Centro e periferia del mondo e della
storia nell’età di Augusto
mercoledì
272014 21.45 - eni Caffè Letterario A3
Reading a cura di Zetesis.
Partecipano:
Moreno Morani, Docente di Glottologia
all’Università degli Studi di Genova;
Giulia Regoliosi, Preside del Liceo
Classico “Alexis Carrel” di Milano.
Alessandro
Guerra, Davide Longaretti, Lettori;
Consulenza
musicale di Silvia Balsamo
I
Il comunicato stampa del
Meeting
“Il
destino troverà la strada” (Virgilio)
Centro
e periferia del mondo e della storia nell’età di Augusto
Ottaviano
Augusto, di cui si sono commemorati i duemila anni dalla morte pochi
giorni fa, ha regnato per 44 anni, come nessun altro imperatore romano.
Tutti gli storici anche dell’antichità hanno dato un giudizio positivo
sulla sua persona e sulla sua opera imponente. Ma quando è salito al
potere e durante il suo governo qual era il clima politico, morale e
spirituale, quali erano le aspettative del popolo e degli intellettuali
nella capitale dell’Impero, mentre, quando venne la “pienezza del
tempo”, in una sperduta periferia del mondo nasceva il centro del cosmo
e della storia?
Curato da Zetesis, gruppo di docenti e appassionati che da anni lavora
su testi e temi del mondo antico, il Meeting ha presentato, all’Eni
Caffè letterario A3, alle 21.45, un reading con a tema “il Destino
troverà la sua strada” (dall’Eneide di Virgilio) con voce narrante
Giulia Regoliosi, preside del Liceo classico “Alexis Carrel” di Milano,
accompagnata da due studenti, Alessandro Guerra e Davide Longaretti,
nella lettura dei testi. Il racconto delle vicende storiche e delle
riflessioni degli autori antichi è sempre della professoressa
Regoliosi.
Ottaviano segna il passaggio dalla respublica all’impero, da un governo
democratico, guidato da un’oligarchia, al potere di uno solo,
accompagnato però da una pacificazione dopo cruente lotte interne e
sanguinose guerre civili. Lo storico Tacito scrive con nostalgia della
perdita delle libertà, ma l’accetta per il beneficio della pace che
comporta. Augusto ha ottenuto il potere con due stratagemmi: non ha
eliminato le antiche istituzioni, ma le ha svuotate di potere e non si
è mai presentato personalmente come imperatore, pur avendone tutti i
poteri, ma ha riunito in sé le antiche cariche (console, pontefice
massimo…) Nel Monumentum Ancyranum, una sorta di autobiografia di
Augusto, lui stesso si definisce “princeps”, cioè semplicemente il
primo che prende la parola in Senato (non chiese mai il culto divino
che gli fu tributato) e padre della patria.
Orazio nelle sue poesie racconta il senso di stanchezza del cittadino
romano - è sempre Regoliosi a parlare - sballottato del rumore, dal
traffico, dagli impegni di pubbliche relazioni cui era costretto.
Virgilio invece auspica il ritorno dell’età dell’oro, quando tutti
erano felici senza affanni e le messi crescevano spontanee. Per lui
Ottaviano è colui che fa giustizia al povero pastore Titiro che rimane
felice nei suoi campi. Più solenni ed esplicite le attribuzioni
ufficiali: in un documento delle città greche dell’Asia, in occasione
del suo dies natalis, Augusto è definito salvatore (Soter) e portatore
della buona novella (Euangelion). È di nuovo Orazio invece a
stigmatizzare Cleopatra perché si è opposta al destino deciso dagli dei
ribellandosi a Ottaviano.
Vi è poi una serie di componimenti di Virgilio e Orazio in cui si
annuncia un’era nuova voluta dagli dei, in particolare Virgilio
nell’ecloga IV profetizza l’avvento di una vergine e di un bambino che
rinnoveranno il mondo e nell’Eneide preannuncia il destino di Enea che
da Troia con un lungo viaggio voluto dagli dei andrà a fondare la città
eterna. Ancora Orazio delinea il compito di Roma: portare la pace e il
diritto in tutto il mondo, di cui l’Urbe è il centro.
Ottaviano è chiamato a riportare il mos maiorum, i tradizionali, buoni
e giusti costumi degli antichi. Questo è il futuro che arriverà, magari
tra solo una generazione: ma gli attuali abitanti intanto come possono
vivere senza sofferenza? Nei componimenti dei poeti dell’era augustea
entra prepotente il tema della campagna, della vita agreste, fonte di
felicità: ne scrivono di nuovo Virgilio e Orazio, cui si aggiunge
Tibullo. Certo sarà bella la campagna, ma Ovidio, mandato in esilio sul
Ponto, narra le sue sofferenze delle sua vita tra i barbari e supplica
Augusto di richiamarlo nella Città.
Roma è il centro del mondo, la capitale che attira gente da tutte le
terre conosciute, crogiuolo di etnie e religioni. Intanto però in una
regione remota, come si è accennato, succede un fatto che cambia la
storia e la vita del mondo. Lo racconta Luca nel suo Vangelo: la grande
Roma fa un censimento, un bimbo nasce in una grotta, una schiera di
angeli lo annuncia a poveri pastori. Il papa emerito Benedetto XVI, in
“Infanzia di Gesù”, traccia, da uomo di scienza e di fede, l’immagine
provvidenziale di Augusto e dell’impero con la sua pace, le sue strade
e l’unica lingua.
Uguale, ma con grande forza poetica, è la narrazione di Dante nel
“Convivio” che pure fa riflettere sul fatto che il Destino ha trovato
la sua via provvidenziale (Fata viam invenient, come scrisse Virgilio)
con Augusto e l’impero di Roma.
Un commento musicale, curato da Silvia Balsamo, ha accompagnato il
racconto e la recita dei versi. Forse c’è una pecca in questa
straordinaria e piacevolissima serata: nessun verso dei poeti è stato
recitato in lingua latina, magari in metrica.
(A.B.)
Sul sito del Meeting il filmato
integrale dell'evento: clicca qui
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