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LE  RANE – Spettacolo di Giorgio Barberio Corsetti. Con Salvatore Ficarra e Valentino Picone.
Siracusa, giugno 2018. Replica 1 settembre 2018 con diretta RAI.


Rane

RECENSIONE
di Miriam Gaudio

Attesissima la rappresentazione delle Rane di Aristofane che ha debuttato a giugno nel teatro di Siracusa,  e successivamente replicata con collegamento in diretta Rai questo settembre. L’evento è stato ampiamente pubblicizzato puntando sulla coppia dei comici Ficarra e Picone, che hanno saputo tenere la scena in modo magistrale, e dimostrando di saper portare su di sé la comicità ancora intatta del testo aristofaneo. Perché, bisogna dirlo, la scelta del traduttore è stata chiara: tutti i riferimenti a personaggi, luoghi, eventi storici appartenenti del mondo antico sono rimasti invariati nel nuovo copione, affidando solo alla gestualità e alla tecnica attoriale dei due interpreti il compito di attualizzare e avvicinare l’antica comicità a quella contemporanea. Il pubblico si è quindi trovato costretto in un’operazione non sempre facile di totale immedesimazione in qualcosa che rimane lontano. Insomma, se nel 2001 la regia di Ronconi ha creato scandalo e polemiche per la sua messinscena delle Rane per aver attualizzato la vicenda nell’allora vigente governo Berlusconi, la scelta di Giorgio Barberio Corsetti per il giugno 2018  è stata decisamente diversa. Ma, lasciando stare la questione sul governo Berlusconi,  non è forse compito della commedia quello di stuzzicare delle riflessioni, di creare scandalo, di essere esagerata, di fingere la leggerezza su un argomento che in realtà si vuole trattare? Ci possiamo chiedere quindi: che cosa ha suscitato la visione di questa commedia a noi, spettatori del 2018?  Il tema politico è comprensibile solo a chi consoce la storia antica, infatti chi di noi si ricorda chi è il demagogo Cleofante, oppure Archedemo, capo del partito popolare che Aristofane canzona perché non escritto a nessuna tribù ateniese? Forse si salva solo Clistene. Mantenere integri questi riferimenti senza  un qualche espediente almeno visivo coincide con l’annullarli: la logica dell’economia agisce anche nell’attenzione del pubblico.
A catalizzare lo sguardo degli spettatori invece è sicuramente la bellissima scenografia e gli sgargianti costumi di scena, per non parlare dell’entusiasmo che suscitavano le parti corali. Credo che il carattere spiccatamente musicale e coreografico di queste sezioni dello spettacolo abbiano avuto l’effetto, per dirla alla Brecht, di prendere lo spettatore per la pancia, e così di permettere la fruizione anche di quelle parti che a tutti i lettori sembrano noiose e inutili. Nella stessa direzione di favorire la comprensione di un pubblico eterogeneo, mi permetto di notare con approvazione quegli espedienti scenografici che, nella parte conclusiva dello spettacolo, incarnavano i racconti nobili delle tragedie eschilee. Così come queste marionette gigantesche e smontabili evocano immediatamente nei loro affascinanti movimenti la nobiltà dell’antica generazione degli eroi, anche la bilancia a cui vengono appesi i due poeti durante l’agone rende immediatamente visibile ciò che accade nel testo. E così pure i costumi di scena rendono i poeti riconoscibili nella rappresentazione che di loro fa Aristofane: Eschilo, il poeta austero, veste di nero con motivi finemente ricamati, e porta una barba lunga, Euripide invece, col suo completo bianco e la scarpetta rossa di velo leggero, i suoi capelli lunghi e la mimica facciale utilizzata dall’attore richiamano immediatamente all’immaginario comune l’aspetto di Oscar Wilde.
Da ciò si può notare come la rappresentazione metta in risalto, a mio parere, proprio il tema della poesia. Sebbene non emerga molto all’inizio la necessità che spinge Dioniso a scendere negli inferi, o almeno non sembra per il dio una questione urgente – infatti l’attenzione è tutta per il fascinoso viaggio nell’Ade – invece nella parte finale dello spettacolo, il tema della mancanza sulla terra di poeti che non solo possano essere bravi ma anche utili risalta decisamente. “Dobbiamo considerare la terra dei nemici come se fosse la nostra terra, e la nostra terra come se fosse terra dei nemici. E dobbiamo considerare che la forza della nostra città risiede nelle navi”. È questo il consiglio che consegna ad Eschilo la vittoria e con essa il privilegio di tornare nel mondo dei vivi, ed è questo l’unico punto in cui forse si può scorgere un eventuale e sottile aggancio alla nostra situazione politica: di barconi e di terre straniere ne sentiamo parlare decisamente spesso, e il tono calcato con cui l’attore ha pronunciato la battuta sembrava voler intendere questo.
Chi sono i poeti che si prendono cura della città? È una domanda che rimane, dove oggi i poeti sono gli artisti secondo tutte le forme ad ora codificate, e la città è la nostra amata e odiata Italia. È  una domanda che questo testo continua a porci, nascosta sotto lo sfarzo della commedia, sotto gli strati spessi di risate che la rappresentazione di Giorgio Barberio Corsetti  è riuscita efficacemente a suscitare. E forse al giorno d’oggi dovremmo addirittura fare un passo indietro: l’arte ha il potere e il coraggio di parlare al cittadino, di prendere una posizione? O invece corre parallelamente al mono vero, creando una dimensione propria dove gli artisti si compiacciono a vicenda? Direi che se una rappresentazione è stata in grado di suscitare questioni di tale spessore ha avuto successo, anche se in questo caso ringrazierei, più che il regista, Aristofane stesso.


Nei gioni successivi alla rappresentazione RAI ci sono pervenute sulla pagina Facebook altre manifestazioni di interesse e di approvazione per la messa in onda dello spettacolo. Nei riprendiamo alcune.


Raffaella Nardone
Simpaticissimi e molto bravi. Mi è piaciuto molto.

Benedetto Di Pietro
Mi ha meravigliato la modernità degli argomenti e la sovrapposizione dell'ambiente infernale con quello reale dei nostri giorni. In buona sostanza l'uomo non è mai cambiato nei secoli. Ottima l'interpretazione di Ficarra e Picone, ma in particolare quella degli attori che interpretavano Eschilo ed Euripide. Superbo il coro e sua funzione catartica.

Ignazio Concordia
Una rappresentazione rispettosa dell’originale, che non ha esagerato nei necessari adattamenti ai tempi moderni e tuttavia mi chiedo quanto dello spirito particolarmente mordace del grande commediografo (e del coraggio politico di mettere alla berlina i politicanti di quel tempo) sia stato apprezzato dal grande pubblico di oggi, essendo pressoché sconosciuti i nomi dei demagoghi oggetto della critica da parte del geniale comico ateniese, senza contare l’acutezza di giudizio nel sottolineare pregi e difetti dei due grandi tragediografi o la ridicola raffigurazione di una divinità screditata e sul viale del tramonto impersonata da Dioniso



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