Una Medea potente è la Medea di
Seneca, tragedia scritta nel I sec. d.C. non sanno gli studiosi
stabilire con certezza se per essere letta nelle
recitationes del tempo di
Nerone o per essere rappresentata.
Una Medea esiliata da Creonte, che la
ritiene un mostro orrendo per i delitti commessi, ripudiata da Giasone,
che non riconosce più i sui meriti anzi la giudica colpevole dei delitti
che lei ha fatto per lui. Una Medea quindi che non può più sperare in
nulla e che
non si dispera più per nulla.
Recupera così la sua vera natura di maga, signora dei mali in un
terribile contrasto fra odio e amore e infine, seguendo l’ira, scatena
una vendetta disumana e fa strage dei rivali.
Non paga,
guidata da quell’ira che fugge la compassione
per l’innocente e mette in fuga l’amore
materno, giunge alla conclusione che i figli
non sono più della madre che li ha
generati, ma del padre che ha tradito. La mano materna dunque si può
alzare contro di loro.
Il percorso di disumanizzazione è compiuto attraverso il dolore più
estremo.
“Medea nunc sum; crevit ingenium malis”. “Ora sono la vera Medea, il mio
ingegno è cresciuto attraverso il male” sentenzia la maga poco prima di
privare della vita i figli uno dopo l’altro, sulla scena, spettatore
attonito il padre e noi con lui.
La tragedia di Seneca è in scena al Piccolo Teatro di Milano nella sede
di via Rovello dal 27 Ottobre al 3 Novembre per la regia di Pierpaolo
Sepe.
Bene la recitazione potente e molto attoriale di Maria Paiato, la cui
figura intensa riempie la scena per tutto il tempo della
rappresentazione. Bene l’idea di affidare la parte del coro a un singolo
attore dando, secondo l’intento di Seneca, maggior valore alla
recitazione del testo che all’esecuzione corale.
Bene le luci e le musiche che valorizzano la scena con ben riusciti
effetti.
Già visti invece i suggerimenti interpretativi volti a equiparare il
potere di Creonte al contemporaneo potere degli USA o la parte
drammaturgica aggiunta al testo originale verso la fine, poco prima
dell’ultima scena, che allude alla tragedia umana dei perseguitati dal
totalitarismo sovietico. Attualizzazioni che non dicono nulla di più di
ciò che già Seneca potentemente esprime.
Olivia Merli
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