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Ione: un classico moderno

Ione, Teatro alle Colonne, Milano, gennaio 2017, produzione di Kerkís. Teatro Antico in Scena


Recensione di Diana Perego



Un nuovo allestimento, a cura di Ermelinda Cakalli, con la direzione drammaturgica della prof.ssa Elisabetta Matelli, ha dato nuova vita a Ione, la tragedia di Euripide.
Lo spettacolo, prodotto da Kerkís. Teatro Antico in Scena, è raffinato e insieme potente.
Rispetto alla apprezzata messa in scena del 2011 con la regia di Christian Poggioni, ai tempi nella suggestiva aula Bontadini (antica ghiacciaia del monastero cistercense) dell’Università Cattolica di Milano, emerge la crescita della compagnia che negli anni ha avuto la capacità non solo di affrontare nuove sfide -Pluto di Aristofane debutterà a maggio- ma anche di rivisitare il proprio passato alla luce dell’esperienza maturata. Il risultato è molto apprezzabile.
La scelta di mettere in scena Ione già di per sé è una sfida. Si tratta infatti di una tragedia poco nota e poco rappresentata benché ricca di temi profondi e universalmente validi quali: la genitorialità, la violenza sulle donne, il rapporto con lo straniero, la ricerca della propria identità.
Il capolavoro euripideo è stato rappresentato, sorprendentemente, solo una volta nel prestigioso teatro di Siracusa, nel lontano 1962. Ai tempi la regia era guidata da Sandro Bolchi, divenuto poi apprezzato produttore e regista televisivo (celebre lo sceneggiato televisivo del 1967 I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni), sulla traduzione di Quintino Cataudella. 
Trascorrono quasi cinquant’anni prima che il giovane regista Giorgio Sangati, discepolo di Luca Ronconi, nel 2009 metta in scena Ione, En attendant Phèbus, libero adattamento della tragedia euripidea. Nel frattempo è cambiato radicalmente l’approccio registico alle opere classiche in generale. Da sacra fedeltà al testo greco a sperimentazione contemporanea.
Nel 2012 Aurelio Gatti, coreografo e interprete di teatro e balletto, dirige Ione ilarotragedia nell’ambito della rassegna “Teatri di Pietra”, da lui diretta. Nello spettacolo i personaggi tragici, intenti a cucire una grande tela bianca, entrano in contatto con un’improbabile compagnia comica.
 
un momento dello spettacoloLo spettacolo prodotto da Kerkís si differenzia sia dall’approccio “conservativo-archeologico” del passato sia da quello più spregiudicato degli anni duemila tracciando un proprio percorso di ricerca. La direzione drammaturgica di Elisabetta Matelli, in un dialogo continuo con gli attori, è una competente operazione maieutica volta a far emergere l’originalità e la modernità insite nell’opera euripidea.
La messinscena è infatti il risultato dello studio attento del dramma euripideo con lo scopo sia di cogliere gli aspetti spettacolari, attraverso l’analisi delle didascalie sceniche disseminate nel testo da Euripide stesso, sia di esprimere il significato complesso dell’opera che si caratterizza anche per la compresenza del doppio registro tragico e comico.
Lo sfondo è il dramma umano di una madre: Creusa (Federica Scazzarriello) che ha dovuto rinunciare alla maternità e di un figlio: Ione (Vito Marco Sisto) che non conosce l’identità dei propri genitori naturali.
Ermes (Stefano Begalli) nel prologo svela al pubblico gli antefatti e le intenzioni del fratello Apollo. Durante lo spettacolo, diversamente dal testo euripideo, il dio resta in scena e si aggira, con aria compiaciuta, ascoltando e osservando attentamente gli avvenimenti, come se fosse il regista dello spettacolo, il tragodidascalos Euripide stesso.  
Creusa e il marito Xuto (Daniele Giacari) giungono a Delfi per interrogare Apollo sul motivo per cui non abbiano ancora avuto figli. Il dio predice a Xuto che la prima persona in cui si imbatterà all’uscita del tempio è suo figlio. Il giovane servo del dio, ancora senza nome, viene così identificato dal marito di Creusa come suo figlio naturale, generato prima del matrimonio.
Avviene a questo punto l’atto simbolico dell’imposizione del nome che rappresenta l’ingresso del ragazzo nella società. Da generico “servo consacrato” a Ione. Complessa la questione del nome in generale nella tragedia greca. Basti qui sottolineare che Ermes nel prologo non riferisce la connessione paretimologica tra Ione (Ιων) e il participio del verbo “andare/venire” (ιών) come fa Xuto. Il nome, per volontà di Apollo, è legato alla fondazione delle colonie sulla costa asiatica della Ionia. La ragione del nome è pertanto eziologica. «Nella polisemia del nome, che il padre umano e quello divino motivano secondo le diverse prospettive e il diverso grado di conoscenza della realtà, è iscritto il senso profondo dell’identità di Ione» (Euripide, Ione, a cura di M. S. Mirto, Milano, Bur Rizzoli, 2009, p. 14)
Informata dalle ancelle (compongono il coro: Benedetta Argentero, Francesca Beltrame, Eleonora Fedeli, Giulia Quercioli, Lisa Zanzoterra) che Xuto ha ritrovato suo figlio, Creusa sfoga la sua rabbia di madre frustrata. Riferisce tra le lacrime al vecchio pedagogo (Stefano Rovelli) l’antica violenza subita dal dio Apollo e insieme ordiscono il complotto per uccidere il presunto figliastro. La principessa teme infatti che un figlio “bastardo” contamini la purezza dinastica della famiglia discendente da Eretteo.
Emerge con evidenza il tema, di stretta attualità, del complesso rapporto con lo straniero. La purezza etnica e l’autoctonia della famiglia regnante sono valori da preservare a ogni costo. E poco importa che anche Xuto sia straniero, il principe consorte subirà l’inganno di Apollo e non scoprirà mai che Ione non è suo figlio naturale.
La critica ha sottolineato la comicità di Xuto, espressa nello spettacolo tramite il marcato accento straniero e una certa ingenuità. Convincente l’interpretazione di Daniele Giacari che ne restituisce il candore. L’ironia tragica induce il riso amaro del pubblico.
Segue la rhesis anghelikè del servo (Simone Mauri): Creusa è stata smascherata come mandante dell’attentato e condannata alla pena capitale. Tramite l’uso della voce grave e una gestualità competente l’attore ha la capacità di rendere visibili gli eventi extrascenici narrati.
L’esodo sembra orientarsi verso la catastrofe finché il mythos evolve in lieto fine quando la Pizia (Livia Ceccarelli), uscendo dal tempio con il cesto contenente gli oggetti lasciati a suo tempo dalla madre accanto al neonato, permette il riconoscimento delle rispettive identità. Avviene la commuovente scena dell’αναγνώρισις in cui madre e figlio si abbracciano. L’attrice Federica Scazzarriello si commuove realmente fino alle lacrime e innesta la catarsi del pubblico.
L’apparizione ex machina di Athena (Eleonora Fedeli) annuncia il destino dei protagonisti siglando la conclusione del dramma. Ione, vissuto finora in condizioni servili nel tempio di Apollo, farà parte, come erede legittimo per parte di madre, della famiglia regnante ateniese; Xuto non conoscerà mai la paternità divina del ragazzo.  
La genitorialità emerge nella sua complessità: la maternità negata (Creusa), la maternità biologica rivendicata (Creusa), quella di madre adottiva (Pizia), la paternità celata (Apollo) e quella “presunta” (Xuto). La genitorialità dipendente dal legame di sangue e quella costruita con l’educazione. Ne consegue un’immagine di famiglia non tradizionale bensì, diremmo oggi, “allargata”. Xuto crescerà come un padre il figlio di sua moglie.
La violenza sulle donne è rievocata dai diversi racconti commuoventi di Creusa dello stupro subito, ma non solo. Xuto ammette la possibilità di avere generato Ione nel corso di una festa notturna in cui potrebbe avere stuprato una donna (topos della Commedia Nuova). Sia Apollo che Xuto cedono all’impulso sessuale e stuprano le donne (per un approfondimento della questione: Stupro e adulterio nel diritto attico e sulla scena euripidea, in Euripide, Ione, a cura di M. S. Mirto, Milano, Bur Rizzoli, 2009, pp. 63-74).
Lo spettacolo concede spazio alle emozioni dei protagonisti che i bravi attori comunicano in modo empatico attraverso l’uso della voce e della gestualità.
Le musiche composte da Adriano Sangineto e suonate dal vivo dal maestro ne sottolineano il pathos. Il coro attraverso la danza e il canto (in greco nella parodo e nell’esodo) scuote l’anima. Si inseriscono in modo armonioso la scenografia e i costumi di Dino Serra.
Un mondo non solo di luci e ombre ma anche di colori, di sfumature di senso.


Cast & Credits
Direzione drammaturgica: Elisabetta Matelli
Regia: Christian Poggioni
Allestimento: Ermelinda Cakalli
Musiche: Adriano Sangineto
Luci: Ermelinda Çakalli e Daniele Giacari
Scene e costumi: Dino Serra
Fotografo di scena: Alex Danì
Interpreti: Benedetta Argentero (coreuta); Stefano Begalli (Ermes); Francesca Beltrame (coreuta); Livia Ceccarelli (Pizia); Eleonora Fedeli (coreuta, Athena); Daniele Giacari (Xuto); Simone Mauri (messaggero); Giulia Quercioli (coreuta); Stefano Rovelli (pedagogo); Federica Scazzarriello (Creusa); Vito Marco Sisto (Ione), Lisa Zanzoterra (coreuta).


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