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"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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(da un articolo pubblicato su Zetesis 1/2001, continuamente aggiornato e rielaborato per il sito)
Ultimo aggiornamento: 27 giugno 2021
INDICE GENERALE
LE EPOCHE E LE CULTURE VIII. Ambientazione tardo-antica
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ALCUNI LUOGHI E TEMI FREQUENTI
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INDICE PER AUTORI E GENERI
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Mark Knowles
Thanos Kondylis Marylin Todd (cfr. anche qui)
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Torna all’inizio del documento
I. 2. Theodore Mathieson, The great “detectives”, 1960, trad. it. Quando il genio indaga, I classici del giallo, Mondadori 1992
Al contrario del romanzo precedente, l’idea portante di questi racconti, di un autore statunitense che vive in Canada, è la scelta di un grande personaggio storico come detective: per la nostra rubrica interessa solo il primo, Alessandro Magno, ma la raccolta di racconti ne comprende altri nove in ordine cronologico, da Omar Khayyam a Florence Nichtingale. In ogni racconto il personaggio è colto in un momento cruciale della sua vita, per cui l’intrigo giallo si mescola con le sue vicende private e pubbliche, e a volte le determina. Nel racconto che ci interessa troviamo alcuni degli espedienti tipici del giallo anglosassone: il detective è anche la vittima (ovviamente con morte ritardata), mentre l’identità dell’assassino (che non possiamo svelare) richiama il famoso The murder of Roger Ackroyd della Christie.
II. 1. Margaret Doody, la serie di Aristotele:
Aristotle detective,
1978, trad. it. Aristotele
detective, Il Giallo Mondadori 1980, poi ristampato dall’ed. Sellerio nel 1999;
Aristotle and the fatal javelin, 1980, trad. it. Aristotele e il giavellotto fatale, Sellerio 2000;
Aristotle and the poetic justice, 2000, trad. it. Aristotele e la giustizia poetica, Sellerio 2000.
Aristotle
and the mystery of life, 2002,
(edito anche col titolo Aristotle and the secrets of life), 2002,
trad. it. Aristotele
e il mistero della vita, Sellerio 2002
Aristotle and the ring of bronze, 2003, trad. it. Aristotele e l’anello di bronzo, Sellerio 2003
Poison in Athens, 2004, tr. it. Veleni in Atene, Sellerio 2004
Mysteries of Eleusis, 2005, tr. it. Aristotele e Misteri di Eleusi, 2006
Aristotle and the Egyptian Murders, 2009, tr. Aristotele e i delitti d’Egitto, 2010
L’idea di Mathieson è qui allargata e genera addirittura una serie. Le prime due opere sono state scritte a breve distanza, ma in Italia la Mondadori ha pubblicato solo la prima e poi ha evidentemente perso interesse per l’autrice e il tema. Così l’editrice Sellerio ha ripreso l’opera (N.B.: il lettore non è avvertito che si tratta di romanzo già edito in Italia) e a breve scadenza ha pubblicato il secondo titolo, un racconto lungo rimpolpato con un’introduzione e una nota del grecista Luciano Canfora; nel frattempo la scrittrice (anche questa canadese) faceva uscire il terzo titolo, immediatamente pubblicato in Italia. Astutamente, il racconto, in sé piuttosto esilino, ha fatto da traino al romanzo.
Nelle prime due opere colpisce soprattutto l’accuratezza della ricostruzione storica e di costume, che senza pesare eccessivamente e senza risultare troppo pedante costituisce una naturale cornice all’intrigo. La scelta del detective non è particolarmente legata a vicende biografiche del filosofo: a parte i due ovvi dati di essere filomacedone e fondatore del Liceo, il personaggio è ricreato con la libertà permessa dal fatto che fra i grandi dell’antichità Aristotele è dei meno noti per vicende personali o peculiarità di carattere: il suo pensiero e i suoi metodi sono più conosciuti di lui. Comincia invece a profilarsi (in realtà soprattutto dal racconto) il tentativo di collegare ogni libro con un settore della filosofia del Peripato, tentativo che inizialmente comporta un riferimento alla logica e alla fisica (rispettivamente).
Al filosofo è affiancato un giovane allievo, il narratore: nel primo romanzo è coinvolto direttamente nell’indagine in quanto parente dell’accusato, in seguito farà da spalla al detective. Il whodonit è abbastanza ben congegnato, e la narrazione procede con simpatica scioltezza. Nel romanzo la vicenda culmina con un processo dinanzi all’Areopago, in cui Stefanos rappresenta il cugino accusato, che non può essere presente: la scoperta del colpevole avviene in aula, con un procedimento che richiama i gialli di Perry Mason. Benché il giallo d’ambientazione antica tenda ad evitare procedure poliziesche e giudiziarie, e si risolva spesso con la morte, accidentale o per suicidio, del colpevole (peraltro anche qui la conclusione definitiva è analoga), va detto che negli ultimi anni l’ambientazione giudiziaria sta diventando meno rara, soprattutto in libri collocati in epoca romana: si vedano più avanti alcune delle opere di Saylor e della Davis.
La terza opera è molto particolare. Ritroviamo Aristotele cui è affidato il compito di indagare circa un presunto rapimento, e il giovane Stefanos lo accompagna da Atene a Delfi su richiesta della famiglia della ragazza rapita, che riconosce esplicitamente il suo ruolo di aiutante del detective (ruolo che, peraltro, non è più incongruo di quello di Watson o Hastings, la cui presenza accanto a Holmes e Poirot è accettata, se non sollecitata, dai clienti senza troppe spiegazioni da parte degli autori). L’intrigo giallo è macchinoso e confuso, tanto che la scoperta del colpevole, che pure avviene in modo abbastanza spettacolare, non colpisce molto, e sia il movente sia la ricostruzione dei fatti sono poco comprensibili e convincenti. In realtà è evidente che l’interesse dell’autrice non è in questo. Il romanzo è in effetti una rivisitazione di diversi generi letterari classici ed ellenistici, molti dei quali nati dall’influenza della Poetica, della Retorica e dell’Etica aristotelica: e la discussione fra maestro e allievo, che chiude il libro, fornisce, tanto quanto il titolo stesso, la chiave di lettura. Si parla dei generi letterari esistenti alla fine dell’età classica e si pensa a tutti i generi che si svilupperanno in seguito, dall’evoluzione di quelli esistenti o ex novo, tali da soddisfare nuove esigenze, come quella di raccontare la storia appena conclusa; si parla dello scopo del leggere: “Ma qual è lo scopo di tutte queste cose – la poesia epica, il teatro, e forse anche gli altri generi letterari non ancora inventati – che tu vorresti leggere persino nell’Ade?” chiede Stefanos. E Aristotele: “Mi metti in difficoltà. Non ne sono del tutto sicuro. Perché liberarci della paura e della pietà potrebbe non essere tutto ciò che desideriamo o di cui abbiamo bisogno” (p.437). Si adombra un nuovo scopo – la lettura come intrattenimento – che dovrebbe essere raggiunto dai futuri generi ellenistici quali il mimo o il romanzo, forse anche la nea, e, sembra dire l’autrice, lo stesso giallo quasi come loro lontana derivazione.
Così il romanzo diviene una sorta di viaggio d’iniziazione letteraria: su un impianto che richiama il mito d’Oreste, più volte citato attraverso le tragedie di Eschilo ed Euripide e il cui percorso da Delfi ad Atene è seguito dai diversi personaggi a ritroso, si innestano altri episodi e figure significative: Teofrasto con i suoi Caratteri, una vicenda tratta dal Dyskolos di Menandro (un misantropo, lasciato dalla moglie, con una figlia devota, salvato dalla caduta nel pozzo...), la storia romanzesca di una coppia di giovani innamorati divisi da innumerevoli peripezie ma sempre integri e fedeli, una rustica gara di canto amebeo, scenette da mimo, ecc. Sta all’abilità dell’autrice inserire i diversi elementi senza appesantire troppo la storia: in particolare l’episodio del misantropo ripescato dal pozzo ha per protagonista lo stesso Stefanos, che alla fine sposerà la ragazza (notiamo che anche Hastings sposa un ragazza conosciuta durante un’investigazione), e per curioso testimone un ragazzino, il futuro commediografo Menandro, cui Aristotele promette un posto nel suo Liceo.
In un’intervista riferita nella postfazione della quarta opera, la giallista canadese spiega di aver sempre ammirato gli autori della scuola hard boiled americana, in particolare Chandler ed Hammett, e di aver voluto rendere loro omaggio in questo romanzo, soprattutto tenendo conto della maggior complessità della società greca descritta in esso rispetto ai romanzi precedenti: “Atene, nel quarto secolo, sta rapidamente cambiando, entra a far parte di un mondo più complesso, internazionale, globale si direbbe oggi. Il commercio si sviluppa, sono in gioco grandi interessi finanziari. Le città-stato tramontano, l’ellenismo è alle porte. Stefanos, ormai cresciuto, sa fronteggiare situazioni più complesse”. In realtà di romanzo in romanzo sembra che crescano progetto ed ambizioni dell’autrice: dall’iniziale interesse per il metodo deduttivo della logica aristotelica che facilmente poteva condurre alla creazione di una detection (anche questa genesi è evocata in un’intervista sul finale della postfazione) all’idea di incentrare i romanzi su un settore della riflessione del filosofo, alla svolta verso un genere poliziesco più legato alla violenza e all’ambiguità di una civiltà in evoluzione; gli ultimi due obiettivi, anzi, coesistono in questo romanzo: infatti il titolo indica il focalizzarsi dell’ interesse sulle scienze della natura, e così pure i titoli delle tre sezioni (Parti di animali, Movimenti di animali, Corpo e Anima). Forse però l’ambizione risulta eccessiva e provoca alcuni inserimenti posticci o inutili: tutta la prima parte insiste in vario modo su sacrifici di animali, sacrilegi commessi con parti di animali, allevamento di animali, fino a giungere ad una sepoltura umana violata (quella della moglie stessa di Aristotele); nelle altre due parti, in cui la vicenda entra nel vivo, non è possibile far proseguire più che tanto l’elemento topico, che finisce per incentrarsi essenzialmente sulla medicina come cura del corpo e della psiche. D’altro canto lo sforzo di rendere più realistico, e quindi più violento, l’intreccio, porta a qualche effettaccio brutale e sostanzialmente gratuito (l’episodio della bambina violata e uccisa); la crescita di Stefanos cui allude l’intervista citata non può essere particolarmente rilevante, dato che il libro è la continuazione quasi immediata del precedente: proseguono le preoccupazioni economiche e i progetti matrimoniali, mentre il personaggio del futuro suocero esce dal modello letterario (se ne stacca anche nei particolari, ad esempio rifiutando come diceria l’esistenza di un figliastro) e si concretizza maggiormente, così come altre persone delle due famiglie, in particolare il fratellino di Stefanos, Teodoro; per il resto non sembra che ci siano cambiamenti notevoli.
Resta la vicenda gialla, che è legata agli intrighi politici fra filomacedoni e antimacedoni: Aristotele e Stefanos sono costretti a lunghi viaggi che li portano ad incontrare parte dell’esercito di Alessandro, per poi ritrovare i fili della vicenda ad Atene, con spiegazioni piuttosto macchinose.
Aristotele e l’anello di bronzo è un romanzo breve, collocato nell’inverno successivo al libro precedente: le vicende personali di Stefanos sono immutate, mentre Aristotele sembra dimentico delle sue sciagure familiari. I motivi conduttori sono tre:
l’idea aristotelica di forma e sostanza (esemplificata con il concetto di cerchio e un anello di bronzo);
il racconto platonico di Gige e del suo anello di bronzo che donava l’invisibilità, su cui sono costruite diverse conversazioni, in parte di derivazione platonica (sul legame fra comportamento onesto e visibilità) in parte chestertoniana (sulle persone mentalmente invisibili);
infine l’oratoria lisiana da cui viene preso di peso il personaggio
principale, l’invalido dal sussidio minacciato, qui divenuto un
bronzista. Non manca una certa saccenteria, sia letteraria sia tecnica
(naturalmente la differenza fra informazioni necessarie, citazioni
caratterizzanti i personaggi e saccenteria può essere di percezione
soggettiva).
Data la brevità del romanzo, i motivi conduttori risultano piuttosto
pesanti rispetto al plot, esilino e scarso di sorprese.
Si direbbe che il romanzo breve sia servito
di prova al romanzo lungo Poison in Athens. Anche
in questo vi sono più Leitmotiven,
aristotelico-platonici: le riflessione politica, il rapporto
bellezza/eros, la figura umana animata e inanimata (uomo, schiavo, automaton,
statua, bambola, lo stato stesso come organismo). Anche in questo sono
utilizzati famosi processi: quello Per ferimento premeditato (dall’orazione
di Lisia), quello Contro la matrigna per avvelenamento (orazione
di Antifonte), quello contro l’etera Frine per empietà (famosa orazione
di Iperide, non pervenutaci), modificati e mescolati, con fatti e
personaggi storici e altri inventati. Inoltre è ripreso qui l’ ambiente
della prostituzione, già presente nel romanzo breve. A differenza di
quello, però, tempi e personaggi sono chiari e sviluppati: il romanzo
ha un lungo sviluppo, che comincia prima dell’estate del 330 e termina
nell’autunno, con ampi riferimenti alle vicende estive raccontate in The
secrets of life; sia Aristotele sia Stefanos hanno storie
personali in evoluzione.
Nel complesso il romanzo partecipa dei difetti già individuati (eccesso
di motivi filosofici) e di quelli legati alla lunghezza (ormai difetto
comune a tutti i gialli attuali): soprattutto ha una partenza
lentissima e noiosa. Proseguendo però ci si coinvolge nel plot; i
personaggi sono ben caratterizzati e non mancano figure intriganti, in
particolare l’attore/spia di Antipatro che richiama la classica figura
del poliziotto zelante e incapace.
Col successivo romanzo siamo arrivati all’Etica,
con un occhio alla Metafisica. Nel corso del
romanzo vi sono varie occasioni di discussione (un viaggio, un
simposio, un banchetto nuziale...) sulla felicità, sulla moralità, sui
doveri del capofamiglia, su vari aspetti della vita. Purtroppo, per
centinaia di pagine non c’è quasi nient’altro: dopo un assassinio nel
primo capitolo (un altro, di un mendicante, non lo si nota quasi, così
come il presunto suicidio di una vecchia schiava sconosciuta) c’è solo
la routine quotidiana, quasi a dichiarare che l’etica si occupa appunto
della vita dell’uomo in ogni suo aspetto anche banale: Stefanos combina
le nozze, fa la spesa, discute con la madre, litiga coi vicini, si
riappacifica, è citato in tribunale, organizza una festa, rifà il
tetto, imbianca la casa, organizza il matrimonio, va continuamente da
Atene ad Eleusi (dal suocero), da Atene ad Imetto (dalla suocera) ecc.
ecc. Una specie di Vita quotidiana degli antichi greci.
Certo, c’è anche qualche aspetto di detection, con scene ad effetto sul
finale. Ma, a rischio di svelare troppo ai futuri lettori, vorrei dire
che un whodonit in cui l’it
stesso è molto vago (gli assassini sono esiti marginali di una
complicata e poco credibile storia di furti) è ben poco interessante, e
che un giallo in cui tutti o quasi sono colpevoli è permesso solo alla
Christie.
Resta la lunghissima iniziazione ai misteri eleusini, cui si
sottopongono sia Stefanos sia Aristotele con le loro donne (e, guarda
caso, quasi tutti gli altri personaggi in contemporanea, anche se per
alcuni è un pretesto). Nell’insieme il racconto delle cerimonie ha un
notevole fascino e rivela nell’autrice un’adesione viva al senso
religioso. Alla fine il filosofo discute il rapporto fra l’etica, una
religione basata sulla contemplazione razionale del Dio (quale si
ricava dalla Metafisica) e l’esperienza religiosa
misterica: la questione, posta in modo molto interessante, resta
naturalmente aperta, ma Stefanos conclude esprimendo la sua gioia nella
certezza di aver ottenuto con l’iniziazione una vita immortale insieme
alle persone che ama.
Aristotle and the fable of two
white crows,
2011, tr.it.
Aristotele e la
favola dei due corvi bianchi, 2012
Introvabile in inglese, tanto da far pensare ad un testo scritto per il
pubblico italiano, l’ultima opera della Doody è un breve romanzo, o un
lungo racconto, sul tipo del Giavellotto fatale. E’ ambientato subito
dopo il ritorno dall’Egitto, quando ancora Stefanos gode del prestigio
per la missione compiuta e la città risente delle tensioni legate alla
carestia appena terminata. Al Liceo si trovano a conversare Stefanos,
Aristotele, Teofrasto, il giovane impudente Menandro, Demetrio Falereo
e altri discepoli. Il filosofo inizia a raccontare un favola, che sarà
poi ripresa in diversi momenti e terminata solo alla fine dell’opera:
protagonisti due corvi bianchi in rivalità fra loro per la cattura di
oggetti preziosi e per la protezione di un uomo che approfitta dei
furti. Intercalata al racconto della favola si trova l’esile vicenda: i
sospetti di un miserabile avaro verso un parente e l’incarico di
Stefanos di controllare la correttezza delle spedizioni navali
confluiscono in una scena notturna abbastanza suggestiva.
Non solo nel testo, ma anche nell’esplicito Poscritto l’autrice fa
riferimento alla Politica aristotelica: i corvi e il ladro
profittatore, come le persone coinvolte nell’intrigo, rappresentano
l’egoismo individuale contrapposto all’importanza del legame con la
polis. Due brevi note: è curioso che sia Demetrio Falereo a criticare
il moralismo spicciolo della favola: ironia dell’autrice verso il
sistematore del corpus di Esopo? E i corvi bianchi richiamano il merlo
bianco di De Musset? In tal caso la diversità viene ad avere un
significato opposto.
Che questo sia lungo non c’è
dubbio: quasi 600 pagine. Che sia propriamente un giallo ormai è
discutibile. Preparato accuratamente sulle fonti citate in appendice e
nelle note, Diodoro Siculo, Curzio Rufo, Arriano, Plutarco, è un ampio
romanzo storico sulle vicende della spedizione di Alessandro dalla fine
dell’impresa in India alla morte e alla divisione dell’impero fra i
generali: racconto colorito e fascinoso, se piace il genere
storico/esotico: e dovrebbe piacere, dato il successo di Manfredi.
Stefanos, ormai maturo e padre
di due figli, è costretto a recarsi da Alessandro, che si trova ad
Ecbatana, per accompagnare il figlio di Antipatro; inoltre Aristotele
lo prega di cercare notizie del nipote Callistene, storico al seguito
di Alessandro, e un fastidioso ateniese lo supplica di procurargli una
lettera di un generale del re. Si trova così coinvolto nel drammatico
viaggio di ritorno della spedizione, culminante nella morte di
Alessandro a Babilonia: molte altre morti, un traffico poco chiarito di
bottino, una fugace avventura d’amore, la morte stessa del re già dagli
antichi attribuita a possibili assassini e da Stefanos ad una
drammatica e angosciosa decisione. Il titolo italiano svela quello che
nel romanzo si scopre solo a metà.
Soprattutto all’inizio
compaiono questioni filosofiche, etiche e letterarie come l’interazione
fra caso, libertà e destino, le peripezie del teatro, i tipi fissi
della commedia (il giovane Menandro si propone di scrivere l’Heautontimorumenos).
Nel corso del romanzo prevale l’interesse per la deduzione e la
riflessione sulle diverse credenze religiose e cosmologiche. Nella
generale attenzione alla precisione stona la confusione fra Eracle e
Achille nel paradosso della tartaruga.
Aristotle and the House of the Winds, 2018, tr.it. Aristotele e la Casa dei Venti, 2018
Ambientata nel 326 a.C., la vicenda è precedente rispetto ad Aristotele nel regno di Alessandro,
benché il romanzo sia stato scritto dopo: evidentemente l’autrice intendeva riempire un gap cronologico.
Forse perché sono italiana e ho antenati siciliani, ho letto con piacere questo libro,
trovandolo fascinoso come ambientazione e interessante come vicenda storica: inoltre, anche se l’autrice allude ad un
suo viaggio come origine del libro, non vi ha profuso quel fastidioso gusto turistico-folklorico che si notava nei delitti d’Egitto.
Prevale invece l’amore evidente per la Sicilia di ogni tempo, in cui sono sovrani solo le ninfe, dice la Doody,
in cui noi siamo dèi, diceva Tomasi di Lampedusa.
La storia: Aristotele e Stefanos sono raggiunti da una lettera, portata da un messaggero che muore sulla soglia:
in essa un anonimo scrivente rivela di avere prove di comportamento indecente di Platone in Sicilia e li invita
pressantemente a venire a vederle. Inizialmente contrari ad un viaggio ben poco attraente, vi sono spinti dal magistrato Licurgo, preoccupato della fama di Atene, e
dalla fuga di un giovane studente del Liceo che ha voluto precederli. Traversata avventurosa, con compagni ambigui.
A Siracusa trovano una situazione politica complessa e inquieta, fra i nostalgici
di Dionisio il Vecchio, di Dionisio il Giovane, di Dione, di Timoleonte di Corinto, i ricordi orgogliosi della sconfitta
di Atene e i timori di un’ingerenza macedone. Avvengono diversi omicidi e attentati con modalità particolarmente spettacolari, la cui soluzione sarà data solo alla fine, con una deduzione abbastanza arrischiata da parte del filosofo. Nel frattempo però Aristotele e Stefanos perseguono gli scopi originari, l’incontro con l’anonimo del messaggio e il ritrovamento del ragazzo scappato. Entrambi gli scopi coinvolgono scenari di grande presa: l’isola Lipara dalle alte rocce, dove un terremoto sconvolge terra e mare, e la Casa dei Venti, un edificio su palafitte abitata da una bizzarra famiglia che sembra riprodurre quella di Eolo nell’Odissea e la cui padrona (Ninfadora: in onore delle ninfe? O reminiscenza del personaggio della saga di Harry Potter?) ha conoscenze e capacità misteriose. Aiuti inaspettati
permettono di raggiungere gli scopi prefissi, i documenti compromettenti sono posti al sicuro e si può ripartire. br>
L’autrice indica in appendice i riferimenti alle opere di Aristotele e alle vicende storiche, mentre nel corso del libro
vengono discusse, spesso criticate, le idee di Platone. Qualche obiezione: nautes (pag. 93 della trad. it.)
non è plurale, è singolare maschile della prima; ed è Fedone, non Fedro, il discepolo che assiste alla morte di Socrate
(pag. 274 della trad.it).
Aristotle and the Mountain of Gold, 2021, tr. it. Aristotele e la
Montagna d’Oro, 2021
Il romanzo segue direttamente Aristotele nel regno di Alessandro, nonostante nel frattempo sia stato pubblicato
Aristotele e la Casa dei Venti, che riguarda una vicenda cronologicamente precedente
(si veda la relativa recensione). I due protagonisti sono da poco tornati dall’Oriente,
dove hanno assistito alla morte di Efestione e poi di Alessandro stesso.
E’ iniziata la corsa alla successione, in attesa della nascita del figlio di Alessandro e Rossane:
già Tolomeo si è impadronito dell’Egitto e si vanta di possedere il corpo del sovrano defunto.
Aristotele e Stefanos sono invitati pressantemente a recarsi a Filippi, la città creata e chiamata da Filippo II,
per ricevere il compenso del lavoro svolto durante il viaggio in Oriente:
nonostante le obiezioni familiari e la poca fiducia nella validità della proposta,
i due partono ugualmente. A Filippi sono ospitati in una fortezza destinata a divenire la futura reggia dei re macedoni
(libera invenzione dell’autrice), e sono condotti a visitare le miniere d’oro del monte Pangeo e la tomba
in costruzione ad Anfipoli, dove dovrebbero essere posti i corpi di Efestione ed Alessandro.
Mentre il senso del loro soggiorno in quei luoghi appare sempre meno chiaro, cominciano a morire molti dei personaggi
incontrati nel percorso. Con un procedimento fondato su pochi dati e molte illazioni
Aristotele scopre un triplice complotto, incentrato sul possesso del corpo di Alessandro e su diversi giochi di potere:
un quarto elemento, rimasto in ombra, sembra aver manovrato l’esito finale.
Non mancano motivi d’interesse, dato che il periodo storico dei diadochi non è mai abbastanza studiato;
diverse conversazioni filosofiche (sul concetto di spazio e sul concetto di corpo, ad esempio)
giustificano la presenza fissa del personaggio di Aristotele
(meno giustificata, come spesso avviene, quella dello scialbo narratore).
Ma la lettura è molto faticosa, i complotti confusi, l’indagine un po’ azzardata.
Le note che richiamano libri precedenti, non sempre necessarie, e la brusca conclusione danno
l’impressione che siamo giunti alla fine del ciclo.
II.
2. Anna Apostolou, La serie di Miriam Bartimaeus
A murder in Thebes, 1998
Con questo curioso pseudonimo di donna greca P. C. Doherty, un autore dai molti alias, firma una breve serie costituita da A murder in Macedon e ; i romanzi hanno come sottotitolo A mystery of Alexander the Great e prendono spunto da episodi della vita di Alessandro Magno: la detection è affidata ad una donna ebrea, che insieme al fratello gemello sarebbe stata compagna di studi di Alessandro sotto la guida di Aristotele e poi sarebbe divenuta, sempre insieme al fratello, sua
segretaria e consigliera, nonché investigatrice dei delitti via via
incontrati. Il libro che ho per ora potuto leggere è il secondo della
serie, A murder in Thebes, ambientato a Tebe nella
circostanza della distruzione della città da parte dei Macedoni:
nell’immane tragedia comune (da Plutarco l’autore estrapola uno dei
pochi episodi noti, quello di Timoclea), Miriam si trova a dover
risolvere due enigmi della camera chiusa: il caso
del comandante della guarnigione macedone nella Cadmea trovato morto ai
piedi di una torre in seguito alla caduta da una stanza chiusa
dall’interno e sorvegliata, e il caso di una corona sparita da un
santuario nonostante le guardie e trappole invalicabili. I due enigmi,
cui si aggiungono numerosi altri delitti, vengono risolti da Miriam con
un lavoro d’indagine e con il ricorso alla logica aristotelica: il
lettore attento ha a disposizione per il primo una certa reminiscenza
da Chesterton e per il secondo un indizio apparentemente non collegato
ma piuttosto evidente. Il contesto storico sembra abbastanza credibile,
mentre risultano molto bizzarri i riferimenti mitico/religiosi: che a
Tebe ci fosse un culto di Edipo con un collegio di sacerdotesse e la
venerazione della corona ferrea dell’antico sovrano lascia perplessi
(oltre tutto l’ansia di Alessandro di cingersi la corona ferrea è molto
napoleonica!); stranissimo è il ruolo di Miriam, specie nel confronto
con uomini quasi tutti omosessuali (più un fratello inetto e
scialbissimo).
II. 2 bis. Paul Doherty, La serie del medico Telamon
The house of Death, 2001
L’autore firma col suo nome una serie che mantiene il sottotitolo della precedente, A mystery of Alexander the Great, e ne è idealmente la prosecuzione: la vicenda di Alessandro, lasciata al tempo della distruzione di Tebe, è ripresa a partire dalla sosta a Sesto, in attesa dell’imbarco per la conquista dell’oriente. Ma protagonista della serie è ora un altro ex-compagno di studi di Alessandro, il medico Telamon, inviato da Olimpias al campo di Sesto per divenire il medico e l’amico di fiducia del re. Durante la lunga sosta, causata da vaticini infausti, avvengono una serie di morti misteriose, alcune delle quali appartengono (come nella serie precedente) al tipo della camera chiusa. Telamon, forte della logica appresa da Aristotele, risolve gli enigmi e scopre chi crea il panico nell’accampamento, permettendo ad Alessandro di partire per la spedizione. Si aggiunge una ragazza tebana, sopravvissuta alla strage e scelta da Telamon come aiutante nel suo lavoro di medico.
Il romanzo ha il suo punto di forza nel racconto della battaglia del Granico e nella presentazione del carattere mutevole e affascinante del re: buona anche la scrittura e la caratterizzazione dei personaggi minori. L’autore introduce molte citazioni da Omero e dai poeti attraverso la conversazione fra i personaggi, e fa precedere ogni capitolo da citazioni di storici, Arriano, Curzio Rufo, Diodoro, pseudoCallistene; peccato che la citazione iniziale, l’unica anche in greco, sia zeppa di errori.
The Godless Man, 2002
La vicenda storica parte dall’ingresso di Alessandro ad Efeso: il re si trova coinvolto nelle lotte e vendette politiche fra oligarchici e democratici. Dopo aver concesso processi sommari contro gli oligarchici filopersiani, ordina di fermare le stragi e garantisce protezione nel tempio di Eracle ad un gruppo di superstiti. Con un nuovo ricorso all’enigma della camera chiusa, l’autore fa avvenire nel tempio un macabro assassinio multiplo: gli indizi misteriosi portano ad una setta di assassini, detti Centauri, che sembrava estinta e la cui sede si diceva contenesse un tesoro. Mentre si moltiplicano le morti e gli attentati, Alessandro prepara la conquista di Mileto;. prima però chiede a Telamon di scoprire il o i colpevoli e di aiutarlo a sostenere il suo legame con la dea di Efeso, Artemide.
Anche in questo romanzo il punto di forza è la vicenda storica, il colpo di mano di Alessandro per prendere Mileto. La soluzione dell’enigma è accettabile, ma l’indizio che porta alla scoperta del colpevole quasi sfugge e non è comunque molto probante, mentre la lunga spiegazione nell’ultimo capitolo è noiosa e in fondo superflua: la stessa frase finale, che dovrebbe dar ragione del titolo, non ha molto senso. Il rapporto fra Telamon e la sua compagna resta da chiarire (Telamon soffre ancora per la perdita di una donna amata), per cui il ruolo di aiuto-detective assunto dalla ragazza sembra più che altro un omaggio alle moltissime coppie di detectives della letteratura gialla.
Anche in quest’opera sono molte le citazioni, con qualche gaffe nell’attribuzione. I pochi (per fortuna) passi in greco sono pieni di errori; una misteriosa iniziale che sembra un triangolo o una A viene spacciata come una D senza che si spieghi che sarebbe una Δ
The Gates of Hell, 2003
Mετὰ δὲ ταῦτα τοῦ ᾿Αλεξάνδρου φιλοτιμουμένου τῷ (πατρὶ) τὴν ἰδίαν (ἀνδραγαθίαν ἐνδείξασθαι …)
Parto con la frase di Diodoro Siculo (16, 86) messa come sempre in inizio di libro. Questa volta la citazione non solo manca di tutti gli accenti ma elimina anche le parole che ho messo fra parentesi per cui è priva di senso. Naturalmente la traduzione (all’indicativo) funziona. Ancora una volta notiamo l’uso disinvolto del greco: anche il cifrario su cui si regge parte del plot è costruito sull’alfabeto inglese, ma si finge costruito su quello greco.
Peccato. Il libro è veramente bello: il racconto della conquista di Alicarnasso, fortificata e protetta dalla flotta persiana, ha veramente toni epici, a partire dallo spiegamento di forze descritto come il catalogo omerico. Grandiosa la costruzione del ponte sulla trincea, la sortita persiana, l’assalto notturno preparato dall’incursione all’interno. La presenza involontaria di Telamon, medico e non guerriero, costituisce un contraltare all’entusiasmo distruttivo di Alessandro, fino all’amara riflessione finale che chiude il libro e, presumibilmente, la serie. Il plot giallo s’incentra anche qui su un enigma della camera chiusa, la morte di uno degli incaricati di decifrare il testo che dovrebbe contenere notizie utili per la conquista di Alicarnasso.Si succedono altre morti collegate, o forse no, con la prima, fino alla soluzione che sembra un po’ fragile. La presenza di un attore comporta la declamazioni di testi tragici, in particolare dell’Antigone, con qualche riferimento scorretto ma con effetto fra il comico (il coro è costituito da rozzi guerrieri Galli) e il suggestivo.
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II. 3. Marilyn Todd, la serie di Iliona
Blood Moon, 2009
L’autrice statunitense, molto più nota per la serie romana di Claudia Seferius (
v. sotto), s’inserisce nell’ambientazione greca con due romanzi (il primo è Blind eye) assolutamente diversi rispetto alla precedente produzione: stando almeno al romanzo di cui parliamo, c’è un impegno molto maggiore quanto a costruzione, approfondimento dei personaggi, riflessioni, scrittura ed elaborazione del plot.Siamo a Sparta, circa negli anni 60 del V secolo a.C. (un incongruo riferimento a Socrate è l’unico elemento estraneo alla cronologia). Una delegazione di Sciti è ospitata dal re (non risulta esserci più di un re, né altre magistrature), apparentemente per scambi commerciali: ma in realtà alcuni di loro stanno organizzando un complotto i cui termini restano oscuri per molta parte del romanzo. Un secondo complotto è in corso nel mondo degli iloti: ne fanno parte un insegnante e una dottoressa che presta la sua opera presso il tempio del dio del fiume Eurota. Sacerdotessa del tempio è Iliona, protagonista anche del primo romanzo, legata per parentela alla corte del re, con un passato che riemerge in modo angosciante e con aspetti della vita presente che la rendono vulnerabile da parte della Krypteia, interpretata dall’autrice come una sorta di Servizi Segreti (dalla Vita di Licurgo di Plutarco sembrerebbe qualcosa di diverso). La funzione sacerdotale è esplicitamente interpretata come consolazione delle masse e imbroglio a fin di bene.
La scoperta di alcuni cadaveri, e in particolare di donne uccise orribilmente nei pleniluni, mette in moto un’indagine, mentre si aggiungono altre morti. Tutte le fila culminano nell’ultimo plenilunio dell’anno, con una serie di colpi di scena in gran parte inattesi.
Il romanzo ha dei difetti: è lentissimo, sembra per molta parte divagare, non è molto credibile come ricostruzione storico/istituzionale, qua e là annoia un po’ e irrita un po’: ma si riscatta in un robusto finale.
Still Waters, 2010
Collocato cronologicamente subito dopo Blood moon, ricorre ad un espediente comune ai gialli seriali, cioè lo spostamento di luogo per evitare la monotonia di personaggi e situazioni. Il capo della Krypteia manda Iliona e Jocasta (la dottoressa ilota, qui in realtà una presenza poco significativa) ad una stazione di posta da poco inaugurata per facilitare i rapporti diplomatici ed economici delle città greche (al momento pacifiche) fra loro e con ospiti stranieri. Apparentemente Ilona è in vacanza di convalescenza dopo le drammatiche vicende del libro precedente, ma in realtà deve indagare sulla sparizione di una parte dei carichi d’oro destinati a Sparta, avvenuta probabilmente al passaggio del convoglio per la stazione di posta: l’unica persona sulle tracce del furto è scomparsa lasciando tracce di sangue. Subito prima dell’arrivo della sacerdotessa il carro di un famoso campione olimpico precipita in un burrone: di qui la fama di stregoneria che si diffonde tra il numeroso personale della stazione/locanda contro la nuova venuta. Complesse vicende individuali si agitano inoltre nel microcosmo del personale, del “clero” locale e degli ospiti, cui si aggiunge un’ antica faida fra gli abitanti della pianura e della montagna. Lo scioglimento comporta numerosi colpi di scena e alcuni happy ends.
I limiti sono gli stessi del libro precedente: prolisso, pieno di descrizioni geografiche, folkloriche, mediche, botaniche; molto vago storicamente (a volte si ha l’idea di avere a che fare con un western), piuttosto ideologico. Ma il plot funziona.
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II. 4 José Carlos Somoza, La caverna de las ideas, 2000, trad. it. La caverna delle idee, Frassinelli 2002
Un romanzo ambientato nell’Atene di Platone, dalla tessitura
estremamente complessa: si direbbe che l’ambientazione greca suggerisca
complicazioni concettuali che nei romanzi romani non incontriamo.
Apparentemente si finge la traduzione dal greco antico, svolta
sull’edizione critica, di un romanzo poliziesco; il traduttore, man
mano che prosegue il lavoro, pone in nota osservazioni sul testo e
sull’edizione, suggerisce interpretazioni allegoriche
(il corsivo è d’obbligo) e riporta conversazioni sull’opera con altre
persone della Casa editrice. Nel testo tradotto il plot poliziesco,
incentrato su riti misterici fanatici, si intreccia con discussioni sul
raggiungimento della Verità: attraverso l’ascesa alle Idee, o
attraverso l’uso della logica deduttiva, o attraverso l’esperienza
della vita e la liberazione dell’istinto. A poco a poco la finzione
apparente si svela nella sua realtà, per giungere ad un finale del
tutto inatteso.
II. 5. Daniel Chavarría, El ojo Dindymenio, 1993, trad. ital. L’occhio di Cibele, ed. Net, 2005
Il romanzo, di un autore uruguaiano trapiantato a Cuba, è ambientato ad Atene a partire dai prodromi della guerra del Peloponneso fino alla peste e s’incentra intorno alla ricerca di un’ametista, appartenuta inizialmente ad una statua frigia di Cibele e poi riutilizzata nel Partenone. Nella vicenda sono coinvolti privatamente e politicamente personaggi storici quali Pericle, Aspasia, Alcibiade, Socrate, Nicia e moltissimi altri, nonché diversi personaggi d’invenzione, soprattutto nell’ambito degli schiavi e della prostituzione. La scrittura è molto complessa: mescola diversi registri quali lo stile epistolare, la parlata d’imitazione barbara, il dialogo socratico, il flusso narrativo mutuato da García Marquez (impossibile per un autore latinoamericano sottrarvisi), e diversi piani temporali. Si aggiunga il continuo variare di nomi e soprannomi, che rende difficile seguire un plot già molto confuso e francamente piuttosto noioso.
Ma l’intento dell’autore sembra essere al fondo un altro, seguendo la caratteristica già notata per i gialli d’ambientazione greca: in questo caso la figura essenziale è quella di una sorta di santone, non è mai chiaro quanto in buona fede o quanto cialtrone, creatore di una nuova religione che costituisce un’evidente parodia blasfema di quella ebraico-cristiana. Un libro quindi decisamente sgradevole.
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II. 6.Antonio Penadés, El hombre de Esparta, la tragedia de Isómaco de Atenas, 2005
L’autore, un giovane non addetto ai lavori (è laureato in giurisprudenza e giornalismo) dedica molta parte della sua attività alla valorizzazione della cultura classica, e quest’opera prima ne è la prova e ne risente. Ambientata ad Atene, poi a Delfi e a Platea alla vigilia della guerra del Peloponneso, per circa metà è apertamente didascalica (storia, personaggi, miti, istituzioni, ecc.); in seguito mescola a questo aspetto temi più ambiziosi: il tema del destino che travolge l’areté degli uomini e delle città e il tema del passaggio del giovane all’età adulta (si tratta dell’io narrante). Il whodonit è molto scoperto, nonostante ricorra un esempio di analisi deduttiva; troviamo un topos alla Nicholas Nickleby.
II. 7. Luciano Bellé, La trentaseiesima orazione di Lisia, Fr. Frilli Editori, Genova 2002
Opera prima di un giallista italiano, insegnante di lettere ora in
pensione. L’autore immagina che si sia casualmente ritrovato un pacco
di documenti accuratamente nascosti comprendente un’orazione autografa
di Lisia, rimasta interrotta, e svariati appunti dell’indagine
preparatoria, svolta per conto di Lisia dal sofista Melanolykos.
L’orazione “ritrovata” viene riportata integralmente, fino al punto
dell’interruzione, mentre con gli “appunti” viene ricostruita la
storia, compresi il motivo dell’interruzione e le conclusioni a cui il
sofista (cioè il detective) era pervenuto.
La vicenda, ambientata nel 394 all’epoca della vittoria di Conone a
Cnido, parte da un finto suicidio subito trasformato in accusa di
uxoricidio (nei confronti del cliente di Lisia): quasi immediatamente
vi è un altro delitto, cui seguiranno altre morti. L’indagine svolta
dal sofista/investigatore si alterna (secondo la tipologia dei gialli
ambientati in Grecia) con riflessioni sulla verità (la sua esistenza,
conoscibilità e utilità pratica in tribunale) e sulla moralità pubblica
e privata: riflessioni svolte in modo semplice, senza eccessive pretese
intellettuali. Lo sviluppo è abbastanza credibile, la soluzione finale
un po’ scontata (si rifà ad un’interpretazione di un certo evento
storico piuttosto diffusa).
Qualche perplessità sull’ambientazione (la giuria sembra composta da
eliasti e bulé insieme, i concorsi tragici sono posti in estate...) e
su varie battute che dovrebbero servire a indicare la lontananza fra
gli eventi e il narratore.
II. 8. Ignacio García -Valino, Las dos muertes de Sócrates, 2003, tr. it Le due morti di Socrate, Sonzogno 2007
L’autore, quarantenne di professione psicologo scolastico, autore di libri per ragazzi oltre che di romanzi e racconti apprezzati in Spagna, scrive un libro furbetto, che mescola sesso e demitizzazione: un insieme che in genere garantisce successo. In realtà tutta la prima parte riesce molto noiosa, da lettura cursoria: sostanzialmente, a parte gli effettacci, una panoramica dell’Atene del V secolo, dall’età di Pericle al processo di Socrate. Questa prima parte si chiude con una lettera di Aspasia al sofista Prodico di Ceo: l’anziana etera gli chiede di venire ad Atene per indagare sull’assassinio di Anito, avvenuto poco dopo la morte di Socrate nel bordello di cui lei è proprietaria. Così la seconda parte si dipana come una detection, con il sofista assunto per indagare e per far assolvere il bordello dall’accusa di complicità; in parallelo con la detection si svolge una sorta di indagine sulla figura di Socrate, i suoi ideali e i suoi scopi. Il plot comprende un paio di colpi di scena abbastanza riusciti e un’arringa finale del detective degna di un sofista. Il lettore troverà sconcertante il titolo (tanto da controllare se per caso non c’è un errore di traduzione o di stampa!).
II. 9. Thanos Kondylis, Έγκλημα στην Αρχαία Ολυμπία, Atene 2007, tr. it. Omicidio a Olimpia, Casa Editrice Nord 2009
Siamo a metà del secolo quinto a.C. Un aristocratico ateniese, allontanato dalla vita politica per il prevalere dei democratici, si reca ad Olimpia per assistere i giochi. Poco dopo un atleta spartano viene ucciso, in una situazione da camera chiusa. Nel generale scandalo, che potrebbe portare ad implicazioni gravi per la pace fra le poleis, il protagonista viene incaricato delle indagini insieme ad un rappresentante di Sparta, con cui stringe amicizia dopo un’iniziale diffidenza.
L’autore è uno studioso greco dai vari meriti accademici, ma come giallista si direbbe alle prime armi. Il romanzo è pesantemente e scopertamente didascalico (storia, politica, istituzioni, storia dell’arte, mitologia, ecc.), e oltre tutto non sempre attendibile. Il plot di fantastoria è pieno di avventure e colpi di scena, ma non convince, perché la scrittura è noiosa e banale e le vicende risapute. In più c’è una vicenda romantico/erotica (tipo Harmony) con una bella spia, con l’aggiunta di un’altra del tutto assurda.
L’edizione italiana aggiunge di suo (oltre alla copertina che indica il IV secolo invece del V) un’irritante modalità di riportare i nomi propri di persone, dèi e luoghi secondo la trascrizione italiana della pronuncia greca moderna. Quindi: Periklìs, Vereniki, Ekàvi, Aretì, gli dèi Ira, Diki, Tichi, Aris, Ifastos, Ermìs, la città Pissa, ecc. Ma perché mai? Non è la grafia greca (che è rimasta quella originaria, con la distinzione grafica fra η ed ι, e l’uso della β), non è la pronuncia del sec. V a. C., non è il modo con cui il lettore italiano conosce i nomi: o il traduttore li ha trascritti senza sapere che cos’erano?
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Violaine Vanoyeke, Meurtre aux Jeux olympiques, 2008
Si è un po’ imbarazzati a presentare questo romanzo, dopo aver preso visione di vita ed opere dell’autrice: docente di liceo e poi di università, accanita sostenitrice degli studi umanistici (sappiamo con quanta difficoltà in una Francia che li ha già boicottati da vari decenni), pubblicista, poetessa, autrice di romanzi, biografie, saggi divulgativi, rubriche televisive. Possiamo solo dedurre che l’intento divulgativo abbia preso il sopravvento o che l’eccesso di produzione abbia dato luogo ad un prodotto meno valido…In ogni caso questo romanzo è molto brutto. Protagonista è Alexandros: anzi il sottotitolo è Les enquêtes d’Alexandros l’Egyptien, come se si trattasse di una serie; ma nella bibliografia non risultano altri romanzi della serie, e questo è inserito fra i molti romanzi d’ambientazione egiziana, non greca. Comunque: Alexandros è figlio illegittimo di Tolemeo II Filadelfo (definito Faraone), è stato allevato da uno zio materno in Macedonia ma poi riconosciuto dal padre, che lo vorrebbe come erede al trono. Ad Alessandria ha sposato Héléna, figlia di Zenodoto, il primo direttore della Biblioteca: insieme si sono trasferiti a Pergamo per studiare, con grande irritazione dei loro padri. In occasione delle Olimpiadi i due giovani si recano in Grecia accompagnando la delegazione alessandrina degli atleti, curati da due allenatori, Costas e sua moglie Rosalis; è presente anche Bilistiché, atleta lei stessa in attesa di partecipare, di lì a qualche mese, ai giochi femminili, e attuale concubina di Tolemeo. Il re stesso li raggiungerà all’inizio dei giochi. Alla fine sappiamo tutto dei giochi: luoghi, edifici, statue, miti, aneddoti, regole, metodi, punizioni. Persino nei litigi più convulsi s’inseriscono discorsi su qualche aspetto delle Olimpiadi. Così l’esilissima storia (un delitto annunciato e poi effettivamente compiuto) diviene poco più di un pretesto. Qualche topos mutuato dai romanzi d’ambientazione romana: la moglie ostinata e in gamba che vuole partecipare e si mette a rischio (ma alla lunga siamo sempre a Tommy e Tuppence), persino l’ “adozione”, qui paradossalmente di una scimmietta rimasta senza la padrona. Si salva, a nostro parere, solo la figura del poliziotto, cocciuto e tenace anche quando sembra sconfitto, prima diffidente e poi sostanzialmente collaborativo coi detectives dilettanti.
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II. 11. Roger Hudson, Death comes by amphora, 2007
Una new entry
di uno scrittore britannico, piuttosto interessante per la scelta
dell’epoca. Siamo nel
Le vicende politiche che si snodano culminando quasi alla fine con l’uccisione del leader democratico fanno da background alle vicende personali di Lysanias, un giovane di origine ateniese che torna in patria dalla colonia di Eion dopo la scomparsa (forse la morte) del padre in un raid degli Sciti. Il fratello del padre, ricco armatore ateniese, l’ha convocato per farne il proprio erede e il giovane provinciale, cresciuto in modeste condizioni e abituato al lavoro artigianale, giunge ad Atene pieno di curiosità e di ideali. Lo accompagna un anziano schiavo, che Lysanias tollera con un po’ di fastidio ma di cui in fondo desidera i consigli e le conoscenze di una città per lui ignota. Ma giunto alla casa dello zio scopre che è morto per la caduta di una pesante anfora mentre era al Pireo: subito si prospetta la possibilità di un assassinio. E’ su questo delitto che si svolge tutta l’indagine, rivolta alla cerchia familiare, a colleghi e rivali di imprese, alle fazioni politiche con le quali lo zio cercava di barcamenarsi, a vicende personali poco chiare. La soluzione giungerà insieme a quella del delitto di Efialte, ma molto dovrà restare nascosto per opportunità politiche.
Una discreta scrittura e qualche momento ben costruito coesistono con vari difetti. L’autore ammette di aver inventato la Lega di Efesto: così la corrente democratica finisce per identificarsi con un partito di lavoratori manuali, col simbolo di incudine e martello, onesti e simpatici pur con qualche frangia discutibile. Un acceso femminismo è testimoniato dalla sacerdotessa di Atena e dalle donne che l’assistono criticando i mariti e narrando i propri trucchi per gestirne i soldi. La diffusione della sofistica pare un po’ prematura. In generale va detto che l’autore stesso dichiara di aver attualizzato la storia ispirandosi alla rivoluzione russa, all’Inghilterra vittoriana e al secondo dopoguerra, una mescolanza di epoche già in sé fonte di confusione.
Qualche difficoltà si riscontra anche nella costruzione dei personaggi di fiction. In particolare il personaggio di Philia, giovanissima vedova del defunto e destinata in sposa a Lysanias: da sciocchina capricciosa finisce per trasformarsi nella classica partner femminile di tante storie di detection.
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II. 12. Gary Corby, la serie di Nicolaos
The Pericles commission, 2010
Come già Roger
Hudson qualche anno prima, lo scrittore australiani colloca la sua
prima opera (inizio di una serie) nel
Un bizzarria nella costruzione del personaggio riguarda il fatto che
Nicolaos è figlio dello scultore Sofronisco e della levatrice Fenarete,
fratello maggiore quindi di Socrate: anzi Socrate compare in veste di
ragazzino curioso e un po’ impiccione; inoltre Efialte mantiene
un’etera di Mantinea, e ne ha avuto una figlia, Diotima, apprendista
sacerdotessa di Artemide: la ragazza (un vago accenno alla sua
“filosofia dell’amore” avverte il lettore distratto che è quella
Diotima) è decisa a vendicare il padre e si avvia a diventare la tipica
partner femminile, nella vita e nella detection, del protagonista.
Qualche lungaggine didascalica o di colore si può perdonare, come
qualche incertezza istituzionale. po’ meno gli errori di greco: porne
è femminile e al plurale fa pornai, non pornoi
(i prostituti maschili, appunto); i banchieri sono i trapezitai,
e i loro banchi non sono trapezoidali, hanno semplicemente quattro
piedi! E lasciamo perdere le etimologie dei nomi propri.
The Ionia sanction, 2011
Ritroviamo Nicolaos a breve distanza di tempo rispetto al primo
romanzo. Diotima si è trasferita ad Efeso, all’Artemision, dopo che il
padre del giovane si è opposto al loro matrimonio. In seguito ad un
presunto suicidio, collegato con una minaccia per la libertà di Atene,
Pericle invia Nicolaos in Asia Minore, prima ad Efeso poi a Magnesia di
cui è satrapo l’esule Temistocle. L’accompagna una bizzarra ragazza
acquistata al mercato di schiavi, che rivela di essere figlia di
Temistocle e vuole farsi riportare a casa. Ad Efeso ricompare Diotima,
che sta investigando sulla scomparsa di un greco suo amico, e i tre
proseguono insieme per Magnesia con ovvie difficoltà di rapporti. Dopo
un macabro incontro giungono alla corte di Temistocle dove risiedono i
suoi figli, un insieme di inetti e degenerati (tipica famiglia alla
Christie o all’Ellery Queen), e il plenipotenziario del Gran Re,
Barzanes. Qui il plot diviene complesso e si risolve con alcuni colpi
di scena.
Il romanzo conferma la buona impressione del primo. La vicenda è
interessante, l’ambientazione credibile senza essere troppo
didascalica, i personaggi sono corposi (soprattutto Temistocle,
Barzanes e il cinico-simpatico killer), le riflessioni
etico/filosofiche (su Anassagora, Eraclito, lo zoroastrismo) sono
appropriate, non pedanti, con un pizzico di ironia.
Terzo romanzo della serie. Stanno per iniziare le Olimpiadi del 460 a.C. dove il miglior amico di Nicolaos, Timodemus, deve gareggiare nel pancrazio, la brutale lotta che l’ha già visto vincitore ai giochi Nemei. Nicolaos si reca ai giochi col padre, che spera di ottenere un ordinativo per una scultura, la quasi moglie Diotima e il fratellino Socrate. Già durante il giuramento degli atleti Timodemus litiga col principale rivale, lo spartano Arakos: nella notte Arakos viene ucciso in un bosco dopo un feroce pestaggio. Timodemus viene arrestato e rischia un giudizio immediato, ma Pericle ottiene un rinvio e incarica Nicolaos di scagionare l’accusato e salvare così il buon nome di Atene; gli spartani incaricano uno dei loro cavalieri, Markos, dell’indagine. E’ subito chiaro che la rivalità fra Atene e Sparta è implicata nella vicenda e che l’esito può provocare un conflitto fra le due città e i loro alleati. A poco a poco risultano chiari anche altri conflitti: all’interno di Sparta fra i re e gli efori, dietro cui si cela la misteriosa società segreta krypteia; fra i pancraziasti, poiché Timodemo è accusato di avere barato ai giochi Nemei; fra il capo dei giudici e la figlia Klimene, sacerdotessa dei Giochi e amante di entrambi gli atleti, vittima e accusato; fra Timodemo e la sua famiglia, che l’ha costretto a puntare alla vittoria; infine fra i padri di Nicolaos e Diotima, che oppongono difficoltà sociali ed economiche alle nozze.
Nicolaos, aiutato da Diotima e a tratti da Socrate, svolge l’indagine mentre si svolgono le giornate dei giochi e uno degli aurighi muore per la rottura imprevista della quadriga. Inevitabilmente le sue indagini si intersecano con quelle di Markos, e a volte i due collaborano, mentre avviene un altro omicidio. Alla fine la soluzione è veramente inattesa, un bel colpo di scena.
Davvero un bel plot, a cui perdoniamo le inevitabili lunghe descrizioni di leggende, luoghi e regole delle Olimpiadi. Curiosa l’introduzione di personaggi storici, Pindaro benevolmente ironizzato, Empedocle deriso per le fissazioni vegetariane (però il bue di pane è pitagorico) ma che suggerisce uno spunto di riflessione per l’indagine, il padre di Ippocrate (lo stesso Ippocrate neonato è presente) con le sue lezioni sulla cicuta che colpiscono il curioso Socrate. Socrate stesso è ormai un personaggio interessante, con una caratterizzazione che regge. Nicolaos è ancora un po’ scialbo, Diotima ha più spessore anche se non si riesce a dimenticare la sovrapposizione col personaggio platonico.
Nuovamente suggeriamo di evitare di cimentarsi sol
greco. L’autore, dopo avere insistito su pornoi plurale di porne,
spiega un po’ goffamente che indica così entrambi i sessi ma non convince;
porne nel senso di “passeggiatrice” è un’etimologia bizzarra, invece della
derivazione dalla radice che significa vendere; taraxippos interpretato
come tara (paura)+ xippos (cavallo) poteva essere evitato con un
semplice vocabolario anche online; krypteia è sostantivo femminile, non
neutro plurale (i segreti) né maschile singolare (un krypteia). E tanto
basti.
The Singer from Memphis, 2016
Preceduto da altri due romanzi, The Marathon Conspiracy e Death ex Machina, il sesto della serie vede Nicolaos e Diotima finalmente sposati e Nicolaos stabilmente impegnato nel lavoro di detective (unico ad Atene!). Siamo nel 456: in Egitto un principe di Libia, Inaros, si è ribellato alla dominazione persiana occupando il nord del paese, mentre solo Menfi è rimasta in mano ai dominatori. Pericle manda Nicolaos e Diotima ad aiutare Inaros che, per poter garantirsi una successione legittima rispetto all'ultimo faraone, deve entrare in possesso delle insegne regali, scomparse da decenni. Il viaggio si svolge col pretesto di accompagnare come bodyguard Erodoto che si reca in Egitto per raccogliere materiale. La vicenda estremamente complessa vede diverse forze in lotta, più un outsider già conosciuto in un libro precedente e che cambia continuamente bandiera e una cantante dall'identità misteriosa. Molte le morti, i viaggi e le avventure, fino ad una conclusione drammatica ma in fondo positiva.
Un ottimo plot, bei personaggi, simpatica la caratterizzazione di Erodoto, una possibilità di conoscere un pezzo di storia poco noto.
Una curiosità: “il cantante di Memphis” per eccellenza è Elvis Presley: il titolo voleva essere un'allusione? Soprattutto tenendo conto che singer può essere maschile o femminile.
Death on Delos, 2017
Diotima viene sorteggiata fra le sacerdotesse di Artemide per accompagnare a Delo i doni sacri di Atene. In obbedienza alla dea vi si reca insieme al marito pur essendo in avanzato stato di gravidanza: a parte la fatica e il pericolo, si aggiunge il problema che a Delo è proibito partorire, essendo il luogo di nascita di Artemide e Apollo. Compiono il viaggio sulla nave sacra e preziosa i cui marinai hanno la proibizione di combattere anche a costo di derisione e insulti. Ma con loro giunge a Delo anche un’ampia flotta ateniese che accompagna Pericle: lo scopo è di portare ad Atene il tesoro della lega Delia, col motivo, o pretesto, di proteggerlo da una scorreria di Persiani o pirati. La richiesta suscita però l’opposizione del Gran Sacerdote e soprattutto dell’anziano sacerdote Geros, che convoca una sorta di gigantesco sitin per impedire la sottrazione del tesoro. Pericle chiede a Nico di contattare Geros e corromperlo per ottenere il suo appoggio. Pur di malavoglia, Nico lo segue durante la notte, lo incontra e con grande stupore ottiene un assenso in cambio di un altissimo prezzo; ma quando ritorna per portargli l’accettazione del patto da parte di Pericle lo trova assassinato.
Il resto del romanzo è una corsa contro il tempo per risolvere il delitto prima che Diotima partorisca, anche perché l’indagine ufficiale è affidata proprio a lei dal Gran Sacerdote: sono coinvolti nell’indagine, oltre ai sacerdoti, l’amministratore del tesoro e il popolo che abita nel villaggio di Delo, con i suoi capi, la sua ostessa, la sua sacerdotessa e la sua misteriosa storia. Quando l’invasione temuta o ipotizzata avviene davvero, i sacerdoti, il popolo scarsamente armato e i marinai della nave sacra riescono a tenerla a bada finché non sopraggiungono i soldati della flotta; messo in salvo il tesoro, Nico e Diotima improvvisano una spiegazione convincente del delitto, lasciando volutamente molti punti oscuri, e infine il parto di due gemelli avviene su un barca in un laghetto, più o meno al di fuori del tabu.
Tralasciando il problema di fondo sull’identità di Diotima e Nico stesso, già più volte ricordato, (e qualche obiezione sulle parole greche declinate) dobbiamo dire che il motivo occasionale, lo spostamento del tesoro della lega, è storicamente certo, e che il plot è ben costruito, con aspetti veramente suggestivi. Una curiosità: Nico ignora l’esistenza delle chiavi e del loro uso, e ne discute l’utilità come garanzia di sicurezza rispetto ad un controllo del personale: un’antica questione, insomma, quella dell’antifurto. Ma in realtà le chiavi erano conosciute.
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II. 13. Marcos Chicot, El asesinato de Pitagoras, Barcellona 2013 (tard. italiana col titolo L'Assassinio di Pitagora, ed. Salani, Firenze, 2014).
L’autore
è uno scrittore spagnolo con una preparazione essenzialmente
psicologica ed economica. L’idea di questo libro è nata dall’interesse
per i problemi matematici affrontati dalla civiltà greca e da quelli
rimasti irrisolti fino ad epoche più recenti; si è poi sviluppata in
uno studio sul pensiero filosofico di Pitagora e i fatti noti o
plausibili della sua vita, della comunità di Crotone e in genere della
Magna Grecia alla fine del secolo VI a.C. Ne è nata un’opera
vastissima, incentrata sulla figura carismatica di Pitagora e su quella
del suo misterioso antagonista ma aperta ai fatti storici di un’epoca
che vede in lontananza la nascita della repubblica a Roma e
l’affermarsi della democrazia ad Atene, mentre tramonta il sogno di
un’aristocrazia fondata sulla conoscenza e il perfezionamento di sé (il
sogno di Pitagora che Platone riprenderà a distanza di più di un
secolo). Si innestano in questo complesso i fondamentali problemi
matematici del pitagorismo (spiegati in periodici inserti) e la vicenda
di due personaggi d’invenzione che daranno luogo ad un sequel già
preannunciato (il che significa che nel susseguirsi di morti si
salveranno di certo: è il limite delle serie): Ariadna,figlia di
Pitagora, e Akenòn, un investigatore egiziano/cartaginese che viene
assunto per la detection.
Veniamo appunto alla detection. Qui si ha un po’ l’impressione
dell’utilizzo di modelli o di facili attrattive. Il modello
fondamentale è quello dei Dieci piccoli indiani rivisitato con notevole
inventiva ma corrispondente nell’essenza (quindi suscita una
ragionevole aspettativa sulla soluzione). L’antagonista inoltre ha
tratti che richiamano Lord Voldemort (la sua storia pregressa,
l’abilità nel legilimens…). La mostruosa figura del sadico Boreas, a
sua volta, introduce l’elemento splatter/porno che può forse attirare
(io ne farei a meno). E una perdonabile obiezione suscita, a libro
finito, il titolo.
In conclusione molti elementi di interesse, un buona scrittura (vale
per tutto il racconto a sorpresa dei cavalli danzanti), in un insieme
che richiede tempo (sono quasi 700 pagine) e una buona dose di
concentrazione.
Marcos Chicot, El Asesinato de Sócrates, 2016, tr. it. L’assassinio di Socrate, 2016
Nella Lettera ai miei lettori che chiude il libro, l’autore dice: Come avveniva anche nel mio romanzo L’assassinio di Pitagora, il titolo non è solo una metafora della trama, ma contiene un paradosso, dato che la mia intenzione reale non è di assassinare, bensì di resuscitare questi filosofi straordinari (pag. 722 dell’edizione italiana). Abbiamo qualche sospetto che il titolo del libro precedente abbia suscitato non solo in noi (si veda la recensione relativa) ma in molti altri una perplessità: da qui l’excusatio piuttosto contorta che si riferisce anche al nuovo titolo, con la differenza che mentre per la morte di Pitagora si poteva pensare a qualche fonte o ipotesi alternativa, sulla morte di Socrate sappiamo tutto praticamente in tempo reale, per cui lo sconcerto e l’imbarazzo non sorgono alla fine ma all’inizio del libro stesso. Anche il presunto oracolo sull’assassino, ripreso con insistenza per tutto il libro, non crea se non una blanda curiosità.
Detto questo il romanzo è di grande interesse non solo
per i personaggi storici ben delineati o ricostruiti, ma per l’affresco sulla
storia della Grecia dal 437 al
Poiché il romanzo precedente aveva degli inserti sull’opera di Pitagora, l’autore inserisce anche qui dei brevi capitoletti sul pensiero di Socrate, tratti dall’Enciclopedia Universale, Socram Ofisis, 1931: sarebbe stato meglio evitarli, in quanto banali e poco corretti: le parafrasi di testi platonici inseriti nel contesto sono sufficienti e molto più chiare.
Qualche refuso nell’edizione italiana.
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III. AMBIENTAZIONE ROMANA
III. 1. Danila Comastri Montanari, la serie di Aurelio Stazio:
Mors tua
In corpore
sano
Cave canem
Morituri
te salutant
Parce
sepulto
Cui
prodest?
Spes
ultima dea
Anche per questa autrice c’è stato un passaggio dalla Mondadori, che ha pubblicato i primi libri, ad un’altra editrice, Hobby and Work, che ha pubblicato gli ultimi e ha rilevato la proprietà di alcuni dei precedenti. Il tutto in un periodo molto breve, perché i romanzi citati fin qui vanno dal 1990 al 1999.
L’ambientazione è romana (evidentemente) all’epoca dell’imperatore Claudio, epoca che l’autrice in varie interviste dice di aver scelto perché simile alla nostra: “In Europa non c’è mai stato un altro momento in cui la società sia stata tanto composita, tanto varia, una grande mobilità sociale, svariati modi di vita, ideologie diverse, religioni diverse, quindi una società estremamente viva” (pag. 135 in appendice a In corpore sano, Il Giallo Mondadori 1991). E rileva che tutti i romanzi storici ambientati nell’antica Roma sono collocati nella prima età imperiale. Questo, se non del tutto vero (vedi i romanzi della McCollough e polizieschi di età repubblicana o tardoantica), lo è certo per titoli famosi quali Quo vadis? o Gli ultimi giorni di Pompei; ed anche altri gialli sono ambientati all’epoca di Tiberio (Wishart), Vespasiano (L. David) o al massimo di Traiano (B. Hambly, Il ratto del Quirinale).
All’interno della prima età imperiale, la scelta dell’impero di Claudio presenta particolari vantaggi: è un’epoca abbastanza tranquilla perché ci si possa occupare di drammi privati invece che di tragedie pubbliche (come sarebbe stata l’età di Caligola o Nerone); possono essere introdotte le comunità cristiane (in Mors tua) ed ebraiche (in In corpore sano) senza la drammaticità delle persecuzioni, per cui sono solo osservate con la curiosità che ispira il diverso, a metà fra ammirazione e disprezzo, da parte dei protagonisti e forse dell’autrice; sono abbastanza vicini i tempi repubblicani perché se ne serbi il ricordo o la nostalgia (vedi i circoli stoici di Mors tua), così come drammatiche vicende quali l’eccidio della Selva di Teutoburgo (in Cave canem), e persino la guerra di Spartaco (ricordata con orgoglio da uno schiavo discendente da uno dei ribelli sempre in Cave canem); Messalina fornisce pettegolezzi alle matrone e avventure erotiche ai protagonisti, mentre Seneca, la cui presenza sarebbe scomoda da gestire, è opportunamente in esilio in Corsica.
Il detective è un senatore epicureo, gaudente e buonista; gli fa da spalla Castore, prima schiavo poi liberto: scanzonato e donnaiolo, non è certo uno Watson o un Hastings, quanto piuttosto un Archie Goodwin, anche per la dipendenza che lo lega al padrone/patrono come Archie dipende da Nero Wolfe; ma il modello fondamentale è sicuramente il servus callidus plautino. Un’altra spalla è una matrona, Pomponia, straripante come mole e affetti, ma soprattutto in grado di sapere tutti i segreti di Roma, modellata, si direbbe, su Ariadne Oliver, occasionale spalla di Poirot. L’ambientazione è discretamente curata, con frequenti riferimenti ad aneddoti o citazioni che dovrebbero rassicurare il lettore, a volte un po’ scoperti e ingenui; anche le frasi celebri che forniscono i titoli non sono sempre legate strettamente alla storia (le più centrate sono In corpore sano, dato che la protagonista è una donna con ambizioni mediche, e Morituri te salutant, perché l’ambiente è quello gladiatorio). L’intrigo giallo è generalmente buono, vario, con colpi di scena inaspettati e un parco utilizzo di elementi topici: ad esempio il messaggio in punto di morte in In corpore sano (un classico di Ellery Queen) o la filastrocca corrispondente ai delitti in Cave canem (un classico di Agatha Christie).
Negli ultimi due romanzi citati c’è qualche cedimento: prolissi e un po’ ripetitivi, tendono ad accentuare la “romanizzazione”: v. ad esempio “Ho quattro annunciatori, tre salutigeruli, un paio di flabelliferi, un tonsore, cinque balneatores, due squadre di lettighieri e un esercito di cubicolari, pocillatori, cellari...” (Cui prodest?, pag. 7). Il personaggio principale non si evolve e, non essendo uno stereotipo fuori del normale come Holmes, Poirot o Wolfe, ma un essere umano con dubbi e debolezze, finisce per irrigidirsi senza sbocchi; per fortuna altri intorno a lui si evolvono, come il rigido intendente Paride che s’innamora in Spes ultima dea. Un’evoluzione curiosa è poi il fatto che in Cui prodest? il detective dilettante sia regolarmente assunto, ma dai suoi stessi schiavi che fanno una colletta per pagare i suoi servigi.
Scelera, Hobby & Work 2000
La successiva opera dell’autrice si presenta un po’ diversamente, come anche il titolo, che non è la solita frase, fa presagire. Si tratta in effetti di quattro racconti, corrispondenti a quattro delitti che avvengono durante le vacanze estive fra Baia e Capo Miseno: un racconto fa da cornice, gli altri sono indipendenti fra loro. Identici a se stessi i protagonisti, così come i pregi e i difetti dell’autrice: discrete le trame, con ben due messaggi in punto di morte (su uno s’incentra il racconto-cornice, l’altro è appena accennato) e una buona varietà di personaggi e ambientazioni; eccessivamente saccenti i riferimenti romani, accentuati da rubriche e indici, in cui inevitabilmente scappano errori (perché ripetutamente oechus con l’h? perché nell’indice kyrie è al vocativo, senza che questo risulti dalla spiegazione?). Anche certe arditezze risultano un po’ irritanti: nel racconto-cornice il detective fa prendere le impronte dei polpastrelli al presunto colpevole: scopo fondamentale è controllare la presenza di una cicatrice, però si comincia anche a notare la diversità delle impronte...
Gallia est, Hobby & Work 2001
Saturnalia, Hobby & Work 2002
La serie della giallista italiana giunta al decimo titolo acquista una veste tipografica più ambiziosa: questi due volumi sono in copertina telata con sopracoperta, e anche il prezzo ne risente. Come risulta dai due titoli (sembra ormai abbandonata la serie di frasi celebri, anche se un titolo è un’ovvia citazione) il primo libro è ambientato in Gallia, dove Aurelio deve recarsi per risolvere un delitto apparentemente legato all’ambiente druidico; il secondo durante le feste dei saturnali, in cui sono i padroni a servire gli schiavi, usanza che dà luogo ad un iniziale equivoco sull’identità di Aurelio. I due whodonit sono ben costruiti, il secondo collegato con un classico intrigo di esposizione e agnitio (ma è possibile che l’autrice abbia in mente il modello del Nicholas Nickleby di Dickens quando costruisce la scena del riconoscimento); come sempre, però, l’ambientazione è un po’ di maniera e i personaggi caricati nelle loro peculiarità: donnaiolo e scanzonato il padrone, avido e furbo il servo, straripante, curiosa e sentimentale Pomponia, serioso l’intendente (ora felicemente sposato). Appare fortemente accentuato in entrambi i libri lo scetticismo derisorio verso ogni forma religiosa, romana o straniera; nel secondo è presente una polemica sociale contro lo sfruttamento del lavoro minorile (già a partire dalla dedica Agli schiavi bambini di allora e di oggi) che risulta, a nostro parere, un po’ troppo scoperta.
Ars moriendi: indagine a Pompei, Hobby & Work, 2003 (vedi più sotto)
Olympia: indagine ai giochi ellenici, Hobby & Work 2004
Nell’anno
delle Olimpiadi di Atene (2004) la Comastri Montanari ci propone un
romanzo ambientato appunto alle Olimpiadi. Ma evidentemente si è
trovata di fronte ad un problema cronologico, in aggiunta al problema
sull’evoluzione dei personaggi già rilevata per i libri precedenti.
Perché le Olimpiadi hanno delle date: e in particolare dopo il 47 (anno
in cui sono situati i romanzi immediatamente precedenti) le prime si
svolsero nel 49. Ma scegliere queste significava andare troppo veloci,
saltare un anno, e che anno! nel 48 Claudio condanna a morte Messalina,
chiudendo così un’epoca che fa da sottofondo a tutte le storie di
Aurelio Stazio. Di fronte alla prospettiva di “sprecare” il 48
saltandolo e di avvicinarsi troppo agli anni più cupi del principato di
Claudio (gli anni di Agrippina) la Comastri sceglie il flashback: non
le Olimpiadi del 45, che ci riporterebbero ad anni già trattati, ma
addirittura quelle del 41, cioè precedenti di due anni rispetto al
primo romanzo.
Tutto questo è pura illazione: non è fatto notare da nessuna parte, nei
risvolti, nel quarto di copertina, nella dedica o nelle spiegazioni
finali che il romanzo è collocato prima di tutti gli altri:
naturalmente c’è all’inizio la data, come sempre, ma non era il caso di
rilevarlo in qualche modo? Il lettore non attentissimo comincia a
leggere senza accorgersi di nulla: c’è Stazio che gareggia alle
Olimpiadi con i cavalli di Pomponia, e data l’irremovibilità dei
personaggi potrebbe essere benissimo appena partito da Pompei. Poi si
trova che è appena diventato senatore, che Claudio è imperatore da
poco, che Castore è ancora schiavo e non liberto e ci si accorge della
cronologia. Ma è rischioso per l’autrice che i suoi libri siano in
fondo pressoché interscambiabili.
Il plot è discreto, con cambi di prospettiva e
colpi di scena interessanti, tali nel complesso da far accettare i
consueti difetti. C’è tuttavia un’eccessiva insistenza nel sottolineare
differenze di mentalità e moralità fra Greci e Romani, differenze in
realtà molto meno accentuate nell’età imperiale.
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Tenebrae, Hobby & Work 2005
Con la sua tredicesima opera la Comastri rientra nella cronologia regolare, portandosi alla primavera del 47 immediatamente successiva ai fatti di Ars Moriendi (febbraio 47), e nella collocazione logistica regolare, cioè Roma, lasciata con Saturnalia nell’inverno 46. Ritroviamo Pomponia dimentica della gamba rotta, dimentica dei nuovi affetti per cui aveva rischiato la vita pochi mesi prima e intenta all’impresa di spiare una matrona a lei odiosa che s’incontra con l’amante in una pericolante casa popolare. Forse proprio il precedente particolare della gamba rotta ha suggerito all’autrice l’idea della finestra sul cortile, il racconto cornice che vede Stazio impegnato a risolvere un omicidio a cui Pomponia, dalla sua postazione di spia, ha assistito. All’interno dell’indagine si inseriscono altri tre racconti, ambientati fuori Roma, per sostenere l’esile trama-cornice: una riunione di famiglia in cui Stazio si trova a risolvere l’omicidio di una cugina e a tenere a bada le sue sette figlie (da una di queste, cieca, trae origine il titolo dell’intera opera); un viaggio in incognito in uno dei possedimenti da cui gli sono giunte notizie inquietanti; il ricordo di un omicidio dell’anno prima che presenta vaghe analogie con quello del momento. Lasciando da parte i soliti difetti, si nota come le trame brevi reggano bene. Rileviamo però una strana caratteristica di stile: al consueto andamento svelto si alternano brani “lirici”, in linguaggio aulico, come questo che descrive il luogo amato dalla cugina cieca: a destra, chiuso tra rocce di forma bizzarra, scorreva il rivolo d’acqua alimentato dalla cisterna, gialleggiante (sic) di crochi e favagelli, e poco dopo gli arbusti si diradavano per confluire nella radura, dove una cascatella chiocciolava in una grande vasca di pietra. Il vigore selvatico di un’erba pingola, pungente sotto i polpastrelli, ne colonizzava il bordo, odoroso di umidi umori... (pag. 100).
Nemesis, Hobby & Work 2007
Ambientato sempre nel 47: un vago accenno alla continuazione dell’esilio di Seneca e i soliti generici riferimenti agli scandali di Messalina servono a ricordare la collocazione cronologica. Una misteriosa donna proveniente dal Caucaso dichiara a Stazio che ha fatto rapire Pomponia e che la farà uccidere se Stazio non s’impegna a vendicare la strage del suo villaggio, avvenuta molti anni prima ad opera di alcuni soldati romani. Diviso fra l’affetto per Pomponia, la lealtà verso Roma e il disgusto per gli inutili massacri di civili in tempo di guerra, Stazio inizia ad indagare sui soldati che avevano compiuto, diretto e ordinato l’attacco al piccolo villaggio: alcuni sono già morti, uno ha disertato ed è tuttora latitante, altri si sono variamente sistemati, uno, il più giovane, è stato l’unica vittima romana dell’incursione. Durante l’indagine avvengono alcuni omicidi, che riducono il numero dei superstiti e sembrano da attribuire alla vendicatrice. Intanto Castore e Paride, a cui Stazio non ha voluto rivelare nulla per paura di nuocere all’ostaggio, svolgono indagini e ricerche, ciascuno a suo modo, per aiutare il padrone che è chiaramente in difficoltà. La soluzione comporta diversi colpi di scena ed è ben congegnata, anche se l’idea fondamentale è presa a prestito da Chesterton e il topos del gruppo di antichi colpevoli via via ridotto è un classico.Evidenti i riferimenti polemici alle guerre del nostro tempo (in particolare l’attacco per trovare inesistenti armi nascoste). Qualche errore in mezzo alla quantità di notizie variamente fornite (Appio Claudio ha ucciso Virginia?).
Dura lex, Hobby & Work 2009
Anche il quindicesimo romanzo si svolge nel 47, data, come già si ricordava, che prelude alla drammatica svolta nelle vicende imperiali (processo di Messalina, nozze di Claudio con Agrippina, introduzione a corte di Domizio Nerone, richiamo di Seneca dall’esilio, ecc.), svolta che inevitabilmente modificherebbe l’atmosfera pigra e festosa in cui Stazio e i suoi amici vivono. Ma un anno deve pur finire. Il romanzo è comunque piacevole. Stazio si trova a doversi occupare della morte in culla di tre neonati: per una di queste è incolpata la presunta balia, difesa da una giovane esperta di legge, Statilia, cui è però è proibito perorare la causa in tribunale. Stazio decide quindi di aiutarla nella preparazione della causa e sostituirla nell’arringa. Riuscirà a salvare l’imputata e nel contempo a risolvere gli altri due infanticidi, con soluzioni ben congegnate. Costanti i personaggi di contorno: Pomponia sempre straripante e pronta ad assumersi ogni genere di derelitti; Castore e gli schiavi viziati ma a modo loro fedeli; senatori burberi o accomodanti, amanti vecchie e nuove. Qualche piccola civetteria: il cuoco di Pomponia si chiama Anatolio come il più famoso cuoco di Wodehouse, l’ex amante è congedata con la frase finale di Rhett Butler (nella classica traduzione italiana). Qualche errore nel testo o negli indici: ad esempio Iro è il mendicante vinto da Odisseo, non Odisseo stesso travestito; e la contesa per le armi di Achille si svolge nel corso della guerra, non dopo la conquista di Troia (quindi le benemerenze di Odisseo nell’ideazione del cavallo non c’entrano).
Pubblicato negli Omnibus Mondadori, il libro che segna il ritorno della Comastri Montanari è ambientato ad Alessandria d’Egitto (luogo che condivide con Pompei la frequenza di presenze nella giallistica antica). L’epoca è imprecisata, giacché manca l’usuale indicazione della data: l’accenno a Messalina e una sorta di riepilogo più volte ripreso delle vicende precedenti indicano che siamo ancora nel 47. Stazio è inviato da Claudio in Egitto per effettuare controlli su possibili fughe di notizie relative sia ai convogli di grano sia alle macchine da guerra; inoltre è incaricato di colloqui diplomatici con l’inviato segreto dei Parti, che si cela dietro l’ambasceria ufficiale.
Aiutato da un segretario ebreo, che lo pone a contatto con la travagliata comunità ebraica di Alessandria (ma l’ambasceria di Filone, più volte citata, è precedente, non presso Claudio ma presso Caligola), Stazio si muove nel mondo dei culti più strani, dei conflitti fra bande giovanili (tipo: fascisti contro peace and love), dei bordelli (dove ha luogo un’improbabile agnitio), del Museo, dei giochi politici; naturalmente non manca un’avventura amorosa, bizzarra e drammatica. Il libro si fa leggere, abbastanza piacevolmente.
Dobbiamo rilevare che il riferimento al greco è meglio evitarlo. Prostituta in greco è πόρνη (pòrne), non πορνή (porné); plurale, se proprio si vuole, πόρναι. Καλὸς κἀγαθός non significa “il bello è buono” (come da testo e da lessico finale), ma “bello e buono”, cioè le due metà e i due aspetti della perfezione.
Pallida mors, Mondadori, 2013
Con una citazione da Orazio la
Comastri riprende le fila della storia di Aurelio Stazio dalla fine del
libro precedente: ormai è inutile aspettarci una data, è sempre il 47,
o per lo meno la coppia imperiale Claudio-Messalina è inamovibile. Un
riepilogo delle avventure precedenti in ordine sparso e un lungo elenco
di donne note o ignote serve da connessione. Per il resto non cambia
niente: un vago accenno a Paride che si è recato da Giunone Lucina fa
supporre che la love story dell’intendente esista ancora; Castore è
naturalmente sempre uguale, eccessivo e strabordante, le ancelle sempre
sexy e disponibili. Solo Pomponia, le cui vicende pregresse non
lasciano tracce, è in una situazione di cambiamento: soffre di crisi
depressiva e la necessità di curarla è pretesto per introdurre
fattucchiere, indovini e guaritori, nonché per decidere di creare a
Roma un ospedale stabile, con tanto di lifting.
La detection parte dal casuale
ritrovamento di una cadavere trafitto da chiodi nel colombario di
un’antica famiglia etrusca. Stazio viene subito a sapere che la
matriarca della famiglia è appena morta,
e sospetta una connessione. Tollerato dal capofamiglia,
nipote ed erede della defunta, che spera un appoggio in senato per il
figlio adolescente, Stazio si introduce nella complessa vicenda
familiare: due fratelli o forse fratellastri, una donna fidanzata col
primo e sposata al secondo, una cugina povera e bizzarra, due ragazzi
inquieti, un patrimonio di origine oscure, un prozio forse eroe o forse
truffatore. La soluzione si compie in una rocambolesca lotta ai bordi
di una cascata e si completa con Stazio nel ruolo di pronubo e di
saggio mentore. La vicenda conclusiva vanifica il legame iniziale e
lascia un po’ sconcertati.
Qualche appunto linguistico: ad esempio l’uso di tale a nel senso di simile a, almeno inusuale.
Va bene, rinunciamo a che gli anni passino!
Siamo sempre in un “quinquennium Claudianum” in cui succede di tutto. In compenso qui la storia penetra a ritroso, con un riferimento ai seguaci di Agrippina Maggiore perseguitati o fatti sparire al tempo di Tiberio: in particolare un’intera famiglia, genitori, figlio maggiore e neonato, scomparsi durante una fuga sui monti. La vicenda, coi suoi traditori e i suoi lontani segreti, fa da sfondo ad un assassino seriale che sembra prendere di mira le donne amate da Stazio, lasciando sul cadavere citazioni omeriche legate alle occasioni degli incontri amorosi. Stazio finisce per essere cacciato dal senato e a rischio di arresto: d’accordo con Castore si traveste e inizia indagini in incognito. Riesce a distinguere fra diversi colpevoli (una vicenda slegata da quella principale dà origine al titolo) e, in base ad un indizio piuttosto fragile, a scoprire l’omicida seriale rivelandone la vera identità.
Un buon romanzo, con qualche saccenteria perdonabile.
Ludus in fabula, Mondadori, 2017
La Comastri Montanari esce col suo diciannovesimo libro, sempre ambientato (questa volta esplicitamente) nel 47, anno evidentemente di assassinii a ripetizione! Benché il protagonista ostenti di sentirsi invecchiato, e si accenni al fatto che l’intendente Paride è sposato, l’insieme di personaggi è statico, tanto che neppure risulta chiaro che il segretario Castore non è schiavo ma liberto: vedi diverse minacce da parte del padrone del tutto assurde per un dipendente libero, ma tipiche del servus callidus della commedia plautina. E’ sempre più evidente cioè che ogni libro è una commedia a sé, non parte di una storia con un contesto ed un’evoluzione. Può essere una scelta, certo, e può anche piacere: però i gialli anglosassoni con le grandi famiglie e gli intrighi politici…
Lo spunto del romanzo è attraente: una sorta di caccia al tesoro con indizi sparsi per Roma, il ludus del titolo. Però questo avrebbe potuto trasformare il romanzo in una storia corale, con molti protagonisti sguinzagliati per la città a cercare i nuovi indizi; in realtà la diffusione del ludus è solo accennata, e i contendenti si riducono a Pomponia e alla sua rivale Domitilla, connessa con la famiglia dei Suri su cui s’incentra la storia.
Storia che ha uno sviluppo molto lento, allungata da elementi di colore (usi e costumi, miti, leggende varie, ecc.) più numerosi degli ultimi libri. Dopo varie morti e qualche approccio amoroso Stazio arriva all’individuazione del colpevole e alla scoperta dell’identità di un simillimus la cui comparsa l’ha turbato: come nel libro precedente si tratta di un tentativo di dare spessore al personaggio, cercando di evitare la staticità di cui si è detto, ma la mancanza di evoluzione cronologica rende un po’ artificioso l’espediente.
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a. La serie di M. Didius Falco:
The Silver Pigs, 1989, trad. it. Le miniere dell’imperatore, Il Giallo Mondadori 1994 – NET 2002 (il primo),
Shadows in Bronze,
1990,
trad. it.
Misteri imperiali, Il
Giallo Mondadori 1994 – NET 2002 (il secondo)
Venus
in Copper, 1991, trad.it.
La Venere di rame, Tropea 2001-NET 2005 (il terzo)
The
Iron Hand of Mars, 1992,
trad. it. La mano di ferro, Tropea 2002 - NET 2006
(il quarto)
Poseidon’s Gold, 1992 / 2013, trad. it. L'oro di Posidone, Tropea 2003 (il quinto)
Last Act in Palmyra,
1994, trad. it. Ultimo atto a Palmira, Tropea 2004
(il sesto)
Time to depart, 1995 / 2013, trad.it. Fuga o morte, Tropea 2005 (il settimo)
A Dying light in
Corduba,
1996,
trad. it. Notte a Corduba, Tropea 2006 (l’ottavo)
Three Hands in the Fountain,
1997, trad. it.
Tre mani nella fontana,
Tropea 2007 (il nono)
Two for the Lions 1998, trad. it. In pasto ai leoni, Tropea 2008 (il decimo)
One Virgin too many, 1999/2009, trad. it. Una vergine di troppo, Tropea 2010 (l’undicesimo)
Ode to a Banker, 2000 (il dodicesimo), trad. it. Ode per un banchiere, Tropea 2011
A Body in the
The Jupiter Myth, 2002(il quattordicesimo)
The Accusers, 2003 (il quindicesimo)
Scandal Takes a Holiday, 2004 (il sedicesimo)
See Delphi and Die, 2005 (il diciassettesimo)
Saturnalia, 2007 (il diciottesimo)
Alexandria, 2009 (il diciannovesimo)
Nemesis, 2010
(il ventesimo)
La scrittrice inglese ha pubblicato venti romanzi con lo stesso protagonista, l’investigatore/informatore politico M. Didius Falco, tutti ambientati nel decennio dell’impero di Vespasiano con cui il protagonista ha un rapporto di lavoro e stima, mentre più difficile è il rapporto coi due figli, Tito e soprattutto Domiziano.
Alcuni romanzi costituiscono delle miniserie: la prima che ha un metallo nel titolo, e l’altra che ha un numero nel titolo. I titoli seriali sono del resto un’abitudine del giallo anglosassone: vedi ad esempio i primi romanzi di Ellery Queen, il cui titolo comprende un aggettivo geografico; ma evidentemente appartengono alle fasi iniziali della produzione di un giallista. Peraltro fra le due miniserie ci sono tre romanzi non marcati, Last Act in Palmyra, Time to Depart, e A Dying Light in Corduba. I titoli seriali cessano del tutto da Ode to a Banker.
Nel primo romanzo la tradizione poliziesca prevale nettamente sull’interesse per l’antichità, che fa da sfondo e pretesto. Il protagonista è modellato su decine di investigatori della giallistica americana (anche italiana, ormai). Basta leggere come descrive il suo ufficio: “Il mio ufficio consisteva in due stanze al sesto piano di un edificio umido dove i muri erano costituiti soprattutto da una secolare sporcizia e dai cadaveri di numerose cimici” (Le miniere dell’imperatore, trad. it., p. 8: è possibile che anche il cognomen Falco sia un omaggio al falcone maltese?). Il plot è serrato, secondo i ritmi americani. Successivamente vi è un mutamento notevole: già il secondo è molto lungo e prolisso (notiamo che l’edizione italiana ha fatto dei tagli qua e là, probabilmente condizionata dal numero fisso di pagine, ha accorpato capitoli ed eliminato la divisione in parti con titoli specifici: ne risulta una falsa impressione di stringatezza). Inoltre inizia in questo secondo romanzo la tendenza a illustrare luoghi in una sorta di percorso turistico: qui siamo in Campania, Napoli, Pompei, Ercolano, Pozzuoli, Oplontis…; inizia anche la tendenza a coinvolgere parte della numerosa famiglia di Falco. Il plot, incentrato su congiure ai danni di Vespasiano e dell’impero, ha come Leitmotiv il rapporto di Falco con Helena (già iniziato nel primo romanzo), complicato dall’incertezza sulla morte del primo marito.
Il terzo (Venus in Copper) raggiunge una buona compattezza e un equilibrio fra amore, momenti drammatici e aspetti umoristici. Helena ha avuto un aborto che l’ha resa incerta e inquieta sul futuro del rapporto con Falco, ancora quasi clandestino; Falco vorrebbe che andassero ad abitare insieme, pur non potendo sposarsi per la differenza sociale, e a questo scopo affitta un appartamento che sembra in migliore stato e accetta un incarico al di fuori degli impegni imperiali: le cognate di un ricchissimo liberto, imprenditore edile e implicato in altri traffici, lo assumono per indagare sulla fidanzata, una giovane donna già vedova di tre mariti morti in situazioni dubbie. L’indagine si svolge nell’ambiente degli speculatori edilizi e in quello degli allevatori di animali da circo e pone Falco a contatto con varie (quattro!) donne di grande fascino (senza però che vi ceda). La morte del liberto per avvelenamento, seguito dalla morte del suo cuoco, non interrompe l’indagine, anche perché lo stesso Falco diviene vittima della speculazione edilizia ed è quindi direttamente implicato. La soluzione è complessa e vede diversi colpevoli, nessuno dei quali arriverà in tribunale anche se per tutti ci sarà un avvertimento e un cambiamento. La storia con Helena diviene definitiva ed è accettata come tale dalla famiglia di Falco e, a malincuore, dai genitori di lei.
Una famosa satira di Giovenale offre uno spunto umoristico per una festa familiare, a cui partecipa lo stesso Tito Cesare.
Il quarto (The Iron Hand of Mars) è ispirato sia agli Annales sia alle Storie di Tacito: con notevole informazione storica e geografica, l’autrice conduce Falco attraverso la Gallia fino alla Germania romana e, oltre il Reno, alla Germania libera. L’incarico avuto da Vespasiano, oltre alla consegna di una pesante statua di ferro (la “mano” del titolo), riguarda la pacificazione della Germania attraverso il ritrovamento di un legato rapito, di un capo ribelle e di una profetessa, personaggi storici liberamente rivisitati. Con Falco si trovano Helena fuggita dal corteggiamento di Tito, una nipotina intraprendente, un barbiere in cerca di folclore e il fratello minore di Helena, Quinto Giustino, molto più capace di quanto la giovane età e l’apparente ingenuità farebbe pensare: un bel personaggio e un bel plot.
Il quinto ed ultimo con un metallo nel titolo (Poseidon's Gold) inizia con l’albero genealogico della famiglia di Falco da parte di padre e di madre. Si capisce quindi fin dal principio che la vicenda di Marcus Didius Falco ed Helena, di ritorno dalla Germania, si incentra su vicende familiari. Falco vorrebbe sposare Helena, ma per farlo deve procurarsi il denaro necessario per entrare nell’ordine equestre, altrimenti non potrebbe sposare la figlia di un senatore. D’altra parte la famiglia della donna sta cercando il denaro per far entrare in senato i due figli maschi, quindi non può essere d’aiuto. Altrettanto la famiglia della madre di Falco, piccoli proprietari terrieri con pochi soldi e molti nipoti. Ci sarebbe il padre di Falco, Favonio Gemino, ricco mercante di antichità e banditore d’aste, ma da quando ha abbandonato la famiglia per una “rossa” i rapporti sono virtualmente recisi. Stanziati provvisoriamente a casa della madre di Falco, dato che hanno trovato il loro modestissimo appartamento devastato, i due protagonisti vengono coinvolti in un problema che ha origine nel fratello di Falco, Marcus Didius Festus, morto nella guerra giudaica ormai da tre anni. Osserviamo di passaggio che non potrebbe chiamarsi anch’egli Marcus: i nomi propri non sono condivisi fra fratelli (uno dei pochi errori dell’autrice)! Un suo commilitone, di passaggio a Roma, pretende la restituzione del denaro che ha messo in un’impresa di esportazione di statue e oggetti preziosi organizzata da Festus: litiga con Falco nel bar vicino e il giorno dopo è scoperto assassinato con un coltello che proviene dalla cucina di famiglia. Falco si trova ad affrontare una serie di problemi oltre a quello di procurarsi il denaro per sposarsi: un’accusa di omicidio, il desiderio della madre di salvare la memoria del figlio morto da eroe, la questione della o delle statue importate, forse naufragate o forse no, forse legittimamente pretese da committenti che usano metodi terroristici o forse no. Inevitabilmente è costretto a operare insieme al padre, coinvolto nei traffici del figlio maggiore. Alla fine di un plot che ha momenti divertenti e una buona informazione l’assassinio è risolto in modo inatteso, il rapporto padre-figlio diviene meno critico (anche per la scoperta che la “rossa” è un’anziana signora grigia), la memoria di Festus in qualche modo avvalorata dai prigionieri giudei che stanno costruendo il Colosseo, i soldi recuperati: ma l’intervento di Domiziano impedisce di farne uso per il passaggio di classe. Tuttavia Helena considera il loro un matrimonio già adeguato.
Il sesto libro, fuori dalle serie (Last Act in Palmyra), molto lungo, quasi 500 pagine di grande formato, insiste più sul contesto che sulla detection: c’è il tema del viaggio, il gusto per i luoghi esotici, il tema del teatro sia come descrizione realistica sia come metafora. Ne risulta un’opera che, come quelle della Doody, è qualcosa di diverso rispetto ad un giallo, pur rispettandone gli elementi fondamentali (whodonit, colpi di scena, riconoscimenti).
Settimo, Time to depart, uno dei più belli della serie. E’ nuovamente preceduto dall’albero genealogico di Falco, peraltro non aggiornato: mancano nomi rilevanti, specie della famiglia di Galla. Ma è chiaro che il tema familiare ha un posto notevole, dalla gravidanza di Helena, che crea dubbi, imbarazzo ed equivoci, al pranzo presso la sua nobile famiglia, in cui ricompare il fratello Quinto e si conosce Aulo, l’altro fratello altezzoso e ostile, ai traffici loschi del padre di Falco, alla scomparsa della figlia di Galla Tertulla, che vede riuniti per la ricerca e presentati dall’autrice i mariti delle sorelle di Falco e diversi nipotini, alla scoperta di un trovatello che sarà accolto da una delle coppie, fino alla festa nuziale di una bizzarra coppia di maturi sposi a cui partecipano attivamente tutti quanti. La vicenda familiare è inserita, a volte anche drammaticamente, nella caccia ad un boss della malavita che dovrebbe essere andato in esilio per evitare la condanna a morte (è il senso del titolo): una serie di colpi straordinari e diversi omicidi di persone coinvolte nel processo del boss fanno pensare o al sorgere di un nuovo capo o al ritorno del precedente; si fa strada il sospetto di corruzione e spie nel corpo dei Vigili (per l’occasione abbiamo una vasta presentazione del sistema poliziesco romano); Falco, incaricato di indagare, rischia di rompere con l’amico Petronio, offeso dei sospetti. Una grandiosa lotta di tutti contro tutti in un bordello risolve, con qualche amarezza, molti dei nodi, fino al colpo di scena delle ultime pagine: ma attenzione all’elenco dei personaggi.
L’ottavo (A Dying Light in Corduba), anch’esso come il sesto eccedente i limiti del romanzo d’azione, è ambientato in Spagna, dove Falco, insieme alla quasi-moglie Helena che attende il figlio, deve indagare nell’ambiente dei produttori d’olio: l’indagine, partita da un omicidio e un tentato omicidio fra gli informatori politici, segue diverse piste, porta a nuovi omicidi e a diversi colpi di scena. Ma il Leitmotiv è la futura paternità, che si compie nelle ultime pagine con un parto travagliato e glorioso.
Con Three hands in the Fountain (1997) inizia la miniserie “numerica”.
Benché il primo macabro ritrovamento avvenga in effetti in una fontana, e altri nel Tevere o nella Cloaca Massima, il luogo più importante, anzi il vero protagonista del romanzo, è l’acquedotto, descritto minutamente e appassionatamente. Si potrebbe anzi dire che esiste un tema per aficionados della grande edilizia idrica romana: si vedano Pompeii di R. Harris, Los arcos del agua di M.Barderi e per i ragazzi Die Spur fuhrt zum Aquadukt di F.Lenk, alle cui recensioni si rimanda. Il tema comporta l’introduzione del personaggio storico Giulio Frontino, autore dell’opera De aquae ductu urbis Romae ma qui exconsole incaricato dell’indagine sui resti umani in collaborazione con Falco e Petronio: un bel personaggio. Il plot s’intreccia con le vicende personali di Petronio, lasciato dalla moglie e sospeso dal lavoro per la sua relazione con la figlia del boss della malavita di Time to depart, la cui famiglia è variamente coinvolta nella vicenda, e con le vicende amorose dei fratelli di Helena. Libro interessante, con buone scene ad effetto e un buon colpo di scena finale; ma molto lungo e a tratti un po’ noioso.Two
for the Lions (1998) è il decimo libro della
serie, e il secondo della miniserie “numerica”. In questo il numero del
titolo è assolutamente inutile e richiede un certo sforzo per capire
che cosa c’entri (la traduzione italiana l’ha eliminato). La storia in
sé è molto prolissa, piuttosto monotona soprattutto nella prima
lunghissima parte, con un plot complicato e alla fin fine poco
credibile nei moventi. Tuttavia è interessante l’ambientazione, nella
prima parte a Roma fra i lanistae, le cui rivalità
e i cui intrighi sono collegati abilmente sia ai controlli fiscali di
Vespasiano (73 d.C.), sia ai progetti del nuovo anfiteatro; nelle altre
due parti in Nordafrica (Cirenaica e Tripolitania), ricreata con lo
stesso gusto dell’esotico e la stessa credibilità dimostrata per
l’oriente in Last Act in Palmyra (si veda in
particolare la ricerca del silphium). Le vicende
familiari di Didius Falco s’intrecciano con la storia, anche
tragicamente, e comprendono varie svolte le cui conseguenze
risulteranno nei libri successivi.
In uno dei capitoli
intermedi, quasi a chiusura della prima parte, la Davis cede al vezzo
diffusissimo nei giallisti di polemizzare con i topoi
del proprio genere letterario, dimenticando forse volutamente che l’io
narrante, lo stesso protagonista, non aveva certo dimestichezza con
esso.
One Virgin too many
(undicesimo) e Ode to a Banker
(dodicesimo) sono
ambientati a Roma, dove Falco e Helena vivono in un appartamentino con
la figlia in attesa di trasferirsi in una casa affidata a costruttori
disonesti e quindi destinata a non essere mai terminata (ritroveremo
gli stessi costruttori nel romanzo successivo, ma in Britannia). Come
contorno, le vicende della multiforme famiglia di entrambi, e in
particolare della sorella più giovane di Falco, Maia, rimasta vedova e
assediata da due corteggiatori. Nel primo, che chiude la miniserie
numerica, si ha anzi una specie di riassunto delle puntate precedenti,
per cui alla famiglia di Falco e a quella di Helena è dedicato molto
spazio, forse anche troppo per l’economia del romanzo. L’ambientazione
è quella del sacerdozio romano, Flamini, Vestali e oscuri incarichi
come il controllo delle oche capitoline e dei polli sacri: un ambito
presentato come retrivo, ridicolo e soffocante, con conseguenze
devianti sulle persone coinvolte. Il plot è incentrato su una di quelle
famiglie maledette care ai romanzi vittoriani della Perry, con
un’affannosa ricerca finale dell’unica persona sana, un’industriosa e
solitaria bambina. Il secondo, uno dei più belli della serie, inizia
con una pubblica lettura di poesie a cui partecipa Falco, che a tempo
perso è un aspirante poeta. In seguito Falco viene avvicinato da un
rappresentante editoriale, che gli propone di pubblicare le sue opere:
così Falco entra a contatto col mondo dell’editoria, un quadro
piuttosto divertente per chi ha qualche esperienza (in genere negativa)
in questo campo – ma naturalmente l’autrice precisa che il suo editore
e i suoi colleghi scrittori sono molto diversi! L’editore viene
assassinato e i vigili assumono Falco come consulente per l’indagine.
Questa si svolge sia nell’ambito familiare del morto, sia nell’ambito
dell’editoria, sia in quello bancario, dove l’editore aveva in realtà i
principali interessi (anche il banchiere della scrittrice è
naturalmente del tutto diverso). Al termine si ha una tipica scena da
whodonit inglese (una scena da Poirot): tutti i sospetti
sono radunati nella casa del morto, dove il detective dipana l’intera
vicenda e giunge all’accusa finale. Una piccola civetteria la battuta
finale di Helena (Tomorrow is another day, cui Falco
risponde Sounds like some daft girl in a romance, trying to
console herself): si perdona solo perché Helena risulta
lettrice accanita di romanzi d’amore e avventure.
A
Body in the Bath House e
The Jupiter Myth (numeri
13 e 14) sono ambientati in Britannia e sono la
continuazione immediata l’uno dell’altro: prendendo spunto da
ritrovamenti archeologici recenti l’autrice si getta entusiasticamente
in uno dei topoi prediletti della giallistica
inglese (si veda la serie sulla Britannia): i rapporti romano-britanni.
Poiché il lettore italiano è meno nazionalisticamente coinvolto, i
libri risultano i meno attraenti della serie, complicati, poco
credibili e ripetitivi.
Con The Accusers
(15)
si torna a Roma: nella vicenda hanno
ruoli fondamentali due personaggi storici, Silio Italico e Paccio
Africano. La scelta del mondo giudiziario, cinico e corrotto,
richiama il primo Saylor e ancor più i romanzi di Grisham. Anche questo
romanzo, pure molto lungo, può piacere meno dei primi a chi ama un
giallo rapido e incentrato sulla detection, di più invece a chi ama una
storia dai risvolti complessi. L’ambientazione antica è comunque
pienamente giustificata.
Piuttosto discutibile quanto a credibilità il sedicesimo, Scandal takes a Holiday, incentrato su una complessa vicenda di pirateria. E’ ambientato ad Ostia, dove l’intera famiglia di Falco si reca per salutare il cognato Aulo che parte per Atene a studiare legge: da notare che le vicende personali, amorose e professionali dei fratelli di Helena hanno nei romanzi continue svolte, per un certo tempo sono anche aiuto-detective, l’ingresso in senato va a rilento, la rivalità matrimoniale li divide.
Nel diciassettesimo (See Delphi and Die) un gruppo di familiari parte per la Grecia per visitare il giovane studente e per indagare su uno, o forse due, casi di omicidio da lui segnalati e avvenuti in giri turistici organizzati da una losca agenzia. Le indagini portano Falco e i suoi da Olimpia a Corinto, a Delfi, a Lebadia, ad Atene, mentre si aggiungono altre morti. L’opera è disarmonica e, a nostro parere, poco riuscita, poiché si tratta di una mescolanza di: 1. topos del piccolo gruppo costretto a stare insieme da cause esterne e funestato da successive morti (il topos dei dieci piccoli indiani); 2. civetterie quali My name is Falco, Didius Falco; 3. apparentemente scanzonata ma in realtà pesantissima e inutile descrizione dei siti turistici e della loro storia (del resto già il titolo, costruito ovviamente su “vedi Napoli e poi muori” fa il verso al turismo); 4. demitizzazione insistita e al fondo piuttosto sgradevole della religione greca; si aggiunge anche un episodio in cui compaiono i cristiani, noiosi e appiccicosi sul tipo dei Testimoni di Geova. A proposito dei punti 3. e 4., constatiamo la negativa influenza che l’ambientazione greca esercita sui giallisti, portati a puntualizzare, razionalizzare, ecc., come se fossero in soggezione (l’ambientazione in Germania, oriente o Africa di opere precedenti era molto più gradevole). Aggiungiamo che il colpevole è sospettabilissimo, per cui non c’è praticamente suspense. Di positivo rileviamo la caratterizzazione di molti personaggi minori e, per quanto sia del tutto assurdo, il colpo di scena finale, che dà ragione dei lunghi racconti mitologici disseminati abilmente qua e là.
Il diciottesimo (Saturnalia) è collocato immediatamente dopo il ritorno della famiglia dalla Grecia (tranne il cognato studente), ma idealmente si riallaccia alle vicende germaniche di The Iron Hand of Mars. Falco è incaricato di ricercare una prigioniera germanica fuggita dalla casa dove era custodita: si tratta di un personaggio storico, la sacerdotessa Velleda, già figura di rilievo nel libro citato dove faceva innamorare di sé il giovane Quinto e salvava la vita alla guarnigione romana. La ricerca della fuggiasca si mescola con l’indagine per un omicidio avvenuto nella stessa casa della sua prigionia e con la scoperta di un serial killer che uccide vagabondi e barboni. Nonostante qualche lungaggine, la mescolanza di trame è interessante, qualche scena d’insieme divertente, buone le soluzioni e l’ambientazione, nel complesso uno dei libri migliori della serie.
Può darsi che nella mia lettura di
Alexandria (19) abbia avuto un ruolo non piccolo il fatto di aver partecipato ad un convegno nella nuova Biblioteca di Alessandria d’Egitto. In ogni caso il romanzo mi è piaciuto molto, uno dei più gradevoli della serie.L’occasione è di nuovo legata al cognato studente, che ha lasciato Atene e si è trasferito ad Alessandria. Falco e la sua famiglia, moglie incinta, figliolette e figlia adottiva, decidono di approfittare dell’occasione per un viaggio in Egitto a vedere il Faro e le piramidi (di passaggio anche i resti del colosso di Rodi, per allargare il numero delle meraviglie del mondo visitate); Falco ha anche una sorta di incarico ufficiale da Vespasiano, di cui si parla continuamente ma la cui effettiva esistenza e consistenza risulta solo molto tardi. Ad Alessandria sono ospitati dal losco zio Fulvius (già protagonista di Scandal Takes a Holiday) che vive di oscuri traffici col compagno Cassius e lo stesso padre di Falco (scritto e pronunciato localmente Phalco: una chicca).
Subito avviene un coinvolgimento col personale della Biblioteca, del Museion e della Biblioteca secondaria del Serapeion: prima una morte col topos della camera chiusa, poi altre due morti, una forse naturale l’altra forse accidentale. Falco è incaricato dal Prefetto di indagare e trova due piste: la successione alla carica di Direttore e la sparizione di una parte del patrimonio di testi. Sviluppo avventuroso (anche troppo, visto che comprende l’assalto di un coccodrillo), buoni colpi di scena, personaggi vecchi e nuovi ben delineati; il contesto culturale ha ampio spazio, ma non pesante o pedante: ho apprezzato come l’autrice snobba la visita alle piramidi, un passaggio obbligato delle agenzie turistiche. Interessante, per una parte della detection, l’intervento di Erone d’Alessandria, perché si ha una contaminazione fra il detective inventato in contesto storico e il personaggio storico che funge da detective, in questo caso ben inserito nell’ambientazione: dato che la collocazione cronologica di Erone è molto vaga, può essere accettata la sua esistenza in quest’epoca. Alcune obiezioni: qualche lungaggine quando Falco lamenta la scelta del suo mestiere e i trascorsi della famiglia d’origine e qualche nota di colore di troppo (ma sembrano entrambe dovute all’intento di protrarre la suspense); sconcertante l’indicazione di Callimaco come direttore della Biblioteca (è fin troppo risaputo che non lo è stato!). Inoltre il cognato di Falco, che è figlio di un senatore, dovrebbe conoscere Plinio come uomo politico, amico personale di Vespasiano e (all’epoca o appena più tardi) comandante della flotta al capo Miseno, mentre, trovandone il nome nel carteggio di un frequentatore della Biblioteca, ne parla come di un vecchio studioso sconosciuto.
Particolarmente drammatico, il
ventesimo, Nemesis, inizia con la morte di
Geminus, il padre di Falco, e del piccolo neonato, prosegue con una
famiglia di serial killer e termina con una vendetta che conclude
definitivamente un lungo ambiguo rapporto. Il titolo allude a questo,
con una scelta decisamente abusata (c’erano già un romanzo della
Christie e un romanzo della Comastri con lo stesso titolo).
Appare evidente che siamo alla fine di una serie. La morte di Geminus
rimette insieme tutta la famiglia e permette di riepilogare parentele,
sorelle e cognati, nipoti vari: un ruolo gioca anche Marcia, una
ragazzina sveglia figlia (presunta) del fratello morto in guerra e
responsabile in passato di aver inghiottito le ricevute di una vittoria
sportiva. I fratelli di Helena sono entrambi sposati e si preparano ad
entrare in senato, anche se si coinvolgono ancora nelle indagini. Si
preannuncia una prole (anche questa presunta) di Geminus e di Thalia,
bizzarra circense rivista nel viaggio ad Alessandria ma già nota al
lettore di Venus in Copper: fino
alla fine la questione è se si tratterà di un maschio o di una femmina,
con notevoli differenze patrimoniali. Infatti l’eredità di Geminus è
molto ingente: un’altra questione dibattuta in tutto il romanzo è
pertanto se Falco continuerà a fare il detective o sostituirà
totalmente il padre nel suo lavoro di gestore di una casa di aste; al
momento sembra che l’interesse per il vecchio lavoro prevalga, ma è
lasciata aperta la possibilità contraria. D’altra parte assume un ruolo
sempre crescente la figlia adottiva diciassettenne, Flavia Alba: molto
spazio è dato ai suoi amori delusi (in particolare con Aulo, il
fratello di Helena – quello antipatico - che ha amoreggiato con lei ma
poi arriva con una moglie), alla sua crisi d’identità per l’infanzia
travagliata e le origini ignote, alla sua curiosità per il lavoro del
padre. Alla fine decide di abitare per conto proprio e di diventare lei
stessa detective: e si apre una nuova storia.
Un buon libro (un’ottima fine, si direbbe), che alterna momenti di
grande tensione e tristezza a passaggi decisamente umoristici. Il gusto
per le descrizioni paesaggistiche, tipico dell’autrice, si esercita
questa volta sulle paludi Pontine, con esiti di un certo fascino.
The Ides of April, 2013
Preceduto da una sorta di manuale
per riepilogare le vicende della famiglia (Falco: The
official companion), è uscito il primo libro della serie
spin-off rispetto alla precedente. Sono passati 12 anni ricchi di
eventi: l’impero è arrivato a Domiziano, con il suo carico di violenze;
Falco, anche per l’antica inimicizia con l’imperatore, si è ritirato
dalla detection e si occupa solo della casa d’aste; anche Petronio è in
pensione. I cognati sono in senato, la famiglia è aumentata per
l’aggiunta del dodicenne Postumus, fratellastro/figlio adottivo di
Falco, sgradevole e ostile. Va detto tuttavia che l’intera famiglia, a
parte appunto Postumus e Iunillo, figlio adottivo di una delle zie e,
nonostante l’handicap (è sordo), gestore molto sveglio del bar
ereditato, è assolutamente dietro le quinte: colpisce che papà, mamma,
sorelle, nonni, zii, cugini, siano solo vagamente nominati, ogni tanto
intravisti, quasi affidati alla memoria del lettore. Flavia Albia,
ormai adulta, abita da sola nella vecchia casa di Falco e svolge il
lavoro di investigatrice: tuttavia, data la situazione romana,
l’autrice è costretta a fornirle uno status di
donna sposata: si allude quindi ad un breve matrimonio, che dovrebbe
essere avvenuto subito dopo Nemesis e terminato
con un incidente mortale dello sposo. Il nome del marito è Lentullo: si
presume che si tratti del personaggio già noto, un giovane simpatico ma
un po’ sciocco, anche se non risultava alcun sintomo d’amore fra i due
e una storia fra loro sembra abbastanza incongrua.
Il romanzo è vivace e si fa leggere, ma è un po’ troppo concentrato
sulla protagonista e sui suoi rapporti con due uomini che lavorano
negli uffici degli edili: un archivista affascinante e un factotum
scontroso. Questo rende molto prevedibili i colpi di scena finali,
lasciando in secondo piano le fragilissime motivazioni del serial
killer che uccide con un ago (non lo diremmo, se su entrambe le
copertine, fronte e retro, non apparisse un ago insanguinato).
Enemies at home, 2014
Secondo libro della nuova serie, posto cronologicamente a breve distanza dal primo. L’edile già conosciuto nel primo libro incarica Flavia Albia di investigare sull’assassinio di due maturi sposini, strangolati in casa dopo la festa nuziale nonostante la presenza di un gruppo si schiavi. Secondo la legge romana, gli schiavi in caso di assassinio sono ritenuti colpevoli o del fatto stesso o di omissione d’intervento: pertanto gli schiavi di casa sono fuggiti cercando la protezione di un tempio e portando su un carro il portiere rimasto gravemente ferito. L’unica schiava restata in casa era in avanzata gravidanza e partorisce poco dopo. Scopo dell’incarico assegnato ad Albia è cercare altri possibili colpevoli, in modo da salvare gli schiavi.
L’indagine comporta una ricerca del bottino (è sparita l’argenteria usata nella festa), interrogatori degli schiavi con risposte sempre diverse (dormivano, cenavano tutti insieme, comunque non hanno sentito nulla), indagini sui coinquilini fra cui il liberto che funge da maggiordomo, pericolose incursioni nel mondo della malavita. Frattanto muore il portiere ferito, uno degli zii di Albia viene assalito dalla gang sospettata, e anche il maggiordomo è assassinato.
Mentre si precisano sempre più le dinamiche interne nella familia, il maturo sposo, la nuova moglie, gli schiavi di entrambi, l’ex moglie con i figli già adulti, il liberto con moglie, figli e schiavetto, Albia vive una lovestory iniziale, prudente e ancora in divenire. A poco a poco si svelano colpevoli e complicità, con una certa amarezza che esclude il lieto fine.
Il titolo già indica il Leitmotiv del romanzo, cioè il posto degli schiavi nella casa romana: nonostante l’autrice corra il rischio di insistenze anacronistiche, riesce a salvarsi sia rifacendosi all’esperienza infantile della protagonista, sia alludendo al pensiero di autori pagani (Seneca in particolare) sia soprattutto costruendo con realismo i personaggi.
I protagonisti sono simpatici, soprattutto l’innamorato. Della famiglia di Albia si dice poco: lo zio Aulo è al terzo divorzio (così impara a illudere la nipotina), Camillo Giustino ha sei figli dalla moglie spagnola nonostante i rapporti sempre incerti fra loro, due dei nipoti sono morti tragicamente, uno nell’eruzione del Vesuvio –non poteva mancare!- l’altro in un incendio che ha distrutto la raccolta di oggetti d’arte della famiglia: i due fatti appena accennati come eventi del passato servono a dimostrare ad uno schiavetto l’importanza degli affetti familiari. Ma certo far sparire così due vecchi personaggi è un po’ strano.
Deadly Election, 2015
Nel terzo libro della serie Flavia Albia, dopo una vacanza di convalescenza in famiglia, torna a Roma ed è coinvolta in una macabra scoperta fatta al deposito di beni per aste che il padre ha ereditato e che gestisce un anziano banditore: in una cassapanca c’è un cadavere sconosciuto e in condizioni così disperate che viene rapidamente cremato. La cassa fa parte di un lotto che la famiglia dei Callisti intende vendere, ma il rapporto stesso dei tre maschi della famiglia, due fratelli e un cugino, con l’oggetto appare subito ambiguo, tanto più che il capofamiglia risulta nel frattempo scomparso e il trafficante che svolge compiti vari per la famiglia è poco dopo trovato anch’egli cadavere nella stessa cassapanca. Un legame unisce questa vicenda con l’altro compito richiesto a Flavia: uno dei Callisti era stato candidato all’edilità e per lui, ora dimissionario, erano state fatte tante spese da richiedere l’asta dei beni; fra gli altri candidati ancora in lizza c’è un amico di Tiberio Manlio Fausto, che incarica Flavia di fare indagini sui rivali. A poco a poco emerge la figura centrale dell’intera vicenda, una matriarca le cui figlie sono o sono state sposate con diversi protagonisti delle due storie: l’indagine giunge al compimento con un processo familiare.
Leitmotiv del romanzo è comunque la vicenda d’amore, che procede lentamente fino a realizzarsi: finalmente, si direbbe, e attendiamo un matrimonio, che certo renderebbe un po’ difficile il lavoro autonomo di detective per una matrona. Nel frattempo l’autrice ha deciso che doveva comunicarci qualcosa di più del pregresso, sia sul primo marito di Flavia sia su alcuni altri parenti bruscamente spariti di scena. Peraltro la famiglia principale è opportunamente al mare.
Qualche appunto: in un complesso in genere molto informato e corretto stupisce un Domitianus adoranda est (fra l’altro in un contesto in cui si parla di regole grammaticali, a meno che l’errore non sia voluto!). E una volta per tutte diciamo che disturba la forma Camillus family o Callistus family, con una concordanza che andrebbe ripensata.
The
Graveyard of the Hesperides, 2016
La storia gialla ha a che fare con sei cadaveri (o forse più?) scoperti nel cortile di un bar che l’impresa messa su dal fidanzato di Flavia sta ristrutturando: la sposina s’incarica delle indagini. Veniamo a sapere tutto sui bar (interessante almeno l’editto di Domiziano che proibisce la vendita di carni cotte), sui diversi tipi di prostituzione, sulla vendita di granaglie e legumi, sui tipi di marmi per il banco, in attesa di scoprire l’identità delle vittime e degli assassini.
Plot fragilino, scrittura lentissima con troppe digressioni.
Il personaggio di Flavia, dai ricordi d’infanzia sempre ricorrenti, non riesce
ad essere attraente, quello del fidanzato si è decisamente perso per strada.
Simpatiche le due sorelle e qualche personaggio minore.
The Third Nero, 2017
Il giorno delle nozze di Flavia Albia un fulmine ha colpito lo sposo: il quinto romanzo inizia con la sposa che bene o male è entrata a casa dello sposo completando il rito, ma si trova con un marito stordito e confuso. Un espediente? Avevamo previsto che il matrimonio avrebbe provocato necessariamente dei problemi all’autrice: far muovere liberamente una matrona per Roma, con un incarico professionale, per di più con un marito impegnato in politica, era decisamente a rischio di credibilità. Il rischio è parzialmente aggirato: lo sposo resta in casa, dà consigli senza forzare troppo, si dispiace delle troppe assenze e dei pericoli della sposa senza voler / poter intervenire più che tanto. Ma non è una situazione che può durare; e al di là del permesso del marito, la possibilità di una donna di aggirarsi nei palazzi e nelle caserme, di partecipare a intrighi politici uscendone indenne ci pare esca dai limiti della verosimiglianza, seppure di una fiction.
La trama: dopo la morte di Nerone spuntano diversi truffatori che si spacciano per l’imperatore redivivo; in particolare i Parti sostengono la candidatura di uno di questi pretendenti, il terzo (o il quarto?). L’indagine di Albia, all’inizio rivolta a ricercare la colpevolezza di due governatori di provincia, s’indirizza poi all’interno stesso del palazzo, in cerca di una talpa che mira a rovesciare Domiziano.
Gli aspetti positivi di questa poco credibile trama sono il recupero di due simpatici membri della famiglia di Falco, Marius figlio della sorella Maia e Marcia figlia (presunta) del fratello morto in guerra; inoltre la capacità sempre sorprendente della Davis di creare scene corali, qui con carri, muli, catafratti, arcieri, soldati, portantine e un rovinoso elefante. Piuttosto ovvia la scoperta della talpa, abbastanza inattesa quella dell’ultimo falso Nerone.
Pandora's boy, 2018
Sesto libro della serie di Flavia Albia. La Davis si destreggia con una certa fatica a proposito dell’inconsueto lavoro di investigatrice di Albia e del rapporto col marito: in altre serie la donna è collaboratrice, qui dovrebbe essere la protagonista, col marito come aiutante: ci riesce solo la serie televisiva di Bones!
Comunque inizialmente l’incarico affidato ad Albia sembra adatto ad una donna: scoprire se una ragazzina morta nel sonno ha preso una pozione magica; e con un esile pretesto il marito è fuori causa per una parte della storia. Ma dopo una serie di indagini fra le famiglie e i giovani della Roma-bene Albia si trova coinvolta nella faida fra due gruppi di gangster già incontrati nella serie Falco (Time to depart): ci va di mezzo un amico del padre e al termine dell'indagine principale (che finisce quasi in niente) viene ucciso un giovane di una delle due gangs.
Tutto l'insieme resta poco credibile: il rapporto coi gangster, il rapporto colle forze dell'ordine (i vigili e una specie di Gman), la modalità d'intervento del marito, la tipica scena con tutti i sospetti riuniti (chi glielo fa fare di intervenire? ne è capace solo Poirot). L'atmosfera dell'impero di Domiziano è ribadita come oppressiva, ma sembra che tutti ci vivano benissimo, per cui manca il contesto politico.
Insomma molto discutibile. Restano personaggi simpatici,
fra cui i due che finiranno ammazzati e tutto sommato il marito.
Capitol Death, 2019
Domiziano sta per tornare da una spedizione contro Daci e Chatti, su cui afferma di aver riportato grandi vittorie. Pertanto si prepara un grandioso trionfo, al cui allestimento collaborano moltissime persone, con gli inevitabili litigi. Una mattina uno degli organizzatori, responsabile dei trasporti, viene trovato morto ai piedi della rupe Tarpea: parrebbe un suicidio, ma una testimone dichiara di averlo visto gettare giù. Dato che Campidoglio e Rocca sono entrambi interessati alle fasi del trionfo, l’urgenza di risolvere l’omicidio porta all’affidamento del caso agli edili, e da questi ad Albia su proposta dell’edile suo marito. Intanto si aggiunge un’altra morte, di un augure precipitato anch’egli dalla rupe.
Come già detto molte volte, il compito di Albia è assolutamente incredibile nella società romana: ancora più incredibile, soprattutto al confronto con le avventure dei detective maschi di altre serie, il fatto che si aggiri nei luoghi più malfamati a qualunque ora senza che sia picchiata, ferita o peggio. L’esilissimo motivo, l’esperienza infantile di monella di strada che le dà particolari capacità, non è sufficiente.
E’ merito della Davis l’aver costruito una storia interessante, ricca di bei personaggi e in un contesto vivace e attraente, su queste basi. Il libro piace, la soluzione convince; il marito, per lo più ridotto a un ruolo marginale, si riscatta alla fine.
The Grove of the Caesars, 2020
E’ terminato da poco il trionfo di Domiziano, si raccolgono i resti e si riorganizza la vita in attesa dei Saturnali. L’impresa edile di Tiberio ha l’incarico di abbattere una grotta rocciosa ormai in disuso che fa parte del Nemus Caesarum , il sito all’interno dei giardini cesariani dedicato ai nipoti di Augusto. Ma di nuovo opportunamente Tiberio è fatto uscire di scena dall’autrice, perché la moglie abbia libertà di movimento, che una matrona romana difficilmente avrebbe (ne abbiamo ormai parlato più volte come del grosso limite della serie): questa volta il marito si reca a Fidenae dalla sorella morente e vi resta per assistere la zia e i nipotini. Così Albia rimane in carica a sorvegliare i lavori, oltre a gestire una casa che è diventata complicata: l’ultima aggiunta sono due ragazzini abituati ad ammiccamenti e danze oscene, regalo ambiguo dell’imperatore agli zii senatori di Albia e rifilati rapidamente a lei dalle zie scandalizzate.
Durante una festa di compleanno nei giardini di Cesare la moglie del festeggiato viene violentata e strangolata. La stessa sera i due ragazzini, che insieme allo staff di Tiberio hanno assistito alla festa, scompaiono. L’indagine è assunta dai vigili, con la scomoda aggiunta di un sovrintendente ambizioso, ma i familiari della donna chiedono anche ad Albia di occuparsene. Frattanto emergono nuovi fatti: da decenni molte donne sono state violate, uccise e sepolte nei giardini, senza che si sia fatta una vera e propria indagine, anche perché molte, seppure non tutte, erano prostitute. L’indagine dei vigili e di Albia, spesso in collaborazione, va indietro nel tempo, ricerca i pochi nomi dati ai resti, le famiglie di alcune vittime, e s’incentra su frequentatori abituali dei giardini.
Il ritrovamento dei ragazzini, uno morto e l’altro traumatizzato, non fa fare molti passi avanti sull’identità del serial killer, ma pone il problema della salvezza del testimone.
Parallelamente alla storia principale se ne inserisce un’altra: la scoperta nella grotta da smantellare di materiale scrittorio sepolto, che contiene testi di autori greci sconosciuti, filosofi, un botanico, una poetessa. Albia quindi indaga sul mondo delle biblioteche, dei librai e degli scrivani, scoprendo una realtà di bibliomani fanatici e di falsificatori, anche grazie all’attività paterna di banditore d’aste.
Plot complesso, con vari percorsi che s’inseriscono e rallentano la storia principale, certo appositamente. Nell’insieme risulta molto interessante nei vari aspetti anche laterali, con personaggi ben delineati e la ricomparsa di alcuni membri della famiglia (in particolare la cugina Marcia, ma anche altri). La soluzione dei due percorsi è abbastanza ovvia, anche se abilmente condotta.
Alla fine il sospirato ritorno del marito (fino alla prossima scusa per non farlo comparire) accompagnato da due nipotini orfani destinati ad accrescere il numero di figli adottivi tipici dei libri gialli.
III. 3. Steven Saylor, la serie di Gordiano:
Roman blood. A mystery of
ancient Rome,
1991 (tr. it. Sangue su Roma, ed. Nord, 2007, Tea
2008)
Arms of Nemesis, 1992 (tr. it. Lo
schiavo di Roma, Nord 2008, Tea 2009)
Catilina’s Riddle, 1993 (tr. it. L’enigma di Catilina, Nord 2009, Tea 2010)
The Venus Throw, 1995 (tr. it. Delitto sul
Palatino, Nord 2010)
A murder on the Appian Way, 1996 (tr. it. Omicidio
sulla via Appia, Nord 2011)
The house of the Vestals (racconti raccolti nel 1997)
Rubicon, 1999
Last seen in Massilia, 2000
L’autore è uno scrittore americano molto apprezzato in patria e tradotto in varie lingue, da poco anche in italiano. Protagonista e io narrante è un detective privato, Gordiano (nome di vari imperatori, ma un po’ improbabile come nomen gentilizio di età repubblicana: una delle non molte gaffes storiche), che nel primo libro risulta svolgere indagini per conto di avvocati. L’inizio del romanzo è lento e prolisso, tanto che l’autore sembra stenti a scegliersi un modello: un ampio esempio di procedimento deduttivo, teso a sbalordire il cliente, richiama un po’ troppo scopertamente Sherlock Holmes; lunghe pagine dedicate a Roma (motivo ricorrente più volte anche in seguito) hanno come archetipo le pagine sulla città nei romanzi dell’87° distretto di Ed McBain (così pure qualche topos del prosieguo della serie: il parente muto, la nascita dei gemelli); personaggi come il giovane Rufo, altero e disperato, sembrano modellati su tipi di Dickson Carr; il ruolo di Gordiano richiama quello di Paul Drake nei romanzi su Perry Mason o dell’oscuro signor Goby in alcuni romanzi con Poirot; l’iniziale risveglio dall’ubriachezza è tipico di molte storie di detectives. Ma superato l’avvio un po’ faticoso, l’opera è di grande interesse e presa sul lettore. La caratterizzazione di maniera è ridotta al minimo: al suo posto c’è uno spunto molto originale, cioè la storia del processo di Sesto Roscio Amerino, cui è dedicata la prima orazione di Cicerone che possediamo. Gordiano deve indagare su questa accusa di parricidio nata nel contesto delle proscrizioni sillane e in cui sono coinvolti a sostegno dell’imputato personaggi illustri della nobilitas come i Messalla e i Metelli, mentre colpevoli o complici risultano seguaci e sostenitori di Silla. Seguendo come fonte l’orazione ciceroniana, oltre alle vite di Cicerone e Silla plutarchee, l’autore crea un romanzo con personaggi credibili e complessi, in cui storia e fiction si mescolano con equilibrio (qualche libertà storica nell’età, condizione e rapporti di parentela di Messalla Rufo e Cecilia Metella). Al termine del processo seguono una serie di colpi di scena che Saylor giustifica nella postfazione, richiamandosi ad un passo del De Officiis che naturalmente non sveliamo. Diciamo soltanto che l’attività di detection del protagonista, che si svolge nei preparativi del processo coerentemente coi dati dell’ orazione, e ne è quindi un po’ condizionata, ha la possibilità nella parte finale di esplicarsi con qualche virtuosismo (vedi l’uso del piccolo indizio).
Nelle opere successive si conferma l’abilità dell’autore, che inserisce il suo personaggio nei grandi fatti dell’ultimo secolo della repubblica (la rivolta di Spartaco, la congiura di Catilina, le vicende relative alla Pro Coelio, l’uccisione di Clodio, la guerra civile), mescolando storia e invenzione in modo credibile e creando ogni volta uno spazio di detection. Il personaggio invecchia e si evolve: si sposa, ha figli e nipoti anch’essi variamente coinvolti nelle storie. I modelli si ampliano; alcuni sono esplicitamente citati dall’autore (oltre al puntuale riferimento alle fonti), altri sono riconoscibili: oltre ai già indicati (nuovamente, in un romanzo che non sveliamo, ricorre il tema del Murder of Roger Ackroyd), non si può non ritrovare nell’ampio affresco di fantastoria al passato il gusto per la fantastoria al futuro di I. Asimov, insieme alla sua straordinaria capacità di raccontare e ad alcuni personaggi: l’elusivo Tirone, che attraversa tutta la serie, ha tratti simili a R. Daneel Olivaw.
A mist of prophecies, 2002
Ambientato nel 48 a.C. e incentrato quindi sulla battaglia di
Farsalo, il romanzo si svolge però a Roma, in un’atmosfera di angoscia
e attesa: con un’idea particolarmente efficace, è costruito intorno
alle donne dei protagonisti, Terenzia moglie di Cicerone, la figlia
Tullia, La Vestale Fabia sua sorella, Antonia allora moglie di
Marc’Antonio, la sua amante Citeride, Fulvia vedova di Clodio e di
Curione, Fausta figlia di Silla e moglie di Milone, la moglie di Cesare
Calpurnia e Clodia. Legata in vario modo a tutte loro è una
giovane attrice e presunta profetessa, di cui per la prima volta
Gordiano si innamora, allontanandosi dalla tenace fedeltà alla moglie.
Lo scioglimento dell’intrigo, incentrato sulla morte della ragazza,
giunge contemporaneamente con l’annuncio della vittoria di Cesare:
Gordiano, uscito dal suo breve sogno con la responsabilità di un nuovo
figlio adottivo, parte per l’Egitto con la moglie, egiziana d’origine e
malata di nostalgia oltre che di gelosia forse inconsapevole, seguendo
quasi senza volerlo la via di Cesare.
The judgement of Caesar, giugno 2004
Gordiano si reca in Egitto, come era preannunciato alla fine del
romanzo precedente, dove la moglie intende bagnarsi nelle acque del
Nilo e pregare gli dèi dei misteri isiaci. Ma Gordiano porta con sé di
nascosto anche le ceneri di Cassandra, la giovane brevemente amata, per
gettarle nel Nilo. Il duplice pellegrinaggio, con le vicende ambigue
che ne derivano, inserisce il romanzo in un’atmosfera misticheggiante
piuttosto insolita. Nel frattempo si svolgono i fatti storici noti:
l’arrivo e l’uccisione di Pompeo, l’arrivo di Cesare, la rivalità fra i
due sposi-fratelli Tolomei, il trionfo di Cleopatra e l’attesa del
piccolo Cesarione. Gordiano e i suoi compagni, il nuovo figlio adottivo
e due piccoli schiavi da tempo inseriti in famiglia quasi come figli
anch’essi, sono coinvolti in tutte queste vicende, secondo una serie di
coincidenze e scelte umorali dei protagonisti storici che risultano un
po’ forzate. Data la situazione, anche lo spazio di detection è
limitato e strettamente connesso con gli eventi principali: Gordiano
deve salvare dall’accusa di aver attentato alla vita di Cesare il
proprio figlio Meto, con cui si riconcilia dopo una lunga
incomprensione.
Come si sarà capito, manca in questo libro il gioco astuto del
precedente, in cui l’evento fondamentale (la battaglia di Farsalo) era
visto come di striscio. Attendiamo il ritorno a Roma: si prospettano
intrighi familiari (Meto, fervente cesariano, è adesso in crisi col suo
protettore, il fratellastro Eco è inserito in vicende politiche per ora
appena accennate); speriamo di ritrovare l’interessante personaggio di
Cicerone e soprattutto Tirone, scomparsi ormai da tre libri; speriamo
soprattutto che Gordiano e/o i figli non siano fra gli uccisori di
Cesare, anzi non assistano neppure all’uccisione.
A gladiator dies only once, 2005
Torna Saylor con una seconda raccolta di racconti, tutti precedenti
cronologicamente le vicende degli ultimi libri. Non risulta nella
gerenza se i racconti sono inediti: nella postfazione l’autore indica
come già edito solo il racconto Death by Eros,
pubblicato nel 1998 in una raccolta in onore di Ellis Peters. Ma in
realtà vari racconti, fra cui quello del titolo, erano già compresi in
raccolte di racconti tipo Mammoth (ne ho letti io
stessa tre), quindi l’editrice non è corretta nelle indicazioni.
Saylor è sempre un eccellente narratore, anche se i racconti, rispetto
ai romanzi, sono meno inseriti nel tempo e meno partecipati (come tutti
i flash back, peraltro). Inoltre nei racconti campeggia la figura di un
ricco amico e patrono di Gordiano, Lucio Claudio, che muore nell’ultimo
di questa serie (di morte naturale!), mentre non risulta così presente
nei romanzi cronologicamente corrispondenti.
The Triumph of Caesar, 2008
Siamo nel 46, alla vigilia dei trionfi che Cesare intende
celebrare per festeggiare le campagne di Gallia, d’Egitto, d’Asia e
d’Africa. Con una scelta indovinata, Saylor riutilizza la schema di A
Mist of Prophecies: un centro narrativo a cui tutto fa
riferimento. In questo caso è la preoccupazione di Calpurnia che teme
un attentato contro Cesare: Gordiano, che dopo il ritorno dall’Egitto
si è ritirato a vita privata, viene sollecitato dalla donna ad indagare
su tutti i possibili nemici del marito; benché riluttante a rientrare
nel giro della detection, accetta soprattutto per scoprire gli
assassini di un vecchio amico, che l’ha preceduto nell’indagine. Questo
lo porta a incontrare o reincontrare Cicerone e Antonio, Fulvia e Azia,
Ottavio e Aulo Irzio, Cleopatra e il piccolo Cesarione, più i
prigionieri destinati a sfilare nel trionfo come Vercingetorige e
Arsinoe e altri. Dopo la descrizione un po’ prolissa dei quattro
trionfi (inevitabile, e con alcuni tentativi di variare) si arriva alla
soluzione finale piuttosto ingegnosa, legata ad un’innovazione “civile”
di Cesare. Gordiano è coadiuvato ultimamente dalla figlia Diana: è
curioso notare come anche Saylor finisca per soggiacere alla tendenza
comune di affiancare al detective un’aiutante femminile, pur non
potendo usare a questo scopo il personaggio della moglie Bethesda.
L’epilogo si svolge nel settembre 45, quando la famiglia si riunisce
per il ritorno dalla Spagna di Meto. Mancano solo pochi mesi alle Idi
di marzo: Saylor non parla più né delle oscure attività politiche di
Eco (ormai praticamente inesistente come personaggio), né dell’ostilità
di Meto verso Cesare. Staremo a vedere.
The seven Wonders, 2012
Di nuovo Saylor delude chi si aspettava la prosecuzione della storia, e la morte di Cesare. Evidentemente un plot troppo difficile da sistemare, specie dopo gli spunti appena accennati sulla posizione politica di Eco e Metone (i due figli adottivi di Gordiano). Quindi abbiamo al posto un prequel: la storia del giovane Gordiano fra il 92 e il 90, cioè dieci anni prima di Roman Blood. Il romanzo è stato preceduto dalla pubblicazione di molta parte dei capitoli in diverse riviste di giallistica e fantasy: perciò si inizia a leggere pensando ad un collage messo insieme con un racconto cornice, e per di più una cornice archeologico-turistica. In realtà il romanzo funziona. Si parte dal diciottesimo compleanno del protagonista, festeggiato col padre, anch’egli detective, e l’anziano maestro, il poeta Antipatro di Sidone. Questi ha deciso di fingersi morto, per cui viene organizzato un grandioso funerale alla presenza di Lutazio Catulo, del cui circolo preneoterico Antipatro fu guida e modello: Antipatro vi partecipa travestito da arcimimo, imitando se stesso. Precisiamo che di Antipatro non si sa più nulla dopo il 100, quindi nel 92 presumibilmente era già morto: qui è comunque presentato come molto anziano. Dopo il funerale, maestro (sotto falso nome) e discepolo partono per un Grand Tour: visitare le sette meraviglie del mondo. Va tutto a merito di Saylor il non rendere pesante l’aspetto turistico, che naturalmente non può mancare. Ma tappa dopo tappa il viaggio diventa un percorso d’iniziazione per il ragazzo: culturale, professionale (diversi misteri e delitti scoperti) e amoroso. Nel frattempo giungono da Roma notizie allarmanti: lo scoppio della guerra sociale e la minaccia di Mitridate. Soprattutto quest’ultima emerge sempre di più, fino a giungere al colpo di scena finale, drammatico e inquietante. Rimasto solo ad Alessandria, in attesa di tornare in Italia dove la guerra sociale impedisce il rientro, Gordiano incontra e compera un giovane schiava: ma questo, come dice l’autore, è un nuovo capitolo che inizia.
Nessuna delusione: è un bel libro.
Raiders of the Nile, 2014
Sequel del
prequel, questo romanzo è più che altro un divertissement:
nella postfazione l’autore dice di volere "a nice vacation
from the endless litigation of Cicero (peraltro sparito da
molto dai suoi libri) and the relentless warfare of Caesar".
La “vacanza” si ispira ai romanzi greci, in particolare alle Storie
etiopiche di Eliodoro ma in genere alle trame ripetitive di
amore e peripezie tipiche del genere letterario. E nonostante alcuni
riferimenti colti a Posidonio, Strabone e Luciano, la storia è solo una
bizzarra fantasmagoria di scambi di persone, figli illegittimi,
rapimenti, pirati, leoni e coccodrilli, poco credibile e alla fin fine
noiosa (come i romanzi greci, appunto).
Rimpiangiamo il Saylor di
Cicerone e Cesare, gli intrighi politici, la posizione ambigua dei
figli di Gordiano tutta da decifrare, il Gordiano adulto, la Bethesda
adulta, il come va a finire. E’ un po’ come se invece dei Deathly
Hallows la Rowling avesse inventato le avventure giovanili
dei genitori di Hermione o dei nonni di Neville.
Wrath of the Furies, 2015
Terzo libro del prequel, ambientato nell’88 a.C.: è chiaro che la serie piace all’autore, e ci stanno ancora parecchi romanzi prima di riallacciarsi cronologicamente a Sangue romano. In questo si ritorna comunque al giallo storico. La data è quella del massacro di romani voluto da Mitridate in tutte le città sotto il suo dominio, e su quella drammatica vicenda è costruita tutta la storia. Gordiano riceve una pagina di diario da Antipatro, il suo antico maestro da tempo fuggito al seguito di Mitridate: si trova ad Efeso, è in pericolo, e sembra desiderare aiuto. Decide quindi di partire, nonostante i rischi che gli vengono prospettati e le notizie di fughe dei romani residenti ad Efeso verso Rodi, ancora libera dal potere del re del Ponto. Poiché però deve farsi passare per greco di Alessandria e il suo accento lo tradirebbe, si finge muto e porta Bethesda come interprete: così ha anche una scusa per il viaggio ad Efeso, dove c’è il santuario di Artemide a cui chiedere la guarigione. Ma ad Efeso viene portato a corte: la regina ha l’incarico di trovare un uomo muto per la partecipazione ad un rito in onore delle Furie, dove verrà immolata una vergine: Mitridate intende infatti propiziarsi le dee prima di effettuare il genocidio dei romani. Mentre si prepara il sacrificio, un piccolo gruppo eterogeneo di congiurati cerca di organizzare il boicottaggio del rito: benché però il tentativo riesca, Mitridate non ferma il suo progetto e tutti i romani ad Efeso e nelle altre città vengono linciati.
Gordiano riesce a fuggire con Bethesda, la ragazza salvata (sorella di una sua antica amante) e pochi altri, mentre Antipatro, che era fuggito con loro, muore prima di imbarcarsi e riscatta i suoi errori riuscendo a mettere in salvo un sopravvissuto alla strage.
Il plot è molto macchinoso e un po’ fragile, con un gusto eccessivo per l’horror (anche nelle pagine del diario di Antipatro intercalate al racconto, peraltro troppo lunghe). Qualche colpo di scena e alcuni personaggi interessanti, soprattutto il misterioso ebreo.
Due osservazioni: la presenza di Bethesda è superflua, salvo per il fragile pretesto, ed è curiosa l’analogia coi romanzi di Colton, in cui il protagonista deve fingersi muto e dipendere dallo schiavo (ma lì ben presto uno pseudo-miracolo interrompe la faticosa finzione); la descrizione delle tendopoli di profughi e di supplici risente evidentemente delle tragiche vicende attuali.
The Throne of Caesar, 2018
Finalmente, dopo dieci anni di attesa, esce il nuovo libro di Saylor con le vicende di Gordiano adulto. L’autore nella nota finale spiega che trovava difficile ambientare una vicenda gialla intorno all’assassinio di Cesare, i cui responsabili sono noti; ha poi deciso di utilizzare un episodio riferito dagli antichi con qualche incertezza e ripreso da Shakespeare: l’uccisione del poeta Cinna scambiato per l’omonimo cesaricida.
Così Cinna diviene il protagonista, e con lui le vicende mitiche trattate dall’epillio Zmyrna e da un’altra presunta opera perduta: Saylor costruisce una complessa vicenda, che coinvolge le matrone romane, in particolare Fulvia ma anche moglie e figlia di Gordiano, con una componente di fiction credibile. Meno credibile è il fatto che Gordiano venga fatto senatore da Cesare: condizione essenziale (dal punto di vista del plot) perché sia presente al cesaricidio che si svolge nella sede del senato, ma proprio per questo poco accettabile, anche perché Gordiano è appena divenuto eques grazie al munifico dono di Calpurnia.
Il legame con il resto della serie è continuamente presente: l’inizio richiama esplicitamente il primo romanzo (con la ricomparsa di Tirone e Cicerone), altri episodi, sia della serie adulta sia di quella giovanile, sono ricordati variamente. Ma certi aspetti sono lasciati cadere: Eco (di cui ricordiamo accenni di manovre politiche) vive in Campania con la famiglia, insieme a personaggi scomodi e irrisolti come l’ultimo fratello adottivo e i due schiavetti; del dissenso di Meto con Cesare non c’è traccia, anzi il legame omoerotico, sempre presente fra le righe, diviene molto più evidente, fino ad essere oggetto di derisione. La fine si riallaccia al principio perché Gordiano inizia a dettare le sue memorie alla figlia, segno presumibile che la serie è finita.
Leggibile e apprezzabile comunque. Un’ultima osservazione: nella nota finale l’autore lancia un indovinello, che non ho risolto. Lo rilancio a lettori più attenti.
III. 4. J. Maddox Roberts, La serie SPQR
The
King’s Gambit, 1990
Il detective (ufficiale, data la sua posizione) è pure lui simpatico e
volonteroso, così come i personaggi minori, in particolare gli schiavi
salvati dalla sua indagine che lo salvano a loro volta portandolo in
una specie di corteo trionfale/scorta di gorilla fino ad Ostia.
Discreto il plot giallo, non troppo pesante e saccente il complesso dei
riferimenti.
The Catiline Conspiracy (II), 1991
Anno 63 a.C. Decio Metello è diventato questore, il primo gradino della carriera politica: ma, essendo solo un trascurabile membro di una familia troppo estesa (così estesa, aggiungiamo, che si possono aggiungere membri inesistenti), ha uno degli incarichi minori, la sistemazione del bottino di guerra di Lucullo nell’antico tempio di Saturno. La casuale scoperta di un cadavere, unita al ritrovamento nel tempio di un arsenale nascosto evidentemente a scopo rivoluzionario, suscita il suo interesse: così ottiene dal pretore Metello Celere il permesso di investigare. Questo particolare è importante nei gialli: il detective di turno o ha una veste ufficiale, o fa l’investigatore di mestiere, o è un dilettante in qualche modo accreditato, cosa ogni volta difficile da giustificare. Con l’aggiungersi di altre morti, Decio è costretto a coinvolgersi nella congiura di Catilina, utilizzando anche trucchi rocamboleschi per essere convincente; del coivolgimento fa parte anche una storia d’amore con la figliastra di Catilina, dall’ambigua personalità. Naturalmente la conclusione non può che seguire la realtà storica, per cui risulta un po’ una anticlimax, con una piccola sorpresa finale. Discreti i personaggi minori.
The Sacrilege (III), 1992
Sempre
rincorrendosi con Saylor, ma anticipandone gli episodi storici, Maddox
Roberts incentra questo romanzo sul sacrilegio di Clodio, intervenuto
travestito da donna alla sacra cerimonia cui potevano accedere soltanto
le matrone. Decio Metello è nuovamente interpellato (oltre che dal
padre, divenuto censore) dal parente Metello Celere, ora aspirante al
consolato, che gli richiede di investigare in forma semiufficiale (né
il protagonista ha alcun mandato, né lo ha Celere, che non è ancora
console) sul sacrilegio di Clodio, con
lo scopo di lasciar fuori da ogni responsabilità Clodia (moglie di
Celere) e di liberarsi di Clodio, cognato scomodo per Celere e nemico
giurato del protagonista. Segue anche qui una serie di eventi che hanno
come protagonisti gli stessi già citati nel primo libro, più Cicerone,
Ortensio, i due figli di Silla Fausto e Fausta e Fulvia fidanzata di
Clodio. Fra i personaggi d’invenzione Giulia, nipote di Cesare e
innamorata del protagonista, che aiuta nella sua indagine: è destinata
dunque a entrare nella tipologia delle mogli collaboratrici, quali
Helena della serie Falco, Perilla della serie Corvinus
e, al di fuori del mondo antico, Tuppence della Christie e
Charlotte Pitt di Anne Perry.
Il plot, giocato sul tema del travestimento e dei
simillimi, appartiene più alla fantastoria che al whodonit.
La conclusione, analoga a quella del primo libro, con la fuga da Roma
del protagonista, risulta un po’ ripetitiva; il protagonista stesso,
nel suo ruolo di uomo politico alle prime armi e senza la libertà del
detective di mestiere, è molto scialbo e poco credibile. Qui gli è
affiancato uno schiavo, Hermes, che sembrerebbe destinato al ruolo di
aiutante sul tipo del servus callidus.
The temple of the Muses (IV), 1992
Decius è inviato ad Alessandria al seguito di un altro parente, Cecilio
Metello Cretico, ambasciatore di Roma presso il re Tolemeo. Poco dopo
giunge ad Alessandria anche un gruppo di nobili romane, fra cui la
fidanzata Giulia e Fausta, la figlia di Silla ora fidanzata con Milone.
La vita all’ambasciata è tranquilla e scioperata, ma la colta Giulia
(una delle fidanzate/compagne/mogli più intellettuali dei loro uomini,
tipo la Perilla di Wishart) spinge Decio a conoscere l’ambiente del
Museo e della Biblioteca, e la più estrosa Fausta a partecipare alla
celebrazione di un nuovo culto, che promette la manifestazione del dio.
Mentre il nuovo culto riempie Decio di disgusto e diffidenza, il tempio
delle Muse lo colpisce, nonostante il suo consueto scetticismo: fino
all’ultimo questa solenne impressione sarà uno dei motivi delle azioni
spesso avventate del protagonista.
Il plot inizia con l’assassinio di uno studioso di fisica e ingegneria,
seguace delle idee di Archimede; ne segue un’indagine che mette in luce
un complotto politico/militare ai danni sia dell’Egitto sia di Roma.
Come sempre, la storia non può essere modificata più che tanto dalla
fiction, per cui il principale colpevole ne esce quasi indenne, mentre
Decio è allontanato dall’Egitto poco cerimoniosamente.
Si potrebbe rilevare un eccesso di presentazione turistica, ma il plot
tiene, i personaggi sono simpatici (un po’ scialbo il servo Hermes),
c’è un discreto umorismo e in fondo anche la presentazione turistica è
interessante e non troppo posticcia.
Qualche appunto: al quarto romanzo della serie qualcuno ha avvertito
l’autore che Decius non è un prenome, ma un nomen
gentilizio. Così è costretto a inserire un sogno avuto dal nonno del
protagonista in cui i Dioscuri chiedevano di usare questo prenome:
totalmente assurdo, anche perché i Decii non saranno stati molto
d’accordo. Inoltre: Callimaco non è mai stato direttore della
Biblioteca; il glossario confonde parole latine singolari, plurali e
parole inglesi. La cartina di Roma è del tutto inutile, mentre una
cartina di Alessandria e dintorni sarebbe stata utilissima.
Saturnalia (V), 1999
Il quinto romanzo della serie si colloca alla fine del 61 a.C. Decius è richiamato a Roma dalla famiglia per indagare sulla morte di Metello Celere, nella speranza che possa attribuirla ad avvelenamento da parte della moglie Clodia: un processo contro Clodia, infatti, intralcerebbe la carriera politica di Clodio, che si accinge a divenire tribuno della plebe per l’anno successivo. Lo stesso Clodio, però, fa in modo d’incontrare Decius e gli commissiona la medesima indagine con lo scopo di dimostrare l’innocenza della sorella: fra l’amichevole e il minaccioso propone una tregua alla loro inimicizia per la durata dell’indagine.
Mentre si preparano grandi eventi, il tribunato di Clodio con l’esilio di Cicerone, il proconsolato di Cesare in Gallia, lo sviluppo degli accordi del triunvirato, Decius incontra diversi personaggi del mondo politico e del misterioso ambito di avvelenatrici, streghe e adepte ad antichi culti prelatini. Scopre altre morti irrisolte e rischia più volte di essere ucciso da sicari di origine ignota.
Nella grandiosa baldoria dei Saturnalia si muove con l’aiuto della fidanzata, desiderosa di partecipare ma controllata dalla matriarca dei Giulii, fino a giungere ad una soluzione definitiva e a decidere da sé la punizione del colpevole.
Il plot è gradevole, Saturnali e antichi riti sono presentati in modo suggestivo. Decisamente eccessiva la presentazione storica nella parte iniziale, svolta col trasparente espediente di un colloquio con un ambasciatore. Le parole latine nel testo e nel glossario sono confusissime, sarebbe bene evitarle del tutto e mettere solo la forma inglese.
Nobody loves a centurion (VI), 2001
Nell’anno 696 di Roma il protagonista partecipa come tribuno alla campagna di Gallia di Cesare: partecipa, in realtà, a malincuore, come passaggio obbligato (dalla famiglia) per la carriera politica, con tutta l’ingenuità dell’ufficialetto deriso dagli uomini di guerra. Subito s’inimica il centurione primipilo, accusandolo di persecuzione nei confronti dei sottoposti: si attira così l’irritazione di Cesare, già in grande tensione per il mancato arrivo delle legioni di rinforzo, che gli permetterebbero di iniziare la guerra contro gli Elvezi. Quando il centurione viene trovato ucciso in un laghetto fuori dall’accampamento, Decio è incaricato di trovare il colpevole: se non lo troverà prima del rientro di Cesare, in partenza per recuperare le legioni, saranno giustiziati alcuni soldati della centuria del morto; nel frattempo sono affidati a Decio i suoi beni, fra cui due schiavi, un losco nano e un’affascinante e misteriosa ragazza germana. Poco tempo dopo vengono trovati uccisi tre Druidi, secondo una modalità che fa sospettare i Germani di Ariovisto. Metello, accompagnato da Hermes, esce dall’accampamento per indagare; dopo varie disavventure, riesce a tornare in tempo per salvare i soldati accusati, fornendo una prima soluzione dell’intrigo, cui seguirà quella vera. Il protagonista, un misto fra ingenuità, impaccio, bontà d’animo e cinismo, risulta simpatico: curiosa la sua scoperta che Cesare, un tempo pigro e ignorante, è in realtà deciso e uno straordinario scrittore. Un po’ convenzionale la presentazione di Galli e Germani, con qualche saccenteria di troppo.
The tribune’s curse (VII), 2003
Anno 699 di Roma. Metello ha lasciato la Gallia per sposarsi (con la nipote di Cesare) e per porre la candidatura ad edile. Roma è in agitazione per i preparativi di Crasso, governatore di Siria con il progetto di combattere i Parti. Il giorno della partenza un tribuno della plebe, Ateio Capitone, gli lancia una terribile maledizione, invocando contro di lui tutte le divinità e pronunciando un nome tabù, che solo pochissimi conoscono. Roma è atterrita: si svolgono riti propiziatori, e Metello è incaricato da Pompeo, console in carica, e dai massimi sacerdoti, di indagare su chi ha rivelato il nome segreto; poco dopo si trova un cadavere sfigurato, riconosciuto come quello del tribuno: data la sacralità della sua carica, c’è rischio di una rivolta popolare, se entro il giorno dei funerali non si scoprirà l’assassino. Metello viene così ad avere due incarichi. L’indagine lo porta nell’ambito di maghi ed indovini, dell’ambasciata egiziana, degli archivi, alla ricerca di fatti politici degli anni recenti: la conclusione comporta un discreto colpo di scena. Qualche appunto: la vicenda di Ateio Capitone (a noi nota attraverso Plutarco - chiaramente tenuto presente dall’autore - e talune lettere di Cicerone, forse ignorate) appare storicamente forzata; ci sono alcune bizzarre forme latine (pontifex nel glossario – anche se non nel testo - fa al plurale pontifexes; si parla di un proquestore); qualche saccenteria; un po’ scialba e ingessata la partner femminile. Ma nel complesso una lettura gradevole.
The river god’s vengeance (VIII), 2004
Anno 701 di Roma. Metello è edile, mentre Cesare è ancora in Gallia e Crasso in Asia (in realtà la morte di Crasso a Carre, preannunciata nel libro precedente, dovrebbe essere già avvenuta). La nuova carica comporta gravosi oneri, quali l’organizzazione a proprie spese dei giochi, e pesanti responsabilità quali il controllo delle acque, delle fognature e della stabilità degli edifici (nonché dei bordelli). A partire dal crollo di un’insula che richiede indagini sul materiale di costruzione e sulla modalità di alcune morti, Metello si trova coinvolto in un’inchiesta molto ramificata, legata a personaggi in vista e a vicende precedenti già da tempo chiuse e affossate; la sua stessa famiglia tenta di distoglierlo, in un momento in cui la situazione di Roma richiede misure energiche e alleanze sicure. Troverà un aiuto in Catone, da sempre considerato sgradevole per la sua saccente fedeltà agli antichi mores, ma qui utile nella sua energica attività e con qualche tratto di simpatico cedimento. La fantastoria (poggiata su fatti reali, ma di nuovo con qualche libertà sulla sorte dei personaggi) esce dal whodonit, salvo per una vicenda, ma è compatta e credibile, perché il protagonista svolge il proprio compito senza bisogno che l’autore inventi scuse per la detection. Molto efficaci le descrizioni del percorso dentro le fogne, presso le fosse comuni, nel tempio/ospedale, sul Tevere straripato, fino alle gradinate del teatro travolto dalle acque. Ancor più che negli altri libri notiamo qui un giudizio politico che coinvolge l’antichità di Roma, la repubblica, la guerra civile ormai prossima, l’impero di Augusto, attraverso l’esperienza del protagonista che interpreta il passato, racconta le sue esperienze e valuta il tempo in cui scrive. Si intravede un giudizio dell’autore sulla propria epoca e nazione.
The princess and the pirates (IX), 2005
Siamo nel 703 di Roma: Clodio, da sempre nemico di Decio Metello, è morto, Milone, il grande amico e alleato, è in esilio. Il protagonista è inviato con un incarico ufficiale a Cipro, per domare la nuova insorgenza di pirateria seguita alla gigantesca operazione di Pompeo. A Cipro si trova anche la sedicenne Cleopatra, viziata e in cerca di avventure elettrizzanti: Metello le consente di aggiungere la sua nave alla piccola flotta romana. Le avventure sono molteplici: pirateria, contrabbando, connivenze e complicità in alte sfere, assassini pittoreschi, ecc. Ma l’insieme è piatto. Il protagonista è impacciato in un ruolo poco congeniale, Julia non ha la libertà delle altre donne dei detectives, Hermes da servus callidus si è trasformato in un noioso guardaspalle. Assolutamente assurda tutta la vicenda di Cleopatra. Restano alcuni personaggi minori interessanti, fra cui ad un certo punto fa la sua ricomparsa il Milone-modello Roberts; inoltre un unico colpo di scena relativo ad un personaggio abbastanza inaspettato, e l’indubbia suggestione delle cerimonie Afrodisie, raccontate con inusuale rispetto.
A point of law (X), 2006
Siamo nel 51 a.C. Decio torna da Cipro e dall’impresa contro i pirati arricchito moderatamente e pone la candidatura a pretore. Viene però accusato di abusi e corruzione da un fratello (direi storicamente inventato) di Fulvia, all’epoca vedova di Clodio e fidanzata di Curione: il giorno dopo Fulvio viene trovato ucciso e un tribuno accusa Decio di omicidio. Mancano pochi giorni alle elezioni e le accuse sembrano tendere ad eliminare la sua candidatura a pretore o ad attaccare tutta la famiglia, tuttora in bilico fra Cesare e Pompeo. L’indagine è complicatissima e confusa, con intrighi politici del tipo tutti contro tutti e un’accusa a sorpresa durante il processo stesso: alla fine, come è ovvio, la maggior parte degli intrighi politici resta irrisolta, in particolare la parte che coinvolgerebbe un personaggio ancora quasi bambino.
Anzitutto un’osservazione a partire dalle Dramatis personae. D’accordo che le desinenze sono un problema per gli anglofoni, ma non è possibile leggere i membri della gens Fulvia definiti come the Fulvias, o della gens Cornelia come the Cornelia Scipiones e così via the Iulia Caesares, the Claudia Marcelli ecc. Aggiungiamo altri errori già rilevati in libri precedenti, come l’esistenza di proquestori; e la poca chiarezza sulla situazione del cursus honorum dopo la riforma sillana: consoli e pretori non possono esercitare potere militare!
Al di là di queste obiezioni e del limite più volte rilevato sull’esilità dei personaggi principali, resta un motivo d’interesse: Decio oppone al sistema tradizionale di condurre la difesa – elogi, accordi, corruzione – una difesa basata su indagine e fatti: fra lo stupore dei suoi familiari riesce anche a cavarsela.
Under Vesuvius (XI), 2007
Ormai alle soglie della guerra civile,
Decio Metello è praetor
peregrinus e si reca in Campania con Giulia e due sue
amiche per esercitarvi la giustizia. In realtà si trova a
svolgere un’indagine per l’omicidio di una ragazza cui seguono altre
morti: il
processo a un giovane straniero accusato di assassinio vede come
avvocato
difensore l’inusuale figura di Tirone, aiutato nel suo compito da
Cicerone. Tutto si risolve con un pastiche sessuale. Nuovamente
rileviamo la fragilità dei protagonisti: Decio, magistrato ufficiale,
svolge funzioni di detective piuttosto incongrue e presiede i processi
con una parzialità poco credibile; Giulia, troppo legata alla parentela
con Cesare, non riesce ad essere un vero personaggio (tanto meno le due
amiche): Hermes fa ormai quasi tutto il lavoro di indagine, senza avere
mai acquisito la status di personaggio. Il tema del Vesuvio incombente
sa ormai di dejà vu.
Oracle of the dead (XII), 2008
E’ la diretta prosecuzione del precedente, sempre in Campania con il protagonista in funzione di Praetor peregrinus. Il plot si incentra su un tempio, o meglio un tempio doppio che nella parte superiore è dedicato ad Apollo mentre la cripta si estende come un lungo tunnel sotterraneo fino ad un fiume ribattezzato Stige e considerato sacro ad Ecate e sede di un oracolo. La morte misteriosa (anche come modalità e causa) dei sacerdoti di Apollo dà inizio ad un’ indagine che, come nei libri precedenti, coinvolge il pretore al di là dei suoi compiti politici e giudiziari. Nonostante i difetti già evidenziati (i personaggi collaterali sono sempre più evanescenti, alcuni spariscono a lungo senza che nessuno se ne accorga, nemmeno il protagonista, come si dice con autoironia) il libro mi pare il migliore della serie. Il plot è serrato, l’ambientazione e le diverse figure interessanti, la soluzione, benché non tutto sia spiegato, è credibile; la situazione drammatica di Roma (manca poco allo scoppio della guerra civile) è vista come in filigrana, da un amico che porta notizie, da qualche conversazione coi locali, dalle riflessioni preoccupate del protagonista, la cui famiglia è tutta schierata col senato e con Pompeo, e di sua moglie parente di Cesare; anche la comparsa di Pompeo stesso e di Catone sono marginali, funzionali all’intreccio: si evita così il rischio, già rilevato, di un eccessivo coinvolgimento nei fatti storici, data la posizione pubblica del protagonista. L’indagine “poliziesca” risente quasi esplicitamente della lezione di Deaver o delle serie di CSI: si veda in particolare l’osservazione della “scena del crimine”: ma anche l’incongruenza, così come l’abuso di potere, sono risolti con ironia. Nel complesso si direbbe che l’autore sappia cavarsela abilmente con le difficoltà in cui si è messo. Nelle ultime righe si dà rapidamente notizia della conclusione delle guerre civili e della morte della moglie, quasi si progettasse la fine della serie.
The year of confusion, 2010
Il romanzo, ambientato del 46/45, lascia un po’ perplessi, quasi ne mancasse uno intermedio. L’autore ha trovato evidentemente difficile trattare gli anni della guerra civile, ma in questo modo rende ancora più vaga la figura del protagonista: ci viene solo detto di passaggio che tutta la sua famiglia d’origine è stata annientata, ma come e quando non appare assolutamente, e il fatto così drammatico non sembra poi rilevante. Decio, in quanto marito della nipote di Cesare, sopravvive e, anche se ha interrotto il cursus honorum alla pretura (pure questo dobbiamo capirlo un po’ fra le righe) è ancora in senato; soprattutto viene utilizzato da Cesare per un lavoro di detection, finalmente ufficiale. Lo spunto nasce dalla creazione del nuovo calendario (motivo ispirato dall’ultimo Saylor? i due si rincorrono sempre): a Roma si radunano astronomi e astrologi provenienti dall’Egitto e dall’Oriente per collaborare al progetto di Cesare. La possibilità di usufruire di previsioni astrologiche suscita molto interesse sia negli ambienti commerciali sia in quelli politici, ansiosi di conoscere in anticipo la successione di Cesare. Alcune morti legate a queste vicende sono affidate da indagare a Decio, che inizia un percorso un po’ a tentoni fra palestre, truffatori, senatori anti- e procesariani e matrone illustri. Nell’insieme il romanzo risulta scialbo e un po’ noioso, con l’eccezione forse della figura di Cesare, megalomane fino a rasentare la follia. Sembra evidente l’ispirazione a romanzi americani recenti (si veda lo studio del linguaggio corporeo) e a tipologie diffuse (la coppia poliziotto buono/poliziotto cattivo).
I titoli dei libri non ancora rintracciati sono: Saturnalia, A point in law (il decimo).
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III. 5. David Wishart, la serie di Marcus Corvinus
Ovid, 1995
Germanicus, 1997
L’autore, un insegnante scozzese, crea il suo personaggio e io narrante, Marco Valerio Messalla Corvino, ricavandone il nome e un’evanescente identità dalla numerosa gens citata dagli storici latini, in particolare Tacito, dai cui Annali attinge liberamente facta atque infecta. Corvino è di buona famiglia ed economicamente ben provvisto, a differenza dei detectives di professione di Saylor e Davis: si tiene lontano dalla carriera politica per scelta, provocando disagio soprattutto negli anziani della famiglia, ma resta coinvolto nella soluzione di diversi intrighi quasi suo malgrado, cosa che alla lunga porterà l’autore a creare occasioni sempre nuove e non sempre plausibili. Il personaggio è simpatico (anche se eccessivamente sboccato), con una famiglia ben connotata (padre risposato, madre risposata, zio losco, alcuni schiavi caratterizzati con cura). La collocazione cronologica è l’età di Tiberio.
Nel primo dei due romanzi citati l’intrigo è connesso con l’esilio di Ovidio e l’eccidio della selva di Teutoburgo; in questa occasione Corvino conosce la figliastra di Ovidio, Perilla Rufia, una donna colta e forte, che sposerà e a cui rimarrà tenacemente fedele, facendone anche una sorta di collaboratrice, seppure schiva e dignitosa (un topos frequente, come risulta da altre serie recensite). Nel secondo l’intrigo riguarda la morte di Germanico: l’incarico di risolverlo gli viene affidato da Livia Augusta e lo porterà ultimamente a dover abbandonare Roma e la potenza di Seiano per trasferirsi con Perilla ad Atene.
Sejanus, 1998.
Dopo dieci anni trascorsi ad Atene, Corvino torna a Roma con la moglie (il matrimonio è rattristato dall’assenza di figli) per celebrare il funerale del padre. Seiano è enormemente cresciuto in potenza e sta per essere nominato successore da Tiberio, in esilio volontario a Capri. Dopo il funerale Corvino viene accostato da due personalità politiche che gli chiedono di adoperarsi per la rovina di Seiano e gli consegnano una lettera postuma di Livia con l’indicazione di alcune piste da seguire. Il lavoro di scavo sugli eventi degli anni appena trascorsi e su possibili complotti in corso è lungo e complicato, non facile da seguire per il gran numero di persone, in massima parte storiche: inoltre nell’indagine compaiono periodicamente due curiosi personaggi, un piccoletto azzimato e un gigantesco filosofo, il cui legame con la storia emergerà insieme ad alcuni dati in loro possesso; compare anche un inquietante spagnolo, la cui figlia adolescente entrerà alla fine a far parte della famiglia di Corvino e Perilla. Naturalmente la fine di Seiano è nota e attesa, ma il plot è comunque interessante, così come le motivazioni di Tiberio nelle scelte politiche e dinastiche.
The Lydian Baker, 1998
Corvino e Perilla sono tornati ad Atene nauseati dalle vicende politiche romane e dalle prospettive che si aprono; la figlia adottiva Marilla è rimasta e rimarrà in seguito presso una vecchia zia nella campagna romana, da cui riemergerà in alcuni romanzi: una strana scelta, tenendo conto del doloroso desiderio di maternità di Perilla, che permette all’autore una maggiore libertà ma riduce quella ricchezza di vicende e facce caratterizzante, ad esempio, i romanzi della Davis e di Saylor.
Lo spunto del plot deriva dalla leggenda di una statua d’oro dedicata dal re di Lidia Creso alla panettiera che l’ha salvato dall’avvelenamento, statua offerta poi al santuario di Delfi. A questa leggenda, tratta da Plutarco ed Erodoto, l’autore mescola l’invasione dei Galli in Grecia del III sec. a.C. e altri fatti abilmente connessi. Immagina che la statua sia stata ritrovata e sia oggetto di desiderio (artistico, antiquario o economico) da parte di molti possibili acquirenti, più o meno legittimi. Fra questi c’è il patrigno di Corvino, che lo incarica di comprare la statua dopo averla fatta valutare da un esperto dell’Accademia platonica. Ne derivano molte morti e molti sospetti (fin troppi), con alcuni colpi di scena interessanti e la ricomparsa di un personaggio che collega una storia sostanzialmente senza tempo con i fatti dell’epoca.
Old bones, 2000
Mondadori ha pubblicato nei Classici del giallo quest’unico romanzo di Wishart, col titolo Il segreto della necropoli, sottotitolo I delitti dell’antica Roma!, 2003. Notiamo con molta perplessità la politica editoriale dei Gialli Mondadori, che dopo aver perso autori di prestigio o di successo sugli antichi detectives come la Doody o la Comastri Montanari o la Davis, ha pubblicato nei Classici un libro recente appartenente ad una serie, senza neppure specificarlo nella biografia dell’autore, e con un sottotitolo (nonché l’assurda immagine di copertina) davvero banale. Il lettore italiano (me compresa, è stato il primo libro della serie incontrato) trova un personaggio che ha palesemente una storia pregressa, vicende familiari e personali oscure, persino lo stesso coinvolgimento della detection non spiegato data l’assenza di precedenti. Si aggiunga che il titolo inglese è abbastanza vago, mentre il titolo italiano, per non parlare del riassunto in quarta di copertina, risolve già l’intrigo: in realtà il testo per almeno tre quarti sembra indicare i moventi degli omicidi in altre direzioni, connesse con vicende amorose o con rivalità di viticultori. Il romanzo non è peraltro uno dei migliori di Wishart, senza riferimenti storico/politici e con una collocazione in Etruria dell’intera famiglia (si ricordi che Corvino e Perilla abitano ad Atene, anche se al termine si preannuncia un ripensamento) per una vacanza senza motivazione, salvo l’hobby del patrigno. L’interesse enologico si collega con la straordinaria competenza sui vini che risulta negli altri romanzi e che a quanto pare è una peculiarità dell’autore. L’interesse per storia e civiltà etrusca (compreso un indovinello onomastico a fine libro) si collega con una tendenza all’erudizione che in altri romanzi prevarrà eccessivamente.
Last Rites, 2001
Corvino, ormai rientrato a Roma con la moglie, è pregato di svolgere un’indagine discreta e ufficiosa in una situazione imbarazzante: mentre si svolgevano nella casa del console i riti esclusivamente femminili della Bona Dea una giovane Vestale è morta, forse suicida, forse assassinata. L’indagine, molto complicata e con frequenti cambi di prospettiva, torna ad avere un risvolto politico: tuttavia proprio questo risvolto, non troppo modificabile storicamente, finisce per rendere un po’ ovvia e banale la soluzione, dopo tante ipotesi via via scartate.
White Murder, 2002
Un ampio romanzo legato agli ambienti delle corse di cavalli. Corvinus è casualmente coinvolto nell’assassinio di un auriga, Pegasus, passato di recente dall’importante fazione dei Verdi alla più modesta dei Bianchi e incaricato di guidare un nuovo acquisto della scuderia. Seccato perché il vigile in carica dell’omicidio intende liquidarlo come l’esito di una rapina, Corvinus si assume l’onere dell’inchiesta, convincendo anche il capo dei Bianchi.
L’inchiesta, portata avanti per ripicca e quindi molto fragile come motivazioni (così già in Old Bones e, si vedrà, in altri romanzi), conduce Corvinus a parlare coi proprietari delle quattro fazioni (oltre a Verdi e Bianchi, i Blu e i Rossi), gli aurighi, gli stallieri, i vari addetti, le loro famiglie; inoltre penetra nell’ambiente delle scommesse clandestine con le diverse implicazioni politiche, nell’ambiente degli allevatori, dei trasporti marittimi di animali, fino a sobbarcarsi un viaggio in Sicilia che lo porterà a rischiare la sua vita e quella della moglie.
La parte finale, con le avventure di viaggio, e lo scioglimento con un buon imprevisto, rialzano l’interesse venuto meno nel lunghissimo intreccio pieno di ipotesi riprese e abbandonate e ricapitolazioni piuttosto ripetitive (si annoia Perilla, e un po’ anche il lettore).
A vote for murder, 2003
Corvinus e Perilla sono ospiti della zia di Perilla, Marcia, nella sua villa sui colli albani: qui abita stabilmente la loro figlia adottiva Marilla, ora sedicenne. Il locale capo del senato chiede a Corvinus di indagare sull’assassinio di Bolanus, uno dei due candidati alla carica di censore. L’indagine, inizialmente orientata verso l’altro candidato, il ricco arrampicatore sociale Concordius, abbandona presto questa pista (anche troppo presto: il titolo perde di senso) e si rivolge all’ambiente dei tradizionalisti latini, avversi allo strapotere di Roma. Con l’aumentare dei delitti aumentano anche i moventi e i possibili colpevoli, mentre si avvicina il tempo del festival latino, particolarmente rischioso per i rapporti fra Roma e il Lazio. Libro piacevole, umoristico nelle vicende minori (la gara di assaggio dei vini, la pecora Dassa), e interessante nella ricostruzione delle vicende storiche più antiche, mentre saggiamente sorvola sui fatti contemporanei. Il whodonit è un po’ macchinoso, col topos del messaggio in punto di morte usato in modo piuttosto discutibile; buona la scelta del colpevole, con un colpo di scena prevedibile solo per chi si aspetta capovolgimenti. Personaggi simpatici, anche se di maniera: la vecchia zia aristocratica ma intelligente e aperta ha parecchi modelli (uno per tutti: la zia Vespasia dei romanzi vittoriani di Anne Perry), mentre la ragazzina vivace, amante degli animali, libera nella scelta degli amici sembra un po’ troppo lontana dal suo passato drammatico: e forse per questo viene tenuta a distanza dall’autore, che la “ripesca” solo saltuariamente. Un’ultima nota: l’incipit è scopertamente una citazione di Jerome K. Jerome: una civetteria discutibile.
Parthian Shot, 2004
Questo romanzo vede Corvinus incaricato di un’indagine non ufficiale su un attentato subìto dal pretendente al trono dei Parti, che vive a Roma da molti anni in attesa di rivendicare il suo diritto. Nuovamente legata all’attualità politica, l’indagine coinvolge altre personalità orientali quali il losco pretendente al trono di Armenia e interessi politico/commerciali sulla via delle spezie: ricca di intrighi e colpi di scena risulta di buon interesse.
Food
For The Fishes,
2005
Ritroviamo Marcus
Corvinus con la moglie, la madre e il patrigno in vacanza ad Ostia.
Poiché Corvinus non è un detective
né ha qui incarichi ufficiali o semiufficiali, l’autore (come
abitualmente la Comastri) è
costretto a trovare pretesti per l’investigazione: in questo caso
l’aver
incontrato al bar un poveraccio che viene in seguito accusato di un
delitto.
L’ambientazione di tale delitto sembra ispirata al romanzo Pompeii,
cui
si rimanda, ma al fondo si tratta di una di quelle famiglie maledette
così
comuni nella giallistica anglosassone, con l’aggiunta di
elementi topici della malavita (usurai, case da gioco,
bordelli): che si
svolga nell’antichità non conta quasi per nulla e, se non esistessero
gli
altri
romanzi, non si capirebbe neppure in che secolo è ambientato questo.
L’indagine è anche qui caratterizzata da continue riflessioni e
ricapitolazioni e da qualche incidente di percorso: si arriva alla fine
per
esclusione, in base ad una traccia minima, peraltro interessante.
Un’aggiunta:
se il lettore non conosce le regole del Backgammon (come nel mio caso)
si troverà
in difficoltà in una delle scene fondamentali del romanzo.
In at the death, 2007
Ritroviamo fortunatamente l’implicazione storico/politica in
questo romanzo ambientato poco prima della morte di Tiberio. Wishart
utilizza abilmente i capp.48 e 49 del VI libro degli Annales,
vale a dire una serie di processi per motivi vaghi di personaggi
abbastanza importanti (fra cui Domizio Enobarbo, di lì a poco padre di
Nerone) e un fatto di cronaca così irrilevante da risultare strano,
soprattutto perché collocato da Tacito solo qualche riga prima del
drammatico capitolo sull’assassinio dell’imperatore. Racconta dunque lo
storico che un ragazzo, molto viziato dalla madre separata, si suicida
buttandosi dall’alto di una casa. Perché mai questo fatterello, certo
uno fra tanti? Wishart immagina che a Corvino sia chiesto di indagare
su questa morte dalla madre del giovane e da un amico di famiglia, per
scoprire le cause del suicidio. Convincendosi a poco a poco che si
tratta di un omicidio, Corvino si aggira per Roma accompagnato da
un’ingombrante e famelica cagna enorme che la moglie ha avuto in
affido: si accorgerà di avere a che fare con due diversi gruppi di
potere e, in sostanza, di essere stato manovrato.
Come sempre, i romanzi “politici” dell’autore sono i più interessanti,
anche se il dopo-Seiano finisce per essere un po’ ripetitivo. In
appendice Wishart lamenta di essere giunto al limite della grande
lacuna compresa fra i libri sesto e undicesimo degli Annales: se vorrà
proseguire con l’impero di Caligola non avrà più il sostegno di Tacito.
Illegally dead, 2008
Marilla, la figlia adottiva di Corvino che abita a Castromoenium con la vecchia zia, scrive ai genitori una lettera piena di notiziole sugli animali di casa ma termina chiedendo loro di venire per investigare un presunto assassinio. La richiesta parte in realtà dal medico locale, padre del fidanzatino di Marilla: un suo cliente, avvocato di un rinomato studio, è morto per problemi di cuore, ma la medicina che doveva curarlo è stata sostituita con acqua. L’indagine appare subito problematica dal punto di vista legale: se non si vuole torturare gli schiavi o accusare la moglie, è difficile il permesso per un’inchiesta ufficiale. Viene però trovato morto un giovane schiavo della casa, in possesso di oggetti del defunto: questo offre la possibilità di dare inizio all’indagine, nell’ipotesi che lo schiavo sia l’assassino. Ma naturalmente la sua morte non può che far pensare ad un complice o un mandante. Corvino scopre che il defunto era affetto da un sorta di follia, che lo portava a scenate, accuse e comportamenti illeciti: ma il resoconto delle sue stranezze fatte dalla moglie, il cognato, il socio in affari e altra gente di casa e ufficio a poco a poco risulta non tutto genuino. Così pure un attentato avvenuto poco prima della morte contro di lui e il socio, come anche un nuovo attentato contro il socio stesso, forse avevano una storia diversa. Avvolto in una rete di bugie, omissioni e mezze verità, mentre altre morti richiedono spiegazioni, Corvino indaga su storie di antichi processi e cause recenti, fino a giungere alla soluzione.
Plot complesso, abbastanza credibile. Simpatici i personaggi di cornice: il medico appassionato di autopsie, il figlio che ne segue le orme con grande abilità, il politico locale prudente ma dominato dalla grande dama, il cuoco pazzoide che dà lezioni di culinaria alle massaie…Si prepara infine un matrimonio.
No cause for concern, 2012
Non avendo più Tacito a disposizione, l’autore utilizza la biografia di Caligola di A. Barrett (si veda nella nostra rubrica Biografie) e le fonti riportate. Questa utilizzazione è evidente (oltre che ampiamente spiegato nella postfazione) in Bodies politic, uno dei romanzi più decisamente politici della serie. Mettendo insieme facta atque infecta, Wishart ipotizza una complicata macchinazione che coinvolge persone della famiglia Giulio-Claudia, governatori di province, ufficiali, mercanti e poeti. Come sempre, la partecipazione di Corvino è poco credibile (qui si parte da una pseudo lettera post mortem) e l’ostinazione con cui persegue l’indagine, dopo averne ottenuto il permesso da Caligola (cosa già strana in sé), rischiando più volte la vita (e non solo la sua) e viaggiando fino ad Alessandria, ha un po’ del perseverare diabolicum. Alla fine il complotto è scoperto, ma non tutti sono perseguiti, per non andare troppo contro la storia. Plot difficile da seguire, con troppe implicazioni. Certo l’interesse per un periodo importante dell’impero regge la lettura; simpatici i personaggi di contorno, i due fidanzatini (la ricomparsa figlia e il futuro sposo), gli amici con numerosa famiglia, lo stesso imperatore. L’aspetto turistico è piuttosto pesante, non solo per il protagonista. L’altro romanzo appartiene alla serie non politica, in cui il coinvolgimento del protagonista è ancora meno spiegabile. Qui un boss della malavita (già conosciuto) lo costringe a cercare il figliastro, scomparso col suo schiavo. Si succedono diverse morti, fino al discreto colpo di scena finale.
Solid Citizens, 2013
Sono i giorni delle feste invernali (i Saturnali, un altro dei temi obbligati nei gialli d’ambientazione latina). Corvino e Perilla vanno a passarli nella villa di campagna appartenuta un tempo alla vecchia zia e ora ereditata dalla coppia di sposini, la figlia adottiva e il marito, un giovane medico. Qui Corvino viene interpellato da un politico locale perché indaghi sulla morte del censore neoeletto, trovato ucciso nei pressi del bordello. In parte per rispondere all’appello, in parte per sfuggire alle beghe familiari (i litigi fra i due staff di schiavi, l’arrivo di madre e patrigno con cuoco fantasioso al seguito), si affanna nella ricerca, che lo porta nel paese vicino, a Tivoli e a Roma, negli ambienti della prostituzione etero e omo, dei brogli politici ed economici e dell’antiquariato. Mentre crescono le morti, ha l’aiuto del genero: molto simile al medico legale delle varie serie televisive, introduce perfino la possibilità di esaminare le impronte digitali.
Plot discreto, nel complesso credibile se si tiene conto nell’usuale stranezza della detection su commissione. Il contesto familiare è gradevole e non posticcio, ma il ruolo delle due donne, moglie e figlia, è solo di contorno.
Finished business, 2014
Decisamente uno dei romanzi migliori della serie, ambientato fra la fine del 40 e il gennaio 41 (data significativa). Il motivo occasionale è come sempre esile fino all’assurdo: una matrona grassa quanto imperiosa chiede a Corvino di indagare sulla morte dello zio, colpito da un pezzo di parapetto mentre ispezionava una costruzione pericolante. Naturalmente la morte è stata considerata accidentale, ma la nipote, convinta sostenitrice dello spiritismo, dichiara che il suo spirito-guida, Alessandro Magno, l’ha avvertita che si tratta di omicidio. Corvino si assicura con un controllo sul posto che è stato effettivamente omicidio e inizia l’indagine. Questa sembra portarlo all’ambiente familiare: l’ex-moglie, il figlio maggiore di poco successo, il figliol prodigo, la giovane amante con marito a carico, l’amministratore preoccupato per gli sperperi. Uno schiavo ha visto un estraneo il giorno della morte del padrone: la ricerca del presunto assassinio prosegue a sbalzi per tutto il romanzo. Ma nel frattempo l’indagine si sposta: una frase dell’ex-moglie della vittima (rimarrà sostanzialmente inspiegata fino alla fine) porta Corvino negli ambienti politici della Roma di Caligola: rischiando più volte la vita, si troverà implicato nella o nelle congiure contro l’imperatore, con un continuo gioco delle parti fra innocenti, colpevoli e vittime: in questa pericolosa situazione insisterà pervicacemente a indagare per salvare Caligola, che pure sa essere un mostro crudele e folle.
Ricco di figure minori, con caratterizzazioni interessanti fra personaggi storici e no, ipotesi storiche credibili pur con qualche modificazione (spiegata nella postfazione). Perilla è al meglio sia come aiuto nell’indagine sia come cultura: una buona spiegazione del concetto di edizione critica, spiegazione acuta di una specie di messaggio in punto di morte (ma Corvino la completerà alla fine), osservazioni linguistiche su parole greche … e diviene anche nonna nel frattempo.
Trade secrets, 2015 UK-2016 USA
Sono passati pochi mesi dal libro precedente, Claudio è succeduto a Caligola e i tempi sono tranquilli: un giallo, quindi, non politico. Marco e Perilla si stanno abituando al ruolo di nonni, lui di malavoglia, lei con l’agitazione di chi non ha avuto figli piccoli. Ma, secondo l’uso di Wishart, i legami familiari non portano via troppo spazio: figlia e famigliola ripartono dopo una breve visita e la coppia principale procede come sempre.
I delitti in questione sono due, apparentemente non connessi e introdotti nella vita della detection dilettante, come sempre, con pretesti: un uomo d’affari trovato morto presso un tempietto era fratello di un’amica di Perilla, che chiede a Marco d’investigare; un altro uomo d’affari muore d’infarto nei giardini della Biblioteca di Pollione: ma la figlia e il genero di Marco, che vi passeggiavano durante la breve visita a Roma, scoprono che dopo la morte è stato accoltellato e insistono per un’indagine.
Risulta dai molti contatti che entrambe le vittime erano dei mascalzoni: seduttore e ricattatore l’uno, imbroglione e vendicativo l’altro, tutti e due responsabili di morti e tutti e due ben poco rimpianti: Marco, dopo aver scavato nella loro vita privata e nelle attività commerciali, a Roma e al porto di Ostia, risolve i casi a malincuore, quasi dispiaciuto di dover, almeno nel caso dell’assassinio vero e proprio (l’altro è stato in fondo solo l’attacco ad un morto) consegnare il colpevole. Alla fine si risolve anche la misteriosa morte del gatto del vicino, che ha creato screzi e minacce di processi.
Un buon libro, ben congegnato, con molte piste e soluzioni inattese. Curiose alcune civetterie linguistiche: due volte Marco usa espressioni francesi dicendo che sono greche, un’altra volta, dopo aver usato il generico one in un dialogo, specifica che, s’intende nell’”originale latino”, ha usato il femminile, per cui l’interlocutrice risponde in tal senso. Insomma sembra che il nobile romano racconti in inglese, con battute in francese, traducendosi da sé i propri dialoghi.
Foreign Bodies, UK/USA 2016
A differenza di diverse località italiane, fra cui ovviamente Pompei, e delle locations predilette, cioè Alessandria, Olimpia e la Britannia, la Gallia non è molto frequentata dai giallisti classici. Naturalmente non manca un’ambientazione in Gallia nei romanzi dell’epoca di Cesare (Saylor, Maddox Roberts, Nahmias) legati alle guerre di Cesare stesso; altrimenti abbiamo casi sporadici: un libro di J.d’Aillon (età di Augusto/Tiberio), uno della Davis (età di Vespasiano), uno della Downie (età degli Antonini) e il libro anomalo di C.Goudineau (età di Caligola/Claudio). Giustamente, Celti per Celti, gli anglosassoni, cioè i giallisti prevalenti, preferiscono i Britanni, cui dedicano anche intere serie.
Non è un caso che Corvino, incaricato da Claudio di recarsi a Lugdunum per indagare sull’assassinio di un suo protetto, rimanga stupito e poco disposto al viaggio. Tuttavia l’incarico è gratificante, con un titolo prestigioso, accomodamenti di buon livello per tutto il percorso, accoglienze nelle residenze imperiali; purtroppo la compagnia è completata da un medico affascinante, apprezzatissimo da Perilla (sarà pure nonna, ma è ancora sulla breccia!) ed eccessivamente salutista.
Le indagini presso i Galli, sia a Lugdunum sia ad Augusta dove il gruppo si sposta, sono deludenti, all’insegna della completa omertà. Nel frattempo si aggiungono altre morti, apparentemente non connesse fra loro, e si profila una pista politica: un tentativo di creare agitazione e rivolta fra i Galli, quasi una continuazione di quella (storica) di Giulio Floro, per impedire o ritardare la spedizione di Claudio in Britannia: il tema-Britannia quindi ricompare.
Diversi colpi di scena portano alla doppia soluzione finale, che in parte rimane aperta.
Un buon libro, credibile come ambientazione e personaggi, ben costruito. Un paio di obiezioni: nel 42 è molto improbabile che fosse già scritta, pubblicata, diffusa in Gallia e più volte consultata l’opera di Columella, che presumibilmente ha iniziato a occuparsene terminata la carriera militare nel 41; inoltre ci risulta che l’incognita X sia stata usata per la prima volta in un’opera di Cartesio (XVII secolo).
Family commitments,
2017
Il successivo libro della serie cambia modalità di pubblicazione e viene stampato direttamente da Amazon, segno probabilmente di un interesse di pubblico ormai diminuito. Wishart tenta di mescolare i suoi due temi principali: il crimine con addentellati nella malavita e le vicende politiche della dinastia giulio-claudia, ora incentrata sull’imperatore Claudio e sua moglie Messalina. Si aggiungono (da cui il titolo) vicende familiari, sospetti di affari extraconiugali riferiti al patrigno e la comparsa di parentele sconosciute.
L’insieme non regge molto. Almeno metà del romanzo vede un andirivieni di Corvino presso un potente boss incontrato in due precedenti libri: terribile assassino ma, già si sa, non poi così pericoloso, purché possa recuperare una collana da regalare alla moglie. Poi la storia diventa politica e mescola fatti veri e non, con qualche salto creativo.
Nel complesso non uno dei libri migliori. Aggiungo un paio di obiezioni: c’è qualche confusione nelle parentele fra zio, cugino e nipote, peraltro scusabile a proposito della complicatissima famiglia giulio-claudia. Ed è un po’ anacronistico usare l’espressione “grey eminence”!
Going back,
2018
Il ventesimo libro della serie è veramente interessante, anche se lo spunto iniziale è piuttosto fragile, come spesso in questa serie di detection non professionale. Siamo nel 44: Corvino e Perilla sono invitati a cena dall’imperatore Claudio e Messalina. Claudio chiede loro di recarsi a Cartagine a investigare sull’assassinio di un ex pretore trasferitosi lì al tempo di Seiano e arricchitosi come proprietario terriero. Il motivo dell’indagine, vecchia ormai di due mesi, è l’amicizia della vedova con la madre di Messalina. I due partono con grandi onori e pieni poteri, nonostante l’inimicizia del governatore Galba che li scarica rapidamente al suo vice. L’ospitalità viene offerta da una giovane donna il cui padre è morto in un presumibile incidente lasciandola sotto la tutela degli zii, per cui la casa è rimasta vuota e a disposizione. Ben presto Corvino si trova a connettere diverse morti apparentemente slegate: l’ex pretore, l’ex padrone della casa ospitale, un mercante di schiavi di passaggio a Cartagine, un giovane accusato ingiustamente di furto e frustato a morte e un gladiatore dalla vita amorosa molto attiva. Benché il procedimento deduttivo sia a volte un po’ troppo ardito, il plot tiene. Si aggiunge l’interesse per Cartagine ricostruita e per l’antico sito di Utica: Perilla in particolare ci guida nel tour e aggiunge una ricerca storica sulla fine di Cartagine.
Infine: è curioso che venga ricordata a più riprese la
drammatica vicenda della figlia adottiva Marilla, in un contesto pretestuoso e
dopo molti libri in cui tale vicenda sembrava totalmente dimenticata.
Dead men’s sandals, 2020
Col ventunesimo libro Wishart torna all’ambiente della malavita, anche se in trasferta. Il boss già incontrato in precedenti libri chiede a Corvino la restituzione di un favore: deve andare a Brindisi accompagnato da un suo uomo per risolvere un duplice problema: un boss suo amico è stato ucciso ed è sparito un prezioso anello destinato al matrimonio della nipote. Corvino si trasferisce a Brindisi con la moglie e gli schiavi di casa e inizia le indagini, benché malvisto da tutti gli interessati per l’ingerenza: il concetto è che l’ambiente della malavita ha le sue leggi e risolve da sé le sue questioni. L’indagine coinvolge i due figli e presumibili successori del morto, le loro mogli, la figlia del maggiore destinata al matrimonio ma ben poco disposta, il clan rivale che si supponeva dovesse allearsi proprio attraverso il matrimonio; inoltre il vice del morto e suo figlio, nonché altri membri della casa e del clan. Ambiente sgradevolissimo, a diversi livelli: c’è l’equivalente dell’onorata società, ci sono criminali senza regole, e tentativi di uscirne con ogni mezzo per iniziare nuovamente su basi legittime. Corvino ricostruisce una storia vecchia di decenni e riesce a risolvere le vicende recenti, che nel frattempo hanno accumulato diverse morti. La vicenda dell’anello resta un fatto laterale, legato alla scelta di vita della ragazza.
Come già in altri libri, il tema della malavita rende superflua l’ambientazione antica: ci si accorge appena che l’imperatore è Claudio e che il contesto ha una coloritura romana. Il plot però è gradevole e la storia regge.
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III. 6. Rosemary Aitken Rowe: La
serie di Libertus
The Germanicus Mosaic (1999)
La scrittrice britannica, linguista e già autrice di fiction ambientate nella nativa Cornovaglia, inizia ad occuparsi di fiction sulla Britannia romana con un racconto inserito nella raccolta Classical Whodunnits del 96, Mosaic. In esso compare per la prima volta Libertus, un ex-schiavo celta liberato dal padrone, divenuto cittadino romano e abile mosaicista. Nel racconto risulta che già in precedenza aveva risolto almeno un delitto, ma la novità è che incontra un potente romano amico del governatore, M. Aurelius Septimus (presunto parente dell’imperatore M.Aurelio: le vicende sono ambientate all’epoca di Commodo): questi in seguito diverrà suo patronus e lo assumerà per risolvere altri delitti che possono mettere in pericolo l’ambiente romano di provincia. Nel 99 esce il primo romanzo della serie, The Germanicus mosaic, che riprende nel titolo quello del racconto nonché Leitmotiv di tutta la serie: un’indagine è come un mosaico, in cui tutti i pezzi devono andare al loro posto: l’aveva già detto Poirot (a proposito di un puzzle). Qui il protagonista diviene l’io narrante, e sappiamo di lui molte altre notizie: era stato rapito dalla sua casa di giovane sposo vent’anni prima, e serba ancora nostalgia della giovanissima moglie Gwellia, anch’ella portata via come schiava e di cui tenta di recuperare notizie. Lo aiuta nel mestiere un ragazzo, Junio, sua spalla anche nell’investigazione. Il plot, piuttosto abile con un protagonista interessante e personaggi minori ben caratterizzati, ha i topoi della giallistica ambientata nella Britannia dell’età imperiale: antiche tradizioni religiose e civili, la presenza dei Cristiani, l’organizzazione romana.
Murder in the forum, 2001 (il terzo)
Un arrogante romano, Perennis Felix, protetto dell’imperatore Commodo, giunge a Glevum (Gloucester, dove sono ambientati tutti i romanzi), si fa ospitare da un notabile locale che ha già verso di lui un lontano rancore e costringe la cittadina ad offrirgli un banchetto. Il patronus di Libertus, forzato a parteciparvi, annuncia pubblicamente di essersi appena sposato: in effetti le nozze sono state celebrate in gran fretta, perché M.Aurelius temeva di dover sposare, per ordine dell’imperatore, la figlia brutta e sgraziata del pericoloso nuovo venuto. Al banchetto, cui anche Libertus è presente, interviene un vistoso celta, presentatosi come Egobarbus ma in realtà un impostore (Libertus infatti conosceva da giovane il vero Egobarbus). Inoltre compare anche un giovane, innamorato della pur brutta aspirante sposa. In un clima estremamente teso Perennis soffoca inghiottendo una noce: mentre tutti si affannano intorno, offrendo diversi rimedi, il romano muore.
Libertus, incaricato delle indagini, segue sia la pista dei celti (il vero Egobarbus viene trovato ucciso), sia quella dei nemici personali del morto, sia quella dello schiavo favorito di Perennis, legato a lui da misteriosi traffici politici. Benché le indagini portino Libertus addirittura ad essere processato per offesa all’imperatore, tutto si risolve felicemente, anche per la magnanimità del governatore Pertinace, ormai in procinto di lasciare la provincia. Una fuggevole visione della moglie su un carro incrociato per caso lascia aperto il sogno di ritrovarla.
Un plot gradevole, con un paio di limiti: anzitutto il titolo incongruo (la morte di Perennis avviene in casa, quella di Egobarbus in una specie di albergo: che c’entra il foro?), poi il curioso uso costante di octio invece di optio (nel senso di ufficiale dell’esercito).
The chariots of Calyx, 2002 (il quarto)
Libertus si trova a Londinium ospite di Pertinace, governatore della Britannia, che, a differenza del patronus M.Aurelius Septimus, è umano e cortese. Durante il suo soggiorno in casa del governatore viene incaricato di indagare sull’assassinio di un importante personaggio, il responsabile dell’approvigionamento e della distribuzione di grano, strangolato di notte mentre gli schiavi dormivano presumibilmente drogati e la giovane moglie veniva ferita nella propria stanza. La madre del morto, una matriarca quasi simpatica, accusa dell’omicidio la moglie e il suo amante, un famoso auriga dei Blu: risulta scomparsa anche una grossa somma insieme ad alcuni documenti. Libertus indaga nella casa del morto, con tutte le difficoltà legate al contemporaneo svolgersi delle cerimonie rituali: conosce la prima moglie, brutta e meschina, il figlio viziato e immaturo, la moglie che racconta dell’assalto notturno a cui è sopravvissuta gridando, e gli schiavi, in particolare la vecchia ancella troppo ciarliera nello zelo di difendere la padrona; conosce anche un commerciante celta che ha delle pretese economiche nei confronti del defunto. Successivamente l’indagine porta Libertus nell’ambiente delle corse e in quello dei magazzini di granaglie, mette a rischio la sua vita e si conclude con un’altra morte inaspettata. Alla fine emergono diverse colpevolezze di diversi reati, non tutti perseguibili: e vale la pena, concluso il libro, di andarsi a rileggere il prologo, costruito con molta abilità.
Un buon plot, con vivaci descrizioni della città di Londinium/Londra, delle corse, del commercio di grano, della navigazione fluviale. Le pagine finali aprono un grande mutamento nella vita del protagonista.
Qualche appunto di latino: nuncios incongruamente soggetto, più volte mobius invece di modius, Pulchrissima (nome proprio) invece di Pulcherrima. Questa volta però optio è corretto.
The ghosts of Glevum, 2004 (il sesto)
Libertus ha ritrovato la moglie e ha costruito nel bosco una casa rotonda, la tipica casa indigena (un altro topos dell’ambientazione in Britannia). Nella provincia romana, essendo vacante il posto di governatore per il ritiro di Pertinace, si è creato una specie di triumvirato civile/militare, di cui è parte M.Aurelius, da poco divenuto padre. Uno degli altri due, comandante di legioni provenienti dalla Gallia, muore durante un banchetto in casa di M.Aurelius, e il patronus di Libertus si trova ad essere accusato dell’omicidio: ben presto, in seguito alla perquisizione della casa, si aggiunge un’accusa di tradimento verso l’imperatore.
Libertus, costretto alla fuga, privato della casa e della bottega, deve salvare se stesso e il patronus: trova aiuto in una banda di mendicanti, prostitute e ladri che raccolgono informazioni, penetrano nei luoghi meno accessibili e lo proteggono anche quando il tradimento penetra fra loro stessi. Con abilità la Rowe dipinge il miscuglio di cinismo, follia, astuzia e bizzarro senso dell’onore di questo sottobosco britanno, creando personaggi interessanti (qualcosa di dickensiano, forse). Al termine, Libertus recupera i suoi beni, cui si aggiunge una schiava, bruttina ma subito adocchiata dal Junio.
Pur avendo letto solo alcuni romanzi, noto che la scelta dell’impero di Commodo ha qualche limite: dura solo dodici anni ed è così negativo da giustificare continui complotti: si finisce per ripetersi un po’.
Enemies of the Empire (il settimo)
Libertus deve accompagnare il patronus in un viaggio dalla loro residenza di Glevum a Isca (Caerleon). Durante la sosta a Venta (Caerwent) scorge un uomo che riteneva morto: nell’inseguirlo incappa in una serie di persoaggi pericolosi, e finisce accusato di omicidio. Assolto dal patronus che funge da giudice al processo, prosegue il viaggio fra agguati di ribelli britanni e voltafaccia: nello scioglimento finale è aiutato dalla moglie, accorsa insieme allo schiavo Junio e partecipe in modo inusuale allo smascheramento dei colpevoli. Alla fine si accenna al progetto di adottare Junio, qui opportunamente separato dalla nuova schiava (rimasta a Glevum) per evitare di affrettare troppo la love story.
Nonostante l’incalzare degli eventi in tempi molto stretti e alcune scene ad effetto, il libro risulta un pochino noioso.
A roman ransom, 2006 (l’ottavo)
Mentre Libertus è gravemente ammalato (presumibilmente di tifo) la moglie e il bambino del suo patronusscompaiono e viene chiesta come riscatto la liberazione dalla prigione di un delinquentello di poca importanza. Il patronus conduce da Libertus un medico greco con la speranza che lo rimetta in piedi al più presto, permettendogli di aiutarlo a recuperare i suoi cari: intanto con un pretesto religioso annulla una serie di procedimenti giudiziari fra cui quello riguardante il prigioniero richiesto. Ma appare chiaro che qualcosa è andato storto: il bambino viene depositato nella lettiga che trasporta Libertus alla villa, mentre della donna non ci sono tracce, anzi compaiono richieste pesanti di denaro; la nutrice del bambino, sospettata di complicità, viene trovata assassinata e la sua casa saccheggiata. Libertus indaga con molta difficoltà, indebolito dalla malattia e sempre osteggiato dal medico, che giunge ad accusarlo del rapimento. Con l’aiuto della moglie e dei giovani schiavi (compresa una schiavetta del patronus, per cui si crea un buffo triangolo) riesce a scoprire tutta la trama, con un finale colpo di scena.
Dopo un inizio lentissimo il plot è discreto.
A coin for the ferryman, 2007 (il nono)
Il romanzo inizia con l’affrancamento sia di Junio, adottato come figlio, sia della schiava Cilla, sua promessa sposa. Gwellia ha dovuto rinunciare al suo sogno di una piccola figlia e sembra aver accettato di acconsentarsi di vegliare sui giovanissimi sposi, in attesa di futuri nipotini. Per la prossima coppia i servi del patronus stanno preparando il terreno della nuova casa rotonda: ma vi scoprono un cadavere, e la vicinanza della festa romana delle Lemuria, la feste degli spiriti dei morti, spinge Libertus ad affrettare le indagini. Mentre la stessa identità del cadavere è in discussione (alla fin fine cosa piuttosto incongrua), si aggiungono altre morti e scomparse. La denuncia del colpevole risulta molto rischiosa per Libertus, ma si risolve in un nuovo successo. Alla fine la famigliola britanna decide di celebrare le Lemuria seguendo le usanze romane, per pacificare i poveri morti della storia: intanto si sono aggiunti alla casa nuovi membri, già noti in precedenza e destinati a futuri sviluppi.
Death at Pompeia’s Wedding, 2008 (il decimo)
Ritroviamo i personaggi con qualche modifica. I due giovani si sono sposati. Libertus e Gwellia hanno adottato Junio e liberato la schiava: i due giovani si sono sposati. Junio, benché aiuti il padre nel lavoro di mosaicista e occasionalmente nelle indagini, è quasi uscito di scena: la sorte dei figli adottivi cresciuti, come Eco nei libri di Saylor. Perciò Libertus è assistito nella detection da un giovane schiavo, Minimus, ancora alle prime armi ma destinato a divenire una buona spalla.
Il patronus, in partenza per Roma, incarica Libertus di rappresentarlo ad un matrimonio e, nell’occasione, di sorvegliare un invitato che ha mire politiche ma una reputazione discutibile. La morte del padrone di casa impedisce il matrimonio (con molta gioia della sposa forzata) e poco dopo muore anche l’invitato da sorvegliare. Libertus è assunto per svolgere l’indagine dallo sposo mancato (è necessario che qualcuno l’assuma, visto che il patronus è assente), ma si trova anche ad essere fra i sospettati dell’uno o dell’altro delitto.
In questo romanzo l’ambientazione romano/britanna è sostanzialmente inutile. Si tratta alla fin fine di una vicenda che potrebbe svolgersi altrove, ad esempio nell’Inghilterra vittoriana (ricorda molto i romanzi della Perry): il padre nobile e severo ma non poi integerrimo, la matriarca, le giovani donne infelici, gli adultéri soffocati, i segreti di famiglia, i ricatti… Ci si stupisce quasi che tutto termini nella casa rotonda dei Britanni.
The Vestal Vanishes, 2011 (il dodicesimo)
Il dodicesimo romanzo della serie contiene alcuni topoi un po’ abusati dell’ambientazione britanna (il contrasto romani/celti, i druidi, un cenno alle comunità cristiane) e un topos molto frequente nei gialli d’ambientazione romana, la comunità delle Vestali coi loro obblighi e la loro sacralità. Due persone della stessa famiglia sono votate a Vesta, una che ha terminato i trent’anni di consacrazione alla dea ed esce dal tempio per sposarsi e una bambina, sua nipote, che sta per iniziare il noviziato. Zia e nipote s’incontrano a metà strada, passano insieme la notte in una sorta di locanda accompagnate rispettivamente da un’ancella e dalla balia oltre che da una coppia di patrenti e da una guardia del corpo, che però viene allontanata alla ricerca di un bagaglio perduto. Al mattino si separano con l’intenzione di recarsi una a casa per il matrimonio l’altra al tempio. Ma nessuna giunge a destinazione. La bambina semplicemente sparisce, la donna giunge cadavere (decapitato) chiuso nel baule all’interno della carrozza.
Libertus viene inizialmente incaricato dal mancato sposo di recuperare l’ex-vestale, ma dopo la macabra scoperta prosegue nelle indagini, che coinvolgono anche la sparizione della bambina. Il plot è complesso, incentrato su due casi di “camera chiusa” (anche se una è una carrozza), con una soluzione abbastanza soddisfacente anche se al limite della realizzabilità. Curioso il fatto che Libertus trova una sorta di spalla nella padrona della locanda, che si trova qui a svolgere il compito, tipico dei gialli classici, di partner femminile nella detection.
A whispering of spies, 2012 (il tredicesimo)
Libertus è obbligato dal patronus ad andare nella casa di un ricco ex-littore che sta per giungere dalla Gallia e, fingendo di proporsi come mosaicista, indagare presso la servitù sull’origine della ricchezza del padrone. Infatti il patronus teme si tratti di una spia dell’imperatore, nel qual caso sarebbe costretto a visitarlo e festeggiarlo. E con questo è esaurito il titolo, e non se ne parla più. Però Libertus giunge alla casa dell’ex-littore quando è arrivata la notizia che parte dei bagagli preziosi sono stati rubati durante il viaggio, e la scorta, il guidatore, persino i cavalli sono stati assassinati e mutilati. Per una serie di interpretazioni malevole il suo colloquio col maggiordomo della casa viene interpretato come complicità nel furto e nell’assassinio: da qui accuse, arresto, fuga, avventure, fino allo scioglimento finale con la scoperta di un complotto economico/amoroso.
Il romanzo parte da un coinvolgimento del protagonista per un’esilissima circostanza, prosegue alternando vicende un po’ fantozziane e genialità rocambolesche. Il rapporto con la Britannia è molto scarso, alcuni personaggi fissi (tutte le donne) non compaiono; alla fine alla famiglia si aggiunge l’ennesimo schiavetto.
Nel complesso un brutto plot. Il solito octio per optio e qualche altro errore.
Dark Omens, 2013
Il
romanzo inizia il primo gennaio del 193, festa di Giano. Durante i saluti e gli
scambi di auguri e piccoli doni Libertus riceve l’incarico di rifare un
pavimento per una casa di Glevum il cui proprietario, un ricco commerciante, è
morto in mare (e la morte appare subito sospetta). Il fratellastro del morto,
ansioso di subentrare nei suoi beni e nelle nozze con la vedova, commissiona il
lavoro insistendo sulla fretta: desidera infatti concludere il matrimonio e il
passaggio dei beni per poter aspirare alla carica di edile in Glevum, di cui non
è attualmente abitante. Nonostante una fitta nevicata che blocca spostamenti e
provviste, Libertus con il figlio riesce a terminare il lavoro, ma il
committente non si fa vivo e risulta scomparso nella strada da Glevum alla
cittadina in cui risiede. Mentre si comincia a indagare sulla sua scomparsa
giunge la notizia della morte di Commodo (finalmente, aggiungiamo: non potevano
starci troppi romanzi in un impero piuttosto breve): il patronus di
Libertus decide di partire per Roma per assistere il suo vecchio amico,
Pertinace, divenuto imperatore; incarica quindi Libertus di affrettare le
ricerche dello scomparso perché è divenuto il guardiano legale della promessa
sposa e desidererebbe partecipare all’affare relativo ai beni ereditati. Alla
vicenda si mescolano un fallito sacrificio a Giano, la morte del
sacerdote trovato poi mutilato, le sfortune di un vicino, i festeggiamenti per
il cambio dell’imperatore trasformati in incendi e tumulti. Quando anche lo
scomparso è trovato mutilato, Libertus mette insieme le varie parti della storia
e la risolve favorendo generosamente le due coppie di colpevoli.
Nonostante alcune scene ben costruite (i tumulti, il ritrovamento dei cadaveri) il romanzo è piuttosto noioso, con molte lungaggini e con particolari superflui: uno per tutti il coinvolgimento iniziale di Libertus, dato che il rifacimento del pavimento, inteso come delicato omaggio alla vedova, sembra poco coerente col carattere sgradevole del committente e facilmente si sospetta sia un pretesto per introdurre Libertus nella storia.
The Fateful Day
, 2014Marco, il patronus di Libertus, è in viaggio per Roma con l’intento di aiutare coi suoi consiglio l’amico Elvio Pertinace, divenuto imperatore. La moglie, in procinto di avere il secondo figlio, non lo ha accompagnato, ma per essere più tranquilla circa il parto imminente ha preferito non restare nella villa di campagna. Così Libertus ha il compito di tenere d’occhio la villa coi pochi schiavi rimasti e i terreni in cui per volontà del patronus dovrebbe essere piantata una vigna, nonostante lo scetticismo degli stessi contadini. In un controllo alla villa scopre che tutti gli arredi preziosi sono stati rubati, gli schiavi uccisi e decapitati, uno dei custodi impiccato e l’altro scomparso. Dagli schiavi dei campi viene a sapere che un ordine col sigillo del padrone ha permesso la consegna degli arredi e ha tenuto i contadini lontani dalla villa. Solo uno schiavetto, Tenuis, ha visto i ladri senza essere notato.
Libertus si reca a Glevum per avvertire la guarnigione del furto e dei delitti, e per ottenere che ne sia mandata notizia al patronus in viaggio e alla moglie; inoltre deve chiedere alla Gilda degli schiavi di organizzare il funerale comune delle vittime. Ma Glevum è in grande agitazione: ottenuto a fatica un colloquio col capo della guarnigione, Libertus viene a sapere che Pertinace è stato assassinato dai Pretoriani, e gli è succeduto chi ha offerto di più, in un’asta scandalosa. Intanto uno dei suoi due schiavetti dai capelli rossi, antico dono del patronus, viene trovato morente nella bottega: ben presto si capisce che si tratta di un nuovo delitto. Libertus deve risolvere il duplice caso nella generale confusione per le notizie da Roma, per le preoccupazioni sul futuro della Britannia (fedelissima a Pertinace) e dello stesso Marco. E’ aiutato dal figlio (ricomparso nel plot) e da alcuni personaggi di Glevum conosciuti in circostanze precedenti. Terminata l’indagine può finalmente celebrare il funerale dello schiavetto e ottiene dalla moglie del patronus, che nel frattempo ha avuto una figlia e attende il ritorno del marito, uno nuovo schiavo, il piccolissimo Tenuis.
Ritmo lentissimo, colloqui verbosi, riferimenti a storie precedenti piuttosto oscuri, una lotta finale poco credibile. Solo un piccolo colpo di scena connesso con la decapitazione delle vittime. Qualche problema col latino: il solito octio per optio, un incongruo nome Pauvrissimus, una concordanza mare nostra.
Prevalgono decisamente gli aspetti privati: la vecchiaia incombente, l’affetto per i giovani schiavi che sostituiscono i figli mancati, il legame con terra e tradizioni britanne, una generica religiosità.
The Price of Freedom, 2017
Il titolo, in sé non chiarissimo, rivela però ancora più del solito il tema sotteso a tutta la serie, cioè quello della schiavitù. Il protagonista, lo ricordiamo, è un britanno rapito e reso schiavo, poi liberato e legato da un rapporto di rispetto e obbedienza al patronus; sua moglie, rapita anch’essa, ha potuto riunirsi a lui solo dopo molti anni di umiliante schiavitù; diversi giovani schiavi sostituiscono, insieme al figlio adottivo, la famiglia che la lunga separazione dei due sposi non ha permesso di formare. Nei vari libri della serie troviamo spesso riflessioni sul rapporto padroni / schiavi e sul pericolo che ogni cambiamento ed ogni evento possono costituire per gli schiavi della casa; così come troviamo la sollecitudine comprensiva con cui Libertus cerca di aiutare i suoi ex colleghi in difficoltà.
Qui, come vedremo, si esce più allo scoperto.
Il plot: il patronus invia Libertus a rappresentarlo ad un matrimonio di Britanni che lo hanno invitato; durante il viaggio verso il luogo del matrimonio, però, Libertus riceve anche l’incarico di indagare sul presunto suicidio di un appaltatore di tasse, nonché su un cadavere trovato decapitato e forse ucciso da Britanni ribelli. Risolto parte dell’intrigo, giunge al luogo del matrimonio per scoprire che è stato preceduto da un truffatore con documenti falsificati: viene considerato uno schiavo e destinato ad essere venduto, insieme ad uno sventurato soldatino che gli faceva da scorta. La salvezza giunge insperata all’ultimo momento, ma Libertus ha temuto di ricadere nella tragica condizione della schiavitù; fortunatamente era riuscito a mandare un messaggio che rivelava la sua identità.
Fra i personaggi c’è lo schiavo del presunto suicida salvato dall’indagine di Libertus, lo schiavo della sposa avviato ad un futuro non troppo lontano con la donna amata, un piccolo pastore vendutosi come schiavo per la salvezza della famigliola, lo schiavo cocchiere venduto a caro prezzo per sostituire il colpevole. Insomma sono loro i veri protagonisti.
Il libro si fa leggere, uno
dei migliori della serie. Fra i non molti rilievi un evidente
lapsus nelle prime pagine: il nuovo
imperatore è citato come Severius Severus invece che Septimius. Inoltre sarebbe
stata gradita una cartina della Britannia, dato il complesso itinerario seguito
da Libertus; e magari un riepilogo dei personaggi.
A Prisoner of Privilege, 2019 >
Libertus è ormai legato al ruolo politico di duumvir, che lo impegna e gli suscita invidie e gelosie: di qui il senso del titolo. Ha avuto dal patronus Marco (in “dono” provvisorio) un appartamento a Glevum per poter partecipare alle riunioni: ma il patronus gli chiede di metterlo a disposizione di un suo parente, ex pretoriano, che sta per giungere a Glevum come inviato di Settimio Severo per controllare presunte irregolarità: Marco non si sente di ospitarlo a casa sua perché teme che il figlioletto si lasci sfuggire qualche frase ascoltata ai banchetti e non proprio fedele al nuovo imperatore. Avvengono però morti misteriose: un cambiavalute, apparentemente morto per una caduta alle terme ma in realtà drogato da un presunto medico e poi soffocato; il suo vecchio schiavo, forse ucciso da Druidi ribelli; in seguito lo stesso inviato dell’imperatore e il suo schiavo. Libertus si trova ad essere implicato in queste morti e accusato ufficialmente da un politico suo rivale con l’appoggio dell’apprendista del cambiavalute. Mentre lotta per resistere agli effetti di una droga che lo stordisce, Libertus tenta di imbastire un’accusa contro uno schiavo da poco acquisito e alcuni importatori disonesti, ma fortunatamente riesce a individuare i veri colpevoli.
Nuovamente il tema della schiavitù tende a prevalere. Per il resto l’ambientazione molto ristretta rende un po’ monotona la serie.
III. 7. Cristina Rodríguez, serie di Kaeso il pretoriano
Les mystères de Pompéi, 2008
Meurtres sur le Palatin, 2009
Una new entry valida e interessante. Il protagonista è un giovane pretoriano che per il tradimento di un sottoposto è stato denunciato a Seiano, imprigionato e privato dei beni. Riottenuta la libertà (il come si scoprirà in seguito) è stato relegato a Pompei in qualità di centurione di una caserma disordinata e inefficiente. Mentre si dà da fare per riorganizzare allenamenti, prestigio militare e pulizia, si trova coinvolto in diversi omicidi di cui si palesa a poco a poco il risvolto politico, con una soluzione finale inattesa. Curioso il fatto che, a parte una leggera scossa di terremoto all’inizio del romanzo, il “tema di Pompei” non c’è, neanche come fosca premonizione: il luogo è scelto perché poco appetibile per un giovane ambizioso, e per la vicinanza con Capri, dove risiede Tiberio.
Nel secondo romanzo Kaeso, dopo la rovina di Seiano, è stato reintegrato nei pretoriani ed è tornato a Roma: qui si trova ad affrontare alcuni omicidi che sembrano seriali, connessi con giri di scommesse clandestine in cui è coinvolto il fratello del sottoposto che l’aveva tradito. Una vicenda particolarmente truculenta, con un finale del tutto inaspettato.
I diversi personaggi sono originali e simpatici: Kaeso è figlio di un nobile romano e di Hildr, guaritrice della temibile tribù germana dei Brutteri: lui stesso ha anche il nome familiare Wotan. La madre partecipa alla vicenda a vario titolo, assumendo in particolare la funzione “poliziesca” di medico legale: ma la responsabilità verso di lei, rimasta vedova e respinta dalla famiglia del marito, è anche un pesante fardello per Kaeso, che sogna avventure esotiche e gloriose perennemente rimandate. Rimandato è anche il matrimonio, benché Kaeso sia attratto dalla cugina Concordia, l’unico legame rimasto con la famiglia paterna, una ragazza pazzerella e avventurosa, appartenente al genere delle collaboratrici più o meno accettate dal detective maschio. Il rinvio del matrimonio ha per l’autrice il vantaggio di implicare Kaeso in brevi vicende erotiche (minutamente descritte). Decisamente originale è il coinvolgimento della famiglia imperiale: Kaeso era amico di Nerone, il primogenito di Germanico morto in prigionia; l’amicizia prosegue con Caligola, fratello minore di Nerone e unico sopravvissuto fra gli eredi dell’impero, che nei romanzi costituisce una curiosa e inedita spalla; inoltre incontriamo Claudio e sua madre Antonia, le sorelle adolescenti di Caligola, la cuginetta Lepida.Vivaci anche i personaggi minori, a partire da Io, femmina di leopardo che accompagna Kaeso come guardia del corpo.
L’Aphrodite profanée, 2011
Il terzo romanzo della serie è nel complesso sgradevole: un’accentuata sensualità, o piuttosto voyeurismo, rende pesanti e artificiosi situazioni e personaggi, spesso decisamente eccentrici. Si aggiunga che i personaggi già noti sono ormai fissi e a rischio quasi caricaturale: Claudio sempre più sciocco, Caligola sempre più accattivante, Concordia sempre più inutilmente in attesa di matrimonio, lo stesso Kaeso/Wotan sempre in lite coi superiori e in cerca di impossibili evasioni. L’unica novità è il matrimonio della madre con un capo germano (per cui quasi sparisce), ma invece di sentirsi libero il figlio ha inutili e poco spiegabili gelosie.
Peccato. Il plot è discreto: comprende due filoni che si intrecciano: un traffico di statue, che coinvolge bande di misteriosi assassini, e una serie di rapimenti, drammatici, amari come conclusioni, ma non privi di elementi comici (si avverte l’influenza di Pennac).
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III. 8. Philip Boast, La serie di Septimus Severus Quistus
Un autore inglese noto soprattutto per
romanzi molto liberamente ispirati alla Bibbia (qualche parentela coi
libri di Dan Brown, purtroppo), nel rivolgersi all’antichità classica
sceglie un’epoca inconsueta per la giallistica, l’età di Nerone, e crea
il personaggio di Quistus. La prima comparsa del personaggio, almeno a
mia conoscenza, è in un racconto del
Nel 2006 esce il romanzo The Third Princess in UK e
in USA, attualmente già fuori mercato e conteso dai fans dell’autore.
Si apre con un mistero della camera chiusa: per il lettore un doppio
mistero, perché la descrizione del cadavere nella premessa è molto
diversa da come il cadavere appare una volta abbattuta la porta. I
numerosissimi schiavi della vittima, una ricca vedova, chiedono a
Quistus di aiutarli a sostenere che si tratta di morte naturale: in
caso contrario, infatti, non solo l’omicida ma tutti i compagni di
schiavitù sarebbero giustiziati. La soluzione del mistero si mescola
col salvataggio di una principessa britanna già condannata a morte come
cristiana; Nerone incarica Quistus di condurla in Britannia, in modo
che possa convertire i suoi compatrioti e renderli meno ribelli a Roma:
in realtà l’intento effettivo di Nerone è un altro, di cui è incaricato
Stigmus, aspirante successore di Tigellino. Un lungo viaggio attraverso
l’Italia e la Gallia conduce Quistus, la schiava-principessa Omba, la
principessa britanna e una delle schiave della vedova defunta fino in
Britannia, inseguiti per tutto il percorso da Stigmus e dai suoi
soldati. Un nuovo personaggio si unisce a metà percorso, ed è quello
intorno a cui si muove l’intera vicenda. In Britannia entrano in gioco
diverse forze: la comunità cristiana (ritorna un personaggio del
racconto), i Britanni coi loro macabri riti politico/religiosi,
l’avidità per il possesso di una preziosa collana, la tiepida
efficienza dell’esercito romano. Quistus riesce a salvare se stesso e
le donne che gli stanno a cuore opponendo cristianesimo a paganesimo,
e, tornato a Roma, riesce a salvare gli schiavi in attesa di esecuzione
mescolando verità e menzogna e sacrificando patrimonio e status sociale.
Il romanzo presenta qualche difetto: come giallo raggiunge la soluzione
troppo presto; come ambientazione cade nelle solite banalità romane (i
soliti ghiri col miele, le solite terme), in desinenze latine
avventurose e nelle troppo abusate (per noi non anglosassoni) vicende
della Britannia; qualche perplessità anche sulla presentazione del
cristianesimo (conflitto Pietro/Paolo, ruolo delle donne, rapporto
paganesimo/cristianesimo un po’ semplificato). Tuttavia si comincia a
vedere una buona capacità narrativa, soprattutto nel racconto del
viaggio e nella presentazione dei personaggi, mai banali.
The son of Heaven, Severn House (UK), 2007
Ritroviamo Quistus in una situazione atroce: caduto in disgrazia presso
Nerone, ha perduto ogni avere, compresa Omba che è stata venduta ad un
commerciante di spezie; solo con un’abile astuzia è riuscito a
conservare la vita, che trascorre ubriacandosi in un sordido abbandono.
Giunge a Roma un gruppo di dignitari cinesi dediti alla protezione del
piccolo erede al trono imperiale, perseguitato da misteriose figure al
soldo di un rivale; gli inseguitori riescono a uccidere il guardiano
con la complicità di qualcuno della casa. Quistus, faticosamente
recuperato ad una quasi normalità, viene incaricato dai dignitari
cinesi di risolvere l’assassinio, e da Nerone di riportare il principe
in Cina, permettendo la riapertura e l’uso pacifico della via delle
spezie. Mentre Roma brucia, parte una spedizione di cui fanno parte
Quistus, Stigmus in crisi con Nerone, Omba insieme al suo attuale
padrone, il principino con tutta la sua piccola e complessa corte e un
ragazzo gallo che ha portato a Quistus notizie dei figli perduti.
Continuamente inseguiti e con la certezza di un traditore fra loro,
compiono uno straordinario viaggio che li porterà, dopo un’epica
battaglia, alla scoperta dei colpevoli e alla meta finale. Nel corso
del viaggio incontrano la comunità cristiana fondata dall’apostolo
Tommaso alle foci dell’Indo e una sorta di enclave romana formata dai
discendenti dei superstiti della battaglia di Carre e dalle loro
famiglie indigene.
Il romanzo è veramente appassionante, ben scritto, con un montaggio
serrato, personaggi affascinanti, un ritmo incalzante, qualche voluta
oscurità. Dati gli antecedenti dell’autore, non stupisce il fatto che
consideri S. Tommaso fratello gemello di Gesù! Dal soprannome Didimo,
presumiamo, ma sarebbe interessante chiedersi le circostanze della
nascita gemellare (a Betlemme tutti e due?), per non parlare del
concepimento. Molto irritante, ma al fondo un piccolo neo, senza
apparente volontà di derisione.
Occorre avvertire il lettore che qui Boast, alieno da saccenterie
didascaliche, non spiega niente: luoghi, compreso l’intero itinerario,
eventi storici, fonti, usi e costumi, dinastie cinesi, ecc. sono
lasciati al lettore: se è molto colto capisce tutto, se non lo è ma gli
interessa solo il plot si adegua, se è curioso cerca gli Acta
Sancti Thomae, le notizie sui regni indoellenistici e in
particolare quello di Gondophares, qualche notizia sulla Cina
dell’epoca, apre un atlante e tenta di raccapezzarsi. Una bella
impresa: per dare un esempio, io ci ho messo molto a capire che il Blue
Sea dove si svolge l’ultima battaglia è il lago (salato) di Qinghai.
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III. 9. Anne de Leseleuc. La serie di Marcus Aper
L’autrice ha una carriera poliedrica: si occupa di teatro, recita, fa la presentatrice televisiva finché, a trentasette anni, si laurea in Histoire et Civilisations de l’Antiquité e pubblica saggi e romanzi ambientati all’epoca romana: da buona francese, la sua predilezione va alla Gallia. Nel 2001 collabora ad un film su Vercingetorige (Vercingétorix, la légende du druide roi, in Italia Druids ̶ La rivolta) dalla cui sceneggiatura trae successivamente un romanzo, Vercingétorix. Nel 1992 aveva dato inizio alla serie di Marcus Aper, un romano di origine arverna, fiero di discendere dai compagni di Vercingetorige di cui eredita i baffoni biondi e la passione per la birra, avvocato dallo spirito libero durante l’impero di Nerone e dei Flavi. Questi i volumi pubblicati:
Les vacances de Marcus Aper, 1992
Marcus Aper chez les Rutènes, 1993
Marcus Aper et Laureolus, 1994
Les calendes de septembre, 1995
Le trésor de Boudicca, 1997
Non sono riuscita a reperire i primi tre (anche gli altri sono stati una scoperta fortuita sulle bancarelle di Parigi). Ma i due che ho letto inquadrano l’intera vicenda, perché se Les calendes de septembre sono in certo qual modo una conclusione, Le trésor de Boudicca è un prequel che racconta le prime gesta del giovanissimo Marcus.
Nelle Calendes... Marcus vive a Roma con l’appoggio di Tito, dopo aver ottenuto clamorosi successi giudiziari. Con lui abitano Nestor, liberto e amico anch’egli gallo d’origine, e Luciola, una ragazza cresciuta sotto la loro fedele protezione e di cui entrambi sono innamorati. L’intreccio parte dall’accusa di malversazione contro il legato d’Illiria: Marcus, incaricato da Tito di difenderlo, si trova ad affrontare una serie di assassini e di rapimenti, la cui connessione o meno con la vicenda principale si scopre solo alla fine. L’autrice è scopertamente didascalica, al punto da inserire alla lettera la descrizione della morte di Plinio a Pompei (chi rinuncia a Pompei, se appena la cronologia lo consente?) e varie ricette di Apicio (altro topos irrinunciabile): purtroppo le desinenze delle molte, troppe parole latine sono per lo meno discutibili. L’aspetto più interessante, con un occhio all’attualità, è la questione storica della provincia d’Illiria, che dal tempo di Augusto univa due popoli diversi e in lite fra loro come i Pannoni e i Dalmati: Marcus propone la separazione in due diverse province (cosa che avverrà sotto Traiano), ma Tito risponde che Roma può unificare i due popoli, come Cesare aveva fatto della Gallia (e Marcus gli obietta che già Vercingetorige aveva iniziato a farlo). Deluso dalle vicende politiche, Marcus lascia Roma con Luciola, divenuta finalmente la sua compagna, e con Nestor per tornare a Gergovia.
Nel Trésor... il ventunenne Marcus, fresco di studi giuridici, è tribuno in Britannia, nella famosa legione Gemina coinvolta nella rivolta degli Iceni della regina Boudicca (Boadicea). Il tesoro della regina, morta suicida dopo l’assalto romano, è scomparso e Nerone lo reclama. Marcus si trova implicato nella ricerca dei due forzieri, in mezzo a morti misteriose e intrighi di Romani e di barbari, sui quali domina Velleda, sacedotessa druida figlia di Boudicca: evidente imitazione (o confusione?) della sacerdotessa che si oppose ai Romani in Germania qualche anno dopo. Il processo che si svolge a Roma vede accusatore e difensore, accusato e parte lesa in un bizzarro scambio di ruoli. Alla fine Marcus torna alla sua legione in Britannia, nauseato dall’impero di Nerone (ma, come si è visto, anche l’impero di Tito lo deluderà). Nel libro si racconta il primo incontro di Marcus con Nestor, schiavo fuggiasco che diviene subito suo alleato e amico, e si introducono personaggi storici quali Giulio Agricola, compagno di studi e commilitone.
III. 10. Kelli Stanley, la serie di Arcturus
Nox dormienda – a long night for sleeping, 2008 (trad. ital. con lo stesso titolo, 2011)
Non è ancora propriamente una serie, perché comprende (oltre ad esercitazioni giovanili, se capiamo bene) solo un racconto del 2007, Convivium, e il romanzo che presentiamo. Ma è già serie per come è lanciata: con biografia del protagonista, ricette del suo cuoco, ecc. sul sito dell’autrice, la pubblicità del prossimo romanzo e la promessa di molti altri successivi. Inoltre si insiste molto sulla novità del genere: nonostante il doveroso omaggio a Saylor, l’autrice si presenta come creatrice del noir d’argomento classico, con modelli quali Chandler, Hammett, e la relativa filmografia. In realtà non capiamo bene la necessità degli elementi di maniera presi dal noir: l’arrivo dal “detective” (un medico, in realtà) della ragazza bellissima e capricciosa, un uniforme tono malinconico…Non molto altro che non ci sia anche in altri gialli, dove oltre tutto a volte il detective è proprio un detective (ad esempio Didius Falco e Gordiano). Poiché l’ambientazione è storicamente accettabile, il plot funziona (ben due messaggi in punto di morte, discreti colpi di scena), i personaggi sono ben costruiti, sarebbe meglio semplificare le intenzioni (ma sarà forse che non amo molto il noir). Siamo in Britannia al tempo di Agricola. Il protagonista è figlio di una donna locale e di un soldato romano, ed è stato successivamente adottato da un altro romano, un senatore. Appartiene quindi a due mondi: ha un completo nome romano e un nome nativo, Ardur, latinizzato in Arcturus (Artù?). Medico di Agricola, è coinvolto in un complotto che rischia di screditare il governatore presso Domiziano: lottando non solo per salvare Agricola, ma anche per evitare che siano usati come capri espiatori nativi e schiavi, Arcturus riesce a scoprire chi manovra tutte le fila (una buona scelta del colpevole). Come già si è detto per altre serie, i gialli ambientati in Britannia hanno topoi obbligati: tradizioni religiose e civili dei nativi, la presenza dei cristiani, l’amministrazione romana: li incontriamo anche qui. Eccezionalmente corretto il glossario, discrete anche le parole latine nel testo (non troppe e quasi sempre corrette). Il titolo è esplicitamente una citazione da Catullo (qualche riserva sulla traduzione inglese, che elimina la perifrastica), implicitamente un omaggio al Grande sonno.
III. 11. Ben Pastor, La serie di Elio Sparziano
The Water Thief, New York, 2007; tr. it. Il ladro d’acqua, Frassinelli 2007
L’autrice è una scrittrice italoamericana, nata M.Verbena (da cui Ben)
Volpi, laureata in archeologia alla Sapienza di Roma e poi trasferita
negli Usa dove ha preso il nome del marito. Nonostante gli studi
classici, la sua precedente produzione non ha mai avuto una
collocazione nel mondo antico, per cui questo romanzo rappresenta una
novità e l’inizio di una serie. Il protagonista s’immagina che sia Elio
Sparziano, uno degli Scriptores Historiae Augustae,
cui è attribuita fra le altre la biografia dell’imperatore Adriano.
Giocando abilmente sulla totale oscurità delle nostre conoscenze
riguardo a tale autore, la scrittrice ne fa un personaggio complesso,
soldato e studioso, inviato in Egitto da Diocleziano col compito di
cercare notizie su Adriano, e in particolare sulle reali circostanze
della morte del favorito Antinoo, affogato nel Nilo due secoli prima;
accanto a questo incarico storico, Sparziano ne ha altri più politici:
controllare l’applicazione del calmiere e i processi ai cristiani. Questi
ultimi incarichi servono più che altro come “colore locale”, cioè come
accreditamento della collocazione storica, con un’evidente indifferenza
tendente all’antipatia verso i cristiani, lapsi o
martiri: indifferenza cui si oppone l’indignata compassione verso gli
animali destinati al Circo, condivisa dal personaggio e dall’autrice
(il romanzo è dedicato to the innumerable creatures, wild and
tame, killed for sport throughout history, and to this day).
L’incarico principale, di cui per la verità non viene mai spiegato il
motivo (quale interesse aveva Diocleziano per questa vicenda, che oltre
tutto nella biografia di Adriano della Historia Augusta non
è neppure accennata?) diventa più inquietante quando Sparziano scopre
che nella tomba di Antinoo è nascosto un documento di Adriano
essenziale per la sicurezza dell’impero. Mentre molti di coloro che
hanno a che fare con il segreto vengono uccisi, Sparziano cerca in
Egitto e in Italia tutti i luoghi in cui Antinoo può essere stato
sepolto, affiancato da personaggi di cui fino all’ultimo si ignora la
fedeltà o il tradimento, sino alla scoperta finale.
Nel complesso il romanzo può essere visto in più modi: come un whodonit,
con un buon colpo di scena; come una fantastoria che rilegge in chiave
particolare tutto l’impero romano (fino a Costantino, per il quale,
così come per Elena, l’autrice ha una avversione spiccata); come una
meditazione sul tempo e sul compito dello storico; come una riflessione
sull’uomo in quanto tale, a prescindere da razza, cultura, religione,
condizioni sociali e inclinazioni sessuali (e sugli animali, già si è
detto); come un percorso di viaggio in Egitto, in mare e a Roma,
minutamente descritti; come una riflessione su Adriano, la sua vita, le
sue scelte, le motivazioni della creazione della villa tiburtina; e
altro ancora (anche una storia d’amore, un po’ sbrigativa nella
soluzione finale). Come spesso avviene, c’è dentro troppo: e un po’ ci
si annoia.
The fire waker, 2007, trad. it. La voce del fuoco, 2008
Secondo libro della serie, utilizza un titolo seriale (il
fuoco dopo l’acqua) che fa prevedere il completamento di un quartetto.
Mancano pochi mesi all’abdicazione di Diocleziano: l’Augustus
(termine ufficiale per definire i due imperatori in carica della
tetrarchia, ma stranamente la Pastor non lo usa) invia Sparziano a
Milano per ricordare la prossima scadenza al collega. Nel frattempo
deve proseguire l’incarico di controllare l’applicazione del calmiere e
i processi ai cristiani, nonché il suo lavoro di storico e biografo
imperiale. Bloccato a Milano perché Massimiano non intende riceverlo,
si lascia coinvolgere in alcune morti misteriose, collegabili forse con
pretesi miracoli di santoni cristiani, o con questioni patrimoniali, o
con intrighi politici. L’urgenza di proteggere i confini lo porterà
insieme a tutta la guarnigione nel Nord dell’impero, dove troverà la
soluzione dei delitti ma non risolverà i suoi molti nodi personali.
Come il libro precedente, c’è qualcosa di troppo: storia e paesaggi,
rapporti fra romani purosangue e barbari romanizzati (lo stesso
Sparziano è originario della Pannonia), conflitti interni alla Chiesa
cristiana (malevoli e sgradevoli), narrazione in terza persona, diari
in prima persona e lettere, vicende amorose estremamente labili al
limite dell’assurdo, un femminismo ideologico: si rischia di
disperdersi e di smarrire l’interesse. Un paio di personaggi
interessanti (l’avventuriero ebreo già presente nel primo libro e
l’aristocratico nostalgico Curius Decimus) e una buona scrittura, a
volte eccessivamente letteraria.
L’antimilitarismo, fortunatamente soft nel testo (sono tutti
consapevolmente dei militari!), appare non solo nella dedica To
those who fight and suffer in wars and against those who wage them,
ma nel glossario finale: che senso ha specificare che a Brixia c’è oggi
la sede della Beretta e a Vicentia una base militare americana?
Infine un appunto: Nicomedia corrisponde a Izmit, non Izmir (Smirne)!
The Stone Virgins, 2007, tr. it. Le Vergini di Pietra, Sperling & Kupfer 2010
Pensato come omaggio a Cuore di tenebra di Conrad (da cui sono tratte anche le frasi introduttive dei capitoli), questo terzo libro della serie è senz’altro il migliore: al pregio maggiore già dei precedenti, cioè una scrittura molto curata, unisce questa volta una narrazione serrata e poco dispersiva, senza eccessive lungaggini decrittive se non quelle richieste dall’ambientazione scarsamente conosciuta (il confine fra le due Armenie, fino al valico verso il Caucaso). Accenni ideologici, qualche improprietà linguistica o letteraria si avvertono senza troppo fastidio. Sparziano è incaricato dal nuovo imperatore Galerio di ricercare un generale romano dato per morto ma che probabilmente si nasconde sotto il nome di Ter Vishap, il Signore dei Draghi, capo di un ampio esercito di sbandati. Gli dovrebbe proporre di utilizzare il potere acquisito al servizio di Roma, come governatore delle due Armenie. Passando per Trebisonda, viene a sapere del crollo di una tribuna, sotto cui è morto il potente emissario di Ter Vishap insieme a mercanti e proprietari terrieri; per tutto il viaggio, quasi oziosamente, riflette su queste morti, raccogliendo qua e là indizi. Catturato dalle sentinelle di Ter Vishap e portato da lui in un contesto scenografico fantasmagorico e orribile, Sparziano gli offre la soluzione del delitto, connesso con un’arma segreta di cui ha compreso l’origine. Il Signore dei Draghi, forse per noia, gli impone di combattere con lui, in uno spettacolare duello la cui conclusione ricorda (visto che la Pastor invita a cercare echi letterari) la fine del romanzo di Ellery Queen Il re è morto.
Con una curiosa storia editoriale, questo quarto libro è
uscito in edizione e traduzione italiana prima dell’edizione originale
americana, tuttora in corso di pubblicazione (la previsione è 2013) col
titolo The cave of the winds. Ci si chiede se
l’autrice abbia più lettori ed estimatori italiani che nella patria
d’adozione, perché in effetti una simile precedenza è inusuale. Il
titolo sembra completare il quartetto degli elementi, se la pietra
del terzo libro si intende sostituisca la terra.
Il libro è di difficile lettura: i molteplici luoghi della Britannia
romana sono faticosi da ricordare ed è necessario ricorrere spesso alla
cartina (a proposito: nei ringraziamenti si parla di apparati
iconografici, forse usciranno nell’edizione americana, qui
c’è solo una cartina, appunto); così pure ci si perde coi vari
personaggi, il loro ruolo politico o militare, le loro donne. La
storia, che prende spunto da un’ispezione di Sparziano ai fortini al di
là del Vallum, si dipana lentissima, con una scrittura come sempre
molto curata, forse troppo per un mistery; le riflessioni e le vicende
personali del protagonista si inseriscono rallentando ulteriormente,
tanto che quando si giunge alla soluzione non si capisce bene né come
ci si è arrivati né quali saranno le conseguenze. Apprezzabili un paio
di colpi di scena, ma un po’ annegati nell’insieme.
Pesantemente sgradevoli Costantino ed Elena, un povero vecchio sciocco
Costanzo Cloro, l’eroe, come sempre rimpianto, Diocleziano.
III.
12a. Il tema di Pompei.
È un tema che sembra aver affascinato contemporaneamente più autori.
i. Danila Comastri Montanari, Ars moriendi: indagine a Pompei, Hobby & Work, 2003
Il titolo, costruito sull’ovidiano ars amandi una citazione del quale apre il libro, è completato con l’indicazione del luogo in cui la vicenda si svolge, luogo evidentemente caro all’autrice che ne fa oggetto di dedica: a tutti coloro che si battono contro il tempo, l’incuria, i furti, i vandalismi e l’esiguità di risorse economiche per studiare Pompei e tramandarla ai posteri. Come in Saturnalia, quindi, c’è qui un elemento battagliero e polemico: in questo caso, anzi, tale elemento sembra essere il motivo dell’ambientazione a Pompei, in aggiunta al desiderio di sfruttare graffiti e dipinti citandoli abbondantemente e di liberarsi di personaggi inseriti in precedenza.
Infatti la vicenda è ambientata immediatamente dopo Saturnalia, tanto che Pomponia risente ancora della caduta avvenuta in quel libro; un’ulteriore ambientazione a Roma avrebbe richiesto la prosecuzione della storia dei piccoli schiavi, o almeno la loro comparsa. Come già più volte si è detto, l’autrice evita invece assolutamente di creare legami che modifichino i personaggi: anche le vicende amorose di Aurelio non durano più di un libro; è quindi necessario, se le storie sono troppo vicine, cambiare luoghi. Del resto è essenziale stringere i tempi, perché Aurelio non può invecchiare decisamente, l’imperatore deve essere sempre Claudio, suo amico, ed è probabilmente preferita come imperatrice Messalina, con i pettegolezzi che si porta dietro, piuttosto che Agrippina con tutte le complicazioni familiari e dinastiche. Così i personaggi restano stereotipi, anche se l’atmosfera di Pompei, su cui l’autrice sente pesare il futuro destino di distruzione, influisce sul protagonista, che indulge in riflessioni malinconiche. Il plot è complicato e piuttosto noioso, con il continuo riepilogare dei possibili colpevoli; bizzarra la scelta amorosa di una criminale sadica; tuttavia il movente dell’omicidio è ben ideato.
(torna a Comastri Montanari)
ii. Robert Harris, Pompeii, 2003, tr. it. Pompei, Mondadori 2003, anche in ed. tascabile
Il romanziere inglese ambienta il suo giallo a Pompei all’epoca dell’eruzione del Vesuvio, ma in realtà il grandioso, affascinante protagonista dell’opera non è il vulcano e nemmeno la città, ma l’acquedotto, l’Aqua Augusta voluta da Agrippa che si snoda attraverso la Campania. M. Attilio, il nuovo aquarius in sostituzione del predecessore misteriosamente scomparso, appartiene ad una famiglia da sempre dedicata alla costruzione e al controllo degli acquedotti: attraverso di lui siamo portati ad appassionarci a queste opere dell’ingegneria romana, e a cogliere l’importanza estrema (anche il plot è in fondo incentrato su questo) dell’acqua nella vita delle città e nel prestigio dei ricchi basato sui vivai di pesci e sulle terme. La crisi dell’acquedotto, che ha avuto un guasto alle pendici del Vesuvio, porta Attilio a trasferirsi da Miseno, dove sorveglia la grande cisterna Piscina Mirabilis, a Pompei: la ricerca del guasto si mischia con gli interessi di nuovi ricchi, con una vicenda amorosa, con l’incombere di segni che preannunciano fenomeni tellurici gravi e con macchinazioni omicide. Fra i personaggi spicca Plinio il Vecchio, scienziato curioso e uomo malinconico, accompagnato dal giovane scialbo nipote. La descrizione dell’eruzione è efficace, come pure la conclusione che vede la salvezza dei due innamorati raccontata come uno degli incredibili prodigi tramandati popolarmente; ma ribadiamo che il fascino del libro risiede nella passione con cui è fatto vivere l’acquedotto.
iii. Albert A. Bell jr, All roads lead to murder - a case from the Notebooks of Pliny the Younger, 2002
L’autore è un professore di storia americano, al suo primo giallo d’ambientazione romana, probabilmente l’inizio di una serie. Come si vede dal sottotitolo, il protagonista e io narrante è Plinio il Giovane, in viaggio in Asia Minore in compagnia di Tacito (nuovamente la scelta dell’epoca dà ragione alla Comastri Montanari). L’aspetto più curioso dell’opera risiede proprio nei due protagonisti: Plinio è il detective, in parte per impegno socio/politico in parte per amore; Tacito, sboccato e donnaiolo, gli fa a malincuore da spalla. Difficilmente ci saremmo aspettati questi ruoli: caso mai un Tacito/Holmes riflessivo e diffidente e un Plinio/Watson-Hastings un po’ ingenuo. Ma tant’è. L’epoca è successiva all’eruzione del Vesuvio: Plinio racconta ampiamente la storia di Pompei e della morte di Plinio il Vecchio, di cui conserva devoto affetto e copiose note scientifiche, nel corso della vicenda. In questa ha importante spazio la comunità cristiana (probabilmente su ispirazione della celebre lettera a Traiano) e in particolare il personaggio di S. Luca, che figura come medico e come autore del terzo Vangelo. Il plot è nel complesso piuttosto esile e prevedibile, mentre la vicenda amorosa e quella politica difficilmente potrebbero avere seguito in altri libri della serie, data la notorietà del protagonista.
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iv. Caroline Lawrence, The secret of Vesuvius, 2001, tr. it. I segreti del Vesuvio, Piemme junior 2004 (vedi più sotto)
v. Arthur Crane, Veneno absumi Pompeis, 2004, tr. it. I veleni di Pompei, Robin Edizioni, 2006
L’editrice
italiana pubblica una serie intitolata I luoghi del delitto,
comprendente una trentina di gialli, a volte singoli, a volte
raggruppati in miniserie, caratterizzati da un’introduzione relativa al
luogo (nel nostro caso anche all’epoca) di ambientazione. Il giallo che
presentiamo dovrebbe essere il primo di una miniserie (sottotitolo Le
inchieste di Meleagro 1) ambientata a Pompei e con lo stesso
protagonista. L’autore è un giovane archeologo americano che trae
spunto da alcune fonti: diverse iscrizioni pompeiane (puntualmente
citate dal CIL), un passo di Seneca sul terremoto
del 62 e vari riferimenti tacitiani, in particolare alla fattucchiera
Locusta. La storia è ambientata appunto nei giorni del terremoto e
s’incentra su alcuni delitti legati a intrighi politici ed economici;
il protagonista è un losco figuro, in passato legato a Nerone e poi
trasferito a Pompei dove vive sotto falso nome di imbrogli ed
espedienti, intercalati da riflessioni filosofiche e oscure visioni. La
soluzione della vicenda avviene nel corso di una festa in onore di
Nerone e Poppea, organizzata da Meleagro che mette in scena un processo
culminante con un suicidio e una condanna.
Il personaggio risulta eccessivamente carico di elementi
contraddittori, ma può incontrare interesse. Il plot è discreto, lo
stile piuttosto barocco, con similitudini francamente strampalate,
l’ambientazione pedante con parecchie cadute nelle desinenze latine.
Cum Grano Salis, 2005, tr. it. Il ventre di Pompei – Meleagro e la ricetta assassina, 2007
Il secondo titolo della serie accentua gli aspetti deteriori del primo:
protagonista molto più sgradevole e ancor meno credibile, un eccesso di
informazioni didascaliche (ricordiamo che la serie generale si chiama I
luoghi del delitto, con netta prevalenza
dell’ambientazione), insistenza su sesso, turpiloquio e flatulenze
(appena giustificabile con i riferimenti ai graffiti pompeiani), latino
approssimativo. Ma mentre nel primo il plot e il suo scioglimento
valevano la pena, qui il plot è confusissimo, con inutili effettacci
(teste mozzate, cadaveri squartati, chissà perché) e spiegazioni che
lasciano il tempo che trovano.
Per la cronaca: tutto si incentra su una ricetta segreta di Apicio
promessa in regalo al cuoco vincitore di una gara.
vi. Nino Marino, Rosso pompeiano, ed. L’Airone, 2005
L’autore è un non specialista del mondo antico: ha scritto testi teatrali, sceneggiature, fiction televisive ed è stato anche conduttore di trasmissioni TV. Scrive un giallo svelto e bel leggibile, dal plot piuttosto semplice, qualche saccenteria di troppo (non riesco più a leggere come si fa il garum o con che cosa lavano i lavandai) e un’impostazione interessante: il racconto in prima persona (del detective, un piccolo magistrato che punta alla rielezione) si svolge al presente, secondo modalità frequenti nella giallistica italiana: qui l’espediente narrativo permette di dipanare la vicenda in parallelo con le prime manifestazioni sismiche e di troncarlo, appena risolto il caso, a ridosso dell’eruzione del vulcano. Il libro si chiude con le due lettere di Plinio il Giovane a Tacito che raccontano l’eruzione, lasciando quindi in sospeso la sorte dei protagonisti.
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vii. Cristina Rodríguez, Les mystères de Pompéi, 2008 (vedi sopra)
viii.
Robert Colton, Pompeii – A tale of murder in ancient Rome, USA 2012
L’io narrante, un vecchio romano di nobilissima stirpe (discende dal suo omonimo più altre famose parentele- i Cornelii, i Claudii- e una specie di adozione nei Marcelli), scrive al giovane amico Appiano (lo storico greco) raccontandogli le sue avventure giovanili: il racconto è a puntate, intercalate da lettere in cui sono spiegati alcuni passaggi e particolari. Il primo romanzo è ambientato nel 62 d.C.: Marcello sta terminando il grand tour della maggiore età, in attesa di assumere un tribunato: passa per Pompei dove viene coinvolto in un assassinio, con conseguente ricerca di uno schiavo e di una misteriosa donna incinta. Giunto a Roma, è costretto a fuggire per una falsa accusa di parricidio, cui segue il ritorno a Pompei con una neonata a carico, un falso nome, un falso handicap, una falsa condizione servile; infine il terremoto, culti misterici fasulli e altro. In tutte queste vicende l’io narrante fa in realtà da spalla, una specie di Hastings particolarmente giovane e imbranato: il protagonista è il suo schiavo egiziano, Tay, che si finge il padrone, si introduce nella buona società pompeiana, si procura soldi, acquista un bordello e risolve il caso. Come poi Marcello riavrà nome e status risulterà nei libri successivi, ma già dalle lettere cornice è chiaro che si tratta di avventure giovanili superate. Romanzo lungo, un po’ prolisso, poco credibile, con personaggi sconcertanti. Molte citazioni, non sempre centrate.
Pompeii – A conspiracy among friends, USA-UK 2013
Collocato poco dopo il precedente (a breve è previsto il quarto anniversario della morte di Agrippina, quindi siamo nel 63) il romanzo mostra subito il limite della serie: essendo una storia raccontata a puntate nelle lettere ad Appiano, si esclude la possibilità di informare il lettore nuovo o distratto sugli eventi e i personaggi precedenti, cosa invece comune, con diversi espedienti, nei libri seriali. Appiano sa già tutto e ripetere sarebbe scortese. Così chi legge solo questo libro o chi non ha più freschissimo il precedente (si fa anche altro nella vita) resta all’oscuro: e l’elenco dei personaggi quasi peggiora le cose. La situazione in sé è talmente paradossale che capirla è già un problema: ci si chiede anche se ne vale la pena…Comunque: lo spunto del romanzo deriva da Ann. XIV, 17: nel 59, poco dopo la morte di Agrippina, una rissa fra pompeiani e nocerini al termine dei giochi gladiatori provoca la caduta di alcuni presunti responsabili e l’esclusione dei giochi per dieci anni. Su questo aneddoto tacitiano Colton costruisce quattro anni dopo una complicata rete di omicidi (uno certo, uno probabile) e presunti complotti, più volte esaminati, rivelati, contraddetti, da parte di un numeroso gruppo di persone, alcune d’invenzione, alcune storiche o presunte tali: difficile seguire, difficile ricordare nomi e persone, difficile anche capire perché Tay e Marcello dovrebbero interessarsene. Nel frattempo Marcello è diviso fra diversi amori, per lo più deludenti, mentre la sua reale condizione è continuamente a rischio di scoperta.
Come si capisce, non è un gran libro. Peraltro la situazione iniziale sarebbe interessante: Marcello si trova nell’atrio di una casa a restaurare una statua e vede passare sei persone dirette allo studio della persona che sarà trovata morta. Uno spunto di detection che va sostanzialmente perduto.
Pompeii - Hazard at Bay, USA-UK 2014
E’ il secondo dei tre romanzi editi nello stesso anno dal prolifico autore. Nei
tre mesi successivi a A Conspiracy Tay diventa amico di
Nerone, ne riceve grandi doni e ottiene che sia tolto il bando ai giochi del
circo di Pompei; smaschera Helvius, il ricchissimo sacerdote di Venere,
rischiando la vita. Marcello gli fa come sempre da spalla.
Pompeii – Pluto’s Maze, USA-UK
2014
Pompeii: Boudicca in the arena, USA-UK 2014
All’inizio di questo libro sono trascorsi altri nove mesi, senza eventi salvo la ricostruzione dell’arena per i giochi finalmente concessi e la ricostruzione in grande stile della casa di Tay e Marcello. Il rapporto con Gavia, finalmente un personaggio interessante, è reso difficile dalla memoria del marito morto tragicamente, ma rende appagato Marcello. Il rapporto con Tay è invece sempre più forzato: Marcello si comporta sempre meno da schiavo e la loro finzione è poco credibile; per contro l’autore insiste molto sull’amicizia che li lega, senza venature erotiche perché ognuno dei due ha scelte personali.
E’ evidente che il tema dei giochi del circo è il Leitmotiv intorno a cui ruotano la vicenda e l’intento descrittivo dell’autore: anche le lettere ad Appiano si riferiscono soprattutto al Colosseo. I primi giochi dopo il bando di Pompei sono organizzati da due candidati all’edilità e intendono culminare con il combattimento di una gladiatrice britanna, soprannominata Boudicca come l’antica regina. Pompei si riempie di Britanni e tre di essi muoiono in drammatiche circostanze, come pure un’altra gladiatrice: tutto sembra ruotare intorno a Boudicca, variamente contesa. Mentre iniziano i giochi attesi Gavia viene rapita e sarà ritrovata da Marcello dopo altre morti e catture nell’arena stessa. Poiché uno dei candidati si ritira Tay verrà eletto al suo posto: a quanto pare l’anagrafe censoria non era molto accurata.
Nel complesso il romanzo si fa leggere. Un piccola confusione di date: la morte di Agrippina è fatta risalire ora a cinque (correttamente) ora a dieci anni prima. Ma succede.
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ix. Marinella Gagliardi Santi, Defixiones – il mistero delle tavolette magiche, 2012
L’autrice racconta nella postfazione che il romanzo è nato dal lavoro per la tesi di laurea in epigrafia greca: per prepararla aveva studiato un gran numero di tavolette magiche e di formule di maledizione; inoltre gli studi di lettere classiche le hanno fornito testi poetici, conoscenze storiche e antiquarie e topoi letterari. La storia è ambientata a Pompei verso la fine dell’impero di Vespasiano: protagonisti una famiglia di imprenditori navali, dove vive come quasi-figlia una trovatella, e un presunto mago specialista in formule magiche, maledizioni e medicine, che ha allevato un trovatello come aiutante. L’ambientazione è quella della navigazione, resa pericolosa da tempeste e pirati, e quella delle corse di bighe e quadrighe, con rivalità al limite del delitto. S’intrecciano storie di vicini, vicende amorose concluse o a lieto fine, agnizioni, feste e spettacoli, e non manca, topos ineludibile per Pompei, la partecipazione di Plinio il Vecchio. La conclusione vede i protagonisti in fuga da Pompei per evitare il ritorno del presunto colpevole: si preannuncia, con un terremoto, la sorte futura della città.
L’interesse sta nel gran numero di testi di defixiones riportati in foto e tradotti, con note esplicative: è evidente che la storia è costruita intorno a questi.
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III 12b. Il tema di Olimpia e delle Olimpiadi
Un
tema frequente sia nell’ambientazione greca sia in quella romana. Ampie
allusioni anche nell’ultimo romanzo della Doody, ambientato in Asia ma
in cui si parla dei giochi olimpici in occasione della proclamazione
del contestatissimo decreto di Alessandro sul rientro degli esuli
(presumibilmente le Olimpiadi del 324 a.C.)
Thanos Kondylis, Omicidio a Olimpia (trad.it.)
Alain Surget, Menace à Olympie.
III 12c. Il tema di Alessandria
La città ellenistica affascina i giallisti, tanto da ambientarvi parecchie opere delle varie
serie, seppure in epoche diverse. Rinviamo ai relativi titoli
(cliccare sul titolo per portarsi sull'opera)
Doody, Delitti d’Egitto
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III 12 d. Il tema della Britannia
Poiché la maggior parte dei giallisti sono inglesi o anglofoni,
troviamo spesso l’ambientazione in Britannia, coi topoi relativi (la
casa rotonda, i Druidi, l’ingombrante presenza romana, in quelli d’età
imperiale la presenza dei cristiani).
(cliccare sul titolo per portarsi sull'opera)
III 12 e. Il tema degli acquedotti
Lindsay Davis,
Three Hands in the FountainRobert Harris, Pompeii
Fabian Lenk, Die Spur führt zum Aquadukt
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III. 13. Albert A. Bell jr., la serie di Plinio il Giovane
All roads lead to murder - a case from the Notebooks of Pliny the Younger, 2002 (v. sopra)
The blood of Caesar, 2008
Nella prefazione l’autore rivela di aver avuto molte difficoltà a continuare la serie, tanto da aver cominciato e interrotto più volte il secondo libro, terminandolo solo per le insistenti richieste. Il motivo è probabilmente quello da noi preannunciato: Plinio è un personaggio pubblico, difficilmente inseribile in una fiction; inoltre la coppia Plinio-Tacito è incongrua e poco funzionale. E’ comunque finalmente uscito il secondo libro della serie, ambientato a Roma pochi mesi dopo il precedente, della cui vicenda non restano più tracce se non la rivalità col personaggio negativo e la fama di detective acquisita da Plinio. Dopo un buon inizio, con un cadavere scoperto nella biblioteca ed esaminato da Plinio su richiesta di Domiziano, il romanzo s’incentra sulla ricerca di eventuali discendenti di Cesare e Augusto, che potrebbero costituire un pericolo per l’imperatore. L’indagine, in cui hanno parte rilevante gli ebrei deportati da Gerusalemme, il filosofo stoico Musonio Rufo e Agricola, suocero di Tacito, si dilunga eccessivamente, mentre il lettore ha già capito tutto con largo anticipo: ha però buoni momenti, come l’esplorazione dei resti della Domus aurea e la fuga da Roma. C’è posto anche per una vicenduola d’amore, pure questa senza seguito.
L’autore spiega nella prefazione di aver dovuto a malincuore usare il termine princeps invece di imperatore (giustamente); sarebbe preferibile però che evitasse di usare le parole re e regno tabuizzate dai romani, tanto che Domiziano si fece chiamare dominus ac deus ma non rex.
The Corpus Conundrum, 2011
L’autore trae anche qui spunto da alcune lettere di Plinio: due citate esplicitamente, in cui è descritta la villa di Laurentum e la caccia ai cinghiali, e altre implicitamente, in cui lo scrittore latino racconta episodi misteriosi e paranormali; inoltre fa riferimento ad un passo di Plinio il Vecchio che commenta la straordinaria vicenda di Aristea narrata da Erodoto. Da questi testi Bell ricava una storia bizzarra e per più versi ambigua. A Laurentum, durante una caccia, viene trovato un corpo, apparentemente morto ma senza tracce della causa di morte; Plinio lo fa portare in una stalla e pone delle guardie a sorvegliare la porta chiusa. Al mattino il corpo è sparito e la coperta in cui era avvolto è disposta come se ancora lo contenesse: aperta, mostra l’impronta di un volto. Successivamente compaiono un uomo e una donna, ciascuno dei quali proclama che lo scomparso è suo padre, raccontando storie di magia. Nell’indagine, Plinio si trova ad affrontare i duumviri ansiosi di chiudere la faccenda liquidando antichi problemi familiari, diversi cadaveri, due prostitute in cerca di protezione e la continua minaccia del suo accanito nemico politico. Diviso fra un accanito razionalismo, le provocazioni di Tacito (particolarmente buffonesco in questo terzo romanzo) e l’inspiegabilità di fatti misteriosi, Plinio giunge ad una parziale soluzione che lascia aperte ipotesi più oscure.
Non si può fare a meno di pensare che la vicenda di partenza (sparizione del corpo, coperta in quella condizione, impronta del volto) richiami la Resurrezione e la Sindone: se è così restiamo perplessi: è una parodia? E lo è anche la battuta “what if he gets up and walks out of the cave?” a proposito di un altro morto sepolto in una grotta secondo il rito ebraico?
Death in the ashes, 2013
Al quarto libro della serie si capisce l’intenzione di creare titoli in ordine alfabetico (non era chiarissimo: All..., ma The Blood... e The Corpus...). Peraltro dopo il terzo l’autore ha pubblicato un ebook, The Flute player, fuori serie ma con protagonisti dell’epoca.
Le ceneri sono quelle dell’eruzione del Vesuvio, vicenda di nuovo ampiamente raccontata e sofferta da parte di Plinio. L’occasione è un viaggio nei pressi di Napoli su richiesta della protagonista del primo romanzo, Aurelia, ora sposata e quasi al termine della gravidanza. Suo marito Cornelio è stato accusato dell’assassinio di una liberta (cristiana: il simbolo del pesce non viene capito né spiegato), in quanto scoperto vicino al cadavere con il coltello insanguinato in mano. L’uomo rifiuta di parlare e perfino di ricevere visite in carcere: dall’indagine risulta che negli ultimi anni si è quasi rovinato economicamente; all’uccisione della liberta si aggiunge un tentativo di rapimento di Aurelia, sventato da Plinio. Un terremoto provoca la caduta di parte della prigione e la fuga di Cornelio che si rifugia nella sua vecchia casa, quasi del tutto coperta dalle ceneri solidificate della vecchia eruzione. Plinio e Tacito, che come sempre lo accompagna, riescono a penetrare nei cunicoli scavati nelle ceneri e raggiungono l’uomo, che rivela finalmente di essere ricattato per una lettera compromettente scritta a Elio Lamia, primo marito della moglie di Domiziano e giustiziato da tempo. La vicenda s’inserisce quindi in eventi storici, in cui è compreso anche Cornelio Fabato, padre di Cornelio (il cui ruolo storico è invece ignoto). Assalti, incidenti, assassinii, un nuovo crollo, bambini scambiati, femmine scambiate per maschi, un parto fortunoso, la vecchia schiava misteriosa, i soliti discendenti dei giulii, un incendio doloso, schiavi perduti e recuperati... C’è veramente un po’ troppo. Tacito è il solito carattere poco credibile (ora anche bisex), Plinio è diviso fra il grande amore (una schiava), un fidanzamento forzato imposto dalla madre e la promessa di sposare a suo tempo la piccola neonata, Cornelia: per fortuna dall’epistolario risultano almeno due mogli.
The Eyes of Aurora, 2014
Il quinto libro (la lettera E) è decisamente incentrato sul dilemma amoroso. Appena tornato dalle avventure del romanzo precedente, Plinio ottiene un successo in tribunale che gli procura l’ulteriore stima della potenziale suocera e un incremento di ostilità da parte dell’avvocato della difesa, quel Regolus già incontrato in precedenza come nemico dei Plinii ed effettivo personaggio storico legato a Domiziano; ma prevale su preoccupazioni matrimoniali e politiche l’interesse manifestato da Aurora per una donna incontrata per caso col suo bambino e bisognosa di aiuto. Plinio con Tacito ed Aurora va in sua ricerca. S’imbattono in un orrendo delitto, descritto con i massimi toni splatter: l’indagine sembra coinvolgere il famoso quadrato rotas/opera/tenet/arepo/sator, di cui vengono date varie interpretazioni, sostanzialmente inconcludenti e politicamente pericolose. Nel frattempo Plinio si arrende all’evidenza degli affetti: è chiaro che siamo al centro della vicenda, soprattutto quando, dopo un incontro amoroso, Aurora ha un incidente che la rende cieca (da cui il titolo). Dopo la macchinosa soluzione dell’indagine, Aurora riacquista miracolosamente la vista e le nozze combinate si spostano sulla sorella vedova della candidata precedente, felicemente disposta ad essere moglie solo di nome.
Alcune osservazioni. Tacito è qui meno gradasso che negli altri libri, legato alla moglie e al suocero Agricola e molto dedito alla causa repubblicana; Plinio per il prevalere dell’elemento amoroso finisce col perdersi come personaggio di detection e ultimamente come personaggio storico. Soprattutto diviene sempre più presente e di difficile interpretazione il topos del Cristianesimo: un personaggio, Jacob, si rivela come cristiano (a differenza del libro precedente qui l’indicazione è esplicita), propone la celebre interpretazione del quadrato rotas... come crittogramma del Pater Noster, cita il buon samaritano e appare in visione ad Aurora ridandole la vista secondo le modalità del miracolo del cieco nato. Plinio è presentato come ateo: le intenzioni dell’autore nel dare tale svolta alla storia non sono chiare.
Infine: capiamo che il lettore che non sa il latino abbia difficoltà con il quadrato delle rotas: ma una soluzione migliore del far spiegare da un romano che rotas significa wheels si poteva trovare!
Fortune’s fool, 2017
Il sesto libro della serie, lettera F. Da questo libro sembra che il titolo acquisti un significato più profondo, come indicano le frasi d’autore sul tema della fortuna all’inizio di ogni capitolo. Plinio ha sposato la figlia vedova di Pompeia Severina, secondo gli accordi di fidanzamento già preannunciati. I due sposi intendono essere sposati solo di nome, dato che la moglie è ha un’esperienza coniugale molto negativa (è adombrato un uxoricidio), ma ogni tanto risulta che prima o poi dovrebbero fare in modo di avere un erede, soprattutto per le insistenze della madre di Plinio. D’altra parte Aurora non ha altro status se non quello di schiava e cerca di tenere nascosto il legame col padrone, peraltro evidente e tale da suscitare l’odio della moglie e della suocera. Per sanare in parte la situazione, Plinio decide di farla sposare ad un altro schiavo, già marito dell’ultima concubina di suo zio: lo schiavo è fisicamente impedito e non rischia quindi di abusare delle nozze di facciata. La notizia dell’imminente matrimonio viene però comunicata solo all’ultimo momento ad Aurora, che se ne risente, anche perché ha scoperto di essere incinta, e il difficile rapporto fra i due amanti diviene il Leitmoviv del libro.
L’ambientazione è nella tenuta di Como, ereditata dal padre Cecilio e finora trascurata. Plinio decide di riorganizzarla e in particolare di abbattere un muro per allargare la casa. Ma nel muro viene trovato uno scheletro, evidentemente postovi quando il muro era stato aggiunto con motivi vaghi dal padre di Plinio all’epoca di una tempesta sul lago in cui era scomparso il marito di Pompeia. Plinio comincia a informarsi su una persona scomparsa a quell’epoca, ma trova reticenze e minacce e infine sua moglie viene rapita: come riscatto la richiesta è di trovare e consegnare un documento di cui Plinio non sa nulla. Nella ricerca della donna si scopre una villa nascosta nei boschi dove evidentemente si svolgevano orge disgustose, di cui restano tracce negli affreschi. L’indagine porterà alla scoperta di retroscena sgradevoli nella storia delle famiglie di Plinio, di Pompeia e di un loro amico, nonché di parentele sconosciute e imbarazzanti. In un finale senza più colpevoli da processare, Pompeia viene ritrovata con l’aiuto di Aurora, che però nell’impresa perde il bambino.
Decisamente un bel libro, dal plot ricco di colpi di scena e di personaggi interessanti. Tacito e sua moglie Giulia collaborano pienamente alla vicenda, mentre i rapporti con ebrei e cristiani dei libri precedenti sono un po’ tralasciati, sostituiti dal tema della tyche più consono a Plinio. In finale è riportata una lettera dell’epistolario di Plinio che sembra trovare particolare significato nella fiction.
The gods help those, 2018
Il settimo libro della serie, lettera G. All’inizio del romanzo un magazzino di Plinio crolla per l’esondazione del Tevere seppellendo delle persone che si trovavano all’interno. Nell’ispezione del luogo Plinio scopre oltre ai cadaveri una donna ancora viva e incosciente, un neonato nascosto e un uomo assassinato, con cuciti in bocca 30 denari. Sia l’uomo sia il bambino sono circoncisi. L’indagine si sposta nell’ambiente ebraico, già ampiamente presente nella serie a causa di alcuni schiavi e dell’interesse della madre di Plinio per quella religione. Mentre Aurora si affeziona al bambino, Plinio aiutato come sempre da Tacito svolge un’indagine che finisce per coinvolgere anche l’uccisione di un console designato, avvenuta poco prima. La scoperta dell’identità della vittima trovata nel magazzino porta ad un collegamento con la regina Berenice, rimasta di nascosto a Roma anche dopo l’allontanamento da parte di Tito. Qui il plot diventa quanto mai complicato e truculento, fino ad una serie di morti da cui si salva solo il neonato, ormai affidato ad Aurora e, forse, a Plinio. Non un bel libro, dal plot poco credibile e con la situazione insolubile dei due amanti ormai radicalizzata. Si aggiunge una pseudomorte di Plinio (morte apparente? resurrezione?) decisamente imbarazzante non solo per lo scettico protagonista. Interessanti i riferimenti biblici, in particolare al libro di Zaccaria.
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III. 14.
Rosario Magrì, La serie di Claudio Galeno.
Il medico è l’io narrante, ma c’è anche un secondo autore, un giovane discepolo, cui è riservata la conclusione. In questo secondo libro le vicende dell’anziano medico, favorito di Settimio Severo ma bramoso di ritornare a morire in patria, s’intrecciano con delitti che hanno luogo ad Ostia, dove Galeno è bloccato in attesa di ottenere il permesso di salpare. La detection è divisa fra Galeno e il capo dei vigili di Ostia, Ponzio Epafrodito: per entrambi la soluzione finale sarà un’amara sconfitta. Piuttosto confuso per l’assenza di un vero protagonista e quindi di un’unità d’azione, il libro risente di vari modelli, dal tenente Colombo ai libri di Sciascia.
Successivamente Ponzio Epafrodito diviene unico protagonista di una nuova miniserie: disordinato nel vestire e privo di ambizioni, riecheggia molti protagonisti di gialli e fiction. Il primo libro della serie è Il sale in bocca (1990), il secondo è questo che recensiamo:
Indagine sulla morte di uno schiavo, 1991
Nel porto di Ostia viene trovato il cadavere di un giovane egiziano, fuggito dal proprietario di un magazzino che lo teneva come schiavo: la morte è stata provocata da una lima infissa nel collo. Epafrodito scopre che il giovane era giunto dall’Egitto al seguito del prefetto Curzio Rufo, scomparso in mare durante il viaggio che doveva portarlo a Roma ad accusare di malversazioni i responsabili del trasporto del grano. La sparizione di documenti da presentare al processo hanno provocato la condanna postuma dello stesso prefetto e l’impossibilità di far valere la sua intenzione di dichiarare il giovane compagno di viaggio figlio ed erede: quest’ultimo fatto è reso più grave dalla morte del giovane e dall’esistenza di un grosso patrimonio rimasto in deposito in Egitto. Mentre la complice della sua evasione viene trovata uccisa nello stesso modo, una giovane prostituta decide di lottare per vendicare il morto che amava. In un intreccio di personaggi distribuiti fra Ostia e Roma, Epafrodito riesce a scoprire i colpevoli, far condannare personaggi di grande rilievo politico e assicurare alla ragazza il denaro dell’eredità. Decisamente più ottimista sulla giustizia rispetto al romanzo recensito in precedenza, il libro risulta confuso in troppi passaggi, un po’ esagerato nella caratterizzazione dei personaggi e un pochino noioso.
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III. 15. Jean d’Aillon, La serie di Lucius Gallus
Attentat à Aquae Sextiae, Paris 2006 (I ediz. Paris 2000)
L’autore
è un economista già autore di una serie di gialli ambientati nella
Francia di Luigi XIII. Con questo giallo entra nel filone classico e vi
entra da provenzale: infatti l’ambienta nella sua città, Aquae
Sextiae, poi
Colonia Iulia, attualmente Aix-en-Provence. Due dati
evidenti: l’interesse archeologico che lo porta a inserire nel romanzo
tutti i vari siti archeologici della città, legandoli insieme
arditamente; l’interesse diremmo nazionalistico per il mondo dei Galli
(in particolare i Galli Salii, abitatori della zona prima della
conquista da parte romana). Questo secondo aspetto accomuna d’Aillon
soprattutto ai giallisti inglesi, sempre tesi a rivendicare l’identità
britanna nei gialli d’ambientazione romana.
Il romanzo è collocato durante l’impero d’Augusto e s’incentra su un
complotto riguardante la successione dinastica: utilizzando dati
storici, congetture e fiction, l’autore crea un plot serrato e
credibile, con buoni colpi di scena e un’ambientazione attraente. Il
difetto fondamentale (nonostante nei ringraziamenti si parli di
controlli qualificati) sta nella pretesa di insistere sull’uso di
parole latine, dalle desinenze veramente "affreuses"!!
Le complot des Sarmates, 2001
La Tarasque, 2003
I due romanzi sono stati ripubblicati insieme nel 2008
Il successo della precedente opera ha spinto l’autore alla decisione (piuttosto infelice) di creare una miniserie, con due romanzi brevi, ambientati sempre ad Aquae Sextiae. Il primo si svolge nel 17 d.C.: sono passati tredici anni, il protagonista della miniserie, Lucius Gallus, compare solo alla fine, il figlio adottivo Marcus (continua il topos dei figli adottivi) e un gladiatore, Beryllus, vanno in cerca di una giovane scomparsa, amata da Beryllus. Nella storia entra una ricca imprenditrice di origine sarmata, Mesie Divina, organizzatrice di un complotto a favore del suo popolo. Un paio di colpi di scena non impediscono che il romanzo sia di scarso valore: i consueti riferimenti archeologici, una lapide, due ville, dei granai, vari mosaici, appesantiscono, piuttosto che rendere più credibile, la storia.
Il secondo si svolge nel 32: Marcus e Beryllus, quest’ultimo affrancato e divenuto cittadino romano, tornano in patria dopo vari anni di servizio militare in Palestina. Sbarcati a Marsiglia, incontrano una donna ebrea, Judith, giunta in Gallia con lo scopo di ritrovare Marta di Betania, che suo padre aveva amato tanto da lasciarle in eredità dei beni. A Marsiglia si trovano Lazzaro e Maria, ma Marta ha risalito il Rodano per diffondere il Vangelo; Judith decide quindi di seguirne le tracce, dopo aver soggiornato, come ospite di Marcus che è attratto da lei, presso suo padre ad Aquae Sextiae. A casa di Lucius Gallus si svolge una discussione sull’ebraismo e su Gesù, fra scettici ed interessati. Ma si viene anche a sapere che nelle paludi vicino a Tarascona di trova un orribile mostro che assale i viandanti, li uccide o li rapisce: la stessa Marta sembra sia scomparsa così. Si forma quindi una carovana che comprende Judith col suo seguito e Marcus e Beryllus come difesa, insieme ad altri viaggiatori: una troupe di giocolieri di cui fa parte una giovane prostituta, un medico con la figlia, un giovane studioso, un banchiere (qualche ricordo di Ombre rosse?). La carovana viene attaccata, il mistero del mostro svelato, i cattivi puniti, Marta ritrovata sana e salva, la prostituta liberata per la sua triste storia (un aggancio al romanzo precedente)… Insomma, un romanzo d’avventure piuttosto rozzo. I riferimenti al Cristianesimo sono sicuramente rispettosi, ma un po’ posticci.
III. 16. Gisbert Haefs, Roma - Der erste Tod des Mark Aurel, Diana Verlag, 2001; tr. it. Roma - La prima morte di Marco Aurelio, ed. Tropea, 2004
In questo ampio romanzo Haefs introduce in modo originale alcuni personaggi storici: fra gli altri, oltre a Marco Aurelio, il futuro imperatore Settimio Severo e i due neosofisti Luciano e Apuleio (chiamati sempre poeti, anche se caratteristica della neosofistica è l’uso della prosa retorica); inoltre crea una folla di personaggi curiosi, compagnie di attori vaganti, una ex schiava greca che scrive i testi rimaneggiando e attualizzando il repertorio di comicità grecoromana, un ragazzo col suo cormorano che osserva tutto ma ha anche un suo sogno nostalgico, un esercito sotterraneo di mutilati e mostri guidati da un capo mascherato, mercanti cinesi, superstiti etruschi, archivisti che proteggono testi sconosciuti, soldati di ogni tipo di esercito, un rinoceronte spesso in fuga…Fra questi si muove Pacuvio, appartenente ai servizi speciali ma inserito in un gioco (doppio, triplo) misterioso.
C’è molto, anche troppo, materiale per un bel romanzo. Ma la scrittura è fastidiosa: molte descrizioni, moltissime metafore, molte riflessioni, sogni, citazioni letterarie (spesso irridenti), probabilmente con l’ambizione di ricreare uno stile da neosofista. Forse non amo molto la neosofistica, Luciano in particolare, e quindi preferirei un romanzo che, con gli stessi ingredienti, raccontasse in modo diverso.
Das Schwert von Karthago, 2005, tr. it. La spada di Cartagine, Tropea 2008
L’autore ha una particolare predilezione per l’ambientazione cartaginese. Oltre al romanzo storico Hannibal del 1999, nello stesso anno ha pubblicato il giallo Hamilkars Garten (entrambi i romanzi sono editi in italiano da Tropea coi titoli Annibale e Il mercante di Cartagine), di cui questo romanzo è la prosecuzione. E’ plausibile anche che si tratti di una serie con un seguito, la serie cioè di Bomilcare: anzi, se i continui riferimenti ad Hamilkars Garten rendono a volte un po’ oscuro il romanzo attuale, alcuni nodi lasciati (appositamente?) irrisolti alla fine aprono spazio per altri libri.
Bomilcare è il capo delle guardie a Cartagine nel periodo intermedio fra la prima e la seconda guerra punica. Ha militato in Spagna con Amilcare, di cui ha grandissima stima. Si sa che nel romanzo precedente ha avuto uno scontro con Annone, lo storico capo del partito opposto ai Barca, e stretto amicizia, seppure cauta e diffidente, con un giovane diplomatico romano, Letilio. Entrambi i personaggi ricompaiono in questo libro, così come la compagna di Bomilcare, un’orafa greca, appartenente al tipo delle mogli/compagne colte, intelligenti e collaboratrici occasionali del detective.
La vicenda s’incentra sulla morte (organizzata?) di un nobile cartaginese e la scomparsa (forse?) di una spada di grande importanza storica e politica. La notizia della morte di Amilcare in un’imboscata in Spagna rende urgente la soluzione, perché tutti gli equilibri politici e militari sono in pieno riassetto. Diffidente nei confronti di tutti, Bomilcare cerca alleanze anomale, come il popolo dei bassifondi guidati da una donna gigantesca e bellissima: un topos ormai, quello dell’aiuto dei fuorilegge, presente sia in Roma dello stesso autore sia ad esempio in The Ghosts of Glevum della Aitken Rowe (2004). L’indagine porta Bomilcare ad Alessandria e in Spagna, dove ritrova Asdrubale, genero e successore di Amilcare, e in diversi luoghi legati alla rivolta dei mercenari conclusasi pochi anni prima.
La soluzione finale che, come si diceva, lascia alcuni aspetti in sospeso, è raccontata con un buon ritmo e alcuni colpi di scena. Nel complesso la scrittura è un po’ meno carica che in Roma, quindi più leggibile; ma la storia, forse anche per i nomi dei personaggi difficili da memorizzare, è un po’ faticosa da seguire. Curioso il fatto che anche qui, come in Roma, compaia una biblioteca con libri rarissimi o sconosciuti (qui il legame con la storia manca del tutto).
Die Mörder von Karthago, 2010, tr.it. Gli assassini di Cartagine, 2012
Ritroviamo Bomilcare, ormai chiaramente seriale, impegnato inizialmente in tre casi di assassinio, uno dei quali, la morte di un buddhista ospitato nel tempio di Baal, sembra legato al nemico politico di Bomilcare e della casa dei Barcidi, Annone. Subito si aggiungono altre morti e la notizia di una pericolosa evasione, ma Bomilcare è allontanato dalle indagini e mandato a Roma a proteggere un’ambasceria. Da qui si succedono una serie di avventure, che coinvolgono Bomilcare, un suo giovane compagno e l’amico/nemico romano Letilio: si aggiungono uomini e donne dei bassifondi, l’ebreo guardiano della casa dei Barcidi, sottoposti ufficiali e ufficiosi di Bomilcare, e altri già noti o nuovi. La scrittura è gradevole, i personaggi interessanti, l’ambientazione credibile e non troppo pesante, la scelta dell’epoca storica vista dalla parte cartaginese è come sempre suggestiva. Ma la soluzione del plot è confusa, procede lentamente e per salti, lasciando qualcosa di oscuro. C’è un buon colpo di scena e una frettolosa scoperta nelle ultime righe.
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Medicus, 2006 in UK, 2007 in USA
L’autrice inglese è al suo primo romanzo. L’impressione generale è di déjà-vu:
una mescolanza di temi quali il rapporto Romani/Britanni in età
imperiale (qui siamo all’epoca del passaggio fra Traiano e Adriano), il
protagonista decaduto, solitario ma non cinico, oppresso da una serie
di famigliari in guai finanziari (evidente richiamo a Didius Falco),
l’ambiente militare (Ruso, il protagonista, è medico dell’esercito
stanziato in provincia), la ragazza dal carattere difficile ma
finalmente innamorata (molti gli archetipi, dalle schiave straniere
come la Bethesda di Saylor alle ragazze di spirito indipendente come la
Helena della Davis). Inoltre il ritmo è lentissimo, non riscattato
dall’umorismo reclamizzato in quarta di copertina ma francamente
modesto (sul clima e il cibo inglese ridono giusto gli inglesi). Può
piacere o meno il sotteso impegno sociale: in una storia incentrata
sull’ingaggio forzato e violento di prostitute il riferimento
all’attualità è esplicitamente indicato nell’Author’s note
finale.
Nonostante questi limiti, si arriva allo scioglimento con abbastanza
interesse, si apprezza il lieto fine condito di una certa realistica
amarezza e ci si compiace dell’approccio rispettoso sia alla
religiosità indigena sia alla problematicità del romano aperto ad ogni
possibilità.
Avvertiamo che vicende editoriali molto scorrette hanno portato questo
libro ad uscire con tre titoli: Medicus and the Disappearing
Dancing Girls, ed.
M. Joseph 2006 (UK), Medicus:
a Novel of the Roman Empire, Bloomsbury
USA 2007, Ruso and the Disappearing dancing girls,
Penguin Books 2007 (UK). Soprattutto chi conosce solo
l’edizione americana, dal titolo generico, rischia di ricomprare il
libro, pensando ad un altro della serie.
Ruso and the demented doctor, UK 2008 - Terra incognita, USA 2008
Il secondo romanzo della serie è apparso nuovamente con diversi titoli. In UK il titolo (si presume quello originario) allude ad uno dei personaggi della storia, un medico che è, o finge di essere, pazzo: i dialoghi fra lui e Ruso assomigliano a dialoghi di Alice in Wonderland e costituiscono un iniziale elemento comico. Il titolo USA è una più banale espressione latina, che sembra imitare i titoli della Comastri: altre ve ne saranno in seguito.
Ruso lascia la più civilizzata Deva per andare a nord fino al confine dal tracciato ancora incerto tra Romani e Barbari: lo scopo è di ricondurre Tilla al paese da dove è stata rapita e privata della famiglia e dei beni. Giunto al forte che sorveglia il confine, deve lasciare il resto dell’esercito per occuparsi dell’infermeria rimasta priva del medico presunto pazzo e affidata alle cure inette e fraudolente dell’aiutante; ma al forte vi è anche il cadavere decapitato di un trombettiere, la cui morte è variamente attribuita. Ogni cosa comunque deve essere risolta in pochi giorni, perché sta per giungere il governatore con un nuovo medico.
L’indagine per l’assassinio viene continuamente ostacolata: da un ufficiale romano furbo e infido, dai Britanni divisi fra ostili all’impero e venduti ad esso, da intrecci amorosi, affettivi e patriottici in cui la stessa Tilla è implicata, dalle credenze religiose abilmente sfruttate da un personaggio la cui identità resta ignota.
Al termine tutto viene scoperto e risolto nel modo migliore, anche se il merito di Ruso rimane misconosciuto; il ritorno malinconico a Deva è però rallegrato dalla ricomparsa di Tilla e dalla vaga prospettiva di un matrimonio: alla romana, però, perché alla britanna costa troppo allo sposo!
Il romanzo ha pagine attraenti, soprattutto la festa drammatica presso i nativi e la congiura delle donne contro l’assassino. Ma è molto lungo e andrebbe decisamente sfoltito.
Ruso and the root of all evils, 2010 (in USA il titolo è Persona non grata)
Terzo libro della serie Ruso è richiamato in patria (in Gallia) da una crisi familiare, e approfitta di un incidente per farsi dare una lunga licenza. Nel viaggio è accompagnato dalla giovane britanna con cui vive, sicché tutta la vicenda, e gli usi della Gallia romanizzata, sono osservati con gli occhi scandalizzati di lei. Il rischio di eccesso ideologico è riscattato dall’immagine disincantata della rissosità dei barbari e dalla presentazione sostanzialmente positiva delle comunità cristiane. Il plot giallo, incentrato su una nave scomparsa col carico e sull’assassinio di un creditore pericoloso, non è particolarmente interessante, ma comunque si fa leggere.
Il modo dell’assassinio suscita qualche timore a chi in vacanza acquista e assaggia prodotti alpestri!
Semper fidelis, 2013
Al quinto libro della serie l’autrice rinuncia al doppio titolo
inglese/americano e sceglie decisamente la formula latina. Così si
perdono titoli più suggestivi (il quarto, in USA Caveat
emptor, in UK era
Ruso and the river of darkness) con qualche rischio di
ambiguità: il titolo di questo libro è il motto di diverse milizie
italiane e americane, anche se l’autrice in un’intervista ha negato di
esserne a conoscenza. Data la tendenza della Downie di attualizzare le
problematiche dei suoi libri, restiamo un po’ dubbiosi sulla conclamata
ignoranza e ci chiediamo se il pesante tirocinio delle reclute che dà
lo spunto al romanzo non faccia riferimento a metodi militari moderni.
Ruso e la moglie Tilla giungono ad Eboracum (York) dove un gruppo di
reclute provenienti da famiglie britanne stanno completando
l’addestramento per poi essere smistate nell’esercito stanziato a Deva
(Chester). Qui scoprono alcune morti attribuite fatalità: un
annegamento, un suicidio, un incidente nell’addestramenti : inoltre un
episodio di autolesionismo e una diserzione. Ogni tentativo di indagare
viene bloccato dalla scomparsa di documenti, pedinamenti e minacce Nel
frattempo l’imperatore Adriano con la moglie Sabina, il segretario
Svetonio e i pretoriani comandati dal pavido Clarus viaggiano verso il
vallo in costruzione, ma sono costretti ad una sosta ad Eboracum. Qui
avviene una svolta alla vicenda: il centurione preposto
all’addestramento è trovato ucciso: nell’agitazione per la presenza
dell’imperatore e i preparativi del trasferimento a Deva, Ruso stesso e
il disertore scoperto vengono accusati dell’assassinio.
La marcia verso Deva ha una tappa imprevista: nella notte le reclute
disertano, costringono il centurione superstite a confessare le pesanti
angherie e ottengono dall’imperatrice Sabina impunità per tutti e la
liberazione degli accusati. Adriano, che aveva proseguito il cammino
verso il vallo ma si affretta a tornare, ha con Ruso (sua vecchia
conoscenza) un colloquio in cui la verità sulla morte del centurione
viene rivelata e subito coperta. In cambio del silenzio Ruso ottiene la
cittadinanza romana per la moglie.
Nel complesso un buon libro, che tiene desta l’attenzione fino alla
fine, senza nessun cedimento di saccenteria. Il ruolo di Tilla è molto
ampliato rispetto ai precedenti romanzi: personaggio di difficile
costruzione, un po’ sopra le righe, incerto fra l’ingenuità del
barbaro, l’orgoglio della propria origine, l’incoscienza e
l’avventatezza femminile, l’ignoranza e una diversa cultura…Deve ancora
raggiungere la compattezza di altri personaggi analoghi.
Tabula rasa, 2014
Con un brusco inizio in medias res e una certa pretesa che il lettore conosca storia pregressa, situazione politico/militare, personaggi e diversi gradi della gerarchia militare, si resta un po’ sconcertati e si rischia di perdere elementi importanti: anche perché il romanzo è lunghissimo e lentissimo, spesso abbastanza ripetitivo e noioso. Il plot, ambientato durante la costruzione del vallo di Adriano, s’incentra sulla sparizione di un soldato, aiutante del medico, e sul rapimento di un bambino britanno ritenuto testimone dell’eliminazione del soldato. La ricerca dei due scomparsi mette a repentaglio la già fragile pace fra romani e britanni, costringendo Ruso e sua moglie Tilla, britanna d’origine, a fare da intermediari affrontando grandi rischi. Alla vicenda si mescola il rapporto di Tilla con una famiglia che aveva conosciuto sua madre: superate le difficoltà si arriverà ad una festa nuziale secondo un antico rito e alla scoperta di rapporti rimasti segreti, cui si aggiungerà una maternità adottiva (un’altra! uno dei topoi più diffusi nelle serie). Il titolo, già usato in altra serie anche per il numero in fondo ridotto di espressioni latine utilizzabili, sembra spiegarsi con la decisione di lasciare la Britannia e trasferirsi a Roma: a meno che non indichi la fine della serie!
Forse è l’aspetto etnologico il più interessante e
riscatta la debolezza della storia.
Vita brevis, 2016
Ruso e Tilla, lasciata la Britannia e la legione, si trasferiscono a Roma con la figlioletta, in seguito a vaghe promesse di lavoro da parte di un ex-tribuno. Qui però trovano molte difficoltà: il lavoro promesso non si trova, l’alloggio lasciato da un medico scomparso è legato a oscuri traffici, un ricco cliente muore in circostanze che farebbero temere una medicina sbagliata, mancano i soldi. Il plot si risolve poco prima che l’intera famiglia, con l’aggiunta di due schiavi, decida di ritornare indietro, scontenta dell’esperienza romana.
Ci si chiede perché il libro non funzioni, nonostante gli ingredienti, il cadavere in una botte, una morte da risolvere, una love story contestata, minacce, doppigiochi, persino allucinazioni da oppiacei… Ma come sempre è troppo lungo, si trascina su sé stesso, con i due protagonisti poco attraenti, lui scontento, incerto, inconcludente, lei fin troppo attiva, impicciona, sempre nostalgica. Qualche interesse nella piccola comunità cristiana e nei due schiavi di diverse tribù britanne che aumentano la famiglia. Sotteso al plot è, come già altre volte, l’intento sociale (gli schiavi, gli alloggi fatiscenti, gli intrallazzi edilizi).
Memento mori 2018
Settimo
libro della serie. Ritroviamo i
protagonisti tornati da Roma e stabiliti in Britannia presso i parenti di Tilla.
Ruso sembra aver rinunciato al lavoro di medico nell’esercito ed aver scelto una
vita da “nativo” (ricordiamo che è Gallo d’origine, ma considerato a tutti gli
effetti Romano). Interviene però un fatto improvviso: il suo ex aiutante Albanus
giunge in gran fretta a comunicargli che l’amico di sempre Valens è accusato di
aver ucciso la moglie, figlia del vecchio centurione Pertinax (tutti personaggi
già incontrati, così come la moglie di Albanus). Tutta la famiglia, che
comprende ora anche una bambinaia e uno schiavo poco affidabile, si trasferisce
ad Aquae Sulis, stazione termale protetta dall’antica dea Sulis identificata con
Minerva: qui inizia una lunga indagine di Ruso per scagionare l’amico e
permettergli di conservare i figli: ha contro non solo Pertinax, ma anche i
preti di Sulis che difendono le terme per motivi religioso-turistici. Il
prossimo arrivo del nuovo governatore rende ancora più frettolosa l’indagine.
Come sempre il difetto fondamentale dell’autrice è la
lunghezza, lentezza, prolissità: si finisce per perdere le parti più
interessanti e di maggiore suspence. Sempre incerto il personaggio di Tilla, qui
madre adottiva ma in fondo portata ad occuparsi d’altro. Per contro folklore e
religiosità sono come sempre ben equilibrati.
Prima facie, 2019
Non novel, ma novella, cioè romanzo breve. Anche la collocazione nella cronologia interna della serie è particolare: la vicenda si pone fra Vita brevis e Memento mori, finora l’ultimo, cioè fra il periodo trascorso a Roma e il ritorno in Britannia: durante il viaggio Ruso e Tilla sostano brevemente in Gallia per salutare la famiglia di Ruso. La ritrovano come l’avevano lasciata, oppressa dai debiti del padre defunto e dalle intemperanze della matrigna e delle sorelle; il fratello maggiore è opportunamente assente per tutta la vicenda. Tocca a Ruso risolvere l’assassinio di un giovane di buona famiglia, accoltellato durante una festa in casa di un amico: l’accusato è il fratellastro illegittimo del morto, nonché innamorato della sorella più giovane di Ruso. La soluzione va cercata nei segreti delle famiglie implicate, oltre che nell’ambiente delle escort. Interessante il tema dell’aborto, cui Ruso è contrario come medico consapevole dei rischi delle donne: si insiste in particolare sul fatto che Tilla, nella sua vita da schiava, è stata resa sterile da un aborto procurato e malfatto.
Il libro si fa leggere, anche se resta sempre sopra le righe il personaggio femminile.
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III. 18. Barbara Hambly, The Quirinal hill affair, 1983, trad. it. Il ratto del Quirinale, TEADUE 1996.
Più che un romanzo giallo, l’opera sembra rifarsi alla tradizione del romanzo d’ambiente paleocristiano tipo Quo vadis?, trattato in modo un po’ semplicistico. Ogni capitolo si apre con una citazione da autori pagani o cristiani (ad esempio il giudizio di Tacito o Frontone sui cristiani, passi di filosofi, testi neotestamentari); l’intrigo, un caso di rapimento attribuito falsamente ai cristiani, è risolto da un giovane filosofo stoico con l’aiuto di un vecchio saggio, che risulta essere il Papa di Roma Sisto.
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III. 19. Mary Ray, The Ides of april, 1974/1999
Si tratta in un certo senso di una serie, intitolata The Roman Empire Sequence, formata da cinque romanzi di cui questo è il secondo. Ma dei cinque questo è l’unico mistery, mentre gli altri sono solo romanzi storici. Lo consideriamo quindi isolato. Nonostante le esplicite intenzioni, potrebbe essere un giallo per tutti. I protagonisti sono adulti o giovani, non ragazzini; l’aspetto didascalico è praticamente assente; un certo sentimentalismo da amico ritrovato nella parte finale non è neppure un caso isolato. Perché poi l’autrice abbia deciso di rinunciare, in quanto the children’s book market dried up in England (ma prima della Rowling, suppongo!) non è chiaro. E’ un libro piacevole e ben congegnato. Ambientato nel 62 d.C., parte dall’assassinio di un nobile romano, apparentemente ad opera dello schiavo addetto al suo servizio personale. Tutti gli schiavi vengono arrestati e corrono il rischio di essere uccisi. Solo un giovane segretario riesce a fuggire e cerca aiuto per scagionare i suoi compagni: lo trova in operaio cristiano con una vecchia zia svagata e curiosa, nel giovane genero della vittima e nel senatore Trasea Peto. La soluzione, pur positiva, è malinconica: si deve accettare che il/i colpevoli sfuggano e che Nerone intervenga favorevolmente grazie ad un discorso menzognero e adulatorio. Una curiosità: il misterioso the man with the brown cloak richiama l’altrettanto misterioso the man in the brown suit della Christie?
III. 20. Gillian Bradshaw, Render unto Caesar, 2003
Un giallo antico inconsueto, perché non è un whodonit ma un giallo d’azione. Il protagonista è un greco di Alessandria, cittadino romano ma per la prima volta in visita d’affari a Roma, dove intende riscuotere un grosso debito dal console in carica. L’impresa risulterà molto più difficile del previsto, con agguati (in una dei quali muore uno dei suoi schiavi), fughe, arresti più o meno simulati, ecc. Nel corso della vicenda incontra una donna, ex gladiatrice di origine cantabra, che lo aiuta e di cui s’innamora.
Romanzo di buona lettura, credibile nell’ambientazione storica (inconsueta anche questa: il 16 a.C.), non didascalico, non troppo ideologico (le riflessioni sul modo di trattare gli schiavi sono ben inserite nel contesto e nel personaggio), ben centrato nei rapporti fra romani, greci e barbari, attento al senso religioso. L’unica obiezione è linguistica: il protagonista parla naturalmente greco ma conosce abbastanza bene anche il latino; la questione è che il passaggio da una lingua all’altra sembra coinvolgere anche l’inglese. Ad esempio chiede ai portatori: Why do we stop? E poi si domanda se non sarebbe miglior latino dire Why are we stopping? Quale sarebbe la differenza in latino? Oppure dice ad una bambina di Roma che sua figlia si chiama Myrrhine e la bambina ripete Mur-ree-nee: in latino?
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III. 21. Luigi Calcerano, Meminisse Iuvabit, ed. Valore Scuola, 2005
Ambientato nel 23 a.C., ha come inedito protagonista e io narrante Orazio, coinvolto suo malgrado in un intrigo di potere e di denaro le cui radici risalgono al tempo della congiura di Catilina. I protagonisti dell’età delle guerre civili e dei primi anni dell’impero, da Crasso a Cicerone a Celio ai Clodii a Mecenate, Agrippa, Ottaviano e Tiberio, e inoltre i comprimari Tirone, Vitruvio, Livio, sono liberamente rivisitati, con una evidente antipatia per la maggior parte di loro. Il poeta, diviso fra il “vivi appartato” epicureo e i ricordi giovanili di Filippi, la lealtà verso gli amici, la verità storica e un inquieto e tragico amore, dovrà alla fine accettare una soluzione parziale e un nuovo amore nella persona di una schiava ardita e ingenua, cantata come Leuconoe.
Nel complesso una lettura gradevole. Peccato per i non pochi errori di copia-incolla.
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III. 22. Gino Abatino, Tempesta su Roma - Lo scandalo dei Baccanali, ed. De Ferrari, 2002
Più che di un thriller, come
è presentato nel risvolto di copertina, si tratta di un romanzo
storico, rielaborazione di un’opera teatrale del ’77. L’autore,
insegnante e pubblicista, segue fedelmente il testo di Livio (XXXIX,
8-20) riguardo ai fatti che portarono nel 186 a.C. al Senatus
Consultum de Bachanalibus e alle violente repressioni che ne
seguirono: ritroviamo tutti i personaggi famosi e oscuri che animano le
pagine liviane (già piuttosto romanzate, probabilmente). Fra questi
emerge come protagonista il console Postumio Albino, la figura più
liberamente rielaborata: l’autore ci racconta il difficile rapporto
d’amore con la schiava Tisbe, giovane greca che rinfaccia al
padrone-amante la differenza fra le due culture e i pericoli del potere
e della forza, i rapporti con l’altro console, acceso militarista, con
Catone e con Scipione Africano, la simpatia per un giovane soldato che
Postumio finirà per adottare: soprattutto ne mette in luce l’ambiguità,
propria di chi persegue un fine buono attraverso incomprensioni e abusi
di potere. Tuttavia anche la lettura che dell’episodio storico e dei
fenomeni religiosi dà l’autore risulta ambigua: se intendeva rivalutare
l’esperienza misterica (come sembrerebbe, ad esempio, dalle discussioni
con Tisbe) non si capisce il perché della descrizione raccapricciante
del prologo né dei vari intrallazzi pseudoreligiosi. Molto sgradevole
la citazione letterale neotestamentaria nel rituale dionisiaco (morendo
ha distrutto la morte, risorgendo ha ridato la vita): si ha
l’impressione che l’autore voglia proporre delle analogie, sia fra le
esperienze religiose, sia fra le persecuzioni (si veda anche
l’insistenza sulla croce e sul triangolo), analogie che l’ambiguità del
contesto rendono spiacevoli. Per chi ama Apuleio è sgradevole anche la
citazione del discorso dell’iniziazione ad Iside, in un contesto molto
negativo.
Qualche perplessità sulle ampie digressioni, a volte scopertamente
didascaliche, e su un insistito gusto scatologico.
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III. 23. Giuliano Dego, Seren la celta, BUR 2006
L’autore, docente in diverse università inglesi, pubblicista e scrittore di narrativa, presenta un romanzo molto liberamente ambientato intorno al 59 d.C., mettendo insieme Nerone, Agrippina, Burro e la loro corte con Budicca (Boudicca), le figlie, le varie tribù indipendenti o filoromane dei Britanni, esponenti di altri popoli in lotta per la libertà e la comunità cristiana di Roma. Stile e descrizioni truculente ed erotiche appartengono al genere del romanzo d’appendice: il racconto procede per salti, sorvolando su molti passaggi o accennandovi appena. Un colpo di scena riguarda l’identità di un personaggio particolarmente truce.
La conclusione sta fra l’idillio sentimentale e la generale conversione alla mitezza cristiana.
III. 24. M. C. Scott, Rome – The emperor’s spy, 2010
L’autrice, dopo alcuni gialli classici, un romanzo di fantasy millenarista e una serie dedicata a Boudicca, inizia con questo romanzo una serie (sono previsti quattro libri) col protagonista Sebastos Pantera, ebreo fuggito da Gerusalemme dopo aver scoperto il tradimento del padre, vissuto ad Alessandria dove ha imparato le tecniche di spionaggio, poi per molti anni in Britannia come spia romana, coinvolto affettivamente con le popolazioni locali e ora dedito alla ricerca dell’origine di una profezia che riguarda la distruzione di Gerusalemme e di Roma.
Più che un giallo, una spystory. In realtà un pastiche che mescola ebrei e britanni, galli, romani e alessandrini, britanni travestiti da galli, britanni travestiti da greci, britanni travestiti da romani, ebrei travestiti da alessandrini, rivisitando Boudicca con la sua famiglia, fratello, marito, figlio, figlie e figliastro (per vari aspetti sarebbe stato necessario precisare vicende raccontate nei libri su Boudicca), un incredibile Seneca addestratore di spie, un bizzarro Nerone, per non parlare di personaggi neotestamentari considerati partigiani o terroristi (uno, non diciamo quale, è il “cattivo”, e ricomparirà – per chi intende leggerlo – nel prossimo libro).
La postfazione dell’autrice esplicita anche ciò che poteva restare solo vago (a vantaggio dell’interesse per l’intreccio), con l’aggiunta di una bibliografia quanto mai fantasiosa e di azzardi linguistico/etimologici.
Riconosciamo una scrittura attraente, una buona ambientazione in particolare nel mondo delle corse di cavalli (non per niente l’autrice è medico veterinario) e alcuni personaggi riusciti, specie il piccolo Math dalla difficile vita e dalle avventurose parentele.
III. 25. Bruce Mcbain, La serie di Plinio
Roman Games, a Plinius Secundus Mystery, 2010
Opera prima di un autore americano, docente di storia greco-romana e in particolare interessato alle religioni dell’età imperiale, questo romanzo suscita curiosità perché già in precedenza Plinio il giovane era stato scelto come detective da A. Bell, che ne aveva tratto una miniserie. In quella,
alla cui recensione si rimanda, Plinio è un giovane avventuroso e facile ad innamorarsi, accompagnato da un improbabile Tacito gradasso e fracassone; qui invece Plinio è un senatore di mezza età, sposato con una giovanissima moglie in attesa del primo figlio: siamo negli ultimi tempi dell’impero di Domiziano. Tacito non compare neppure, mentre gli è accanto Marziale, che più di una spalla è un intrigante, diviso fra amicizia, desideri frustrati, scrupoli e piccole vigliaccherie.Domiziano ordina a Plinio di investigare sulla morte di Verpa, spia imperiale, entro la durata dei Ludi Romani: al termine tutti gli schiavi del defunto saranno uccisi. Inizialmente sembra un assassinio legato all’ambiente ebraico/cristiano: ma successivamente emerge un ampio complotto politico, in cui sono coinvolte grandi personalità dell’impero, fra cui amici e persone vicine a Plinio; quest’ultimo è però guardato con sospetto dai congiurati, per la sua eccessiva lealtà all’imperatore.
Il plot è costruito molto bene, con una sorta di montaggio incrociato che tiene desta l’attenzione, fino alla fine doppiamente amara per il protagonista. Qualche saccenteria perdonabile in un’opera prima, mentre le proposte di discussione e confronto con l’attualità che chiudono il libro sono più che superflue.
The
bull slayer,
2013
Il
secondo romanzo della serie conferma il giudizio positivo del primo:
l’autore sa rinnovarsi, cambiare ambienti e personaggi.
Questo si svolge nella provincia di Ponto-Bitinia, dove
Plinio è inviato da Traiano come governatore; lo accompagna la moglie,
che ha perso giovanissima il bambino atteso ed è rimasta sterile: nella
nuova società si trova spaesata, malvista, frustrata e ansiosa di nuove
esperienze. Al protagonista fa da spalla questa volta Suetonio, un bel
personaggio costruito con attenzione.
Plinio
deve affrontare problemi di malgoverno e corruzione, cui non è estraneo
anche un culto iniziatico che dà ragione del titolo: lo fa con serietà
e impegno, ma anche con la malinconia dell’uomo ormai anziano con
difficoltà familiari. La conclusione comprende un terremoto che
interferisce con
scene del crimine e lascia aperta la
possibilità di un seguito.
Un
paio di civetterie anche simpatiche: Suetonio, sempre in cerca di nuovi
argomenti su cui scrivere, suggerisce di raccontare la vicenda dando
origine ad un nuovo genere letterario (ma Plinio lo proibisce). Il
timido liberto Zosimo propone il paragone fra il lavoro dei lavandai e
il riciclo di denaro, creando la metafora di
denaro sporco che suscita
l’approvazione dei presenti.
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III. 26. Alan Scribner, Mars the Avenger – A Mystery in Ancient Rome, 2012
Potrebbe essere l’inizio di una serie: protagonista Marcus Flavius Severus, che ha l’incarico di giudice inquirente, quindi un detective in funzione ufficiale. L’autore stesso è stato viceprocuratore distrettuale in USA: insomma fra autore e personaggio siamo nell’ambito delle serie televisive di Law & Order.
L’altra caratteristica di autore e personaggio è l’interesse per lo stoicismo: Scribner ha pubblicato un’opera sulla concezione stoica della vecchiaia e della morte, Severus scrive pagine di diario “a se stesso” come M. Aurelio, è proprietario e amico di uno schiavo di profonda fede stoica e si pone molti problemi di carattere morale, anche in rapporto con la sua carica.
L’ultima pagina di copertina ci avverte con grande anticipazione che troveremo nel libro molte notizie e scene di vita romana: così avviene in abbondanza, il che insieme a citazioni da Seneca e Giovenale, da Platone e altri filosofi rende piuttosto irritante e fastidiosa la lettura.
Tuttavia non è un brutto libro: scrittura molto semplice, personaggi discreti, un plot che funziona con un finale credibile quanto impressionante.
Un’ultima osservazione: l’epoca è l’impero di Antonino Pio: un Flavio ha parentela con la dinastia precedente? O è diventato cittadino sotto quegli imperatori? Non se ne dovrebbe parlare?
Notiamo come trovare i nomi dei personaggi d’invenzione diventa sempre più difficile.
The Cyclops Case, 2013
Come previsto, dal primo libro è nata una serie, ma non è stato un vantaggio. I difetti dell’opera prima tornano in abbondanza: eccesso di notizie, racconti, descrizioni, citazioni letterarie, questioni astronomiche, persino l’ennesima morte di Plinio rievocata 80 anni dopo; una scrittura che da semplice diviene banale, sembra quasi da libro per ragazzi; riflessioni filosofiche alla lunga posticce (solo l’interesse dell’autore per lo stoicismo scusa gli scrupoli del detective/giudice per le morti nel corso dell’inchiesta); qualche dubbio sull’eccesso di parole latine, non sempre appropriate o usate correttamente: ad esempio che (praetor) peregrinus o (castra) peregrina corrispondano all’inglese wanderer (“viandante, vagabondo”) invece di riferirsi al rapporto con stranieri è scorretto; così l’uso di curiosi (nel senso di addetti allo spionaggio) sempre al plurale in qualunque contesto. Anche i personaggi ci perdono, non avendo acquistato spessore o almeno simpatia.
Il plot. Un generale in ritiro a Baiae, soprannominato Ciclope perché cieco di un occhio, viene trovato ucciso da un colpo di pugnale nell’unico occhio: prima di morire aveva rivelato alle amanti di temere un nemico soprannominato Odisseo. Si susseguono diverse morti che sembrano riferirsi ad elementi dell’Odissea (con molta approssimazione: fra l’altro sembra quasi scontato che Odisseo abbia ucciso Polifemo accecandolo). Una pista porterebbe allo spionaggio dei Parti, all’epoca in guerra con le province orientali romane; un’altra pista parte dalla seconda guerra giudaica e dal saccheggio di un tempio, oggetto di indagine poi insabbiata. Severus, in vacanza a Baiae, risolve il caso fra un romanzo e una gita in barca.
Marcus Aurelius Betrayed, 2014
Terzo romanzo della serie. Ormai è chiaro che le molte digressioni turistico/letterarie sono inevitabili: qui in particolare l’ambientazione di gran parte dell’opera ad Alessandria non può che far prevedere un tour egiziano completo, mentre varie descrizioni e citazioni (comprese barzellette di un’antica raccolta) fanno parte del gusto dell’autore. E’ un peccato. Sfrondata di tutto questo (che porta a saltare pagine o capitoli qua e là) abbiamo una vicenda poliziesca e giudiziaria discretamente interessante: durante un banchetto orgiastico muore avvelenato un ospite invitato all’ultimo momento, a causa di una coppa destinata originariamente al prefetto d’Egitto e bevuta dalla vittima nella confusione generale. Il figliastro del prefetto, Secundus, svolge una rapida inchiesta condannando uno schiavo che sotto tortura aveva confessato l’attentato. Severus è inviato in Egitto da M. Aurelio, attuale imperatore, con l’intento di proteggere l’incolumità del prefetto; ma si rende subito conto che la condanna dello schiavo, estorta con la tortura senza nessuna conferma di altri testimoni, è un crimine contro la lex Cornelia, la legge sillana che garantisce l’equità dei processi. Pertanto fa arrestare Secundus e gli intenta una causa. A poco a poco i testimoni presenti al banchetto scompaiono, mentre le cortigiane affittate per l’orgia dichiarano di non aver visto avvicinarsi lo schiavo alla coppa; alla fine il prefetto toglie a Secundus il processo demandandolo all’imperatore. Tornato a Roma, Severus, che da giudice diviene accusatore, prosegue le indagini e il processo può celebrarsi davanti all’imperatore stesso con esiti che vanno al di là dell’accusa stessa.
L’interesse c’è, il romanzo si fa leggere con il solito stile molto semplice (ma le crude descrizioni dell’orgia non sono certo da libro per ragazzi!).
Mission to Athens, 2017
Il quinto libro della serie, preceduto da The return of Spartacus.
Siamo nel 167, imperatori M. Aurelio e Lucio Vero. Lo scenario iniziale è quello della pestilenza che colpì drammaticamente Roma, ricordata come la peste di M. Aurelio. Severo decide di allontanare la famiglia dal contagio e trasferirsi ad Atene, patria di sua moglie e luogo dei suoi studi giovanili; ma poco prima della partenza Lucio Vero gli dà l’incarico di indagare su una vicenda avvenuta appunto ad Atene. L’autore prende spunto dal personaggio del neosofista Erode Attico, cui venne attribuita, a torto o ragione, la colpa di aver causato la morte della moglie Regilla. Immagina quindi che qualche anno dopo muoia ad Atene uno studioso, Gaio Gallo, apparentemente di morte naturale; ma sua moglie insiste che sia stato ucciso perché stava scrivendo un libro sulla vicenda di Erode Attico e sia stato tacitato per volere di Erode stesso. L’indagine di Severo riguarda quindi questa morte: è resa difficile da coperture di varia origine e dal sospetto che l’uccisione sia di origine romana, a causa di progetti eversivi coltivati da Gallo. Intanto si scoprono altri aspetti della vita di Gallo e delle sue frequentazioni, soprattutto amorose. Un colloquio tardivo con Erode Attico e un’esilissima traccia portano Severo alla soluzione, che resta comunque sospesa.
Un libro di scarsa attrattiva, sciatto nella scrittura (come già detto per altri della serie), infarcito di notizie, descrizioni di luoghi, edifici, giochi, sport, resoconti fuori argomento, parole latine e greche, queste ultime non sempre corrette. Alle riflessioni stoiche degli altri libri qui si aggiungono lezioni sul pensiero platonico. Forse alcuni episodietti erotici dovrebbero contrastare l’eccesso di erudizione, ma in questo contesto, didascalico nel contenuto ed elementare nella forma (già si è notato che la serie sembra rivolta a ragazzi), appaiono fuori posto. Anche il plot risulta poco plausibile.
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III. 27. D. L. Johnstone, Furies, 2013
Opera seconda di uno scrittore canadese, è la prima ambientata nel mondo antico. L’impatto è urtante: l’autore avrà sicuramente fatto i suoi studi preparatori, ma non può permettersi errori del tipo: le idi di aprile il giorno 15, la morte di Alessandro Magno in battaglia, gli antichi egiziani definiti fellahin (è arabo!), la lingua egiziana definita demotico (è una scrittura!), pornes come plurale di porne (perché allora hetairai?), Anchise come nome femminile a fianco di una quantità di nomi improbabili, fra cui un mediatore ebreo chiamato Shimon Petrus (forse S.Pietro sotto mentite spoglie? lo sa l’autore che il copyright di questo nome appartiene a Gesù?). Ci sarebbe abbastanza da chiudere il libro.
Però se non lo si chiude ci si imbatte in un plot molto interessante, e qualcosa si perdona. Il protagonista è un romano che vive ad Alessandria durante l’impero di Tiberio con un’attività molto redditizia di commerciante navale. All’inizio lo troviamo però rovinato a causa di una speculazione fallita, apparentemente per una serie di naufragi: lasciato dalla moglie che si porta via anche il bambino, accusato dagli amici che ha trascinato nella rovina economica, sembra trovare l’unica soluzione nell’indagine su un mediatore d’affari intravisto in città mentre dovrebbe essere morto in uno dei naufragi. L’indagine lo porta a interferire col mondo dei potenti arricchiti e delle loro etere, come pure col mondo dei filosofi del Museo, e ad imbattersi in una serie di suicidi veri o presunti e di omicidi forse attribuibili ad un fanatico. A poco a poco, mentre tutte le strade si chiudono con l’aumentare delle morti, l’indagine diviene una povera storia d’amore: in essa ha l’aiuto prezioso di una guaritrice egiziana e l’aiuto a malincuore di due amici, come lui rovinati, e di un magistrato che continua a dargli fiducia. Alla fine c’è un buon colpo di scena (doppio) e un tirare le fila un po’ frettoloso, con qualcosa che rimane non spiegato, forse un’apertura ad un seguito. Ci sentiamo di definirlo un buon libro, sopportando le incongruenze già citate e qualche altra.
III. 28. i. Ellis Peters, City of Gold and Shadows, 1973, tr. it La sentinella della città morta, Il Giallo Mondadori 1975, TEADUE 2000
ii. Valerio Massimo Manfredi, Chimaira, Mondadori 2001
Già per Agatha Christie abbiamo notato come alcuni gialli siano ambientati in siti archeologici, che l’autrice aveva avuto modo di conoscere dal vicino, come moglie di un archeologo. Questi due romanzi sono anch’essi ambientati in zone di scavo, e sono accomunati da due aspetti: la fama dell’autore, legata ad altre opere (per la Peters i gialli medioevali di fratello Cadfael, per Manfredi i romanzi storici già citati) e il tentativo di ricollegare fatti moderni con antichi eventi, relativi agli stanziamenti romano-britannici il primo, agli etruschi il secondo.
III. 29. Jay Cardam, Numerius Meridius Pulcher and the case of the not so Virgin Vestal, stampato da Amazon in
L’autore
è un docente di latino residente in Georgia; pubblica però
in Inghilterra con uno pseudonimo. E’ (almeno con questo pseudonimo) il
suo primo libro ma si annuncia una serie con lo stesso personaggio.
In realtà tutto il libro ruota intorno al personaggio, che ne costituisce il centro d’interesse a modo suo originale. La sua storia pregressa ci viene svelata per flash, accenni, racconti, in parte da indovinare, in parte ancora da completare, forse nei prossimi libri. Schiavetto al tempo di Tiberio, dei cui famigerati ragazzi di Capri faceva parte, vissuto poi nella corte dei Claudii, legato per volontà perversa di Caligola ad una ragazza divenuta poi vestale, presumibilmente evirato: in seguito liberato dall’imperatore Claudio diviene proprietario di un bordello in cui acquista grande fama col nomignolo di Ila, conoscendo molti uomini di grandi famiglie o potere fra cui Tigellino. Infine adottato da un ricco romano ne prende il nome, lascia il bordello ad una collaboratrice, la casa di Roma alla sorella ritrovata non si sa come e va a Pompei con uno schiavo-compagno.
Il romanzo inizia nel 62, al ritorno a Roma dopo dieci anni a causa del terremoto che ha lesionato la casa di Pompei. Immediatamente viene coinvolto in uno scandalo: la Vestale Massima, la sua antica amica, lo chiama perché una delle vestali ha partorito, è stata uccisa, il bambino e la schiava sono scomparsi. L’indagine trova subito ostacolo in diversi attentati che vorrebbero impedirne lo svolgimento, ma viene ugualmente portata a termine col ritrovamento del bambino, altre morti, un suicidio e un parziale lieto fine.
Se non fosse per il personaggio verrebbe da dire: sempre Pompei, i cattivi del tempo di Nerone, le Vestali, l’onore delle famiglie, i giovani viziati… Tutto già visto. Il personaggio che veste come una dragqueen lo lasciamo al gusto dei lettori.
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III. 30. Christian Goudineau, Le procès de Valérius Asiaticus, 2011
Un libro curioso, più romanzo storico o fantastorico che giallo, ma con un sufficiente colpo di scena (doppio) per poter essere inserito in questa rassegna. L’autore trae spunto da alcuni passi di Tacito e di Dione Cassio che riferiscono di un Valerio Asiatico ricchissimo allobrogo proprietario a Roma dei giardini che erano stati di Lucullo: Messalina, desiderosa di impadronirsene, avrebbe organizzato contro di lui un processo-farsa per lesa maestà e adulterio, terminato con la condanna al suicidio dell’accusato e con il forzato suicidio della presunta adultera.
Lo scrittore immagina che a Marsiglia un giovane filosofo, Charmolaos, riceva dal maggior magistrato della città l’incarico di fare indagini su Valerio Asiatico, dato che su di lui a Roma corrono voci e si prepara un processo. Charmolaos, che dovrebbe recarsi ad Apamea a fare un intervento al congresso per l’anniversario di Posidonio, è costretto a rinunciarvi e inizia le indagini aiutato dalla sorella, una vivace e intraprendente vedova che appartiene alla serie delle partner nella detection. Dopo un’inchiesta a Marsiglia stessa, dove Asiatico ha soggiornato facendo larghi donativi, ci si sposta a Vienne, città d’origine di Asiatico non lontana da Lione e in continua rivalità con quest’ultima, patria di Claudio. Le indagini conducono Charmolaos a scoprire le origini della ricchezza misteriosa del personaggio e ai suoi legami con la famiglia Giulio-Claudia, in particolare con Caligola nei confronti del quale si è verificata una violenta rottura. Emergono sospetti sia relativi alla morte di Caligola sia a possibili aspirazioni all’impero. Inviato a Roma a riferire delle indagini, Charmolaos incontra gli influenti liberti di Claudio e l’imperatore stesso; soggiorna a casa di Asiatico, che è agli arresti domiciliari, ne conosce gli aiutanti e ne diviene amico. Il processo è raccontato seguendo le fonti antiche: poco prima del suicidio del condannato Charmolaos è esortato a tornare in patria.
Il doppio colpo di scena si verifica qualche tempo dopo, quando la nipotina che ha letto i suoi appunti di viaggio gli fa notare un’incongruenza. Su questo esile filo Charmolaos prosegue la sua ricerca e fa nuove scoperte, che si completeranno a Roma sette anni dopo.
L’autore racconta molto e descrive molto: luoghi, volti, storie, edifici, cibi, idee filosofiche, testi poetici…Riesce però ad interessare e a reggere una scrittura di medio registro, senza cedimenti. La parte di fiction è credibile, la sorpresa funziona.
Qualche obiezione fra le non molte. Di Attico si dice che era greco: ma l’amico di Cicerone, Pomponio, era attico solo di soprannome. Una certa confusione anche nell’appartenenza ai circoli: Orazio, come Virgilio e Properzio, era del circolo di Mecenate, mentre di quello di Messalla erano Tibullo e Ovidio.
Robert Colton, La serie di
Gaius Sempronius Gracchus Marcellus
Rome to
Alexandria - a collection of short stories, USA-BK 2013
Pensato come prequel della serie che comprende
i romanzi pompeiani a cui si rimanda e accompagnato anch’esso da lettere ad Appiano che ne parlano come di una raccolta di pagine di diario giovanili, il libro comprende una serie di avventure di Marcello quattordici-quindicenne a Roma e una seconda serie di avventure di viaggio in Egitto e Nordafrica. In ogni racconto vi è un delitto o un mistero da risolvere: nella seconda parte compare Tay, vinto al gioco come schiavo e fin da subito personaggio prevalente di intrigo e detection, quale sarà negli anni successivi.Colton si mostra molto migliore come autore di short stories di quanto sia come romanziere: plot veloci, alcuni legati ad eventi storici quali la morte di Britannico, altri con personaggi di fantasia, mai banali; si accetta anche l’eccessivo prevalere del servo, meno credibile e un po’ sopra le righe nei romanzi. A tratti si risente l’influenza dei racconti brevi di Saylor e di alcune serie minori della Christie.
Una perplessità: a proposito della Sfinge viene citato un enigma differente da quello classico che conosciamo da Apollodoro, Diodoro e Ateneo (l’animale con quattro, due, tre piedi). Si tratterebbe di un indovinello che ha come soluzione il giorno e la notte: siamo curiosi di sapere da dove l’ha tratto l’autore.
III. 32. Martha Marks, Rubies of the Viper, 2010
Un libro decisamente inconsueto per questa rubrica. Ha le caratteristiche del whodonit, l’ambientazione nella Roma di Claudio e poi di Nerone, la presenza di personaggi storici come Nerone stesso, Vespasiano e la sua famiglia, Otone e Poppea. Ma si tratta in realtà di un romanzo d’amore e avventure, secondo la classica definizione del romanzo ellenistico, con elementi del romanzo gotico e del romanzo d’amore tipo Delly, più un incrocio fra Via col vento e La capanna dello zio Tom. L’ambientazione antica presenta incongruenze: dal nome della protagonista, Theodosia Varro (Varro, cioè Varrone, è il cognome, i familiari sono the Varros) alla presenza di scritte arabe nell’Antiochia dell’epoca, all’avventuroso calcolo di quattrocento anni fra i diadochi e la conquista romana della Siria.
La storia. Il potente Gaio Varrone viene ucciso di notte per strada e depredato di un prezioso anello con un grosso rubino. La sorellastra, figlia di una donna greca sul cui status sociale si discuterà per tutto il romanzo, eredita un enorme patrimonio: nella villa dove viveva da bambina ritrova uno schiavo a cui era molto affezionata e ha con lui un fugace rapporto; trova anche un abile maggiordomo greco, con cui entra inizialmente in conflitto per poi diventarne amica. Resta turbata dal trattamento degli schiavi e si urta col sorvegliante che li tratta crudelmente. Nel frattempo è contesa fra vari pretendenti, fra cui Otone, il vilain della storia, e il giovane Tito. Per le losche manovre di Otone, che ha respinto, viene privata dei beni, accusata di essere una schiava come sua madre e di aver ucciso il fratello: passa tre anni nel carcere Tulliano. Aiutata dagli amici fedeli, vince la libertà in un concorso di canto presso Nerone, rischia la rovina per una rivelazione improvvisa, sfugge a tutti gli inseguitori e riesce ad andarsene per sempre con l’uomo che ha scoperto di amare.
Bisogna ammettere che il libro non è privo di meriti. Una scrittura accattivante, un colpo di scena finale, una discreta suspence. Si fa leggere.
Primo romanzo storico di questa scrittrice, già autrice di saggi in spagnolo e catalano. Il romanzo prende spunto dai resti dell’acquedotto di Segovia: l’autrice immagina che l’architetto designato, Aristide, sia stato barbaramente ucciso e che al suo posto sia stato inviato un suo allievo, Lucio Antioco Postumo, giovane inquieto, diviso fra la solitudine studiosa della campagna di Tarquinia, il disordine animato di Roma e il desiderio di emergere nella professione. Lucio si reca in Spagna per proseguire l’opera del maestro e cercarne l’assassino: è subito oggetto di attentati e boicottaggi, attribuiti ora a tribù indigene antiromane ora ad una setta religiosa di adoratori del Sole. Deluso dalle autorità locali e dall’aiutante di Aristide, si appoggia a tre persone “anomale”: uno schiavo fedele poi liberato, un eunuco, Atos, e una ragazza albina, Amal, che erano stati discepoli di Aristide a Segovia. Quasi al termine della costruzione, dopo varie traversie, i colpevoli dell’uccisione di Aristide vengono scoperti, con esiti di grande effetto. Lucio torna a Tarquinia con la ragazza di cui si è innamorato, lasciando Atos a guidare una casa di accoglienza per ex prostitute e neonate abbandonate. In una lettera ad Atos Amal acclude una serie di lezioni di Aristide su diversi temi.
Romanzo molto prolisso, non molto credibile come plot, un po’ noioso nonostante le varie scene truculente.
III. 34. Walter Astori, la serie di Flavio Callido
Omicidi nell’urbe, la prima indagine del questore Flavio Callido, Piemme, Milano, 2018
Una new entry italiana è sempre benvenuta, soprattutto se sceglie l’età repubblicana e non quella imperiale, ormai sfruttatissima. Astori, un giovane giurista esperto di comunicazione, si mostra informato di fatti e istituzioni (anche di latino, non mi sembra ci siano errori) e vi costruisce una fiction. La storia riguarda la morte sanguinosa di alcuni esponenti della politica e religione: siamo nel 61, ancora recente è la congiura di Catilina mentre non dimenticata è la guerra civile fra Silla e Mario, con le terribili proscrizioni. Flavio è figlio di un seguace di Silla e ha militato con Pompeo che gli ha dato il soprannome di Callidus; ora ha iniziato il cursus honorum come questore. Incaricato di indagare sulle morti in continuo aumento, è accompagnato dall’amico G. Antonio, dal littore Censo e da un trio di donne: anche se finalizzata allo scioglimento finale, troviamo poco credibile la presenza nell’indagine di ciascuna delle tre (una in realtà è superflua, e il fatto che sia ermafrodita serve solo a dare colore alla storia). Anche gli improvvisi incontri sessuali in quel contesto non sono convincenti, così come le sfide di lotta in momenti non proprio opportuni: il protagonista vanta una carriera militare di tutto rispetto, ma sembra un po’ inesperto e molto giovane.
Lo scioglimento è sufficientemente giustificato dai fatti storici.
Omicidi nella domus, Piemme, Milano, 2018
Il secondo della serie, pubblicato a un mese di distanza dall’altro e ambientano nello stesso periodo. Sono stati scritti insieme? La scelta di chiamare primo l’uno e non l’altro sembra quasi casuale, soprattutto perché nel secondo non c’è alcuna traccia o ricordo delle terribili vicende del primo, pure pochissimo precedente nel tempo della fiction.
Anche la vicenda è molto meno elaborata, con un riferimento storico ricordato nella postfazione ma francamente irreperibile nei canali sia scientifici sia mediatici. Il libro inizia con la morte della seconda moglie di L. Calpurnio Bestia, apparentemente d’infarto in seguito alla paura di un incendio. Il fatto avviene nella casa di campagna del padre di Flavio, dove era ospite Calpurnio con la moglie, i due figli, uno dei quali appena adottato, e la suocera; inoltre l’ex console L. Murena con la sorella, la figlia di Silla Fausta e una presunta aruspice, Lucusta. Flavio, giuntoci con L.Antonio per salutare il padre, si trova di fronte a un caso da risolvere, con accuse incrociate, litigi e adescamenti femminili. Inoltre viene a sapere che una giovane schiava è appena stata trovata morta e uno schiavo è scomparso. Non un bel luogo di riposo né una bella compagnia di ospiti, anche perché un figlio di Calpurnio pare dedito all’uccisione di montoni, cavalli, forse topi, e lo stesso Bestia subisce un assalto per strada, piuttosto mal congegnato. La soluzione è raggiunta in base ad alcune osservazioni e intuizioni, ma il plot è abbastanza noioso. L’epilogo porta avanti di alcuni anni, al processo de ambitu in cui Bestia fu effettivamente difeso da Cicerone: un legame storico che serve a suscitare un commento amaro sull’inutilità delle indagini.
Un appunto: dopo la corretta informazione dell’altro libro è stupefacente che nel 61 Catone sia più volte definito l’Uticense!
III. 35. Mark Knowles, The consul’s
daughter, 2017
Lo scrittore inglese ha lavorato nella polizia
metropolitana per poi divenire insegnante di classics in un liceo. Non
risultano altre opere precedenti questa, ambientata all’epoca di Settimio
Severo.
Il protagonista, Ambrosius Milo, si è arruolato nei
vigili dopo un periodo di sbandamento dovuto all’assassinio di sua moglie,
tuttora irrisolto. Divenuto tribuno, svolge il suo compito al di fuori dei
limiti prescritti, occupandosi anche di crimini che toccherebbero alla Coorte
urbana, di cui non ha più fiducia. Così quando viene scoperto il cadavere di una
ragazza organizza una ricerca sul luogo e fa trasportare il corpo nella sede
della sua coorte per compiere ulteriori indagini. Ma il corpo viene rubato, i
reperti ufficialmente requisiti (anche se non tutti consegnati) e inizia una
campagna di depistaggio che vede coinvolta la coorte pretoria. Intanto è
risultato che la vittima era figlia di un anziano senatore, ex console, e amante
di Caracalla, il giovane figlio dell’imperatore infelicemente sposato con la
figlia del Prefetto del Pretorio.
Mentre Ambrosius viene mandato ad Ostia per aver
prevaricato rispetto ai suoi compiti, cominciano manovre politiche per affidare
tutto il potere nelle mani dei pretoriani e parallelamente oscure manovre di
armamenti e sparizioni di testimoni. Un’inattesa scoperta (l’unico colpo di
scena del romanzo) crea inaspettate alleanze in diversi ambiti, che portano a
smascherare l’intero complotto.
Il romanzo risente di parecchi luoghi comuni sia in
libri del genere sia in serie televisive: un lutto pregresso mai superato, una
figlia giovane in gamba, una donna discreta e fino all’ultimo incompresa,
l’analisi della scena del crimine, l’inevitabile presenza nascosta dei
cristiani…Qualcosa resta inspiegato e soprattutto il movente principale sembra
poco credibile. Tuttavia si legge volentieri ed ha momenti di buon interesse.
III. 36.Harmon>Paula Harmon, Murder Durnovaria, 2019
Paula Harmon è una scrittrice anglosassone di diverse serie variamente ambientate. Questo libro non è propriamente parte di una serie, è però il sequel di un altro poco precedente, Murder Britannica. Entrambi sono ambientati in Britannia, il primo in una città immaginaria, Pecunia, situata dalle parti di Cardiff nel Galles, questo nell’attuale città di Dorchester, nel sud dell’Inghilterra. Hanno le stesse due protagoniste, Lucretia, ricca vedova capricciosa e narcisista, e Tryssa, che era stata fidanzata col fratello di Lucretia morto prima delle nozze ed è vissuta in seguito facendo la levatrice e la curatrice. Nel libro che recensiamo le due donne vengono a Durnovaria, Lucretia per reclamare un’eredità lasciatale da una zia e Tryssa per visitare il fratello e la cognata. Quarant’anni prima Lucretia era stata mandata presso la zia per sposare un cugino, ma l’aveva respinto ed era tornata a casa. Tutta la vicenda si incentra su quanto avvenuto quarant’anni prima, con una carrellata di personaggi già presenti a quel tempo: l’ex fidanzato Deryn, sua sorella Eira dal carattere freddo e chiuso, il marito di lei, Max, che aspira ad una carriera politica ed ha problemi economici, l’augure Favorix a suo tempo coinvolto in uno scandalo economico col padre; inoltre il duovir Amicus, legato a tutti loro, ma che a quel tempo si trovava lontano. Proprio Amicus era particolarmente legato all’amico comune Galen, scomparso in quel lontano periodo e ritenuto colpevole di un furto: e sul ritrovamento di un cadavere che Amicus ritiene sia di Galen la vicenda si dipana, coinvolgendo due scavatori di tombe, una giovane schiava, un mendicante, un vagabondo in cerca della figlia perduta, la giovane ingenua e capricciosa figlia di Eira e Max, e altri. Nell’indagine sull’antico omicidio e su alcune morti sospette che si verificano nel frattempo, Amicus, unico magistrato della cittadina e responsabile quindi delle indagini, è aiutato da Tryssa, con cui inizierà una storia.
Libro interessante, con un’ambientazione attraente, plot credibile (forse una vicenda è un po’ sopra le righe). Però stenta a partire, in quanto manca un personaggio chiave nel passaggio da un libro all’altro: a poco a poco si capisce che Lucretia, pur importante nella vicenda passata, è sostituita come centralità dalla coppia Amicus e Tryssa.
IV. 1. 1 The Mammoth book of Roman whodonnits, a cura di M. Ashley, con un’introduzione di S.Saylor, London 2003
Il libro fa parte di una lunga serie di The Mammoth Book of, raccolte di racconti a tema (sul tipo degli Omnibus Mondadori) editi dalla Robinson di Londra, parecchie delle quali dedicate ai gialli, e alcune in particolare a gialli d’ambientazione antica. Si tratta, per lo più, di raccolte messe insieme su ordinazione: infatti in questo, ad esempio, solo tre racconti su venti sono già stati pubblicati in precedenza, e gli inediti sono stati commissionati in modo da costituire una cronologia: si va dalla seconda guerra punica all’età tardoantica (l’ultimo racconto è ambientato nel VII sec., anche se l’indagine riguarda avvenimenti molto precedenti). L’insieme ha l’intenzione di presentare una sorta di affresco del mondo romano, con netta prevalenza per l’età imperiale e tarda (15 su venti), all’insegna del giallo classico (rileviamo come l’espressione inglese che lo definisce sia scritto qui con due n). Tuttavia, benché scritti su commissione, molti dei racconti hanno come protagonisti personaggi ricorrenti: anzi, le brevissime biobibliografie premesse ai racconti ci hanno svelato un mondo di giallistica angloamericana estesissimo. Dato che quasi tutti gli autori sono inglesi, l’interesse per la Britannia è frequente; inoltre il pregiudizio antipapista fa sì che i racconti che coinvolgono cristiani siano spesso ambigui e retrodatino un’ opposizione fra la chiesa di Roma e quella universale in modo suggestivo (o irritante?). Per gli amanti di Saylor diciamo che, oltre all’introduzione, troviamo qui un racconto, A gladiator dies only once, che s’inserisce nella serie di Gordiano, anzi preannuncia Arms of Nemesis (con la rivolta di Spartaco): si veda a suo luogo l’indicazione della raccolta di racconti dallo stesso titolo, che comprende anche questo.
Benché non tutti i racconti siano di uguale livello, raccomandiamo la lettura di questa e delle successive raccolte, sia per l’idea di fondo, sia per l’originalità di alcuni plots, sia per la possibilità di incontrare autori e personaggi da approfondire.
1.2. Classical Whodonnits, a cura di M. Ashley, London 1996
Anche questa una raccolta di racconti gialli ambientati in Grecia o a Roma.
IV. 2.
1.
Murder through the ages,
a cura di M. Jakubowski, 2000
Una raccolta di racconti ambientati in diverse epoche, dai
tempi mitici fino al 1941. I primi tre riguardano l’antichità classica: una
curiosa ipotesi sulla morte di Didone, un’indagine irrisolta sulla morte di Remo
(della Lindsay Davis) e una delle improbabili storie di Marilyn Todd, della
serie di Claudia Seferius (vedi più oltre): Augusto raccoglie animali – in
particolare elefanti – per uno zoo?!
2.2. The
Mammoth book of Historical Whodonnits,
a cura di M. Ashley, London 2001 e 2005
Facendo seguito ad una precedente raccolta (che non ho potuto visionare) il curatore ne ha pubblicate altre due con questo titolo, che comprendono racconti gialli di ambientazione storica delle epoche più svariate, alcuni dei quali di ambiente greco/romano.
2.3. The Mammoth book of Hitstorical Crime Fiction, a cura di M. Ashley, London 2011, Philadelphia 2011Anche questa raccolta comprende racconti ambientati in diverse epoche storiche, dall’età del bronzo alla seconda guerra mondiale, con nomi noti di autori e personaggi. Un racconto di Steven Saylor è stato successivamente (2012) inserito nel romanzo The seven wonders. Un altro d’ambientazione classica, con la detection affidata ad Archimede, è di T.Holt (tutto sommato il più gradevole), mentre due racconti sono di età tardoantica, uno dell’epoca degli iconoclasti (gli autori di questo racconto sono già nella nostra rubrica con la serie di John l’eunuco), l’altro con la protagonista sister Fidelma, irlandese del settimo secolo, già nota per molte fiction di P. Tremayne.
IV. 3. i. Marilyn Todd, Virgin Territory, 1996
ii. J. Finnis, Get out or die, 2003
A Bitter Chill, 2005
La ricerca e la lettura di questi romanzi deriva appunto dalle raccolte di racconti di cui al punto IV. 1. Il primo fa parte di una serie che ha come protagonista una donna dall’improbabile nome Claudia Seferius, iniziata con I, Claudia nel 1995 (evidente parodia di I, Claudius di Graves) e proseguita con altri romanzi e il racconto Honey Moon della raccolta del 2003.
Ambientata nell’età di Augusto, cui fa riferimento quasi solo per la legge che impone alle vedove di risposarsi in tempi brevi, la serie racconta le poco credibili avventure di una ragazza dai costumi molto liberi e disinvolti, sia dal punto di vista sessuale sia economico, seppure con una sostanziale onestà (come si vede, un personaggio letterario piuttosto convenzionale). Nel romanzo il plot giallo è serrato e si fa leggere, ma la soluzione, così come l’insieme delle circostanze, non convince pienamente.
I romanzi della Finnis, una miniserie, appartengono invece alla tipologia dell’ambientazione in Britannia (il racconto della raccolta, invece, si svolge a Roma). Siamo all’epoca di Domiziano: la protagonista e io narrante, Aurelia Marcella, è una profuga di Pompei (nuovamente Pompei!) stanziatasi in Britannia col fratello: questi, impegnato nei servizi segreti, è però sempre in viaggio, mentre lei gestisce una locanda. In Get out or Die la locanda è minacciata da un gruppo di rivoluzionari nazionalisti, il cui leader è sconosciuto: più che un giallo, è un romanzo d’avventure con qualche mistero e un’ambientazione che sa molto di Far West. Nel secondo si intrecciano vicende politiche e vicende amorose.
Buried too Deep, 2008
Buried
too deep è il terzo mistery della serie di Aurelia Marcella,
che ha avuto evidentemente più successo del previsto e, forse, del
valore. La serie, infatti, attualmente comprende già un quarto romanzo,
Danger in the wind (2011) e ne è preannunciato un
quinto, Blood on the water. Inoltre è iniziata la
pubblicazione della serie in Gran Bretagna, per cui avvertiamo che il
primo titolo (Get out or die) è diventato Shadows in the night
(2012 UK), secondo l’uso di modificare i titoli molto scorretto per i
lettori, facilmente distratti e ingannati (l’abbiamo già notato per
altri autori).
Questo romanzo mescola nuovamente politica e vicende amorose, con
l’aggiunta di una specie di caccia al tesoro. Aurelia svolge il ruolo
di improbabile aiuto-detective sia nei confronti del fratello sia
dell’amante, investigatore imperiale (di Nerva o di Traiano,
sembrerebbe, poiché Domiziano è dato per morto). Loro compito è
bloccare le incursioni di pirati galli contro nativi e residenti,
nonché mettere pace fra un importante capo britanno e il più autorevole
residente romano. Si succedono una quantità di aggressioni e omicidi,
che culminano in una drastica riduzione delle due famiglie in lotta e
in vari happy end sentimentali.
Plot complicato, con alcuni colpi di scena e personaggi sopra le righe
(fra tutti, il Gallo cattivissimo e complessato che taglia un orecchio
alle vittime).
Purtroppo ci sono diversi refusi, uno fra tutti quasi ridicolo. Ci
viene detto, come colore locale, che il capo britanno pronuncia il
proprio nome con finale -os, mentre i Romani gliela
cambiano in -us: ma in tutto il romanzo il nome è
sempre in -os, fino a giungere a dialoghi in cui un
interlocutore corregge l’altro ripetendo il nome nella stessa forma!
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V. 1. Caroline Lawrence, The Roman Mysteries.
The thieves of Ostia, 2001, tr. it. I ladri di Ostia, Piemme junior 2004
The secret of Vesuvius, 2001, tr. it. I segreti del Vesuvio, Piemme junior 2004
Bread and Circuses, in The Mammoth Book of Roman Whodunnits, 2003, pagg. 282-320.
Il racconto Bread and Circuses, scritto appositamente per The Mammoth Book e collocabile fra il quinto e il sesto libro, riprende, come molti altri testi della medesima raccolta, personaggi ricorrenti, cui l’autrice ha già dedicato sette libri dal 2001, due dei quali editi in Italia. Protagonista è una bambina di dieci anni, Flavia Gemina, che vive ad Ostia affidata ad un pedagogo greco: infatti la madre è morta e il padre è spesso in viaggio. Con lei studiano e vivono avventure altri ragazzi incontrati nel primo libro della serie: un ebreo cristiano di nome Jonathan, una ex-schiava africana chiamata Nubia e un ex-mendicante muto di nome Lupus. Inoltre l’intera famiglia di Jonathan è coinvolta nelle vicende: il padre Mordecai, un abile medico, e la sorella maggiore Miriam, che nel secondo libro si fidanza con lo zio di Flavia.
Nel primo libro, in cui si presentano i personaggi, l’indagine parte dall’uccisione o scomparsa di alcuni cagnolini per giungere a sventare un furto ai danni di un ricco mercante.
Nel secondo tutti i personaggi si trasferiscono a Pompei: l’indagine, esilissima, s’incentra intorno ad un indovinello che porta ad una parola chiave della comunità cristiana; ma essenzialmente il romanzo racconta l’eruzione del Vesuvio e la morte di Plinio, divenuto amico della piccola Flavia. Il racconto è ambientato pochi mesi dopo: Flavia ricorda di aver trovato in uno scritto di Plinio andato perduto nell’eruzione la parola detective (?? forse detector?) che ha scelto per definire la sua abilità di investigatrice. L’indagine parte dal furto continuato di pane in una bottega di fornaio e giunge all’agape di una comunità cristiana: tramite dell’indagine è il famoso palindromo sator arepo tenet opera rotas interpretato secondo la nota ipotesi di un messaggio-chiave cristiano: sembra chiaro che l’interesse dell’autrice per il Cristianesimo primitivo tende a prevalere anche sulla detection.
Negli originali c’è un blando intento didascalico, che l’editrice italiana ha fortemente accentuato aggiungendo rubriche sugli usi e costumi romani. I plots sono gradevoli, il linguaggio scorrevole, i personaggi simpatici e ben caratterizzati.
The Assassins of Rome, 2002, tr. it. L’imperatore è in pericolo, Piemme junior
Il quarto libro della serie, dopo The Pirates of Pompeii (anche questo tradotto con titolo letterale da Piemme). Il plot è divenuto molto più complesso, e così pure la scrittura, con un montaggio incrociato di buon interesse. L’ambientazione è nella Domus Aurea già di Nerone, secondo la fiction adibita da Tito a dimora per le schiave ebree deportate da Gerusalemme al servizio di Berenice: qui vengono a trovarsi i diversi personaggi giunti a Roma per varie vie. Qualche motivo da giallo classico (ad esempio il messaggio di difficile lettura) e una probabile influenza della Rowling, in particolare di Harry Potter and the Prisoner of Azkaban.
The twelve tasks of Flavia Gemina, 2003, tr.it. Il leone di Nubia, Piemme junior 2006
Sesto libro della serie. Nel precedente, pure questo edito anche in Italia, risulta che il padre di Gemina ha perso i suoi averi nel naufragio di una nave carica di spezie. La figlia ha venduto di nascosto un vaso prezioso per pagare i debiti, ma restano gravi problemi economici, che il padre non vuole far sapere. Per questo, quando il padre si fidanza con una giovane vedova, Flavia, gelosa della futura matrigna, pensa che sia attirata dalla presunta ricchezza del fidanzato, e inizia un’indagine su di lei con l’aiuto degli amici. Benché le motivazioni siano più importanti che nei primi due libri, l’indagine è esilissima, un puro pretesto per insegnare ai lettori le dodici fatiche di Ercole, qui rivisitate con vaghi legami (l’unico elemento realistico è il leone che dà titolo alla traduzione italiana). Qualche colpo di scena non riscatta la banalità della storia, che si conclude bruscamente con un’epidemia, mortale per alcuni personaggi. Il matrimonio di Miriam e dello zio di Gemina offre qualche ulteriore spunto didascalico.
The prophet from Ephesus, 2009
Con un notevole ritmo di scrittura, la Lawrence è arrivata al sedicesimo libro della serie. Le storie sono comunque collocate vicinissime fra loro nel tempo, tutte cioè nell’arco dell’impero di Tito, le cui vicende sono legate alle avventure dei ragazzi già dal quarto libro, come si è visto: ne deriva il fatto che, inizialmente storie singole, ad un certo punto diventano una sorta di romanzo a puntate.
Questa inizia ad Alessandria d’Egitto (a quanto pare di moda), dove i quattro ragazzi si tengono nascosti per evitare di essere arrestati: si capisce da qualche momento di riepilogo che erano stati incaricati direttamente da Tito di recuperare lo smeraldo usato da Nerone come lente, ma sono stati truffati ed accusati del furto della pietra. Raggiunti dal pedagogo, riescono a recarsi in Asia Minore, prima ad Alicarnasso poi ad Efeso e a Hierapolis, sulle orme di un clan di malavitosi, già comparsi in libri precedenti, che rapiscono bambini per avviarli al lavoro minorile o alla prostituzione. Giunti in Asia, incontrano la comunità cristiana riunita intorno a S. Giovanni e ai suoi discepoli: ne deriva una serie di conversioni. Troviamo spesso ambigua nei romanzi la descrizione delle primitive comunità cristiane, anche quando è positiva: un po’ troppo New Age. Forse più originale, qui, la situazione della protagonista, rimasta malinconicamente l’unica pagana. Una volta recuperati i bambini rapiti, restano aperte molte questioni che troveranno la loro conclusione nel prossimo (forse ultimo, se capiamo bene) romanzo: due vicende d’amore (un po’ premature), la scomparsa di un neonato, la situazione di ricercati, l’aiuto a Tito insidiato da Domiziano. Chiaramente l’autrice si è da tempo stancata di raccontare vicende per bambini e si è inserita in un filone più spendibile (effetto Rowling?): l’insieme è però piuttosto bizzarro, anche perché rimane un intento didascalico abbastanza scoperto (tipo: “non ricordo cosa significa questa parola” oppure “vi racconto la storia di…”).
Trimalchio’ fest and other mini-mysteries, 2007
The legionary from Londinium and other mini-mysteries, 2010
Come era previsto, col diciassettesimo romanzo la serie di Flavia Gemina e dei suoi tre amici è terminata, in quanto legata ormai stabilmente con l’impero di Tito. L’autrice però trova tre soluzioni per proseguire nel mistery. Anzitutto queste raccolte di racconti, esplicitamente inseriti fra un libro e l’altro, con riferimenti a personaggi ed eventi dei diversi romanzi: più che altro dei divertissements, soprattutto quelli ispirati a racconti di Conan Doyle come il racconto che dà il titolo alla seconda raccolta. Poi si preannuncia una sorta di spin-off, con personaggi minori della serie precedente. Infine, come era presumibile, una serie “adulta”, che porti avanti le vicende amorose.
Il primo dei due libri di racconti comprende anche un’intervista all’autrice.
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V. 1 bis. La serie di Threptus
Come era stato già preannunciato, la Lawrence ha posto termine alla serie di Flavia Gemina con un ultimo romanzo (il XVII: The Man from Pomegranate Street) che vede il cambio di imperatore e il passaggio dei protagonisti all’età adulta. Ne ha poi tratto uno spinoff proposto per lettori molto giovani, sugli 8/10 anni: una serie giunta rapidamente al quarto titolo, che presentiamo.
The two-faced god, 2013
Threptus è un giovanissimo mendicante di Ostia che ha avuto da Lupus, il ragazzo muto della serie precedente ormai trasferito ad Efeso, il compito di migliorare la propria formazione e proseguire l’opera di detection nella città romana. Abbandonata la vita di vagabondo, si è posto come apprendista di Floridius, un improbabile indovino e allevatore di polli sacri ubriacone e sempre al verde. In questo romanzo Floridius ha l’incarico di esaminare le viscere di una pecora sacrificata per scoprire il mistero di una casa che sembra stregata: purtroppo però non solo non conosce l’aruspicina, ma sviene alla vista del sangue. Sarà Threptus a scoprire che cosa si nasconde nelle soffitte della casa e ad aiutare il suo padrone a compiere la cerimonia rituale con l’intervento di un aspirante aruspice e di una banda di ragazzi di strada. Nella sua impresa è aiutato dal metodo appreso da Lupus e dai “suggerimenti” di una gallina e un gatto (un richiamo ai gatti di Lilian Braun?). Storia esilina, dalla collocazione cronologica del tutto casuale a differenza della serie precedente: solo una moneta col volto di Domiziano serve a ricordare l’epoca. Vagamente didascalica se si accetta la palese derisione dei riti e dei culti romani.
V. 2. Henry Winterfeld, Caius ist ein Dummkopf, 1954, trad. it. Detective in toga (condotta presumibilmente sulla traduzione inglese, senza indicazione dell’originale) Mondadori 1992
Caius geht ein Licht auf,
1959, tr. ingl.
1971 col titolo
Mystery of the roman Ransom, tr.
francese 1992 (dall’inglese) col titolo
Caïus et le gladiateur.
Caius in der Klemme,
1976
I tre libri anche in: Caius, der Lausbub aus der alten Rome - Alle Abenteuer, 2005. Di tutti e tre i libri esiste sia la traduzione inglese sia la ritraduzione francese, mentre non risulta l’edizione italiana se non del primo, molto approssimativa.
L’autore (1901-1990), d’origine tedesca ma stabilitosi negli Stati Uniti con l’avvento del nazismo, ha scritto questi brevi romanzi ambientati al tempo di Tiberio, come risulta da indicazioni cronologiche e altri accenni: i protagonisti sono alcuni ragazzi di una scuola. Curiosamente l’eponimo è considerato il più sciocco, come si capisce già dai titoli originali (Caio è uno stupido, Caio ha un’illuminazione, Caio in un guaio e Caio il monello nella trilogia) e in effetti parla e agisce in modo spesso sconsiderato. Gli adulti sono assenti (un aspetto tipico dei libri per ragazzi) salvo il maestro di scuola, burbero ma in gamba, e una sorella di Caio poco maggiore del gruppo. Le molte avventure, rischiose e rocambolesche, possono essere interessanti per il pubblico cui i libri sono destinati, mentre l’aspetto didascalico non è eccessivo (molto dipende anche dalle note delle diverse edizioni). La scelta dei nomi è problematica, come è tipico dei romanzi d’ambiente romano. Il padre di Caio, un nobile senatore sempre in seduta, si chiama Vinicio: Tacito ricorda due Vinicii al tempo di Tiberio, uno dei quali scelto come marito di Giulia figlia di Germanico. Poiché la sorella di Caio, Claudia, è legata alla corte da parentela, forse l’autore utilizza il personaggio storico, seppure con qualche libertà.
V. 3. Jean-François Nahmias, la serie di Titus Flaminius
La fontaine aux
Vestales
2003
La Gladiatrice
Le Mystère d’Eleusis, 2006
La piste Gauloise, 2006
La serie è ambientata a partire dal 59 a.C., quindi condivide con le serie di Saylor (Gordianus) e di Maddox (SPQR) il periodo storico e i personaggi in scena. Quasi all’inizio del primo romanzo, anzi, il funerale della madre del protagonista (la prima vittima: non si sa perché si chiama anche lei Flaminia) è occasione per una carrellata storica: Cesare, Crasso, Clodia, Clodio, Antonio, Servilia, Fulvia, Giulia, Calpurnia, Lucullo … Soprattutto Bruto, amico di Tito Flaminio, consigliere morale e occasionalmente aiutante. Proprio il monito stoico spinge Flaminio a impegnarsi per indagare sull’omicidio. Accompagnato da un attore che si offre di aiutarlo, svolge un’inchiesta che lo porta dalle Vestali alla Suburra, fino allo scioglimento che comporta alcuni colpi di scena discreti, anche se non tutto è spiegato (soprattutto il primo omicidio, che serve più che altro a far intervenire il protagonista).
Nel secondo romanzo l’attualità storica è praticamente scomparsa, a parte un accenno nell’Avant-propos. Trama e motivazioni del protagonista sono esilissime: una congiura nazionalista-sovranista di patrioti campani provoca uccisioni e attentati, mentre Flaminio ha promesso pubblicamente di aiutare chiunque gli si rivolga e rimane quindi implicato nell’indagine di uno degli omicidi, per poi trovarsi a dover addirittura salvare Roma. Ritroviamo una delle questioni più frequenti nell’opera di un giallista: se il detective non lo è di professione, perché mai indaga continuamente su delitti? Rinviamo a molte altre serie per le risposte più varie a tale questione.
Ma in questo romanzo trama e motivazioni sono in secondo piano rispetto al moltiplicarsi di scene cruente spettacolari, locations terrificanti, situazioni estreme e scelte suicide, come l’arruolarsi fra i gladiatori e combattere nell’arena solo per la vaghissima speranza di trovare indizi. Il colpo di scena finale non persuade molto.
Nel romanzo ambientato in Grecia notiamo subito come un errore porti l’autore fuori strada: ritiene infatti che il personaggio storico che nel 196 a.C. proclamò la libertà delle poleis greche si chiamasse Tito Quinto Flaminio e potesse quindi essere antenato del protagonista della fiction: di qui i grandi onori che il giovane riceve quando si reca a studiare ad Atene, l’accoglienza dell’arconte eponimo a casa sua, tutte le porte che gli si aprono, l’iniziazione ai misteri, l’offerta della cittadinanza, ecc. Ma il liberatore della Grecia si chiama T. Quinzio Flaminino, e d’altra parte mentre Quinzio è nomen Quinto è un altro prenome, e così Flaminino è cognomen e Flaminio nomen. Si tratterebbe delle solite anche perdonabili confusioni nell’onomastica latina tipiche dei romanzi se qui l’incidenza dell’equivoco non fosse molto pesante e non riguardasse molti aspetti della storia. In essa moltissimo è riserbato alle istituzioni civili e soprattutto religiose ateniesi, descritte minutamente (una piccola osservazione: a guidare i Piccoli Misteri è l’arconte basileus, non l’eponimo, come testimonia Aristotele); si aggiungono diversi omicidi, indagati da Tito che vi si trova implicato. Lo scioglimento è piuttosto macchinoso, con un colpo di scena finale fin troppo inatteso.
Nel romanzo ambientato in Gallia Tito è incaricato da Cesare di recarsi presso gli Edui per indagare sulla loro fedeltà a Roma: qui viene coinvolto in una serie di omicidi legati ad antiche vicende e a culti locali. Poco credibile il fatto che Tito si trovi a partecipare a tutte le imprese più famose di Cesare, dal ponte sul Reno all’invasione della Britannia. Risolti gli omicidi, torna a Roma con una giovane donna, compagna del liberto Palinuro che è divenuto ormai aiutante e spalla.
Caratteristico lo stile sintatticamente molto curato, quasi rétro, cui si aggiunge il gusto per il macabro, lo splatter, il freak: paradossalmente si direbbe che proprio questo motivi la destinazione della serie a livre de poche jeunesse.
Infine notiamo una certa componente ideologica, nel primo libro riguardante le condizioni dei poveri e i doveri dei ricchi di prendersene cura, nel secondo la necessità di non giudicare dalle apparenze, soprattutto nei confronti di condizioni sociali inferiori, nel terzo la situazione della donna in Grecia e a Roma, nell’ultimo l’importanza di depurare le altre culture degli aspetti deteriori per poterle inserire vantaggiosamente nella società più evoluta.
Fabian
Lenk, Die Spur fuhrt zum Aquadukt,
2003
Il
libro fa parte di una collana di gialli per ragazzi ambientati in
epoche del passato (Egitto, Grecia, Roma, Medioevo): Tatort
Geschichte (“Scena del crimine - storia”). Discreta la
collocazione storica: siamo a Nemausus (Nimes) all’inizio dell’impero
di Adriano; s’incontrano due veterani della spedizione di Traiano
contro i Daci, dove uno di loro ha conquistato un’onorificenza per
essere salito per primo sulle mura di una città assediata. Mentre
questi conversa con l’antico commilitone, dei malviventi rapiscono la
sua figlioletta. Lucius e Sestius, figli dodicenni dei due amici, si
danno all’inseguimento e, dopo molte peripezie a cui finiranno per
partecipare anche i genitori, salvano la bambina e scoprono il motivo
del rapimento.
Il libro non sarebbe male se non fosse così scopertamente didascalico:
vengono descritti case, templi, anfiteatro, riti religiosi, pasti, ecc.
e naturalmente l’acquedotto del titolo, a volte con assurde
interruzioni della storia (un lauto pranzo mentre la bambina è in
pericolo). Dopo ogni capitolo c’è un indovinello particolarmente
sciocco (ci sono persino le risposte in fondo!). Seguono un glossario,
una cronologia, una breve trattazione storica e una cartina.
V.5. Evelyne Brisou-Pellen, Les enfants d’Athéna, 2002
Siamo ad Atene, età di Pericle. Una coppia agiata viene assalita in casa e uccisa perché rifiuta di rivelare un segreto. I loro figli, un ragazzo, una ragazzina e un bambino, riescono a fuggire e si mettono in cerca delle persone a cui il padre li aveva indirizzati in caso di pericolo, ma incontrano altre morti e vengono continuamente inseguiti: infatti, senza saperlo, hanno tutti gli elementi per decifrare il segreto. Nella loro fuga sono aiutati da un ragazzo spartano: il confronto fra le due culture è presentato in modo simpatico. Piace anche l’idea d’intercalare il racconto in terza persona con parti attribuite al più piccolo dei fuggiaschi, cui spetta anche il racconto finale. La soluzione, che utilizza indizi accreditati nella tradizione gialla, è ben congegnata. L’inevitabile aspetto didascalico, tipico dei libri per bambini, è affidato al racconto di miti con cui i fuggiaschi s’intrattengono.
V. 6. Alain Surget, la serie di Julius
Le dernier secret de Pompei, 2006
Le crime de l’empereur, 2006
Romanzi per adolescenti, curiosamente simili per ambientazione alla serie della Lawrence: epoca di Tito, anzi coinvolgimento dell’imperatore e del fratello Domiziano, il tema di Pompei, Plinio il vecchio… L’ispirazione sembra probabile. Qui c’è di particolare una scrittura che ha una certa pretesa letteraria: si vedano nel primo romanzo le ampie descrizioni paesaggistiche di Pompei e dintorni, nel secondo soprattutto gli incipit dei capitoli (nonché una grande varietà di insulti pittoreschi). I personaggi sono piuttosto deboli: Julius è un liberto d’origine greca che fa l’investigatore, anzianotto e corpulento; con lui vive una giovane nipote orfana, Flora, che la passione di cacciarsi in guai assurdi; è amica di un giovane scultore di scarse capacità artistiche, decisamente succube di lei e ferocemente geloso. Nessuno dei tre è particolarmente interessante e credibile.
Il primo romanzo, ambientato in occasione dell’eruzione del Vesuvio, mescola moventi politici e questioni interne alla città, in modo un po’ confuso. Il secondo, decisamente più interessante, lascia sullo sfondo la questione della politica imperiale e introduce il topos degli assassini seriali, con discreti colpi di scena fino al finale.
Gli
ardimenti linguistici non sono pochi: nel primo romanzo domus
è considerata maschile (viene precisato anche in nota). Nel
secondo passa al femminile ma fa al plurale
domi, mentre spectacula nel senso di anfiteatro
(in nota si nega che quest’ultimo termine sia usato prima del II sec.
d.C., ma lo usa già Vitruvio) è femminile singolare; il femminile di venatores
è venatares, ecc. In compenso troviamo
una quantità di nomi di vesti da donna, cymatile,
patagiata, crocotula, plumatile,
ralla e quant’altre.
Alain Surget, la serie Les enfants du Nil
Le secret de Vercingétorix, 2005
Julius pubblica una serie decisamente per bambini, di cui presentiamo un esempio.
Tre amici decenni, due egiziani (Imeni e Cléo) e un greco (Antinous), più un fennec (una piccola volpe del deserto), vivono diverse avventure fra l’Egitto, Roma e la Gallia, al seguito di Cesare e Cleopatra. Nel romanzo che proponiamo si recano in Gallia in occasione della fondazione di una nuova città, la futura Lione. Una vanteria di Cléo, che dichiara di essere figlia di Cesare e Cleopatra, fa sì che la spedizione sia seguita da nemici sconosciuti e che una ragazzina locale cooperi al rapimento della presunta principessa. Il riscatto per la restituzione di Cléo è la liberazione dalla prigionia di Vercingetorige, naturalmente impossibile. Grazie ad un espediente della bambina rapita, i suoi due amici riescono a ritrovarla; la ragazza galla, che ha raccontato le ragioni del suo tradimento, viene perdonata e aiutata a fuggire in un modo ben poco credibile.
Romanzo grazioso, ben informato e non troppo didascalico.
Menace à Olympe, 2013
Un romanzo scopertamente didascalico, con molte informazioni sia sulle Olimpiadi sia sulle istituzioni e vicende ateniesi dell’età di Pericle; ci sono molti termini greci accuratamente traslitterati e brevi note storico/istituzionali.
Per contro la vicenda è poco credibile: un giovane artigiano che sta per partire per le Olimpiadi sente un colloquio che contiene progetti di accuse o violenze contro due persone; viene scoperto e per tutta la vicenda olimpica (dove vince al pentathlon stupefacendo i lettori date le cattive prove nell’allenamento) è spiato e oggetto di attentati; nel frattempo la sorella gemella prosegue le indagini travestendosi, partecipando di nascosto all’ecclesia, cercando Aspasia e Pericle, sfuggendo ad un attentato in casa, catturando di notte un ladro sull’acropoli…tipica ragazza ateniese del V secolo!
Si riscatta con un paio di sorprese finali. Un po’ patetica l’amicizia fra giovane ateniese e giovane tebano.
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V. 7. Freddy Woets, La captive etrusque, 2010
IV secolo a.C. Un ragazzo gallo, Kaour, dei Biturigi, scappa di casa in cerca di avventure. Viene assunto da un mercante etrusco e condotto a Tarquinia, dove s’innamora della figlia di un artigiano. La ragazza viene rapita e chiusa in una tomba, mentre Kaour, accusato del rapimento e ribelle alle guardie, è costretto a battersi secondo un terribile tipo di lotta etrusco. Altri agguati e rapimenti, attribuiti ora ad un celebre brigante di Marsiglia, vengono sventati. Scoperto il vero colpevole, anche il brigante avrà la sua vendetta (con un piccolo colpo di scena).
Storia esilina, quasi un pretesto per paragonare usi e costumi dei Galli e degli Etruschi, con l’ormai consueto gusto per l’orrido e una certa autoironia. In appendice, notizie sui due popoli, una cronologia e una bibliografia adatta ai lettori, quasi tutta sui Galli.
V. 8. Paul Thiès, Intrigues à Athènes, 2008
Una storia editoriale discutibile e difficilmente ripercorribile, data l’assenza di indicazioni. L’autore, specialista di romanzi e serie per bambini e ragazzi, pubblica nel 1992 L’esclave d’Athènes in una bella edizione cartonata e illustrata: romanzo breve, rivolto evidentemente ad un pubblico di bambini. Il romanzo che presentiamo porta la data del 2008, ma dà l’impressione di essere l’opera originaria: grosso modo la stessa storia, ma più ampia, più curata, più interessante, un romanzo di avventure e d’iniziazione. Probabilmente è precedente rispetto all’altro, che ne è una riduzione piuttosto rozza, a meno che non siano uscite insieme editio maior e minor, con titoli diversi. Il tutto comunque molto scorretto.
Alla vigilia della sconfitta ateniese s’incontrano tre ragazzi: Linceo,
nato in schiavitù da un donna dei Melii, Dori, comprata con la madre
spartana e divenuta sorella di latte del padroncino, e quest’ultimo,
Callia, nipote di un ricco ateniese ma figlio di una donna macedone. La
ragazza è amica di entrambi e divisa fra Callia, con cui è cresciuta e
della cui condizione di ricco libero sente il fascino, e Linceo, con
cui condivide spesso il lavoro ma che la schiavitù rende sottomesso e
timoroso. In seguito però il nonno di Callia, compromesso coi trenta
tiranni, al ritorno della democrazia cerca un pretesto per
ingraziarsi il popolo e decide di ripudiare il nipote, figlio di una
straniera, e venderlo come schiavo. Callia viene comprato da Menone, un
meteco da lui disprezzato, e diviene compagno di Linceo, che cerca di
aiutarlo a vivere la nuova umiliante condizione. Il personaggio del
comune padrone inserisce il romanzo in diverse vicende storiche: Menone
è il protagonista del dialogo platonico, e l’autore immagina che Linceo
sia lo schiavo cui Socrate fa scoprire la geometria; in seguito i tre
ragazzi, scoperto l’intrigo per far evadere Socrate, ottengono con un
ricatto denaro e partecipazione alla fuga; ma Socrate rifiuta di
evadere e persuade anche Linceo, ormai suo seguace, del rispetto delle
leggi. Solo Dori può comperarsi la libertà coi soldi del ricatto, anche
perché il padrone della nave, fallito il piano, non li accetta più a
bordo. Un secondo tentativo di ricatto si effettua nei confronti di
Menone, che è in trattative segrete con la Persia: ma il padrone scopre
Callia mentre fruga fra i suoi documenti e lo vende lontano. Minacciato
da Dori e Linceo, rivela loro che sta per lasciare Atene e non è più
ricattabile. Dopo la sua partenza, Dori acquista la libertà di Linceo;
i due, ormai innamorati, vivono insieme: Linceo dopo l’esperienza con
Socrate, è cresciuto, desideroso di conoscenze e affascinato dalla
matematica, e convince anche Dori ad imparare. Un giorno incontrano
Callia, schiavo di un pastore: gli promettono di riscattarlo, ma sono
ormai diversi dal giovane piegato e asservito.
Senza essere troppo didascalico, l’autore introduce vicende e personaggi storici anche poco conosciuti (tutta la storia di Menone e dei suoi rapporti con la Persia non è notissima). Nel complesso anche la storia dei ragazzi, dei due maschi in particolare, e della loro evoluzione/involuzione, è interessante. Più banale la figura femminile.
V. 9. Sir Steve Stevenson, la serie di Agatha Mistery
Agatha Mistery – L’enigma del faraone, 2013-2015
Con questo curioso pseudonimo inglese allitterante uno scrittore italiano, Mario Pasqualotto, inizia una serie di gialli per ragazzi pubblicata dal Corriere della Sera comprendente 20 titoli, con illustrazioni di Stefano Turconi. I protagonisti sono due cugini (Mistery è il cognome!): Larry, il maggiore, è un quattordicenne iscritto ad una scuola per detectives, Eye, che periodicamente gli assegna un enigma da risolvere in giro per il mondo come compito d’esame. Agatha è una ragazzina di dodici anni dalle molte letture e dalla memoria straordinaria, che accompagna il cugino nelle sue imprese. Con loro va anche il gatto di casa, naturalmente Watson.
Come sempre avviene nei gialli per ragazzi, il problema che si pone all’autore è giustificare la libertà di movimento dei piccoli detectives: sono soli? esistono i genitori e dove sono? sono al corrente delle loro indagini? Qui abbiamo nel caso di Larry una madre divorziata, ostile a tutta la famiglia e noncurante del figlio, mentre i genitori di Agatha sono tipi avventurosi sempre in giro, molto fiduciosi che la figlia se ne stia tranquilla col maggiordomo, un ex-pugile di nome mr. Kent. In realtà quest’ultimo accompagna i ragazzi, dando anche un po’ più di credibilità presso pubblico e autorità alle loro indagini; inoltre in ogni luogo ci sono dei parenti Mistery, tutti molto originali, che forniscono aiuto senza troppe domande.
Il plot è un po’ esile ma si regge, la parte didascalica (qui sull’Egitto) non è troppo pesante, la bizzarria dei personaggi rende piacevole la lettura. Torna all’inizio del documento
V.10 Saviour Pirotta, Mark of the Cyclops – An ancient greek mystery, 2017
L’autore è nato a Malta e vive fra Inghilterra e USA. Specializzato in letteratura per bambini e ragazzi, ha composto varie serie ambientate in diversi periodi. Quella ambientata in Grecia appartiene al genere della detection e comprende oltre al libro recensito altri tre immediatamente successivi con gli stessi personaggi:
Secret of the Oracle, 2017
Pirates of Poseidon, 2018
Shadow of the Centaurs, 2018
I protagonisti principali sono un giovane schiavo, Thrax, e un piccolo scriba di povera famiglia libera, Nico. I due vivono nel quinto secolo a.C. presso una ricca famiglia ateniese, al servizio del figlio che è poeta e cantore. Accompagnano il padrone a Corinto, dove deve esibirsi in diverse feste in occasione di un matrimonio. Durante il viaggio per mare Trax si offre come giudice in una controversia fra due marinai, mostrando buone doti deduttive (peraltro l’episodio è ben poco originale). A Corinto Thrax è assunto di nascosto dalla sorellina della futura sposa perché liberi la sua giovane schiava dall’accusa di aver rotto un vaso prezioso. Inizia così un lavoro di detection in cui Nico fa da Watson, spalla e insieme cronista. La soluzione, abbastanza inaspettata anche se ricorda The seven dials mystery della Christie, dà origine ad una società segreta fra i quattro ragazzi, Trax e Nico e le due ragazze di Corinto, padroncina e schiava, con lo scopo di occuparsi di detection e di scrivere le imprese compiute.
Libro grazioso, leggibile, accettabile nonostante gli evidenti riferimenti. L’erudizione è discreta e legata alla storia, mai saccente. La presenza di Euripide fra i personaggi è l’unica indicazione cronologica, ma che il poeta voglia Tespi come attore è un po’ troppo.
Secret of the oracle
Ariston, il padrone di Thrax e Nico, decide di recarsi a Delfi per chiedere all’oracolo se deve lasciare la carriera di poeta da simposio e divenire commediografo: infatti l’incontro con Euripide l’ha convertito al teatro. Avuto il responso (ambiguo) si stabilisce presso Delfi per iniziare la sua prima commedia. Thrax e Nico vengono coinvolti nel rapimento di una ragazza, Selene, discepola di una misteriosa veggente e veggente lei stessa. Scartate alcune ipotesi che risultano riguardare vicende collaterali, risalgono ai rapitori e al movente e riescono a liberare Selene in un’avventurosa fuga su un torrente sotterraneo. Anche se la famiglia di Selene è troppo povera per ricompensare i ragazzi, provvede l’arconte di Delfi, in cambio del silenzio su un fatto che potrebbe screditare il santuario, ora che i colpevoli sono sfuggiti alla cattura. Intanto Selene, divenuta la nuova Pizia, accetta di entrare a far parte della squadra di detectives; e un nuovo oracolo apre la strada per una successiva avventura.
La detection è ben costruita, simpatici i personaggi, non troppo pesante la presentazione di Delfi.
Pirates of Poseidon
Ariston, terminata la commedia, è invitato a Corinto per una rappresentazione privata, in attesa di concorrere alle Dionisie di Atene. Thrax e Nico ritrovano così le due amiche del primo libro. Ma la rappresentazione ha un esito disastroso (l’oracolo era stato frainteso) e Ariston, non volendo tornare ad Atene, accetta un posto di precettore ad Egina. Vi si recano tutti, comprese le due ragazze, Fotini e la schiava Gaia, perché Fotini, destinata a divenire sacerdotessa, chiede di visitare il tempio di Aphaia. Ad Egina si chiarisce il senso dell’ultimo oracolo: Thrax e Nico devono ritrovare un prezioso anello dalle lunghe vicissitudini e definitivamente scomparso in una situazione da camera chiusa. Le indagini portano a scoprire il ladro, ma insieme a lui anche i due detectives vengono catturati dai pirati che hanno commissionato il furto e celano nella nave un carico di bambini rapiti. La vicenda termina con la salvezza di tutti i rapiti e dell’anello, ma uno dei nemici sfugge nuovamente. Due nuovi amici si uniscono alla squadra.
La detection è ben fatta, l’avventura molto arrischiata, sempre simpatici i personaggi.
VI. AMBIENTAZIONE EGIZIANA
VI. 1. P. Harding, La serie di Amerotke
The assassins of Isis, 2004, trad. it. Gli assassini di Iside, Mondadori 2006
Torniamo all’Egitto con una serie del giallista inglese Paul Harding, altro alias di P.C. Doherty. Siamo nel quindicesimo secolo a.C., al tempo della regina Hatshepsut; il protagonista della serie è un giudice/detective pensoso e scettico, aiutato da una sorta di grottesco servus callidus, un nano dal volto mutilato. In questo libro Amerotke deve occuparsi di una banda di saccheggiatori di tombe: nella sua indagine è intralciato, oltre che da componenti insospettati della banda, dal sacerdote di Iside e dalla regina stessa, che nascondono entrambi dei segreti. Il plot è piacevole, l’ambientazione esce un po’ dalle mie competenze (ma dubito che si usassero pergamene in Egitto nel XV secolo a.C.). Notiamo come la pubblicazione nei Gialli Mondadori risenta del gusto per l’esotico da cui evidentemente il mondo grecoromano è escluso.
VI. 2. The Mammoth book of Egyptian Whodonnits, a cura di M.Ashley, London 2002
Come gli altri Mammoth, anche questo è costruito cronologicamente: dal primo racconto ambientato nel terzo millennio a.C. fino all’Egitto dei Tolomei e all’Egitto deli archeologi. E’ interessante che il curatore nella prefazione faccia risalire il “giallo egiziano” al romanzo della Christie citato al punto uno di questa rubrica, though in fact reads every bit as cozy as a traditional country-house mistery: come si diceva al punto citato, l’intento della Christie era proprio questo: non puntare sulle differenze storiche, ma sulla ripetitività della natura umana.
Fra gli autori ritroviamo Harding con il giudice Amerotke (anche se lo scrittore è indicato col vero nome di Doherty); incontriamo inoltre racconti legati ad altri romanzi seriali: la serie di lord Meren, consigliere del giovane faraone Tutankhamun, di Lynda S. Robinson, la serie del capo di polizia Bak, anch’esso, come Amerotke, collocato al tempo della regina Hatshepsut, la serie di Huy, scriba al tempo di Akhenaten e successivamente investigatore, di Anton Gill. Altri racconti non appartenenti a serie “egiziane” sono opera di autori noti per serie storiche di diversa epoca, che per questo Mammoth si sono cimentati con l’Egitto.
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VI. 3. Lynda S. Robinson, La serie di Lord Meren
Costituita da sei romanzi più il racconto
inserito nel Mammoth, la serie ha per protagonista
l’uomo di fiducia del giovane faraone Tutankhamon, Meren: a suo tempo
vittima del faraone eretico Akhenaten, che gli ha ucciso il padre e
l’ha costretto ad accettare il marchio a fuoco della devozione al nuovo
dio, Meren è sopravvissuto grazie all’intercessione del potente Ay,
padre della regina Nefertiti, che l’ha preso sotto la sua protezione e
gli ha permesso, dopo la morte di Akhenaten, di guadagnarsi la fiducia
del faraone-ragazzo. Nel corso dei libri, tutti editi in Italia da Tea,
Meren vede svilupparsi la famiglia, resta vedovo con tre figlie e un
figlio adottivo che lo aiuta nelle indagini (una costante nei gialli:
si veda ad esempio Saylor), s’innamora nuovamente e affronta diverse
peripezie: ma il Leitmotiv rimane il ricordo del regno di
Akhenaten/Nefertiti e della misteriosa morte di quest’ultima, su cui si
svolge un’indagine che attraversa più libri, restando ogni volta
sospesa. Nell’ultimo libro edito in Italia, Sterminatore di
dei (Tea 2006), il motivo sembrerebbe finalmente concluso
(con un discreto colpo di scena).
Apprezzata dagli egittologi per la precisione culturale, la serie ha il
limite di una certa monotonia, dato il riferimento a pochi anni di
un’epoca non particolarmente nota né ricca di eventi.
VII. 1. Guillaume Prévost, L’assassin et le prophète, Nil éditions, Paris 2002; trad. it. L’assassino e il profeta, Palermo 2004
Storico, insegnante e autore di gialli e romanzi per ragazzi, Prévost scrive un giallo piuttosto inusuale: apparentato per un verso ai romanzi pseudostorici alla Brown e per un altro ai tradizionali romanzi di ambientazione cristiana alla Ben Hur, riesce tuttavia ad essere originale e apprezzabile. Il detective è Filone d’Alessandria, il filosofo sincretista giudaico-ellenistico: l’autore immagina che giunga a Gerusalemme nei primi anni dell’era cristiana per festeggiare l’inaugurazione delle porte auree del Tempio donate dal suo ricco fratello; qui s’imbatte nei ribelli antiromani, nelle guardie romane d’occupazione e in alcune morti misteriose di personaggi influenti dei sadducei, dei farisei e degli esseni (una di queste presenta le caratteristiche della camera chiusa). In un percorso che lo porta a Nazareth, a Qumran e poi di nuovo a Gerusalemme insieme ai pellegrini che vi si recano per la Pasqua, Filone segue le tracce di oscuri documenti trovati sui cadaveri, fino a convincersi di dover cercare e proteggere una persona che si trova in grave pericolo. Nel Tempio avverrà la scoperta dell’assassino e un rocambolesco salvataggio; nell’ultima pagina (a parte la citazione biblica conclusiva) un colpo di scena.
Qualche eccesso didascalico soprattutto nella parte iniziale (peraltro giustificato dalla condizione di ellenistés di Filone, all’oscuro di molti fatti dell’ebraismo), ma nel complesso il romanzo è ben leggibile, accettabile nei riferimenti e discreto come plot. Un po’ banale l’inserimento del comunissimo indovinello sulla distribuzione dei cammelli lasciati in eredità.
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VIII. AMBIENTAZIONE TARDO-ANTICA
VIII. 1. Mary Reed & Eric Mayer, La serie di John l’Eunuco
Four for a boy, 2005
Una coppia di marito e moglie americani firma una serie dal titolo numerico, giunta al sesto titolo. Quello che presentiamo è (ovviamente) il quarto romanzo, ma costituisce il prequel della serie: inizia nel 540, quando John è Gran Ciambellano dell’imperatore Giustiniano e prepara la processione diretta alla chiesa ricostruita di S.Sofia, ma prosegue immediatamente con un flashback.
Siamo quindi a Costantinopoli nel 525: l’imperatore Giustino è molto malato e suo nipote Giustiniano aspira a succedergli, insieme con la concubina Teodora che intende sposare. John ha una storia complessa, che richiede molti ulteriori rimandi al passato: dopo una giovinezza in campagna ha frequentato l’Accademia platonica, è stato soldato mercenario (durante questa esperienza si è fatto iniziare ai misteri di Mitra, cui è tuttora fedele), poi per amore di una donna si è aggregato ad una troupe di girovaghi, è stato catturato dai Persiani, castrato e venduto come schiavo; divenuto proprietà del palazzo imperiale, ha assistito l’addetto all’argenteria dell’imperatore e poi è stato prestato ad un nobile senatore per insegnare a sua figlia, disperatamente innamorata di lui. Per essere un prequel, ha ben tante vicende pregresse! La sua disavventura l’ha lasciato amareggiato e pieno di furia, che non sempre riesce a controllare.
L’assassinio di un pio benefattore ai piedi del grande crocefisso marmoreo donato alla chiesa dà inizio alla vicenda: i responsabili sembrano gli ultrà dei Blu, sostenuti da Giustiniano e Teodora, per cui i nemici del futuro imperatore potrebbero approfittare dell’occasione per screditarlo. Incaricata dell’indagine è una coppia male assortita, una guardia di Giustino, Felix, e lo schiavo John, scelto da Giustiniano: è chiaro che i due, oltre a togliere ogni sospetto da Giustiniano, devono fare da spie nei confronti dell’ambizioso prefetto Teodoto (chiamato Zucca per la testa deforme), alle cui dipendenze sono formalmente posti, dei notabili della città, fra i quali lo stesso senatore presso cui John lavora, e perfino l’uno dell’altro. L’indagine, mentre si aggiungono altri delitti, segue la pista dei Blu e quella dei nemici del morto per motivi economici o politici: finirà per trovare un movente e un colpevole inaspettato e otterrà la libertà per John. Discreto come whodonit, il romanzo ha però dei difetti: è lentissimo, dà troppo spazio alle recriminazioni lamentose del protagonista, condivide con molti gialli ambientati nel tardoantico la posizione malevola sia nei confronti del Cristianesimo sia verso personaggi storici dai molti aspetti negativi ma anche positivi. La coppia di detective si ispira alle moltissime coppie di film o telefilm, inizialmente male assortite (tipo: un razzista e un nero; qui un libero e uno schiavo), ma che finiscono per fare amicizia.
VIII. 2. Luigi De Pascalis, La serie di Caio Celso
Una curiosa vicenda editoriale. Nel 2003 esce, con
molto ritardo rispetto alla composizione (che è degli ultimi anni ‘80)
un romanzo per l’editrice Irradiazioni, Rosso Velabro,
in un’edizione elegante, con ben tre introduzioni, appendici, una
grande cartina a colori estraibile. Ha per protagonista Caio Celso ed è
ambientato nel 363 d.C. Nel 2006 Hobby & Work pubblica Il Signore
delle furie danzanti - la prima indagine di Caio Celso,
specificando all’interno: Le indagini di Caio Celso - volume I.
Il romanzo è ambientato nel 366 d.C. e vi si fa chiara allusione ai
fatti dell’opera precedente. Aggiungo che, a quanto mi risulta dalle
molte informazioni fornite dal primo libro, Caio Celso compare anche in
alcuni racconti, probabilmente intermedi. Una prima ricerca on line non
ha chiarito l’equivoco (ma c’è da chiarire una furbata del genere?),
dato che anche Wikipedìa ha richiesto una correzione. Presento comunque
i due libri in ordine cronologico.
Rosso Velabro, ed. Irradiazioni, 2003
L’autore ha pubblicato romanzi e racconti di fantasy e
romanzi storici. In questo libro i due filoni s’intrecciano: e se per
il secondo la fonte ideale sono Le memorie d’Adriano della
Yourcenar (benché in realtà l’autore indichi un’ampia serie di fonti
nella bibliografia finale), per il primo i modelli sono senza dubbio
Tolkien, il Benson del Signore del mondo e il
Lewis della trilogia che si conclude con Quell’orribile forza:
fantasy
cioè di tipo apocalittico che negli autori citati vede la
lotta fra il Bene (il Dio cristiano, in allegorie più o meno esplicite)
e il Male (il Demonio, l’Anticristo, anche questo in modo più o meno
esplicito), mentre in De Pascalis la lotta si svolge fra dèi Olimpi e
dèi ctonii (rappresentati dalle divinità etrusche) e, meno appariscenti
ma determinanti, divinità orientali. Il Dio dei cristiani non
interviene, i suoi seguaci restano sullo sfondo o sono implicati per
motivi d’interesse: la loro vittoria finale sarà facile e ingloriosa.
Il momento storico è quello della morte dell’imperatore Giuliano.
Il
libro ha un indubbio fascino per chi ama oltre al giallo anche il
genere
fantasy: ideologicamente prevale in modo netto il
vagheggiamento di un ideale classico perduto, un mondo di perfezione,
tolleranza e bellezza legato agli dèi olimpi e più ancora a divinità
della natura come ninfe e satiri: così si reinterpreta il malinconico
classicismo delle Memorie di Adriano. Principale
rappresentante di questo ideale è il misterioso Calpurniano, custode
della villa di Adriano e dei suoi segreti, ma ne partecipano anche
Aurio, un sopravvissuto a molte campagne militari che vive isolato e
sconosciuto, e lo stesso detective, Caio Celso, che compie un’indagine
poliziesca su numerosi omicidi nascondendo anche alla spalla Alipio
il suo segreto.
Poche obiezioni all’ambientazione: ma la citazione di Boezio è
decisamente una gaffe.
Il Signore delle Furie danzanti, ed. Hobby & Work, 2006
Il romanzo si apre e si chiude con due lettere indirizzate ad Ammiano
Marcellino nel 378, in cui lo scrivente gli contesta di aver trascurato
nella sua opera storica le vicende che hanno visto protagonista Caio
Celso nel 366, dopo i noti fatti del 363: la successiva narrazione si
finge quindi rivolta allo storico perché si aggiorni. E’ strano, se la
serie deve continuare, che ci si sia già portati al 378: eventuali
indagini intermedie non erano degne di essere riferite ad Ammiano?
Oppure ogni altra indagine avviene dopo il 378 (improbabile, visto che
Celso è già di mezz’età? Una questione riguarda inoltre la ragazza che
diviene schiava e compagna di Celso alla fine del libro precedente e
che qui risulta sua solo da un anno, fatto anzi molto insistito, data
l’importanza della ragazza nel plot.
Plot che è estremamente complicato, con moventi personali, economici e
politici, spie, controspie e controcontrospie, questioni religiose che
parrebbero portare ad eventi soprannaturali (come nel libro
precedente), ma si risolvono in intrallazzi meschini e crudeli, da cui
nessuna fede religiosa si salva. Rimane, oltre alle massime filosofiche
scarsamente consolatorie, il vitalismo concreto e solare di una donna,
Livilla, che sembra avviarsi a diventare la nuova partner (nella
detection, oltre che nella vita) di Celso.
Qualche perplessità sulla cronologia delle questioni interne alla
Chiesa cristiana: in particolare, l’elezione di papa Damaso (che qui
risulta già vescovo di Roma all’epoca di Giuliano) è collocata invece
dalla migliore critica nello stesso 366, contemporaneamente a quella
dell’antipapa Ursino.
VIII. 3. Bertrand Lançon, La serie di Festus
Le prix des chiens, 2006
L’autore è docente di storia della tarda antichità e la sua opera ne risente, sia positivamente, per l’interesse storico e culturale, sia negativamente, per la difficoltà in cui rischia di trovarsi un lettore medio, fra vicende storiche, ambientazione geografica e sottigliezze teologiche. Collocata nel IV secolo d.C., la serie comprende finora due titoli, Le complot des Parthiques e questo che presentiamo. Valerius Aradius Festus è un giovane di buona famiglia e buoni interessi culturali, sposato con due figli, di formazione pagana ma di scarse convinzioni; la madre è cristiana cattolica, cioè seguace dell’otodossia nicena. Nominato agens in rebus (agente segreto), Festus viene inviato in Illiria con l’incarico di sorvegliare un non tanto misterioso IIIIP, sigla dal significato subito chiaro. Intanto s’imbatte in una serie di morti, trova vecchie conoscenze e nuovi personaggi (di passaggio Ammiano Marcellino e Teodosio), si separa dai due più cari compagni e si trova a seguire più piste, intrecciate fra loro: quella politica, legata alla successione di Valentiniano I, imperatore di Occidente, che lascia alla sua morte un ragazzo, Graziano, e un bambino, Valentiniano II, a rischio di sopraffazione da parte del collega di Oriente, Valente; quella religiosa, che vede la lotta fra ortodossi, ariani e altre forme di eresia (fotiniani, sabelliani); quella economica, connessa con furti e sopraffazioni sia interni all’impero sia ai danni dei barbari. Quest’ultimo aspetto, benché secondario, è evidentemente di grande interesse per l’autore, che dedica il titolo alle tragiche condizioni dei Visigoti introdotti nell’impero da Valente ma lasciati senza viveri e alla mercé dei funzionari corrotti. Il motivo di questo interesse non è chiaramente da cercarsi all’interno del libro: in parte deriva dalla consapevolezza che pochi anni dopo ci sarebbe stata la battaglia di Adrianopoli, con l’uccisione di Valente da parte dei Visigoti, in parte da analogie (esplicitate nella postfazione, con qualche rischio di forzatura) con vicende politiche recenti. Ho già anticipato pregi e difetti dell’opera. La scrittura è ben sorvegliata, e nel complesso la lettura è piacevole.
Le rire des Luperques, 2007
Séguito immediato del precedente, questo romanzo si svolge a Roma fra la fine del 376 (precisamente il 25 dicembre, Natale per i Cristiani e festa del Sole invitto per i superstiti pagani) e l’inizio del 377 (fino alla festa dei Lupercali, in febbraio). Festus ha momentaneamente lasciato l’incarico di agens in rebus per assumere la magistratura di pretore, voluta ardentemente da suo padre che si è anche incaricato di organizzare e pagare i giochi inaugurali (a cui Festus partecipa di malavoglia). Si trova coinvolto, anche per amicizie personali, nel successivo assassinio di tre giovani appartenenti all’antichissimo sodalizio dei Luperci: apparentemente omicidi seriali. L’indagine, in cui è coadiuvato dal liberto Esaius, cristiano saggio e fedele, porta Festus a contatto con i più alti notabili romani, sia civili, come il prefetto Furius Maecius Gracchus, parente delle vittime, sia della religione pagana, come il flamen Dialis o le Vestali (va detto che le Vestali sono onnipresenti nei romanzi ambientati a Roma), sia cristiana, come il papa Damaso o l’ambiguo prete Eusebio. Lui stesso ha dovuto accettare l’iniziazione ai misteri di Mitra, di cui suo padre è il capo, ed ha verso il paganesimo morente un insieme di perplessità e nostalgia: prevale forse il timore che la perdita dei vecchi riti trascini con sé la fine di Roma. Verso il Cristianesimo ha ostilità per gli intrighi di potere e le complicazioni teologiche, nonché per la perdita della gioia di vivere, cui sembra votata sua madre; accetta benevolmente la più moderata intransigenza di Esaius, ed osserva perplesso il disinvolto sincretismo di cristiani appartenenti ai Luperci o della stessa moglie che partecipa al rito dei Lupercali rivolto alla fecondità delle donne (anche se Flaminia e Festus hanno già due bambini, più, topos inevitabile, una figlia adottiva).
Il plot ha uno sviluppo interessante, con vari colpi di scena e un finale amarognolo. Si legge volentieri. Interessante, oltre all’idea di una prefazione che fa il punto sul personaggio, soprattutto la postfazione, che traccia brevemente le caratteristiche di un romanzo storico con personaggio fisso, uno degli aspetti su cui in questa rubrica ci siamo più soffermati.
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VIII. 4.
Paul Doherty, La serie di Claudia, Agens in Rebus
Murder
imperial, 2002
The song of
the gladiator,
2004
The queen of
the night, 2006
Murder’s immortal mask,
2008
Oltre alle molte serie pubblicate sotto pseudonimi
(due comprese anche nella nostra raccolta) compaiono anche romanzi sotto il vero
nome di questo autore. Non sempre gialli: ad esempio è del 2002 il romanzo
storico Domina, incentrato sul personaggio di Agrippina.
Nel primo libro di questa serie siamo a Roma poco
dopo la battaglia di Ponte Milvio. Elena e Costantino stanno per organizzare
l’attacco a Licinio, imperatore di Oriente, per riunificare l’impero. Inoltre
l’imperatrice prepara segretamente un viaggio a Gerusalemme per ricercare la
Santa Croce, in modo da rafforzare l’appoggio dei cristiani al figlio. Càpitano
però una serie di assassinii che sembrano voler coinvolgere Costantino e il suo
favore per la Chiesa. Nell’indagine è implicata una giovane donna, Claudia,
nipote di un oste dai molti pittoreschi amici. Dopo diverse vicende personali,
in seguito alle quale è animata da un desiderio di vendetta, è stata reclutata
da uno strano personaggio, Anastasius, fra gli agentes in rebus, le spie
dell’imperatrice (NB: l’autore traduce Doers of things, ma il complemento
di luogo darebbe piuttosto Coloro che agiscono nelle situazioni). Benché
sia guidata, oltre che da Anastasius, anche da Silvestro, il rappresentante del
papa, e sia aiutata da vari uomini, l’indagine è solo opera sua: bizzarra
particolarità che condivide con il personaggio di Miriam nella serie composta da
Doherty con lo pseudonimo di Anna Apostolou. Il romanzo ci guadagnerebbe ad
essere molto snellito: lunghissime noiose descrizioni di colore locale (con un
pranzo a corte preso pari pari da Petronio) rischiano di far interrompere la
lettura, così come le troppe ricapitolazioni. La soluzione è piuttosto
prevedibile per quanto riguarda l’identità dell’omicida (che oltre tutto fa una
gaffe chiarissima), poco convincente circa i moventi. Un episodio collaterale
comprende un delitto della camera chiusa.
Al secondo libro Claudia è convocata nella Villa Pulchra dove sono radunati esponenti dell’ortodossia e dell’arianesimo per discutere. Com’è prevedibile, l’autore si caccia in un ginepraio teologico. Così l’ortodosso Silvestro spiega la Trinità: The Father, pure spirit, sees an image of himself; that image is the Son…He loves that image and the love which exists between them is another person, the Spirit. Three persons but one God. Quindi si arriva alle tre persone, ma passando attraverso l’idea che Dio vede la propria immagine e la ama, una sorta di Narciso insomma. Più avanti è dichiarato che s.Giovanni inizia il Vangelo con la testimonianza di un'altra persona non identificata. E tralasciamo ολογος in questa forma (peraltro anche le citazioni latine non sono sempre corrette). Si legge, insomma, con una certa avversione, accentuata dagli intrighi delle fazioni cristiane, l’immagine quasi grottesca di Costantino e la matriarca Elena a caccia di reliquie più o meno credibili.
La storia unisce vecchi rancori del tempo delle persecuzioni, vicende personali di Claudia, agoni di gladiatori e un attacco da parte di Licinio: ce n’è fin troppo, anche per la prolissità delle descrizioni. La conclusione vede Claudia liberarsi delle tragedie passate e disponibile ad innamorarsi. Il plot giallo, con un nuovo ricorso al topos della camera chiusa e con particolari truculenti, piace sì e no.
Il terzo libro è di poco posteriore: Claudia è
coinvolta in due serie di eventi che sembrano stranamente collegati:
l’assassinio dei superstiti di una strage avvenuta in Britannia e il rapimento
di ragazzi della Roma-bene. Come spesso avviene nei gialli, l’intervento
del/della detective e dell’incaricato alla difesa (in questo caso Murranus,
gladiatore fidanzato di Claudia) non impedisce che le morti continuino, anzi
s’intensifichino: un topos bizzarro che metterebbe in crisi qualunque
agenzia di detective o di guardie del corpo. Un piccolo colpo di scena in un plot piuttosto
noioso.
Nel quarto libro è passato un anno. Elena e
Costantino progettano di rifondare Bisanzio; i cristiani, ottenuta la libertà
religiosa, sono alla ricerca della tomba di S. Pietro, a lungo tenuta nascosta e
nota a pochi. Alla quest del luogo sacro (per motivi di cupidigia e
potere, oltre che di devozione) si mescola la vicenda di un serial killer da
tempo scomparso e ritornato a colpire. Nuovamente opera Claudia, aiutata dal
compagno Murranus, ormai ex-gladiatore. I difetti del romanzo sono gli stessi
degli altri libri, ma il plot è ben costruito, con diversi colpi di
scena; anche qui c’è un delitto della camera chiusa, evidentemente caro
all’autore.
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VIII. 5. Albert Noyer, la serie di Geturius e Arcadia
The Secundus Papyrus, 2003
Lo scrittore, un americano di origine svizzera, inizia con questo romanzo, ambientato a Ravenna all’epoca di Galla Placidia e Valentiniano III, una serie con una coppia di protagonisti (nuovamente la coppia!), due giovani sposi entrambi medici. In realtà Noyer aveva pubblicato nel 2000 un prequel, The Saint’s Day Death, con la vicenda dei genitori di Geturius e Rabbi David ben Zadok incentrata su omicidi seriali nei giorni degli onomastici. Il libro che apre la serie di Geturius adulto e della moglie si fonda invece sul complotto di monaci irlandesi che intendono sovvertire l’ordine dell’impero con un falso documento (il papiro di Secundus) da proclamarsi la notte di Natale. Il documento viene però scoperto in anticipo in una drammatica scena all’interno del mausoleo di Galla Placidia ancora in costruzione: una serie di morti segue la scoperta, mentre l’abate irlandese di Lione con un viaggio avventuroso attraverso nevi e barbari cerca di raggiungere Ravenna per la vigilia di Natale. Il romanzo si chiude con il ricomporsi di un mondo ancora in pace, ma le spiegazioni sono vaghe, il perché delle morti poco chiaro, e il principale complice del complotto non solo non è denunciato ma non ci viene esplicitamente rivelato, anche se sembra fin troppo palese. Il fatto è che l’autore non vuole rischiare di coinvolgere personaggi storici o pseudostorici (di uno si dice nell’elenco iniziale a quale personaggio storico corrisponde): così è costretto a lasciare molto irrisolto. A parte l’assurdità del falso documento (che non sveliamo) e la macchinosità del complotto, notiamo alcuni difetti linguistici o storici, una certa prevenzione verso il cristianesimo (con qualche nostalgia sia per l’ebraismo sia per il paganesimo) e un andamento a volte un po’ noioso.
E’ già uscito il successivo romanzo della serie: The Cybelene Conspiracy (2005).
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Nelle immagini:
1. Agatha Christie;
2. Aristotele (Raffaello, particolare dalla Scuola d’Atene, Stanze Vaticane);
3. La porta di Ishtar a Babiblonia (ricostruzione moderna nel Pergamon Museum di Berlino);
4. Aspasia (Berlino, Pergamon Museum);
5. Ricostruzione dell'Artmision di Efeso;
6. Rovine del tempio di Ptah a Memphis
7. Il teorema di Pitagora;
8. Moneta di bronzo coniata da Varo (con scritta VAR);
9. Statua crisoelefantina di Zeus nel tempio di Olimpia (ricostruzione);
10. Nemesis e Tyche, anfora ateniese, ca. V sec. a.C., Antikensammlung, Berlin;
11. Un lanista arbitra un combattimento tra gladiatori (mosaico da casa romana: Verona, Museo);
12. Rovine del Teatro di Alessandria;
13. Cesare valica il Rubicone (stampa ottocentesca);
14. La porta di Mitridate a Efeso;
15. Ariovisto si arrende a Cesare (stampa ottocentesca);
16. Pirati romani su una zattera (da Asterix legionario);
17. Resti del Tempio di Apollo a Pompei;
18. Busto (probabilmente) di Seiano;
19. Tiberio (Parigi, Louvre; la statua è alta m. 2,08);
20. Il cosiddetto "quadrato magico" a Siena.
21. Resti di bastione romano ad Aix-en-Provence (Aquae Sextiae);
22. Rovine di Cartagine;
23. Strumenti di chirurgia di epoca romana.
24. Testa di Gorgone, Museo di Aquae Sulis (Baths)
25. Monumento tombale con iscrizione del cavaliere Rufus Sita a Glevum (Gloucester);
26. Busto di Pertinace collocato nella città di Alba (replica di un busto conservato nei Musei Vaticani)
27. Veduta del Lago blu (Qinghai), lago salato a 4400 metri di altezza, nel Tibet;
28. Poster del film "Druids" (La Rivolta), edizione italiana;
29. Busto di Antinoo (Atene, Museo Nazionale);
30. La Piscina mirabilis a Miseno;
31 Veduta generale di Pompei;
32 Pianta di Alessandria attorno al 100 d.C.;
33 Statua di Plinio il giovane (sulla facciata della Cattedrale di Como);
34. Il Senatusconsultum de Bachanalibus (I sec. a.C.);
35. Testa di Domiziano (Roma, Palazzo Massimo, I sec. d.C.);
36. Massilia, resti del porto antico
37. L'acquedotto di Segovia
38. Una sauna romana: terme nel sito di Mediobogdum (oggi Hardknott, contea di Cambria, GB);
39. Efeso, resti di un’antica basilica cristiana;
40. Il fegato etrusco di Piacenza;
41. Acquedotto romano che portava l’acqua a Nemausus (Nîmes), circa I sec. d.C.;
42. Veduta di Qumran con le grotte;
43. Teodora e le sue dame (Arte paleocristiana: Ravenna, S. Vitale, Mosaico);
44. Papa Damaso, del Ghirlandaio (Città del Vaticano, Cappella Sistina);
45. Festa dei Lupercali (Domenico Beccafumi, 1486-1551, Firenze, Museo di Casa Martelli);
46. Interno del Mausoleo di Galla Placidia (Ravenna).
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