesi e Micenei                  116-135          19 pp.

Ebrei                                     138-149          11 pp.

Fenici                                    149-154          6 pp.

Arabi e Sciti                          154-158          4 pp.  

Assiri                                    158-160           2 pp.

Persiani                                 164-176          12 pp.

Gli imperi dell’estremo oriente (Cina e India) sono trattati in 25 pagine alla fine del I volume.

Ebrei. Anche se interessante il giudizio sul popolo e sul suo ruolo nel contesto storico, troppo breve e succinta la trattazione di eventi e personaggi: gli scarsi riferimenti ai sovrani e alla loro azione, alla contesa con i Filistei, al periodo dell’esilio e delle deportazioni compromettono la conoscenza minima ed essenziale dei fatti. Più spazio è dato alle sottolineature dei caratteri peculiari della religione e della visione del mondo proprie del popolo ebraico (monoteismo, non idolatria, concezione della storia come progetto divino, rapporto personale tra divinità e singolo credente, patto con Iahvè come cemento sociale per l’unità del popolo, Dio legato al popolo e non allo stato, attesa del riscatto da parte di un Messia).

Tuttavia senza i necessari dati di supporto questi giudizi culturali risultano giustapposti e poco radicati. Ugualmente discutibile la scelta di aggiungere come approfondimenti alcune letture antropologiche curiose, ma in fondo accessorie come Tradizioni folkloriche e rituali nella Bibbia:il marchio di Caino e il capro espiatorio (p.141) oppure come L’ultimogenitura (p. 143)

Interessante, ma sospettosa l’osservazione sulla Bibbia come possibile fonte storica. Infatti gli autori affermano che, nonostante la Bibbia proceda per immagini e per simboli i riscontri offerti dall’archeologia e da altre discipline hanno (...) dimostrato che la narrazione biblica, nelle sue linee essenziali, è da considerarsi attendibile. Tuttavia ritengono anche che sia da accostare ad altri documenti e fonti contemporanee di altre civiltà, a fonti archeologiche, lette bene senza lo scopo di trovarvi conferme a quanto narrato nei testi biblici (p. 139). Da questo confronto risulterebbe per esempio ridimensionato il passaggio degli Ebrei in Egitto che da fonti ebree appare invece come fatto unico e irripetibile. Dopo tali discussioni appare discutibile la proposta come fonte di un passo del Cantico dei cantici che non si presta certo ad una lettura storica, a supporto di eventi. Più interessante e utile il passo del profeta Geremia, anche se non commentata in chiave storica.

Persiani. I Persiani sono trattati nel capitolo dei grandi imperi orientali, ben inseriti a conclusione di questa serie di regni a molti dei quali daranno la fine. La trattazione è relativamente breve (poco più di 3 pagine di testo; 4 approfondimenti per un totale di 10 pagine), lineare e tradizionale. Scarso l’uso delle fonti che si limita ad un brevissimo passaggio di Erodoto.

5) La guerra del Peloponneso. La guerra del Peloponneso viene trattata all’interno del capitolo L’età classica nell’arco di tre paragrafi (La prima fase; Gli eventi del 415; L’ultima fase della guerra) in poco più di tre pagine di testo, in modo esile e poco dettagliato; in modo più preciso, ma forse in modo sproporzionato, per quanto riguarda l’anno del 415 e la spedizione in Sicilia. Negativa la trascuratezza circa la politica interna di Atene: nessuna spazio a Crizia, Trasibulo, Teramene, se non molto succintamente nel capitolo seguente dedicato alla crisi delle poleis. Cospicuo in proporzione l’uso delle fonti: Tucidide, La peste, Il dialogo dei Meli, L’assedio di Siracusa, Senofonte, L’assedio di Atene.

I Gracchi. I Gracchi vengono trattati in due pagine di testo, corredate da un breve brano di Plutarco e dalla foto di una fonte archeologica di scarso rilievo. Manca una valutazione esplicita dell’operato dei due tribuni, e la presentazione degli eventi, per altro breve, non è per nulla oggetto di problematizzazione. Si intuisce che gli autori considerano Tiberio un restauratore, piuttosto che un riformista o un rivoluzionario, la cui riforma al di là del clima di rottura introdotto non avrebbe avuto peso politico.

6) La trattazione del Cristianesimo è inserita all’interno del capitolo sulla crisi del III secolo. Precedentemente appare un approfondimento sui viaggi di Paolo (p. 229) con riferimenti ad elementi non conosciuti ed un altro sulle prime testimonianze storiche sul Cristianesimo (p. 253), quali Flavio Giuseppe e Tacito, senza alcuna chiarificazione o sottolineatura. Nel testo non compare alcun riferimento alla figura di Cristo e ai contenuti del Cristianesimo, ma solo attenzione alla dimensione sociale e politica del fenomeno: il capovolgimento dei valori (solidarietà tra uomini, uguaglianza), proposto dal Cristianesimo avrebbe potuto sconvolgere le strutture sociali, ma proiettato in una sfera non sociale, non ebbe tale ruolo. In modo confuso e ripetitivo, con scarsità di dati oggettivi, anche se con sostanziale correttezza, vengono tratteggiate le relazioni tra la nuova religione e l’impero. Anche in questa occasione trova spazio la preoccupazione antropologica, quando, parlando dei cristiani come capri espiatori in una serie di circostanza negative, ci si rifà ad uno schema usuale nelle civiltà antiche.

Scarsa o nulla la problematizzazione, limitata alla natura delle persecuzioni.

L’uso delle fonti si limita all’accenno soprariferito alle prime testimonianze sul Cristianesimo e ad un passo dal Discorso della montagna, dal Vangelo di Matteo.

Veloce e di scarsissimo livello la presentazione delle relazioni culturali tra Cristianesimo e paganesimo (Padri della Chiesa). Nell’unità successiva La crisi del mondo antico, pochi cenni sull’affermazione della religione cristiana, sull’inserimento della cultura pagana nel Cristianesimo divenuto cultura dominante (Basilio, di cui viene proposto un brano dal Discorso ai giovani, Prudenzio, Nonno, Agostino). Solo in sede di approfondimento vengono trattati argomenti importanti quali l’ editto di Milano e l’ eresia di Ario.

 

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G. De Rosa, Il mondo antico, due voll. di pagg 368 e 384., Minerva Italica 1996.

Il testo, benché non sia dichiarato, è il rifacimento di una diffusa opera precedente; nasce dalla collaborazione di altri cinque autori più un'équipe redazionale che ha curato progettazione, coordinamento, revisione e tutta la parte iconografica: non è chiaro se e quanto De Rosa abbia partecipato al rifacimento.

1a) La prefazione presenta la struttura del corso, finalizzata a collocare gli eventi entro precisi quadri di riferimento concettuali e spazio-temporali ... salvaguardando al tempo stesso un impianto eminentemente narrativo. Nell'ampia introduzione rivolta allo studente si dà ragione dello studio della storia: essa serve a farci conoscere e capire tutto ciò che avvenuto prima di noi e a orientarci nella vita quotidiana. Vengono citati Bloch, Braudel, Carr, Canfora, Le Goff, Brecht, e altri.

Come si vedrà dall'esposizione della struttura, sembra privilegiata una posizione pluralistica, fondata su continue proposte di confronto: in realtà emergono posizioni ideologiche differenziate, il che rende il testo piuttosto squilibrato.

1b) Ogni sezione si apre con quattro riquadri in giallo: Il concetto (praticamente un riassunto), Gli spazi (con piccola cartina), Le parole chiave (coppie di parole contrapposte, di ambito per lo più politico), I tempi (cronologia). Ogni capitolo è diviso fra la parte alta delle pagine che espone il testo-base e la parte bassa su fondo verde che contiene approfondimenti: non è sempre immediatamente chiaro per gli studenti se si tratta di fonti antiche, magari riassunte, o esposizioni un po' ampliate della stessa vicenda raccontata nella parte alta; alla fine del capitolo, su fondo grigio con riga rossa, ci sono la Cronologia, che riprende in parte I tempi, e la rubrica Per la verifica, con domande tratte dal testo ma anche proposte pretenziose; seguono due rubriche più ampie: Storici a confronto, in cui sono contrapposte tesi diverse di storiografi moderni (con questionario), e Letteratura e storia, con lunghi passi tratti da scrittori antichi o da romanzi storici moderni. Alla fine di ogni sezione Uno sguardo d'insieme, cioè un riepilogo costituito dalle rubrichette Tempi a confronto, Gli spazi nel tempo e Società a confronto, e da proposte di lavoro ulteriori. In ogni parte vi sono foto, belle anche se non sempre appropriate, come una foto di Ermes con in braccio Dioniso bambino per illustrare la mutilazione delle Erme, della cui forma non dà assolutamente idea; inoltre cartine e schemi. Alla fine di ogni volume una pagina di bibliografia in italiano o in traduzione. I brani, sia antichi sia moderni, sono citati con autore, titolo ed editore italiano, senza indicazione di pagine né nome dell'eventuale traduttore.

Manca un punto preciso in cui si indicano le fonti di ogni periodo.

2) Come in molti altri testi, l'origine dell'universo, della Terra e della vita sono confusamente mescolate con le teorie evoluzionistiche. Queste ultime sono sbandierate ampiamente, nel testo e nelle rubriche: ne è fatta risalire l'origine ad Esiodo, Epicuro e Lucrezio (pag. 37, a testo e nella rubrica. Saremmo molto interessati a sapere a quali passi dei tre autori si allude; e in particolare come la tesi esiodea della decadenza progressiva possa chiamarsi evoluzionista) e si rimprovera vivamente al creazionismo di avere bloccato il progresso delle scienze. Di passaggio, in una rubrica (pag. 40), si ammette che non si è ancora trovato l'anello mancante, cioè il progenitore della specie homo; ai ragazzi però si chiede perentoriamente (pag. 47): "A quale stadio evolutivo gli studiosi collocano il sorgere del sentimento religioso?", domanda equivoca perché potrebbe significare: a) che a un certo punto (peraltro non determinato, come si è detto) inizia ad esserci un uomo, che dovrà progredire ma ha già in se l'impronta ontologica di figlio di Dio; b) che il senso religioso è una tappa come la scoperta del fuoco o il chopper.

3) L'esposizione è svolta per popoli. La ripartizione fra i due volumi è quella tradizionale, ma nel primo ci sono tre rubriche distribuite nel corso della trattazione intitolate Intanto in Italia..., in cui viene sintetizzata brevissimamente la storia romana fino alla battaglia di Azio. Sono esposti prima i fatti poi la civiltà, in genere nello stesso capitolo, salvo la civiltà ellenistica che ha un capitolo apposito. Nel secondo volume i fatti sono nettamente prevalenti, anche perché sono protratti fino a Carlo Magno.

4) Le civiltà orientali vanno da pag. 74 a pag.173, esclusi Cretesi e Persiani e inclusi Indiani e Cinesi. I rapporti fra popoli sono limitati a cenni sulle guerre: negli esercizi si propone, al solito, di fare confronti. Gli Ebrei hanno un ampio capitolo, interessato e rispettoso; i Persiani, secondo la tendenza attuale, sono considerati in funzione delle guerre persiane: infatti il primo paragrafo del capitolo a loro dedicato s'intitola I Greci di fronte ai Persiani. Peraltro il capitolo è piuttosto ampio (comprese le rubriche, quattordici pagine).

5) La guerra del Peloponneso occupa una decina di pagine di un capitolo intitolato Il declino di Atene, che comprende anche le egemonie spartana e tebana; nelle metà inferiori delle pagine vi sono alcuni approfondimenti, non sempre però riguardanti l'argomento (riassunti da Tucidide, un breve passo di Berve su Alcibiade, a fronte di una trattazione su Ippocrate e una delle anticipazioni di storia romana). Diremmo che l'episodio non interessa molto gli autori. I Gracchi hanno circa sei pagine, con due letture contrapposte di Plutarco (sul solo Tiberio) e Floro (su entrambi), e tre passi critici.

6) Al Cristianesimo è riservato un ampio capitolo, fondato su queste idee-guida: la continuità con l'ebraismo (non a caso il primo approfondimento è un testo del card. Martini da Israele radice santa), la continuità rispetto al misticismo pagano dell'epoca (salvo una maggiore "radicalità"), l'apporto dottrinale e organizzativo di S. Paolo. La vita storica di Gesù è raccontata in modo stranamente contorto (la morte prima della nascita): non siamo riusciti a trovare menzione della resurrezione, neanche presunta.

 

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 A. Desideri, V. Nuti, Percorsi, due voll. di 588 e 672 pagine, D'Anna 1996

Il testo nasce dalla fusione di due opere precedenti, Storia UNO / Storia DUE e Storiografia UNO / Storiografia DUE, con lievi modifiche. Le opere divise sono comunque ancora in catalogo.

1a) L'introduzione dà ragione solo della necessità di un nuovo testo, soprattutto in rapporto con le tesi della scuola storiografica degli Annales. L'opera viene descritta nella sua struttura e sono proposti concreti suggerimenti sul suo utilizzo, in forma tradizionale o alternativa. Allo studente non si pone il problema del perché la storia, o la storia antica in particolare: si parte da una citazione di H. W. van Loon, in cui la Storia è definita "l'imponente Torre dell'Esperienza che il Tempo ha eretto nel mezzo dei campi senza limiti degli evi tramontati".

1b) Ogni capitolo, contraddistinto da un colore, si apre con una breve introduzione, una cronologia e l'indicazione dei titoli dei paragrafi. Segue il testo, accompagnato da cartine, schemi e foto commentate. Al termine del capitolo, la spiegazione di alcune parole, alcune letture piuttosto divulgative sulla vita quotidiana e un questionario con precisi rimandi ai paragrafi dove trovare le risposte. Infine la parte di Storiografia, una nutrita serie di passi, mediamente una dozzina, di testi antichi, storici o letterari, e di storici moderni, disposti più o meno nell'ordine corrispondente all'esposizione dei fatti. In sostanza, sembra inessenziale scegliere una fonte antica o uno storico moderno per illustrare un determinato fatto. Anche questa parte termina con un glossario e delle verifiche.

Dei testi riportati sono citati l'autore, l'opera, l'edizione, a volte il traduttore, mai la citazione completa.

Talvolta vengono segnalate per accenno le fonti a disposizione per un popolo o un periodo.

2) La parte dedicata alla preistoria è piuttosto semplice: poche pagine, il minimo di notizie indispensabili, un prudente "evoluzionismo", limitato in realtà all'evoluzione dell'uomo dall'uomo stesso, giacché "l'uomo, come ogni essere creato (animale o pianta), è soggetto a mutarsi ed evolversi" (pag. 7). Una lettura sulla paleoecologia mette in guardia da sogni di "buon selvaggio"; nelle verifiche si chiede conto correttamente dell'inizio del culto e non dell'inizio del senso religioso.

3) L'esposizione è svolta per popoli. Nel testo-base la storia di fatti precede la civiltà, a volte prevalendo quantitativamente, a volte in forma ridottissima. Va ricordato che la premessa metodologica, richiamandosi agli Annales, prelude ad una prevalenza delle civiltà.

4) Alle civiltà orientali sono dedicate le pagg. 36-293, compresi Cretesi e Micenei, nonché Persiani e alcuni argomenti "nuovi" come Elam, Mari, Ebla. India e Cina chiudono invece il secondo volume, in modo un po' posticcio. I rapporti sono limitati a fatti bellici. Gli Ebrei hanno in tutto 32 pagine, di cui sette circa di testo, comprese figure e cartine, svolte con discreta cura e interesse; molti i passi biblici nella Storiografia, accanto a Giuseppe Flavio e storici moderni. Il capitolo sui Persiani inizia con una precisazione controcorrente, che tende a sganciare l'importanza dell'impero persiano dalle guerre coi Greci; la trattazione è però poi molto ridotta. Una novità è rappresentata dal fatto che la storia persiana è seguita fino al regno partico degli Arsacidi e poi a quello dei Sasanidi, che si chiude con la conquista araba.

5) La guerra del Peloponneso è esposta in modo molto semplificato (sei pagine e mezza, in gran parte occupate da cartine e figure). Nella Storiografia vi sono però quattro brani di Tucidide (sull'entrata in guerra, la peste, i Melii e la battaglia dell'Assinaro) e uno delle Elleniche di Senofonte, oltre a testi moderni. Anche le pagine dedicate ai Gracchi sono poche (circa due e mezza, accompagnate da pagine di foto puramente esornative); la parte di Storiografia comprende passi di Plutarco e Appiano, oltre a testi moderni. Per entrambi gli episodi, comunque, si pone il problema didattico del raccordo fra testi e "letture", nonché un uso critico delle medesime, che, come si è già notato, sono accostate in successione come se fossero un discorso continuato e univoco.

6) Al Cristianesimo è dedicato il capitolo 15, che segue le vicende dei cristiani fino al concilio di Calcedonia del 451. Le linee portanti sono due: la continuità fra religioni misteriche, ebraismo, esseni e Cristianesimo; la fondazione della dottrina cristiana ad opera di Paolo. Del Cristo storico è detto ben poco; la resurrezione non è mai nominata (anzi si dice che S. Paolo pone "la dottrina della crocifissione come momento fondamentale della storia": e "Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede" dove va a finire?). Nella Storiografia ci sono molti passi neotestamentari e patristici.

 

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F. Di Tondo, G. Guadagni, La storia antica oggi, 2 voll. di pagg 328 e 294., Loescher 1989

(nuova edizione di un testo del 1982; come si è visto l'editrice ha successivamente affiancato un testo impostato diversamente)

1a) Manca un'introduzione che spieghi i motivi dello studio della storia e la metodologia; all'inizio del testo si accenna alle diverse fonti.

1b) Ogni capitolo è accompagnato da un apparato iconografico vario e ampiamente commentato. Alla fine c'è la rubrica Laboratorio, che comprende letture critiche, approfondimenti, domande e proposte di lavoro (il tutto di dimensioni contenute). Segue una bibliografia di testi italiani o tradotti. Nel corso del testo viene previsto spesso un paragrafo in cui sono esposte le fonti. Le citazioni moderne comprendono autore, titolo, editore, a volte le pagine; quelle antiche possono avere la citazione completa o parziale.

2) Alla preistoria sono dedicati i primi due capitoli. Si prescinde totalmente da questioni relative all'origine dell'universo e alle varie ere geologiche; si parte dall'inizio (non dall'origine) della vita e attraverso una lenta e convinta progressione attraverso le fasi evolutive si prosegue, con un'ampia digressione antropologica in caratteri più piccoli. È prestata una particolare attenzione alle concezioni religiose, viste con qualche disprezzo: "presi nella rete delle loro finzioni consolatorie, gli uomini arriveranno a scambiare il reale con l'immaginario" (pag. 14).

3) L'impostazione è tradizionale: ogni popolo è seguito dalle origini alla fine (cioè al momento in cui viene conquistato); l'esposizione della civiltà è svolta insieme all'esposizione dei fatti, molto ridotti.

4) La parte seconda Antichi imperi d'oriente e d'occidente comprende le pagg. 43-182 e tratta dei vari popoli del vicino oriente, compresi i Persiani, più Indiani, Cinesi e civiltà precolombiane. Agli Ebrei è dedicato un ampio capitolo (pagg.157-167), con un'esposizione molto curata e sostanzialmente rispettosa. Anche la parte dedicata ai Persiani in un capitolo che comprende anche gli Ittiti è ampia e accurata: emerge soprattutto l'importanza storica e l'eccezionalità di un popolo che unifica l'oriente sotto il proprio dominio.

5) Il capitolo 19 è dedicato alla guerra del Peloponneso. Le vicende della guerra sono trattate in modo piuttosto ridotto e comprendono anche un errore: si dice che alla fine della spedizione in Sicilia Nicia e Lamaco vennero giustiziati (pag.286), mentre Lamaco era già morto, e insieme a Nicia venne giustiziato Demostene, che era accorso in aiuto (in effetti nella precedente edizione del testo Lamaco non era mai nominato, né si parlava dell'uccisione dei capi: l'aggiunta è stata evidentemente frettolosa).

È citato Tucidide come fonte, e ne sono riportati due passi, uno sulla peste, l'altro dal dialogo dei Melii.

Ai Gracchi sono dedicate due pagine con i fatti essenziali, che contengono anche due passi di Plutarco, una citazione di Lucano e un giudizio di Mommsen; nel corrispondente Laboratorio sono messi a confronto cinque giudizi degli antichi.

6) Al Cristianesimo è dedicato un capitolo nel complesso attento e interessato di una quindicina di pagine, aperto da rilievi sulla crisi della religione tradizionale, con alcune citazioni discutibili (dubitiamo ad esempio che Luciano possa costituire un esempio, oltre che di irrisione, anche di domanda e angoscia). Nella parte più propriamente dedicata al Cristianesimo vi sono molti riferimenti alle fonti non cristiane (è riportato il testimonium Flavianum), cristiane e moderne. Un paragrafo, dedicato al Cristo della storia e Cristo della fede, riferisce un passo di C. Duquoq assai chiaro. Un capitoletto affronta alcuni temi particolari, la schiavitù, le donne (la misoginia di S. Paolo) e il rapporto col paganesimo.

 

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G. Gentile, L. Ronca, A. Salassa, L'antichità, due voll. (Preistoria, Oriente e Grecia - Roma), ed. La Scuola 1996.

1a) Il testo è dotato di un'introduzione (Noi, la storia, gli storici) di carattere metodologico, in cui vengono enunciati, in maniera abbastanza chiara e appropriata, i presupposti del lavoro storiografico, l'uso delle fonti, la classificazione dei documenti, l'utilità delle scienze ausiliarie: in conclusione si affronta, in modo equilibrato, il problema della obiettività dello storico, affermando che la "storiografia è una scienza, non un sapere assoluto". Non emerge una posizione ideologica netta e all'interno del testo non si notano fraintendimenti o falsificazioni ideologiche.

I presupposti metodologici sono ripresi in alcune rubriche, in cui ad esempio sono citate le fonti di alcuni avvenimenti (Erodoto storico delle guerre persiane, Tucidide di quella del Peloponneso), senza che tuttavia il riferimento alle fonti sia una costante.

1b) Il testo è strutturato in unità didattiche, individuate su basi cronologiche, introdotte da un primopiano, che affronta una questione cruciale per la comprensione di un dato periodo, e svolta in vari capitoli: ogni unità didattica si chiude con un laboratorio, che contiene approfondimenti sui documenti e le fonti, richiami all'attualità e dossier iconografici; il tutto accompagnato da esercizi di comprensione. Allo stesso modo ogni capitolo si conclude con esercizi raggruppati secondo stabili tipologie (lessico, tempi e durata, geografia della storia, schede di sintesi), organizzati anche in forma di test e di esercizi di completamento. Da notare che la copia saggio fornita all'insegnante contiene già la soluzione degli esercizi. La parte iconografica è ampia e non sembra puramente esornativa.

2) Alla preistoria sono dedicati tre capitoli introdotti da un primopiano: La ricostruzione della storia senza documenti scritti, dedicato alle pratiche dell'archeologia. Nella ricostruzione del periodo si fa riferimento alle teorie evoluzionistiche, ma senza enfasi particolare.

3) Le varie unità didattiche conglobano le storie di popoli e aree geografiche (con schede cronologiche sinottiche), che poi vengono svolte in maniera analitica nei vari capitoli, privilegiando le singole civiltà.

4) Alle civiltà orientali sono riservati quattro capitoli (sei quelli dedicati a tutta la storia greca). Agli Ebrei sono dedicate circa quattro pagine, che contengono notizie, non inopportune anche se piuttosto sbrigative, sulla storia dei Patriarchi, sull'Esodo, la formazione del regno e la sua caduta: oltre a ciò sono presenti letture tratte dall'Antico Testamento.

La formazione dell'Impero Persiano è sommariamente esposta come premessa alle guerre persiane. Da questi esempi emerge una caratteristica dell'opera: la tendenza cioè alla semplificazione, che si evince anche dalla sua relativa brevità e maneggevolezza.

5) Anche gli episodi scelti come esemplificativi risentono di questa tendenza: alla guerra del Peloponneso sono dedicate circa cinque pagine comprensive di illustrazioni (corrispondenti a circa una pagina e mezza): manca una disamina delle fonti (alcuni passi di Tucidide sono riportati nelle rubriche alla fine dell'unità), la narrazione dei fatti è svolta in modo estremamente sommario, le cause della guerra sono risolte in termini di un generico scontro ideologico tra democrazia e aristocrazia, rappresentate dalle due leghe. La tendenza alla brevità porta a sorvolare su alcuni particolari non certamente trascurabili: ad esempio, accennando all'episodio dell'ermocopia, non si fa riferimento alcuno alle presunte parodie dei Misteri.

Anche per quanto riguarda le vicende dei Gracchi, valgono le osservazioni prima esposte: manca una discussione delle fonti (se si eccettua la menzione di un aneddoto) e la storia è riproposta in modo stringato (senza tuttavia indulgere ad enfatizzazioni ideologiche); ciò comporta anche alcune semplificazioni: non si fa riferimento, ad esempio, al fatto che Tiberio Gracco ripresentò la propria candidatura al tribunato.

6) Al Cristianesimo è dedicato soltanto un primopiano, L'impero pagano e il Cristianesimo da Tiberio a Diocleziano, che esamina la diffusione del messaggio cristiano e il suo incontro/scontro con l'Impero e la mentalità pagana. L'esposizione dell'argomento non sembra inficiata da presupposti ideologici ed anche in merito alle persecuzioni mantiene un atteggiamento equilibrato, pur nella stringatezza della narrazione, che porta a sorvolare su molti elementi (non si fa cenno alla proposta di Tiberio in senato, al rescritto di Adriano, a quello di Antonino Pio, ecc.).

 

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D. Lanza, F. Roscalla, Storia del mondo antico, due voll. di grande formato di pagg. 382 e 384, B. Mondadori 1992.

L'editrice aveva un precedente testo del solo Lanza, Il mondo antico, 1981. Del testo attuale, risulta che le sezioni di ricerca archeologica sono scritte da un'altra autrice, con due collaboratori; l'apparato didattico (cioè gli esercizi, si presume), le sintesi dei capitoli e le introduzioni alle Unità sono opera di un altro autore; il solito staff redazionale si è occupato della parte iconografica e dei vari coordinamenti. Non è chiaro quanto Lanza abbia collaborato alla revisione, e quale sia stato, alla fin fine, l'apporto di Roscalla.

1a) La Presentazione riprende quella del 1981 con suggestivi tagli e modifiche. I tagli riguardano i passi in cui l'autore usciva allo scoperto, presentando la sua concezione della storia (grandi sistemi di contraddizione, che nel mutare degli equilibri determinano le trasformazione delle società: l'attuale prefazione contiene questa possibile visione della storia, ma censura la frase che la elegge a visione su cui il libro è impostato), il metodo (le schede servono ad ampliare la narrazione, presentando i molteplici aspetti della società) e l'onestà di posizione (si veda la spiegazione delle pagine di Dibattito storiografico: confronto fra diverse ipotesi storiografiche, per comprendere di quali implicazioni ideologiche le diverse scelte degli storici possano farsi veicolo nella cultura contemporanea).

Certo, è rimasto il congedo: L'autore può spiegare come il libro è stato scritto ... Una mera sententia, si presume, visto che nel frattempo gli autori sono diventati, per lo meno, due.

Le modifiche riguardano i due aspetti più innovati del testo: l'introduzione della storia romana nel primo volume e la massiccia presenza dell'archeologia.

Manca un'introduzione rivolta allo studente, che si ponga il problema del perché la storia, e quella antica in particolare.

1b) Ogni capitolo comprende una breve esposizione (una pagina, al massimo due) con riepilogo conclusivo; è accompagnato da schede mediamente più estese, con schemi e foto, alternativamente Le tecniche, Uomini e ambiente, culture e mentalità, la società e la politica, ecc.; una delle schede, variamente collocata nell'unità, consiste in una cronologia; alla fine di ogni unità ci sono gli esercizi, a volte banalissimi (frasi con puntini da completare) a volte vere e proprie tesine; infine un'ampia sezione che alterna La ricerca archeologica e La ricerca storica, una novità la prima, una risistemazione dell'originario Dibattito storiografico la seconda, con la fondamentale differenza che alla presentazione di diverse tesi sullo stesso nodo storiografico si è sostituita l'introduzione di storie particolari (della vita quotidiana, degli esclusi, ecc.) esemplificate con testi fra loro interscambiabili. L'unico confronto fra tesi si trova nella sezione finale del primo volume, dedicata a democrazia e imperialismo. I testi moderni sono citati con autore e titolo italiano; quelli classici col solo autore, a volte il titolo; alla fine del secondo volume tutti i testi sono elencati con autore, titolo, traduttore ed edizione; manca la citazione completa; per le iscrizioni si fa riferimento ad una precedente antologia di fonti o testo analogo. Manca nell'esposizione un punto in cui siano indicate le fonti. La parte iconografica è ampia, con foto anche molto grandi.

2) Alla preistoria sono dedicati dieci capitoli, delle dimensioni ricordate. L'esposizione è molto piana e discorsiva; terminologia, cronologia, presentazione di ipotesi problematiche sono demandate alle schede. La tesi a cui si punta è la divisione sociale e la nascita della città come prodotti del potere religioso.

3) L'esposizione è svolta per orizzonti cronologici, compresa la storia italica e romana che inizia già nel primo volume. È privilegiata la storia di civiltà.

4) Alle civiltà orientali, esclusa la Persia e compresi Cretesi e Micenei, sono dedicate tre unità, per un centinaio di pagine circa. I rapporti fra popoli sono evidenziati. Gli Ebrei hanno un capitolo di una pagina e mezza: si mette in discussione il valore di fonte dell'Antico Testamento e il monoteismo. Nelle schede il brano biblico della consegna delle Tavole della Legge; un'altra scheda sulla composizione della Bibbia si trova nel capitolo sui Persiani, dove, nella precedente edizione, veniva ripresa la storia ebraica. I Persiani hanno tre capitoli nell'unità che tratta delle guerre persiane. È dato molto risalto alla formazione dell'impero e ai rapporti con gli altri popoli.

5) La guerra del Peloponneso ha un capitolo di una pagina e mezza. Nessun approfondimento; una cartina con la distribuzione degli alleati. I Gracchi hanno un capitolo e mezzo (il secondo comprende anche la guerra giugurtina) con una breve scheda sull'ager publicus.

6) Il Cristianesimo viene affrontato inizialmente nel capitoletto 7 dell'unità 13, intitolato La diaspora giudaico-cristiana. Si punta nettamente ad una identificazione fra cristiani ed ebrei, con l'unica differenza che la dottrina cristiana si opponeva al formalismo dei farisei. Non si parla nel testo di alcun contenuto dell'annuncio cristiano; anche la cartina insiste sulla presenza delle comunità ebraiche nell'impero. Per chi lo desidera, tuttavia, una scheda riporta il discorso di S. Pietro al Sinedrio, permettendo così di attingere all'integrità dell'annuncio, anche se il motivo della scheda è di mostrare i rapporti fra cristiani ed ebrei. Più avanti si riprende la storia della chiesa, delle eresie e delle persecuzioni. Due ricerche storiche sono dedicate rispettivamente alla Storia comparata delle religioni, che tende a creare parallelismi fra aspetti di religione diverse (la preghiera, gli inizi del mondo, dèi, santi ed eroi) e alla Storia del Cristianesimo primitivo, con un ampio materiale utilizzabile.

 

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M. Liverani, A. Fraschetti, R. Comba, Dal villaggio all'impero, 2 voll. di pagg. 411 e 314, Loescher 1994

Dei tre autori, Liverani ha scritto il primo volume e la prima unità del secondo (Preistoria e protostoria dell'Italia), Fraschetti il prosieguo del secondo volume e Comba l'ultima unità (Fra mondo antico e medioevo).

1a) La prefazione è incentrata su un'idea fondamentale: occorre rinunciare ad una posizione eurocentrica e approfondire le tradizioni degli altri. Per questo gli autori si propongono una storia policentrica "senza preconcette centralità e marginalità, proprio per dare la sensazione di come la storia umana sia un intreccio di percorsi diversi". Come conseguenza, si punta su un'impostazione cronologica sincronica, che prenda in considerazione in contemporanea tutte le aree interessate (si nota tuttavia già fin d'ora come tale impostazione non riguardi l'Italia e Roma, tradizionalmente collocate in altro volume, con diversi autori). Dal punto di vista didattico, gli autori prendono netta posizione contro l'eccesso di rubriche e rivendicano l'importanza di "un buon testo-base".

Nell'Introduzione rivolta ai ragazzi (unità I, lezione I) si dà ragione con un linguaggio molto piano e accattivante dello studio della storia, e in particolare di quella antica: serve a ricostruire la formazione della nostra cultura ma anche a ridimensionarla, attraverso l'incontro con popoli che sono ora diversi perché hanno un passato diverso; ha come contenuto gli avvenimenti ma soprattutto i fenomeni più generali "fatti ripetitivi sui quali si ha una documentazione di tipo statistico"; gli strumenti proposti sono soprattutto archeologici ed epigrafici, mentre quelli letterari sono messi in secondo piano, soprattutto per motivi ideologici (sono l'espressione dei potenti).

1b) Seguendo i criteri espressi nell'introduzione, le rubriche sono poche (mediamente una per lezione, cioè capitolo) e non essenziali ai fini del testo: si tratta di rettangoli su fondo azzurro, che occupano meno di una pagina e contengono o approfondimenti (es.: "Il clima della preistoria") o brevi passi d'autore ( ad esempio una parte del dialogo dei Melii tucidideo), con citazione precisa. Parte iconografica a colori ampia e curata (cartine, grafici, riproduzioni di oggetti e opere d'arte, foto aeree, ecc.). Ogni lezione termina con una bibliografia accessibile facilmente e un riassunto forse superfluo. Non c'è un punto specifico in cui siano segnalate le fonti di ogni periodo; spesso si allude invece a fonti archeologiche. Esclusi esercizi di qualunque tipo, ma si accennano possibili ampliamenti (ad es. confronti fra un testo riportato ed un altro da procurarsi).

Tipograficamente un po' scialbo.

2) Alla preistoria e al passaggio dalla preistoria alla storia sono dedicati quattro capitoli (Le origini dell'uomo. Il Paleolitico La rivoluzione neolitica Il neolitico in oriente, in Europa, in Italia La rivoluzione urbana). L'interesse è quindi evidente. Esclusa la problematica relativa all'origine dell'universo e della vita, l'evoluzione dell'uomo è svolta nel testo in modo non problematico; a fianco un approfondimento affronta la storia dell'affermarsi delle tesi evoluzioniste in termini ambigui: non risulta per nulla chiaro se possano essere compatibili con la fede nella creazione o l'abbiano sostituita del tutto. Il passaggio fra le diverse età è visto come il progressivo affermarsi di strutture sociopolitiche centralizzate al posto di strutture partecipative, con l'avallo ideologico della religione.

3) Lo svolgimento è impostato per orizzonti cronologici, da cui però sono escluse l'Italia e Roma, introdotte nel secondo volume (scritto in gran parte da altri autori). Come spesso avviene, si ha una frammentazione del singolo popolo didatticamente un po' difficile (ad esempio gli Egiziani sono trattati in otto capitoli, di cui alcuni dedicati interamente a loro, altri parzialmente o per richiami); d'altro canto vi sono anche alcuni accostamenti forzati: valga per tutti il paragrafo finale della lezione 29, L’"età assiale", in cui si rileva che verso il 500 a.C. c'è stata una modificazione etico-religiosa generalizzata, comprendente i profeti ebraici, Zoroastro, il Buddha, Confucio e la filosofia ionica; l'esito sarebbe una religione etica e monoteista: in varie forme: dall’enoteismo ebraico al dualismo zoroastriano, dal panteismo dei movimenti mistici all’ateismo dei movimenti razionalisti (pag. 294: un'idea di monoteismo certo molto ampia!).

È dato spazio sia ai fatti che alla civiltà.

4) Le civiltà orientali sono svolte ampiamente, compresa l'India, la Cina, e popoli minori quali elamiti, amorrei, hurriti, mitanni, cassiti, Ebla, Mari, ecc. In pratica si contano circa 240 pagine, entro cui sono comprese però anche le vicende micenee e quelle greche fino al medioevo ellenico. I nessi fra civiltà, sia politici sia culturali, sono molto evidenziati. Agli Ebrei è dedicata la lezione 19 e il primo paragrafo della 20; la 19 è svolta come una critica serrata alla storicità della Bibbia nella narrazione delle vicende d'Israele dalle origini al VI-V secolo; la 20 invece riparte tranquillamente da Saul senza più porre alcun problema di fonti. Belle cartine e fotografie, nessun passo della Bibbia.

A Medi e Persiani è dedicato un capitolo apposito, in cui si sottolinea soprattutto la religione di Zoroastro e l'ideologia imperiale. Belle foto, cartine e un'iscrizione sulla presa di potere di Dario.

5) Alla guerra del Peloponneso è dedicata la lezione 34, una decina di pagine ricche di illustrazioni. I fatti sono esposti con sufficiente completezza; segue un paragrafo in cui si espone criticamente l'interpretazione di Tucidide; infine un paragrafo contiene una carrellata di autori coevi trattati piuttosto sbrigativamente, con irritanti approssimazioni.

I Gracchi sono trattati nella lezione 18 del II volume per circa cinque pagine senza letture. L'esposizione, abbastanza precisa ma priva di critica e di commento, contiene strane inesattezze "collaterali": si dice che Tiberio, figlio di un plebeo molto nobile (che cosa significa?), aveva combattuto in Spagna una campagna disastrosa per i soldati romani, culminata nel disastro di Numanzia: quale? Indagando un po', si scopre che il discorso su Scipione Emiliano sembra chiudersi col cap.17, che parlava appunto della vittoria di Numanzia; non si dice che era cognato dei Gracchi, né che muore in circostanze misteriose dopo la vicenda stessa di Tiberio Gracco. Sembra quasi che i due capitoli si ignorino.

6) Il Cristianesimo è affrontato in due capitoli: quello sull'impero di Tiberio (29) e il cap. 31, che riguarda il rapporto con la religione romana: francamente sembra che gli autori siano in imbarazzo nel presentare il Cristianesimo come un fatto degno di storia, e desiderino appoggiarlo a fatti meno rischiosi. Si rilevano somiglianze e differenze rispetto all'ebraismo e alle sue varie sette, contrasti interni riguardo ai rapporti con l'impero romano; il contenuto dell'annuncio è la divinità di Cristo e la nuova legge d'amore. Non si parla della resurrezione in nessun momento; sono citate come fonti alcune lettere di S Paolo; di passaggio si accenna ai Vangeli, senza specificare ulteriormente.

 

 


 

D. Manacorda, G. Pucci, Storia antica, due voll. di grande formato di 868 pagg. complessive, Zanichelli 1990.

Quest'anno l'editrice ha affiancato a questo testo un altro degli stessi autori, impostato diversamente. Purtroppo però non l'abbiamo avuto in visione (peraltro anche l'edizione di cui parliamo non ci è stata fornita dall'editrice).

Gli autori, entrambi archeologi, si sono spartiti i capitoli di ciascun volume; l'ultimo capitolo è di altro autore; del materiale illustrativo sono responsabili altre persone ancora.

1a) La presentazione mette subito in chiaro che l'intenzione degli autori è quella di introdurre nell'editoria scolastica una storia archeologica, seppure non in senso esclusivo. Questa prevalenza delle fonti materiali su quelle documentarie si percepisce nettamente nel corso del testo, non solo per quanto attiene alla scelta delle testimonianze, ma anche e soprattutto per quanto concerne l'importanza data agli avvenimenti stessi: quanto più interessano archeologicamente, tanto più rilievo viene dato loro. Ne deriva, soprattutto nel primo volume, un'impressione di sfasatura: la grande scoperta archeologica relativa ad una piccola civiltà appare al discente più importante di un grande fatto storico testimoniato da fonti scritte.

Nel capitolo 0 rivolto allo studente viene affrontato in modo ampio e chiaro la questione della storia e della storiografia: la prevalenza della storia di strutture su quella di eventi, le scienze ausiliarie, le fonti, il lavoro dello storico e i suoi condizionamenti. Tuttavia questa dichiarazione d'intenti appare un po' disattesa nel testo, in cui la discussione delle fonti è per lo più esclusa.

1b) Il testo-base, caratterizzato da una buona varietà tipografica (grassetto, corsivo e parti in azzurro) risulta purtroppo affogato nei documenti, ampi testi a fondo beige che, nonostante il termine, sono generalmente approfondimenti degli autori stessi, e solo di rado fonti. Le parti concretamente da studiare vanno cercate qua e là; quanto agli approfondimenti stessi, è difficile per il giovane discente sentirli parte integrante del testo assegnato. Ogni capitolo è seguito dalle Letture, cioè da brani critici; da una bibliografia commentata, con distinzione fra testi per studenti e per docenti; da un riepilogo cronologico; dagli esercizi, alcuni interessanti, altri troppo schematici al punto da essere imbarazzanti (il tipo vero o falso), alcuni anche scorretti (a pag.749 Appiano è citato fra gli autori latini). Vi sono poi itinerari archeologici, ovviamente molto curati, riguardanti le regioni italiane e alcune schede che affrontano le diverse scienze dell'antichità (archeologia, epigrafia, filologia, ecc.). Ottimo il materiale iconografico; le citazioni sono complete per gli autori moderni, più approssimative per i classici; manca una trattazione delle fonti di ogni periodo.

2) Alla preistoria è dedicato l'ampio capitolo 1 (circa 40 pagine). Dopo una rapida carrellata sullo sviluppo della terra e il sorgere delle condizioni necessarie perché si costituissero i primi aggregati organici si passa alle varie età dell'evoluzione dell'uomo. Il testo è prudente, i documenti smaccatamente ideologici (si veda quello su Darwin a pag. 22-23: Darwin poté dimostrare che anche l'uomo, così come noi lo conosciamo, non era il risultato di una creazione divina, ma un animale che ...: uno dei testi in cui più nettamente si gioca sulla confusione dei termini). Via via che si procede nel tempo, le affermazioni appaiono più perentorie: regime comunitario, fase matriarcale, fase patriarcale, divisione in classi, potere politico-religioso, ecc.

3) L'esposizione è svolta per orizzonti cronologici, compresa la storia d'Italia e di Roma fino all'inizio del III sec. a.C.. Tale impostazione è molto radicale, per cui l'uso del primo volume è molto arduo. Fatti e civiltà sono entrambi tenuti presenti in maniera equa, con notevole ampiezza.

4) Alle civiltà orientali è dato molto spazio, comprese civiltà minori (Ebla, gli Sciti) e lontane (India, Cina). Data l'impostazione, i nessi fra popoli sono molto sottolineati. Sia Persiani sia Ebrei sono inseriti nel cap. 7 (Le civiltà del Vicino ed Estremo Oriente nel I millennio a.C.), che segue incongruamente due capitoli in cui la storia greca, etrusca e romana viene esposta fino al secolo VI. Dei Persiani si sottolinea la creazione dell'impero e la religione (con qualche confusione fra monoteismo e dualismo). Sono riportati alcuni passi di Erodoto sugli usi e costumi e immagini molto belle delle capitali. Quanto agli Ebrei, l'impostazione è triplice: il testo racconta in modo piano e senza discussioni la storia biblica e presenta la religione con correttezza; i documenti presentano la struttura della Bibbia e ne riportano passi con sostanziale rispetto; le letture sono pesantemente ideologiche (da notare che gli esercizi sono costruiti anche sulle letture).

5) La guerra del Peloponneso è un episodio del capitolo 8 (La Grecia classica). L'esposizione è piuttosto breve e suscita poco interesse. Un documento riporta un passo della Pace di Aristofane; nessuna delle molte letture riguarda la vicenda, che rimane per così dire compressa fra troppi argomenti svariati. Più importanza è data alla storia dei Gracchi, accompagnata da vari documenti che riportano passi di Plutarco, Appiano e Cicerone, nonché un'epigrafe assai interessante. Una lettura da Brunt.

6) Non esiste un punto dell'opera in cui sia trattato il Cristianesimo. Naturalmente si parla delle persecuzioni contro i cristiani, si accenna ad una diffusione del Cristianesimo nel III secolo, ecc. Ma in sé non ha la dignità di evento.

 

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B. Proto, Alle fonti della storia, 2 volumi, Mursia

1a) C’è un’introduzione metodologica che prende in considerazione i seguenti aspetti:

– significato della storia

– nascita e sviluppo del sapere storico (distinzione fra tradizione orale, cronaca e storia come ricerca critica; tendenze storiografiche delle diverse epoche)

– obiettività della storia (posizione equilibrata tra gli estremi della presunzione di perfetta obiettività e tentazioni ideologiche)

– le fonti (distinzioni tra fonti primarie e secondarie; uso ampio e critico delle fonti, soprattutto primarie)

– le cause (i fattori esterni e la volontà dell’uomo; individuare i fattori determinanti )

– la periodizzazione (convenzionalità e insieme utilità della periodizzazione tradizionale)

– la distinzione storia preistoria; relatività del concetto di preistoria; la fase della protostoria

– scienze ausiliarie della storiografia:

L’introduzione è abbastanza valida sotto l’aspetto scientifico e didattico. Si dichiara che il manuale fornisce un’ordinata esposizione ... di un quadro di riferimento, di una lezione di metodo (p. IX). Pur non essendo neutrale, ricerca un momento unificante e costruttivo al di fuori di fedi, ideologie, particolari teorie (p. IX). Il suo quadro di riferimento è costituito dal "patrimonio di valori civili ed etici che si esprime nella Costituzione della Repubblica italiana" (p. 10). Tali valori, soprattutto quello della libertà, sono considerati assoluti e permanenti.

Si può criticare una certa genericità nell’esame delle tendenze storiografiche delle diverse epoche, e lo sforzo di superare la prospettiva eurocentrica perché il nostro partecipe interesse deve rivolgersi all’universale divenire umano. Tali affermazioni, oggi molto di moda, suonano come insignificanti e contraddittorie in un manuale di storia antica che esamina proprio il punto di partenza della storia europea.

I presupposti ideologici sono in linea di massima messi in pratica nel testo e nelle rubriche.

1b) Ciascun capitolo è così strutturato:

            a) Breve introduzione

            b) Testo intercalato da cartine geografiche, abbondante materiale iconografico, schemi cronologici, fonti antiche raccolte in una rubrica fissa (Documenti), e schede esplicative di termini specifici (esploriamo alcuni termini).

            c) Tre rubriche, di cui le prime due fisse e la terza saltuaria:

            Fonti problemi interpretazioni: raccolta di passi di studi moderni sui problemi più significativi del capitolo.

            Questionario esercizi di sintesi: esercizi molto ricchi e analitici sulla conoscenza e comprensione del testo, abbastanza bene impostati ma forse un po’ pedanti: Si ha l’impressione che il manuale intenda quasi sostituirsi all’insegnante sia nel momento della spiegazione che in quello della verifica.

            Da vedere: rubrica molto interessante e originale che traccia itinerari culturali-archeologici, corredati di immagini per eventuali visite nelle località oggetto di studio.

            Sia l’introduzione metodologica che i singoli capitoli prevedono di essere integrati da una serie di schede riunite in un’appendice finale, che approfondiscono in modo chiaro ed esaustivo alcuni argomenti (per es. la numismatica, le fonti storiche, la scrittura, l’archeologia, ecc.).

2) La preistoria è svolta in due capitoli di notevole ampiezza, di cui il primo tratta il periodo dalle origini al paleolitico e il secondo il neolitico e il sorgere delle prime società urbane. La trattazione vera e propria è introdotta da alcuni paragrafi che spiegano la classificazione delle forme viventi per generi e specie, il progresso scientifico tra Settecento e Ottocento, con il passaggio dalla teoria delle specie fisse di C. Linneo all’evoluzionismo di Lamarck e Darwin, il problema dell’"anello mancante", gli obiettivi e il metodo della paleoantropologia. La teoria evoluzionistica sta alla base della ricostruzione dell’era preistorica, suddivisa nelle fasi cronologiche tradizionali in relazione alle testimonianze fossili e agli strumenti litici. Delle comunità primitive si analizza la vita materiale, la vita associata e l’evoluzione culturale-spirituale, anche con il contributo della comparazione etnologica.

La struttura viene considerata come la base dello sviluppo della civiltà, ma senza eccessive forzature e con l’avvertenza che questo processo implica sempre una concomitanza di fattori tra cui la volontà e la libera creatività dell’uomo.

Ampia e particolarmente pregevole per chiarezza e precisione terminologica è la trattazione dell’età neolitica e delle prime civiltà urbane, nel corso della quale si accenna anche alle società "fredde", ossia quelle in cui la rivoluzione neolitica non ebbe luogo se non in seguito a colonizzazione violenta e con enorme ritardo, o per fattori esterni o per il deliberato rifiuto dei gruppi umani di accogliere le acquisizioni del neolitico; il manuale avverte che queste forme di vita si possono definire "primitive" solo in rapporto alla vita materiale, ma non sotto l’aspetto della vita associata e della cultura. A proposito delle prime civiltà urbane si chiarisce inoltre che il polo dello sviluppo civile rappresentato dal Vicino Oriente non fu l’unico sulla terra, e che bisogna avere consapevolezza del pluralismo culturale liberandosi da una prospettiva eurocentrica. Tuttavia l’autore ammette che il manuale dovrà occuparsi solo marginalmente delle altre civiltà, perché il filo della storia da seguire è necessariamente quello che conduce al nostro presente.

3) L ’esposizione storica è svolta per popoli e non per orizzonti cronologici. Per le civiltà orientali è privilegiata la storia di civiltà rispetto alla storia dei fatti, per la storia greca e romana vale l’inverso, ma in generale si mantiene un giusto equilibrio fra le due esigenze, senza che l’una sia gravemente sacrificata a vantaggio dell’altra.

4) Su un totale di 15 capitoli, nel primo volume, 4 sono dedicati alle civiltà orientali e 1, anomalo rispetto ai manuali tradizionali, all’Europa preistorica e alle civiltà extramediterranee (India, Cina, civiltà precolombiane, Africa e Oceania), al fine di una sommaria informazione integrativa. I nessi tra i popoli sono evidenziati solo da una tavola sincronica comprendente anche la civiltà cretese e micenea.

Un intero capitolo è dedicato a Fenici ed Ebrei: su 10 paragrafi, 6 riguardano il popolo ebraico al quale è dato uno spazio abbastanza ampio anche sotto l’aspetto religioso.

I Persiani sono trattati nel capitolo comprendente anche Ittiti, Assiri, Babilonesi, Medi. Medi e Persiani occupano solo 3 paragrafi su 9. Si danno brevi cenni sulla loro storia dalle origini al V a.C. e spiegazioni un poco più articolate sulla struttura politica ed economica dell’impero di Dario e sulla religione di Zaratustra.

5) La narrazione dei fatti è chiara e lineare. Non sempre tutti i passaggi sono spiegati; per es. la descrizione della spedizione siciliana del 415 a.C. è piuttosto sbrigativa e generica, mentre le riforme graccane sono esposte in modo completo ed esauriente.

Le fonti antiche non sono richiamate direttamente nel testo, ma ne sono raccolti alcuni passi nella rubrica Documenti a fianco del testo. Per la guerra peloponnesiaca sono riportati passi di Tucidide, Senofonte, Plutarco, mentre per i Gracchi le testimonianze sono assolutamente esigue (Appiano sulla questione agraria, due frammenti delle orazioni di Tiberio e Caio). Non vi sono notevoli spunti problematici, ma prevale la pura narrazione degli eventi.

6) Il Cristianesimo occupa 4 degli 8 paragrafi in cui si suddivide il capitolo dedicato a Le nuove forze storiche: i Germani e il Cristianesimo.

È presentata la figura di Giovanni Battista e poi quella di Gesù quale si ricava dai Vangeli, nei suoi momenti salienti: nascita, predicazione, processo e morte; sulla resurrezione il manuale non si esprime direttamente, ma cita il Vangelo di Luca in proposito.

Il significato della persona e dell’insegnamento di Gesù è visto in modo fortemente limitativo e moralistico; il suo messaggio sarebbe fondato sulla rinuncia ai beni terreni, sulla svalutazione della vita temporale di fronte a quella spirituale, sulla preparazione del regno di Dio, regno di giustizia in cui i primi sarebbero stati non i ricchi e i potenti, ma i puri di spirito. Egli celebrava la ricchezza della vita interiore in contrapposizione all’arido formalismo del rito... Proclamava l’universale paternità divina, da cui discende come conseguenza la fraternità di tutti gli uomini e di tutti i popoli (p. 253).

Sono poi dati chiarimenti sui Vangeli e sugli altri libri del Nuovo Testamento.

Il Cristianesimo è assimilato a un messaggio etico e si omette del tutto il fatto della morte e resurrezione di Gesù Cristo per la salvezza dell’uomo.

Gli ultimi paragrafi si occupano dell’organizzazione della chiesa primitiva, della lotta contro le eresie, della diffusione del Cristianesimo nell’impero e dei suoi rapporti con lo stato romano. Qui non ci sono inesattezze o grossi fraintendimenti, ma la trattazione è piuttosto generica ed esigua, soprattutto nell’analisi dei rapporti tra Cristianesimo e Impero e del problema delle persecuzioni.

Le questioni discusse nella rubrica "Fonti problemi interpretazioni" riguardano il pensiero dei cristiani sulla schiavitù, la condizione femminile, il matrimonio, l’istruzione, il servizio millitare. Sebbene la scelta di tali argomenti rifletta interessi chiaramente attuali, la loro trattazione appare sobria ed equilibrata.

 

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Lo specchio dell'occidente, a cura di G. Solfaroli Camillocci, vol. I di C. Grazioli (pagg. 402), vol. II di O. Ciofini-M. Farina (pagg. 448), SEI 1996

Un'opera a molte mani: il curatore è responsabile del progetto, gli autori si sono divisi i capitoli (nel secondo volume le prime sei unità contro le ultime due); altri hanno curato gli esercizi, le rubriche finali di ogni unità, la rubrica Video, le illustrazioni, ecc. Si ricorda che l'editrice aveva già in precedenza un'opera a più mani curata dallo stesso Solfaroli Camillocci, ma con altri autori: L'uomo antico in volume unico (1982).

1a) L'introduzione si limita a definire il mondo antico come "specchio" e "radice" della nostra identità e a descrivere la struttura del testo; di identità si parla pure nelle prime righe rivolte allo studente, dove si accenna anche alla necessità di superare la distinzione fra fonti scritte e non scritte, e quindi fra storia e preistoria.

1b) Sulle pagine di sinistra si trova il testo di base: può avere a margine particolari spiegazioni su singoli termini. Sulle pagine di destra il contesto: le rubriche Focus (approfondimenti), Controluce (altri approfondimenti che intendono essere criticamente più approfonditi) e Testi (passi di autori antichi, sia storici sia letterari, con citazioni a volte complete, a volte approssimative); su entrambe le facciate si trovano disegni, foto e cartine. Alla fine di ogni unità due rubriche più ampie esemplificano la ricerca archeologica (Archeo) e l'evoluzione dei miti (intendendo con questo termine anche leggende sorte su personaggi storici, come Alessandro) dall'origine ai nostri giorni (Mito). Seguono gli esercizi, per lo più questionari per verificare la conoscenza del testo, ma anche proposte di lavoro sulle fonti citate nelle rubriche. Alla fine di ogni volume un'appendice (Video) presenta film storici o mitologici.

Va detto, a fronte di una struttura così complessa, che il testo di base (cioè le pagine di sinistra) è piuttosto elementare come linguaggio critico e talvolta ridotto come dati: d'altra parte l'utilizzo delle pagine di destra e il loro incastro nel programma da studiare appare assai difficile.

Non c'è un punto preciso in cui si indichino le fonti di ogni periodo, anche se alcune sono proposte alla lettura.

Tipograficamente, nonostante il quadro vario che sembra emergere dalla descrizione della struttura, si nota una certa monotonia poco attraente.

2) Alla preistoria è dedicato molto spazio: da pagina 4 a pagina 62. L'attenzione è puntata sullo sviluppo culturale e sociale dell'uomo, mentre è assente un'introduzione sulle ere geologiche; le questioni sull'evoluzionismo sono demandate ad un Controluce molto critico, che presuppone un atto creatore.

3) L'esposizione cerca di fondere lo svolgimento per popoli e quello per orizzonti cronologici: nel complesso il tentativo è svolto in modo equilibrato. Tuttavia la ripartizione della materia nei due volumi è quella tradizionale (anche perché gli autori sono diversi), per cui l'Italia e Roma non entrano nell'orizzonte cronologico, a differenza dell'India e della Cina.

Generalmente i fatti precedono l'esposizione della civiltà (a volte in capitoli separati); comunque le rubriche si riferiscono fondamentalmente alla civiltà, mentre i fatti sono semplicemente esposti senza discussione e approfondimenti.

4) Alle civiltà pregreche sono riservate le pagine 64-183 (compresa un'introduzione ad India e Cina, poi riprese nell'ultimo capitolo, i Celti, i Cretesi e anche i Micenei che vengono trattati prima dei Fenici). I Persiani sono invece inseriti più avanti, in un apposito capitolo prima delle guerre persiane. Gli Ebrei hanno tre paginette di testo, un passo della Genesi e cartine commentate. I Persiani quattro pagine di testo e alcuni approfondimenti geografici, etnografici e religiosi: è comunque da sottolineare la subordinazione dell'interesse di questo popolo ai rapporti coi Greci, già introdotti alla fine del capitolo.

5) La presentazione della guerra del Peloponneso è corretta, misurata ed adeguatamente esauriente nell'esposizione dei fatti; i testi affiancati sono tratti da Aristofane (un passo dei Cavalieri sui demagoghi, piuttosto che i più consueti passi pacifisti) e da Tucidide (due passi commentati). Vi sono inoltre tre cartine dedicate alle fasi della guerra, semplici ma chiare.

Brevissima invece la trattazione dei Gracchi, senza approfondimenti né testi: un Controluce (Il giudizio sui Gracchi ieri ed oggi) discute l'operato dei Gracchi su piano giuridico a grandi linee, senza citare alcun giudizio antico o moderno.

6) L'esposizione del Cristianesimo s'incentra sulla figura di Cristo, sulla sua morte e resurrezione ("quella che fu chiamata la resurrezione"); solo secondariamente sul suo messaggio; nel Focus c'è una trattazione del Nuovo Testamento, completa e corretta; i testi sono tratti dagli Atti e dagli apologisti.

 

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A. Torresani - E. Riboldi, Storia antica. 1. Grecia e vicino oriente; 2. Roma; Dante Alighieri, 1994

1a) Il testo è introdotto da 4 pagine che rispondono al duplice scopo di definire la disciplina e il suo oggetto e di spiegare le scelte didattiche degli autori. Per quanto riguarda la disciplina si afferma che compito primario della storia è di riconoscere le vicissitudini dell’umanità, di comprendere la vita e le azioni degli uomini del passato. Scopo della storia e dello studio dei testi antichi è quello di divenire isempre più consapevoli del proprio passato e in grado di affrontare meglio attrezzati le incognite del presente e dell’avvenire; si tratta perciò di uno scopo ben al di là dell’atteggiamento un po’ curioso e pettegolo di chi vuol solo sapere quello che facevano gli antichi (...) senza farsi coinvolgere dalle loro aspirazioni più elevate. (p. VII)

Manca una vera e propria introduzione metodologica sulla disciplina e sugli strumenti di conoscenza, a parte un breve accenno alle difficoltà di ricostruire la storia antica per la necessità di affiancare ai pochi testi scritti, spesso difficili anche da leggere e interpretare altre fonti che richiedono il ricorso a diversi specialisti. Tuttavia in modo indiretto si ricavano le informazioni fondamentali e inoltre nelle introduzione ai singoli capitoli vengono inseriti alcuni argomenti di carattere metodologico. Ad esempio nell’introduzione al capitolo della preistoria si parla delle fonti che ne permettono la conoscenza e del contributo di scienze sussidiarie quali la geologia, la paleontologia..., la fisica, la chimica. Ovviamente lo sviluppo di queste tematiche, per tale collocazione, non appare né sistematico, né ampio.

1b) Ogni capitolo è introdotto da una sintesi-introduzione chiara e apprezzabile per la funzione di sintesi, ma spesso con aggiunte non funzionali, ed è diviso in paragrafi numerati 1.1, 1.2....Questi a loro volta sono divisi in sottoparagrafi individuati da un titoletto evidenziato.

Segue ad ogni capitolo

– una cronologia essenziale

le fonti della storia: un documento ampio, introdotto brevemente. Anche se il documento è esteso il numero dei documenti proposti è estremamente esiguo e certamente non offre la possibilità del confronto. In qualche occasione compare un paragrafo sulle fonti ( cfr. II vol. pp. 26-28)

questionario e ricerche: vengono proposte questioni a cui il testo stesso fornisce la documentazione e ricerche che presuppongono l’utilizzo di una più ampia bibliografia.

– una breve bibliografia.

Chiudono il volume un indice dei nomi propri e delle cartine.

Per quanto riguarda l’apparato iconografico nell’introduzione viene teorizzata nella storia e quindi anche in un manuale di storia, la necessaria preminenza della parola sulle immagini e sulle didascalie, in quanto la storia è essenzialmente racconto. Da questa premessa deriva la presenza abbastanza sobria delle immagini che non ingombrano la pagina. Molte pagine, anzi la più parte, non presentano illustrazioni né cartine. Tuttavia le immagini, per lo più di grandi dimensioni, sono commentate da ampie e ricche didascalie.

Le cartine sono piuttosto semplificate, a colori vivaci e perciò di grande evidenza. Le stesse cartine sono riproposte insieme, anche se rimpicciolite, alla fine del volume. Ciò può servire ad un confronto di situazioni nel tempo.

Difetto non da poco la mancanza di ogni grafico che potrebbe visualizzare meglio il testo. Anche questa scelta può dipendere sempre dalle premesse sulla struttura essenzialmente narrativa della storia, ma non tiene conto forse delle necessità degli studenti odierni.

2) Dopo un brevissimo, ma chiaro cenno alle ere geologiche (senza etimologia) ed una breve e semplicistica divisione della preistoria in paleolitico inferiore e superiore fino al 10.000 e in neolitico ( mesolitico e calcolitico) fino al 5000, si procede ad una trattazione di poco più analitica del paleolitico superiore e del neolitico in cui vengono proposte altre datazioni e suddivisioni: infatti dopo aver posto il limite del neolitico nel 5000, si attribuisce al neolitico stesso l’inizio della scrittura nel 3500 (p. 2), limite al quale fa giungere il neolitico in un passaggio successivo (p. 6).

Pur comprendendo la scelta per una trattazione semplice e veloce, la semplicità e la brevità non devono essere a scapito della chiarezza e della correttezza: nel testo si afferma che intorno ai 2 milioni e mezzo di anni a.C. compare l’homo abilis [e non habilis?], il primo tipo che si possa definire "umano" (p. 3), senza aver definito che cosa si deve intendere con questo termine; non vengono chiariti né a livello etimologico, né a livello di riferimenti oggettivi termini come ominidi, calcolitico, australopiteco. Del resto poi nel corso della trattazione si hanno riferimenti all’età del bronzo medio (p. 82) con una precisione non offerta al momento opportuno e specifico.

Interessanti invece le conclusioni: di fronte al salto qualitativo che si verifica con la sepoltura dei cadaveri, o, più tardi, con le pitture rupestri, segni evidenti di una realtà non più strettamente legata alle necessità della sopravvivenza e dell’adattamento bisogna riconoscere che queste realtà (...) qualitative hanno bisogno di spiegazioni che non riducano la vicenda dello sviluppo umano ad un progresso esclusivamente quantitativo o comportamentale (...) simile a quello di un organismo esclusivamente biologico che si perfeziona reagendo, per adattamento, agli stimoli dell’ambiente in cui vive. Queste conclusioni rimangono però a livello di negatività e di problematicità.

3) Nell’introduzione è teorizzata la scelta del sistema diacronico, ossia la trattazione attraverso il tempo delle vicende di una determinata area geografica, contro le tesi della trattazione a orizzonti cronologici. Infatti gli autori ritengono (e in questo non sbagliano) che " l’asse portante della scuola non è il manuale con le sue partizioni, bensì l’insegnante che deve operare le necessarie sincronie (...) (p. VIII). La materia, perciò, è presentata in modo tradizionale con la divisione in aree geografiche a ognuna delle quali è dedicato un capitolo: la Mesopotamia, l’Egitto, l’Asia minore, Siria e Palestina, la regione iranica, l’Egeo e la Grecia nel I volume, l’Italia e infine l’intera area occupata dall’espansione di Roma e dell’impero nel II volume. All’interno di ogni area seguendo la partizione cronologica in fasi dall’origine alla caduta, vengono trattati gli eventi politici e militari in modo completo e le caratteristiche sociali e culturali ad essi connessi, frazionando così soprattutto le questioni di ordine sociale e culturale. Così ogni capitolo diventa autosufficiente, senza rimandi ad altri capitoli. Per le civiltà greca e romana sono dedicati alla civiltà nel senso più ampio o alcuni paragrafi nel corso di alcuni capitoli (11.2 all’interno del cap. L’egemonia di Atene il paragrafo Una società agonistica; 16.3 all’interno del cap. Da Atene a Roma il paragrafo La cultura ellenistica; all’interno del cap. La monarchia a Roma il paragrafo La primitiva società romana (...) con particolare attenzione alla letteratura Gli inizi della letteratura romana, all’arte...) o interi capitoli (cap. XIV La civiltà della Grecia classica, Gli istituti politici di Roma, Gli sviluppi della costituzione romana, La cultura nell’età del Prinicipato). In generale sembrano avere la preminenza i fatti di interesse politico, militare, diplomatico rispetto alle notazioni sulla civiltà in generale. Mancano riferimenti ad usi e costumi, riti, tradizioni.

4) Le civiltà orientali, da cui sono significativamente escluse quelle dell’estremo oriente, occupano 100 delle 281 pagine del primo volume.

Mesopotamia             pp. 11-35                    p. 24

Egitto                         pp. 36-61                    p. 25

Asia minore               pp. 62-78                    p. 16

Siria e Palestina         pp. 79-98                    p. 19

Ebrei                          pp. 88-96                    p. 8

regione iranica           pp. 99-113                  p. 14

Persiani                      pp. 103-111                p. 8

Ebrei. Gli Ebrei vengono presentati nella sintesi iniziale come "l’unica formazione politica consistente del I millennio a.C (...); anche se la durata di questo regno fu breve, l’apporto dato dal popolo ebraico alla storia dell’umanità è di portata incommensurabile, poiché grazie ad esso la nozione di Dio Unico, Creatore e Padre provvidente è entrata e ha agito nella storia (p. 79), In conformità a questa dichiarazione la trattazione di Israele è ampia e articolata, con abbondanza di riferimenti precisi a fatti e a personaggi, spesso trascurati in altri manuali (Esodo databile al 1234 per la stele di Merenptah, vicende di David...). Anche la presentazione della religione nei suoi tratti peculiari appare ampia e non generica: aniconicità, unicità e ineffabilità di Dio, azione creativa di Dio, misericordia, creaturalità anche dell’elemento del male, alleanza tra Dio e il popolo. Gli autori intervengono decisamente a sostenere l’importanza della Bibbia non solo come testo sacro, ma anche come fonte storica contro la quale si sono scagliate molte scuole storiografiche... È noto che nella Bibbia il popolo ebraico abbia mirato alla conservazione della propria coscienza nazionale, attraverso il racconto dei fatti più importanti che ne avevano determinato l’esistenza e ne garantivano il futuro di popolo privilegiato (...) i fatti storici, confrontati con i moderni sistemi archeologici, paleografici ed etnologici, mantengono la loro vitalità. Purtroppo a tali dichiarazioni non si accompagna nessun esempio significativo di queste conferme tra Bibbia e altre fonti e nella presentazione dei libri della Bibbia e della loro cronologia compare una certa approssimazione: si pone la conclusione della redazione scritta della Bibbia nel V sec. con il libro di Malachia, trascurando le datazioni molto più basse fino al I sec. con i libri dei Maccabei, personaggi dei quali pur si parla in modo dettagliato nel testo.

Persiani. Presentazione completa e dettagliata dalla vittoria sui Medi alla sconfitta ad opera di Alessandro, con un riferimento sintetico, ma essenziale anche alle spedizioni in Grecia. Ancora estrema precisione e ricchezza di riferimenti concreti. Ugualmente sviluppata la sezione dedicata alla struttura e all’organizzazione dello stato e alla religione.

5) La guerra del Peloponneso. A differenza di quanto avviene in molti altri manuali, in cui tale guerra è ridotta ad un episodio all’interno di unità più ampie, in questo testo la guerra del Peloponneso occupa un intero e ricco capitolo (pp. 194-112), corredato da un lungo passo di Tucidide sulla peste nella rubrica deIle fonti della storia e da un altro nella presentazione sintetica che, insistendo sulle diversità culturale e politica tra le due città implicate, la presenta come vera causa del conflitto. Ampia e dettagliata presentazione dei fatti con una certa attenzione a motivarli e a cercarne il vero significato.

I Gracchi. All’interno del capitolo Dalla riforma agraria alla guerra civile più di 5 pagine sono dedicate a La riforma agraria dei Gracchi, presentati nella sintesi introduttiva come fautori di due attacchi contro l’oligarchia (...) Costoro tentarono una riforma agraria in grado di ridare vitalità al ceto medio dei proprietari agrari in Italia, ridistribuendo la terra dell’ager publicus ai contadini poveri e alla plebe urbana, per allontanarla da Roma dove rischiava di divenire un problema politico. Gli autori cercano di illustrare nel dettaglio le proposte e la dinamica dell’ azione politica dei due tribuni, ricercandone i motivi di fondo, anche se non giungono ad una valutazione esplicita del loro operato.

6) Al Cristianesimo sono dedicati più paragrafi nel corso dei diversi capitoli ( Gli inizi del Cristianesimo (pp. 239-241), Ebrei e cristiani nell’impero (pp. 284-292), La persecuzione dei cristiani (pp. 310-312)) e sottoparagrafi (Il primo e il secondo editto di tolleranza, Costantino e il Cristianesimo, Atteggiamento dei cristiani verso Costantino, Crisi del paganesimo e cultura cristiana alla fine dell’Impero (pp. 353-356)). La trattazione è quindi distribuita non in base ad un criterio monografico, ma in base ad un criterio cronologico, man mano che il problema si manifesta nei differenti periodi. Gli autori definiscono questo evento, la maggior novità del mondo antico, anche se riconoscono che non fu compreso per molto tempo dagli imperatori che, in un primo momento, lo confusero con l’ebraismo e poi lo giudicarono una superstizione da controllare con provvedimenti di polizia. A differenza di altri manuali si prende in considerazione Gesù come personaggio di cui si riferisce la vita cercando di collocarla cronologicamente con riferimenti alle fonti e con riferimento alle relative difficoltà e problematiche. Viene riportato pure l’avvenimento della resurrezione, anche se, giustamente, su questo non esprime valutazioni: cominciò a circolare l’affermazione sensazionale che era risorto e che era apparso a più riprese ai suoi discepoli. Correttamente si inserisce nella ricostruzione storica quanto è storicamente accertabile e accertato: la vicenda di Paolo, la sua predicazione, la diffusione del Cristianesimo. Gli stessi contenuti vengono poi curiosamente ripetuti nel paragrafo Ebrei e cristiani nell’Impero. In questa occasione viene presentata la dottrina, anche nei suoi rapporti con il giudaismo, la confusione con il quale è sentita come la causa dei primi problemi per i cristiani. In generale quindi vengono trattati quegli aspetti del Cristianesimo che lo pongono come fatto di rilevanza storica, anche se soprattutto nella prima parte non si tocca il problema della storicità del Vangelo e dei testi del Nuovo Testamento a cui pur si fa riferimento. Di fronte alla diffusione del Cristianesimo e alle diverse reazioni da esso provocate si sottolineano come cause della novità e del successo presso i più umili la semplicità del rito e dei testi, la vita comunitaria e la solidarietà umana, presso i dotti la presenza di un dio unico, magnanimo, la moralità del comportamento; come motivi di ostilità la tendenza ad appartarsi, a non coinvolgersi, il sospetto di pratiche immonde... Le persecuzioni ad opera degli imperatori sono indicate forse troppo brevemente, ma con correttezza nelle loro motivazioni e dinamica, per i primi due secoli, con più precisione per quanto riguarda i periodi successivi fino al riconoscimento. In conclusione chiarezza, correttezza e completezza sembrano caratterizzare la presentazione del Cristianesimo, sottolineato nella sua dimensione storica.

 

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M. Meschini-R. Persico, I giorni della storia, 1. Dalla preistoria all’impero romano, 2. Dal III secolo d.C. al Trecento, pagg. 503 e 536, Archimede edizioni, 2008.

Riprendiamo, a distanza di anni, l’analisi di qualche libro di storia per il biennio, iniziando da questo testo, opera di un team di autori, un docente di storia e filosofia che è anche esperto di scrittura (un pubblicista) e un medievista, sostenuti dall’autorevolezza di una grande docente universitaria, la prof. Marta Sordi: la conosciamo abbastanza da essere certi che abbia effettivamente collaborato al testo così da garantirne la serietà scientifica, e non abbia solo fornito il nome. Si aggiunge il consueto lavoro redazionale, ormai da molti anni  imprescindibile, così come l’insieme di strutture, rubriche, proposte, immagini, ecc. che caratterizzano l’editoria attuale. Tuttavia è evidente che si tratta di un’opera d’autore, cioè con un’identità. Il linguaggio è molto accattivante, chiaro e accessibile agli studenti.

1a)   C’è un’introduzione metodologica, intitolata l’Umana avventura. Poche pagine molto dense, chiare nei presupposti e prudenti nel metodo: sono citati Erodoto, Tucidide e fra i moderni Sordi, Bloch e Marrou.  Per quanto possiamo vedere ad un primo esame i presupposti sono rispettati: interessante soprattutto la rubrica La bottega dello storico che mette in luce la precarietà di ogni giudizio prefabbricato.

1b) Come si è detto, il testo comprende una varietà di elementi. Ad esempio la prima sezione inizia con gli obiettivi, lo spazio (cartina), il tempo (cronologia fino alla conquista persiana dell’Egitto); segue il primo capitolo con gli eventi (cronologia), l’antefatto, il testo intercalato dalle rubriche Storie, Storia è…, lessico, figure commentate, piccoli riepiloghi, Le immagini raccontano; il capitolo è completato dalla rubrica già citata La bottega dello storico e dall’attivazione didattica Dalle conoscenze alle competenze. Alcune rubriche “attualizzano” la storia con il sottotitolo La storia ieri e oggi (le donne, lo sport, la politica, ecc.): non è sempre chiaro lo scopo.

2) L’impostazione della preistoria ci sembra molto equilibrata e corretta (per fortuna homo habilis è scritto con entrambe le h! non capita spesso)

3) L’esposizione è svolta per popoli o per ambiti geografici: ad esempio i vari popoli della Mesopotamia. Fatti e civiltà sono considerati insieme. Benché la storia romana occupi circa metà del primo volume, si conserva la tradizionale divisione, facendo iniziare la trattazione dopo l’ellenismo.

4) Ai popoli orientali sono dedicati tre capitoli, sulla Mesopotamia, sull’Egitto e su Piccoli popoli, grandi orizzonti (fenici, ebrei, persiani), In tutto una settantina di pagine. In particolare il terzo dei capitoli pone l’accento sull’importanza storica dei tre popoli indicati (per i fenici c’è un accenno anche a Cartagine) e sui rapporti  fra i diversi popoli.

Non ci sono riferimenti a popoli non mediterranei.

5) Il capitolo 10 comprende le vicende dalla guerra del Peloponneso alla morte di Filippo. Per la guerra si dà molta importanza alla testimonianza di Tucidide, più volte citato nelle fonti; non a caso la parte finale della guerra, di cui non ci resta il racconto tucidideo, è raccontata in modo molto frettoloso: si poteva ad esempio citare da Senofonte il processo agli strateghi delle Arginuse. Viene invece utilizzato Senofonte per l’amnistia di Trasibulo.

I  Gracchi sono inseriti nel capitolo 15, che riguarda il mutamento della società dopo le guerre puniche, l’influenza dell’ellenismo, la sperequazione economica, la prima rivolta degli schiavi e i tentativi di riforme.  Ai Gracchi in particolare sono dedicate due pagine, con un testo da Plutarco.

6) Nel primo volume è dedicato al Cristianesimo il cap. 20, Nel nome del Padre: una presentazione fondata e molto equilibrata. Nel secondo volume le vicende della Chiesa hanno molto spazio.

 

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                                    A cura di       

                                    Mariapina Dragonetti, Lucia Prestipino, Giulia Regoliosi Morani, Ignazio Roi 



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