"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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2015-1
Ci sembra che i due aspetti visti
come formativi da questa ragazza siano della massima importanza e ci
permettiamo di riprenderli perché costituiscono, a nostro parere,
elementi portanti del liceo classico. Anzitutto la realtà: i nostri
studenti imparano dal lavoro sui testi che uno spirito o un accento
esprimono o variano il senso, che un’α o un’η indicano
l’appartenenza ad un dialetto letterario e quindi a un genere, che
un’a una
u o una e modificano il
tempo o il modo di un verbo, e quindi il senso della frase e i suoi
legami logici; imparano che per parlare di letteratura non è
sufficiente fidarsi del manuale o di testi critici, ma bisogna avere
la pazienza di confrontarsi con quello che gli autori dicono, con le
loro scelte formali e lessicali, con il tempo e la temperie
culturale in cui sono vissuti, senza la pretesa di sottomettere
l’esperienza di lettori, saggiata dall’approccio ai testi, al già
saputo, al già accreditato, alle definizioni di comodo. E’ una dura
scuola. C’è sempre dietro l’angolo il desiderio di utilizzare schemi
precostituiti, in cui stia dentro tutto e che si possano ripetere
facendo bella figura: la realtà è un rischio e una fatica,
scompagina le certezze, costringe a ritornare sui propri passi per
una frase che non rientra, per una parola che ha un altro senso. Ma
è una scuola, come ha capito la studentessa,
che vale per tutte le cose: dal giudizio sulla vita di tutti i
giorni all’impegno per qualunque studio e professione futuri.
Poi l’individuazione delle
domande lasciate irrisolte non come un limite, ma come un valore.
Conosciamo la tendenza a vedere il mondo grecoromano come qualcosa
di compiuto e finito, morto
appunto: sia nel senso più negativo di un mondo che non riguarda
il nostro presente perché lontano ed estraneo, sia in quello più
insidioso di un mondo che ci ha detto tutto quello che poteva dirci
ed è come un antenato dall’eredità magari bella ma poco
utilizzabile, sia infine come un tempo di errori e falsità,
umanamente povero perché pagano, scientificamente povero perché
privo dei mezzi tecnologici di conoscenza. Tutti noi sappiamo la
fatica di andare controcorrente, di presentare l’antichità nella sua
ricchezza. La categoria individuata dalla studentessa ci pare in
questo senso importante: le grandi domande sull’uomo, il suo
destino, la sua origine, il senso della sua storia, che risuonano
nei testi di poesia e prosa, di filosofia ed epica, si accompagnano
a tentativi di risposta come a
tentoni, in cui la precarietà e a volte la contraddittorietà
sono segni di un desiderio più grande della capacità di compimento,
e costituiscono un ponte vertiginoso fra la loro e la nostra
umanità; mentre le domande sulla natura, le grandi questioni
matematiche, le ipotesi astronomiche aprono, non chiudono, e
troveranno soluzioni molti secoli dopo, alcune di esse solo in
futuro.
Come dice Seneca:
Verrà un tempo in cui un solo
momento, insieme al lavoro di un’età più lunga, porterà alla luce
queste cose che ora sono celate; per la ricerca di cose tanto grandi
non è sufficiente una vita…e così queste cose saranno spiegate
attraverso lunghe successioni di generazioni.
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