Latini e Germani (III)
Come accennato nei precedenti interventi, le
parole latine della Bibbia gotica possono dare informazioni interessanti
su quegli aspetti della vita romana che una popolazione barbarica
percepiva come caratteristici. Si ricordi che l’uso della parola
straniera dipende, il più delle volte, dal riconoscimento di una lacuna
nel proprio sistema lessicale: il parlante ricorre al prestito quando
avverte di non possedere nel proprio sistema lessicale lessemi adeguati
per esprimere un determinato concetto. Si è visto che i termini relativi
al vino e in genere alla coltivazione della vite sono d’importazione
latina. Anche per designare l’asino, animale tipico dell’ambiente
mediterraneo, e pertanto anticamente sconosciuto ai Germani, si dovette
ricorrere a un prestito dal latino, e poiché nel parlato il diminutivo
era molto usato, tanto da prevalere spesso sulla stessa forma
fondamentale della parola, la base dei prestiti germanici è la forma
asellus, non asinus: la parola appare in gotico come asilus (e
nel tedesco moderno come Esel); nella forma slava (osĭlŭ)
e baltica (lituano asilas) si ha, come spesso, l’ulteriore
espansione verso l’Europa orientale della parola latina passata
attraverso il tramite germanico.
Prescindiamo qui dai termini tecnici relativi alla religione e al culto
cristiano, e ci soffermeremo su alcune parole che presumibilmente sono
entrate in ambiente germanico prima dell’evangelizzazione cristiana. Può
essere dovuta ai Romani la diffusione di recipienti di metallo: troviamo
in gotico katils (e in tedesco Kessel), dal lat.
catillus, diminutivo di catinus: un oggetto che i Germani
contribuirono a far conoscere ad altre civiltà dell’Europa orientale e
settentrionale, a quanto è dato ricavare dallo slavo
kotĭlŭ, dal lituano katilas, dal finnico
kattila. Un gruppo di parole che i Goti riprendono dal latino sono
quelli relativi alla cura del corpo e della persona: paurpura
‘porpora’ (col verbo che ne deriva, paurpuron ‘colorare di
porpora’), balsan ‘unguento’ (dal lat. balsamum),
kapillon ‘radersi’. In modo particolare sono numerosi i termini
relativi alla tavola e al cibo, dalle stesse parole che indicano la
mensa (got. mes, da lat. mensa, che nella lingua
parlata era pronunziata correntemente mesa) e il porsi a tavola
(got. anakumbjan, da lat. accumbere): evidentemente
l’abitudine romana di prolungati e sontuosi banchetti non lasciava
indifferenti le popolazioni germaniche. Romano è l’uso del tovagliolo,
in gotico aurali (alterazione del lat. orarium ‘panno
per detergersi la faccia, fazzoletto’). Il recipiente per il vino è
detto in got. aurkeis, dal lat. urceus, e per bere si
usava il calice (lat. calix: casualmente il termine non appare
in gotico, ma un prestito sicuramente antico è presente in altre lingue
germaniche, e sopravvive nel tedesco Kelch). Tra le componenti
essenziali del banchetto è infine la lucerna (got. lukarn).
Poiché furono i mercanti romani a introdurre fra le tribù germaniche un
metodo di rapporti commerciali non basato sul semplice baratto, non
stupirà che siano di origine latina i termini che indicano il far di
conto, le unità di misura e la moneta. Il got. raþio è la pura
e semplice trascrizione del lat. ratio: dal sostantivo i Goti
ricavano anche il verbo ga-raþjan ‘contare, numerare’;
l’ampiezza semantica del termine latino è rispecchiata dalla sua ripresa
germanica, in quanto rathjo è usato nel Nuovo Testamento per tradurre
sia lógos ‘ragione, discorso’, sia arithmós ‘numero’;
poiché il tedesco moderno Rede (che è la fedele continuazione
della stessa parola germanica) significa ‘discorso’, si osserva che
nella storia successiva del termine il primo valore è prevalso sul
secondo. Got. pund, che traduce gr. lítra ‘libbra’, è
dal lat. pondus: l’inglese pound e il tedesco
Pfund sono le continuazioni moderne della stessa forma. Forme
derivate dal latino moneta (divenuta, in bocca germanica,
múnita, con una ritrazione dell’accento e cambiamenti del vocalismo
coerenti con le tendenze generali della fonetica germanica) sono il
mint dell’inglese e dello svedese nonché il Münze del
tedesco moderno. E poiché sacchi e ceste erano strumenti indispensabili
dei mercanti romani che s’inoltravano nel territorio germanico recando
con sé i beni da vendere, è al latino saccus e cista
che fanno riferimento da una parte il termine gotico sakkus,
dall’altra un termine che, pur non testimoniato in gotico, si ritrova
nel tedesco Kiste e nelle forme equivalenti delle altre lingue
germaniche: si tratta di un prestito assunto dal germanico quando la
c di cista davanti vocale palatale (e, i) era
ancora pronunziata [k], diversamente da quanto appare nelle
continuazioni italiana, spagnola, portoghese e così via: si tratta
quindi un prestito che risale quanto meno ai primi secoli dell’impero.
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