"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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IDOMENEO di W.A. Mozart La vicenda scenica Nell’epica omerica re di Creta è Idomeneo,
nipote di Minosse e discendente quindi da Zeus, come si vanta lui
stesso in uno scontro verbale con Deifobo. Benché sia più anziano degli
altri combattenti, con le tempie ormai grigie, non ha un semplice ruolo
di consigliere come Nestore, ma guida l’esercito proveniente dalle
cento città dell’isola e la flotta di ottanta navi, uno dei più
numerosi contingenti nazionali. Quando si prepara il duello fra Menelao
e Paride, e Elena sulle mura indica i capi greci a Priamo, dopo
Agamennone, Odisseo e Aiace Telamonio viene presentato il solo
Idomeneo, su iniziativa della stessa Elena che non attende la domanda
del re troiano per parlarne: è alto, simile a un dio e a lei ben noto,
perché ospite caro di Menelao. Sempre lo accompagna, in un ruolo
subalterno ma di responsabilità attiva, l’ardito e impetuoso Merione: e
dopo l’undicesimo libro, in cui escono di scena a causa delle ferite
Agamennone, Diomede e Odisseo, il compito di reggere la situazione
ormai precaria riposa, oltre che sugli Aiaci (Menelao è sempre in
qualche modo protetto), proprio su Idomeneo e sul gruppo di giovani di
cui fa parte Merione insieme a Teucro, ai figli di Nestore e alcuni
altri: sono loro gli artefici della resistenza all’assalto troiano
nella lunga battaglia di un giorno che si compirà solo con l’intervento
di Patroclo e la sua morte. Dopo il ritorno di Achille e la ricomparsa
degli altri personaggi più di rilievo il ruolo di Idomeneo diviene
minore: è fra i vecchi amici invitati da Agamennone a banchetto per
consolare Achille, elencato con anziani come Nestore e il precettore
Fenice; nei giochi funebri assiste soltanto, spettatore peraltro
piuttosto litigioso, mentre uno dei protagonisti più attivi è Merione
arditamente in gara con giovani e adulti. L'opera Registrata nel catalogo delle opere mozartiane al n. 366, l'Idomeneo venne rappresentato per la prima volta a Monaco nel gennaio 1781, in occasione dei festeggiamenti del carnevale cittadino. La stessa corte bavarese aveva commissionato a Mozart l'opera, e alla stesura della partitura il ventiquattrenne compositore si era accinto con particolare entusiasmo (tanto da trascurare i problemi di salute che lo affliggevano) negli ultimi mesi del 1780. Si trattava di un incarico particolarmente interessante per Mozart, perché gli offriva l'opportunità di aprirsi a nuovi orizzonti e soprattutto di uscire dal gretto e ormai ostile ambiente salisburghese. Il poco tempo a disposizione costrinse Mozart a lavorare in stretta collaborazione col suo librettista, l'abate Giambattista Varesco (1736- ca. 1806), che sarà accanto a Mozart anche nella successiva opera giocosa L'oca del Cairo del 1786 (K 422). Nonostante qualche dissenso e qualche incomprensione, il lavoro fu nel complesso positivo. Qualche difficoltà Mozart incontrò coi cantanti che dovevano esibirsi a Monaco (il castrato italiano Vincenzo dal Prato, a cui Mozart rimprovera scarsa profondità, e il tenore Anton Raaff, un celebrato e anziano professionista che nutriva qualche dubbio sulla validità del lavoro mozartiano e chiedeva modifiche e tagli che il compositore non era disponibile ad accordargli), ma nel complesso il lavoro procedette con lena e senza gravi inciampi. Alla prima rappresentazione, conclusasi con un pieno successo, seguì, nel 1787, un secondo allestimento in forma di concerto a Vienna, presso il palazzo del conte di Auersperg. Alla luce di varie considerazioni (tra cui anche la minore professionalità degli interpreti), Mozart apportò alcune modifiche all'opera, soprattutto nel III atto, in cui vengono eliminati il duetto "S'io non moro" di Idamante e Ilia (sostituito col duetto "Spiegarti non poss'io", registrato al n. 489 del catalogo) e l'aria di Arbace "Se il tuo duol", sostituita con un'aria-rondò (con violino solista) di Idamante "Non temer amato bene", n. 490 del catalogo Köchel. Tra l'altro la parte di Idamante, scritta nella prima rappresentazione per soprano e affidata a un castrato, viene ora affidata a un tenore. La prima edizione a stampa della partitura seguì a Bonn nel 1805. Pur non essendo la prima opera scritta da Mozart, l'Idomeneo mostra l'acquisizione da parte del compositore di una piena maturità stilistica e prelude alle grandi opere successive. Da un punto di vista strettamente compositivo si tratta di un'opera eclettica: Mozart prende atto della riforma del melodramma opera dal duo Gluck-Calzabigi, ma non si attiene del tutto ad essa. Desideroso di riscuotere pieno successo, e preoccupato dunque in modo particolare di piacere e di trovare un'accoglienza favorevole, Mozart, pur non venendo meno ai suoi ideali musicali, cerca di evitare un atteggiamento eccessivamente severo e rigido, che gli precluda una possibilità di essere compreso dal grande pubblico. Significativo uno scambio epistolare col padre Leopold, che esorta il figlio ad evitare una composizione troppo lontana dai gusti del pubblico ("Ti raccomando quando lavori di non pensare solo al pubblico che si intende di musica, ma anche a quello che non se ne intende"): la risposta di Wolgang è pienamente condiscendente alla raccomandazione paterna ("Quanto all'elemento cosiddetto 'popolare' non si preoccupi: nella mia opera c'è musica per tutti, eccetto per le 'orecchie lunghe'"). Così il recitativo secco, per quanto ridotto, non viene abbandonato del tutto, e si dà discreto spazio a cori, marce, pantomime, balletti, secondo un ideale di grandiosità esteriore che avvicina più Mozart alla tradizione francese che non ai severi ideali gluckiani. Anche il richiamo all'unità d'azione che la riforma di Gluck operava viene in parte disatteso, con l'introduzione di una vicenda secondaria (la vicenda di Elettra), che serve solamente ad aggiungere e sovrapporre al nucleo principale della trama il tema della rivalità amorosa. Nonostante questo, e nonostante un carattere che tramezza spesso tra il tono drammatico e il tono da opera giocosa, l'opera presenta una freschezza e un'intensità che anticipa il Mozart delle grandi opere successive (dalle tre opere "depontiane" al Flauto Magico). Un carattere interessante è lo spazio assunto dalle parti orchestrali: l'orchestra assume un rilievo notevole e il compositore le dà spazio e importanza con un'attenzione persino insolita per un melodramma, fin dall'ouverture, col suo inizio esuberante e vigoroso, che verso la fine sembra spegnersi su sé stessa, lasciando spazio alle varie voci dell'orchestra e proponendo accenti di maggiore tensione e gravità ; anche la marcia che apre l'intermezzo tra il primo e secondo atto, colle sue movenze ora decise e fortemente ritmate ora graziose e suadenti, è l'occasione per fare un uso quanto mai vario dell'orchestra e il successivo coro "Nettuno s'onori" rileva una perfetta fusione tra strumenti e voci. Si veda ancora l'introduzione dell'aria di Ilia "Se il padre perdei" per rilevare come Mozart indulga con compiacimento alla valorizzazione dei contrasti timbrici, col lungo e intenso dialogo tra legni e corno . Anche l'uso delle voci presenta un atteggiamento generalmente sobrio e una tensione drammatica che non eccede mai nell'enfasi e nell'artificioso, sia nelle arie dei singoli personaggi sia nelle scene d'insieme, come il celebre quartetto del III atto tra Idomeneo, Idamante, Elettra e Ilia "Andrò rammingo".
Nelle immagini: 1. Un recente allestimento scenico dell'Idomeneo (Würzburg, 2005); 2. Il tenore Raaff che sostenne la parte di Idomeneo nella prima rappresentazione dell'opera (da una stampa dell'epoca); 3. Ritratto di W. A. Mozart (1756-1791); 4. Biglietto d'ingresso per la prima rappresentazione dell'opera (München 1781).
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