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Misantropo di Menandro

Risate spensierate e silenzi concentrati hanno accompagnato lo spettacolo Misantropo di Menandro, prodotto da Kerkìs: Teatro antico in scena, rappresentato il 4 marzo al Teatro alle Colonne di S. Lorenzo di Milano.

Lo spettacolo è durato circa un’ora e mezza con ritmo sostenuto riuscendo a divertire il pubblico in sala, composto soprattutto da giovani, e indurlo contemporaneamente alla riflessione. Il testo teatrale, vivace e comprensibile, utilizzato nella messinscena, è quello tradotto da Ezio Savino (Menandro, Dyscolos, lo scorbutico, traduzione di Ezio Savino, a cura di Elisabetta Matelli, GBM 2008) che, mettendo da parte un linguaggio letterario, ha cercato espressioni e locuzioni che traducessero la vivacità dell’azione scenica, riuscendo nel suo intento.

Le risate dei giovani in sala sono state particolarmente sonore nella scena in cui il montone, interpretato in modo divertente dal bravo Cesare Ricci, diventa un toro e dimenandosi quasi perde il costume di scena.

Silenzio intenso invece durante le commuoventi parole del vecchio Cnemone, sdraiato sulla carriola (anziché su un letto), che, dopo essere stato recuperato dal pozzo, ormai rassegnato ad accontentare i figli nei loro progetti matrimoniali e cambiare stile di vita, dice: “Sbagliavo, magari. Ma solo nel pensare che di tutta questa gente io ero solo, l’unico bastante a sé, quello che non sentiva, mai, mancanza d’altri. Ma adesso ho visto in faccia com’è fredda, misteriosa la fine della vita. E ho fatto la scoperta che non ragionavo bene allora. Eh sì, qualcuno devi avere. E devi avercelo vicino, pronto ad aiutarti. Sempre”. Si è aperto così nello spettacolo comico uno squarcio malinconico, non è l’unico, in cui Cnemone, idealista deluso, misantropo indipendente, diventa, suo malgrado, un vecchio padre bisognoso di cure. L’attore Simone Mauri, che interpreta Cnemone, riesce a rappresentare un misantropo complesso, sfaccettato, umano, superando il  personaggio stereotipato dello scorbutico che tanta fortuna ha avuto nella storia del teatro.

Ma sono soprattutto i servi che divertono e intrattengono il pubblico; riuscita la scelta di associare un accento regionale diverso ai vari schiavi aggiungendo, in modo originale, un ulteriore elemento di divertimento. Davo, il servo di Gorgia, munito di vanga, ricorda un muratore bergamasco (la battuta “pota pera” è chiaramente allusiva); il cuoco Sicone è un ruffiano (“devi essere ruffiano, se ti manca questo o quello”) romagnolo che ricorda alcuni cuochi di reality culinari, Masterchef in primis; Geta (interpretato magistralmente dalla bravissima e irriconoscibile Giulia Quercioli), il servo di Callipide, è il toscanaccio irreverente e Simiche, la serva di Cnemone, parla elegantemente con accento romano. La scelta dialettale suggerisce inoltre la diversa provenienza dei servi che nel IV sec. ad Atene (epoca in cui venne inscenata la commedia menandrea in occasione delle Feste Lenee) provenivano appunto da diversi paesi.

Le scene divertenti sono tante, merita di essere ricordato il dialogo tra Sicone e Geta (nel testo atto V, scena V) che progettano il piano ai danni di Cnemone, i due schiavi infatti prima parlano fronte a fronte e poi camminano furtivamente verso la casa del vecchio, passo dopo passo, ogni passo è scandito, in modo perfetto, dai colpi di tamburo dal bravo Adriano Sangineto, il musicista che accompagna l’intero spettacolo.

Tra gli strumenti musicali antichi compare anche il tympanon, il tamburello con campanelli metallici, agitato dalle ragazze del coro, che ricordano menadi danzanti e non può mancare un moderno aulòs suonato in modo poetico da Sangineto.

Originale anche la scenografia, una skenè umana, senza pinàkes, in movimento, composta da tre ninfe elegantemente vestite color azzurro-acqua di fonte. Le ninfe con movimenti sinuosi ondeggiano sullo sfondo evocando il ninfeo sacro al dio Pan, interpretato con una scelta registica originale, dall’attrice Federica Gurrieri, brava nel prologo e bravissima quando, seduta sullo sfondo, osserva le vicende con sguardo alienante.

Alla richiesta di Geta, alla fine della commedia “Se ci avete goduto […] fateci la cortesia ragazzi, gioventù, adulti, battete subito le mani!” il pubblico ha prontamente riposto  in modo convinto.

“Non pensavo una commedia antica potesse essere così divertente” è il giudizio espresso ai miei alunni che ancora una volta mi hanno sorpresa. Positivamente.

Diana Perego

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