"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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2000-2
Per molti di noi l'esperienza della scuola e soprattutto degli esami di maturità ha messo in luce un fatto rilevante: l'insegnante di materie classiche ha una capacità e una preparazione che gli permettono di operare in prospettiva diacronica, di muoversi nel tempo (e anche nello spazio, in diverse culture sincroniche). L'apertura, la possibilità di cogliere nessi, di creare raffronti, di vedere analogie, archetipi, riprese creative non sono altrettanto frequenti (non vogliamo essere offensivi) in altri settori del sapere e della didattica. Non a caso la maggior parte dei maturandi, dopo essere partiti da spunti attraenti offerti dall'italiano o dalla filosofia (le materie privilegiate nei percorsi), si rivolgono al docente di latino e greco per dare ai percorsi profondità e spessore: e il docente, partendo da un argomento che non ha scelto, è in genere in grado di suggerire nel programma dell'anno o del triennio agganci interessanti. Quali possono essere i motivi di questa situazione?
Un primo motivo è il fatto che il docente di latino e greco è in genere abituato a considerare anche le lingue nella loro dimensione storica, perché ha a che fare con testi distribuiti in un arco di più di un millennio, con mutamenti anche rilevanti sia morfologici, sia sintattici sia lessicali. È perciò in grado di cogliere lo spessore storico anche in altre realtà linguistiche. Facciamo un esempio: tutti i manuali d'inglese di nostra conoscenza (e anche gli insegnanti a cui ci siamo rivolti) dicono che l'idea di possesso può essere espressa col verbo to have da solo, oppure accompagnato da got (definito talvolta come particella); dicono inoltre che la presenza di got elimina l'uso dell'ausiliare fo do nelle forme interrogative e negative. Ma che cos'è got? c'entra (questo almeno lo dice il dizionario, ma solo il dizionario) col verbo to get / got / got? e perché rifiuta l'ausiliare? non si spiega, è un fatto sincronico senza motivazione. Sarebbe assai semplice dire che I have got è forma composta del verbo to get, non del verbo to have, e che non vuole l'ausiliare to do perché in questo costrutto have è ausiliare: il grecista (anche lo studente di greco, se indirizzato) coglie con interesse l'analogia che c'è fra la coppia I get (io ottengo)/ I have got (io possiedo) e la coppia aspettuale greca ktàomai (presente, io ottengo) / kéktemai (perfetto, io possiedo), oltre naturalmente alla differenza apofonica fra get e got.
Un
secondo
motivo è dato
dall'interesse
per
la storia
antica
come
radice
e causa
del nostro
presente;
anzi,
dall'
interesse
in
genere
per
la storia,
grazie
alla
folta
presenza
di
storiografi
nelle
due
letterature
e nelle
letture
previste
dai
programmi.
I motivi
dell'indagine
e dell'esposizione
storica,
che vanno
dall'esigenza
erodotea di
conservare
tutto ciò che
è
umano
alle
diverse
varianti
dell'utilità
della
conoscenza
del
passato,
la ricerca del metodo,
la dottrina
delle
cause,
la
professione
di imparzialità,
la
critica
ai metodi e
alle
posizioni
altrui
ci
sono
costantemente
presenti.
Anche
chi
di noi
non
insegna
storia
conosce
inevitabilmente
(pena
l'impossibilità
di
collocare
fatti,
personaggi,
istituzioni
dei
testi
e delle
versioni)
la
trama
di
cause
ed
effetti
che costituisce
la
storia
antica
e, seppure
per
sommi
capi,
ciò
che
ne
è seguìto.
Per
questo
la
riforma
dei
programmi
del
biennio
ha
certo preoccupato
per la
riduzione
di
tempo inferta alla
storia
greco/romana,
ma
non
ha turbato
più che
tanto per l'ampliamento
cronologico.
È
invece esperienza
recente la
conversazione con un candidato al concorso di storia, insegnante al triennio,
che
chiedeva consigli per gli argomenti di storia antica (aveva passato lo
scritto e avrebbe
passato
molto
bene anche
l'orale):
ignorava
totalmente
fatti, collocazione cronologica
anche
vaga, protagonisti
fondamentali,
aspetti strutturali della
nascita dell'impero,
argomento
scelto
da
lui
per
la
storia
romana e di importanza essenziale
per tutta
la
storia
successiva,
ben
oltre
i limiti
dell'evo
antico.
Ma soprattutto l'insegnante di latino e greco ha costantemente presente, nel suo lavoro d'analisi anche minuto, una visione sintetica: ha presente una serie di tematiche, problematiche, figure, immagini tradizionali, generi letterari, fatti linguistici che si ritrovano e si rinnovano nel corso dei secoli nelle due letterature, tanto che un raffronto, un legame, è sempre possibile ed emozionante; e si spinge spesso al raffronto con altre culture, lontane nel tempo o nello spazio o nella posizione ideale, come molti interventi di questo numero della rivista propongono. Non è tanto un merito il nostro, quanto un privilegio: ci occupiamo di civiltà ricche e profonde, che hanno proposto con serietà tutte le domande fondamentali, che hanno saputo attingere da altre culture conservando un' impronta propria, che si sono potute esportare perché rispondevano agli interessi e alle esigenze più diverse, che hanno una creatività ancora inesausta.
Quanto si è detto è forse un po' utopistico. Ma sicuramente la possibilità e gli strumenti ci sono dati, se non siamo noi stessi a ridurli. È anche importante ripeterei queste certezze: tale è lo scopo della nostra rivista, dei nostri convegni e degli altri mezzi di comunicazione, come il sito Internet che abbiamo di recente realizzato.
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