Alla
fine di questo anno scolastico dobbiamo considerare come dato positivo
la
tenuta, o anche l’incremento, delle iscrizioni ai licei classici.
Vediamo però
con una certa preoccupazione il fatto che i criteri di scelta dopo la
terza
media non siano spesso corretti. Il fatto che un liceo abbia avuto un
buon
esito nell’Eduscopio, vale a dire fornisca agli studenti conoscenze e
capacità
adatte per affrontare con profitto gli studi universitari, sembra a
volte far
dimenticare che una buona scuola non basta: occorre una predisposizione
a
questi studi e un impegno di lavoro costante che non tutti hanno o si
sentono
di avere. Così pure il fatto che i licei classici abbiano
complessivamente fama
di scuole serie e ordinate non sostituisce la serietà dello studente.
L’uso
insistente e cogente della parola inclusione
ha fomentato l’equivoco: che il ragazzo impegnato e ben orientato debba
avere
ogni aiuto a superare DSA e BES è un fatto accettato, accertato e
praticato con
buon successo; ma che esistano diverse possibili predisposizioni in
termini di
capacità e di volontà non è eliminabile: altrimenti perché tanti rami
di scuola
superiore?
Occorre
che l’impegno della Scuola Secondaria di Primo Grado in termini di
orientamento
più chiaro e più utile: la graduatoria usuale (bravissimi classico,
bravi
scientifico o linguistico, medi tecnico, scadenti professionale) è ben
poco
orientativa, perché non entra nelle effettive capacità, interessi,
disposizioni
del singolo; tende inoltre a deprezzare scuole anche ottime che offrono
buone
possibilità di realizzazione. Così succede che una scuola confusa e
priva di
immagine precisa come il Liceo delle Scienze Umane raccolga una folla
di
aspiranti umanisti che non vogliono (o i cui genitori non vogliono)
rinunciare
alla magica parola liceo.
Desideriamo
che il classico persegua veramente l’inclusione, nel senso di aiutare
ciascuno
a sviluppare le potenzialità che ha, siano esse modeste o eccellenti.
Ma
bisogna che tali potenzialità esistano e che ci si aggiunga una
capacità di
accettare fatica, costanza nel lavoro, qualche delusione, qualche
insuccesso.
Sarà
compito della scuola, oltre a individuare le reali possibilità del
singolo
studente, far percepire la grandezza e la bellezza degli studi
intrapresi,
graduare le difficoltà, raccogliere esigenze e domande di senso,
sviluppare il
lavoro comune anche in termini di aiuto reciproco. Ma anche il compito
più
arduo di cogliere i segni di disagio e sapere indirizzare
tempestivamente verso
studi più adeguati.