"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
|
|
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
1994-1
In
questa situazione d'attesa (che i pronunciamenti del ministro divengano
proposte, che le riforme si rimettano in moto avendo acquistato, si spera,
almeno buon senso) continuiamo con vigilanza il nostro lavoro, pronti a
"vagliare ogni cosa e a tenere ciò che è buono" secondo il monito paolino.
Vagliamo anzitutto qualche episodio. Un collega, insegnante preparatissimo
di italiano e latino, ci confida la sua convinzione che sia ormai venuto il
momento di professionalizzare il latino e il greco: restringerne lo studio
ai soli studenti del classico, che ne hanno capacità e desiderio, e
l'insegnamento ai soli docenti di latino e greco, sottraendo il latino,
dunque, agli insegnanti d'italiano: l'idea di fondo è quella di una maggiore
serietà degli studi, e una maggior efficienza nei risultati. Sul punto
relativo ai docenti possono esserci ragioni valide, non di principio ma di
fatto: sempre più si procede verso una generazione di docenti d'italiano che
non proviene dal liceo classico, ha imparato un po' di latino all'università
e non è sicuramente in grado d'insegnarlo; senza contare che l'insegnamento
del latino dovrebbe esigere la conoscenza almeno minimale del greco e della
sua letteratura, mentre un laureato in lettere moderne è molto probabile che
non abbia mai sentito nominare Teocrito o Apollonio Rodio, e conosca solo di
nome Eschilo o Aristofane (o anche Aristotele, se non ha studiato neppure
filosofia alle superiori). Tuttavia il problema grave è che uno con questa
cultura insegni italiano, non solo latino: sarà costretto ad appiattimenti
sincronici, a privilegiare un Novecento del tutto astorico (magari spiegato
per tre anni a spese del resto), ad analisi strutturaliste che mascherano
povertà di esegesi, a un utilizzo affannoso delle note. Ma queste
considerazioni dovrebbero portare ad un allargamento, non ad un
restringimento degli studi classici: ad una loro presenza più seria nella
scuola superiore (basterebbe applicare realmente orari e programmi nelle
scuole che comprendono il latino: qualcuno si è mai chiesto che cosa
succederebbe al liceo scientifico se si arrivasse ad un esame di maturità su
tutte le materie?), e ad un insegnamento più esigente e culturalmente
approfondito nelle facoltà di lettere, compreso l'indirizzo moderno, magari
con corsi di cultura greca in traduzione.
Pertanto delle esigenze espresse dal collega di cui si parlava prima ci sentiamo di cogliere sicuramente quella di una maggiore professionalità: ma non certo a rischio di una riduzione. Ciò che ci preme è il permanere della civiltà greco-romana nella nostra società, perchè la società stessa non perda il contatto con le proprie radici, e con una cultura che, pur nei limiti di ogni umana esperienza, ha molto da insegnarci: il quarto tema di maturità classica di quest'anno, benchè formulato in modo un po' squilibrato, era davvero apprezzabile in questo senso: un piccolo segno positivo.
Un altro segno positivo viene alla luce scavando nei programmi di scuole superiori un po' emarginate, come la scuola magistrale per maestre d'asilo: un tipo di scuola triennale generalmente presente solo in istituti privati e che rischia di essere soppiantato da quinquenni sperimentali faraonici e dispersivi. L'insegnamento che più caratterizza questa scuola è la storia della pedagogia (con voto scritto e orale): nel primo anno si studia l'età antica. Sembra un'impresa disperante proporre il concetto di uomo nella filosofia greca a ragazzette quattordicenni di non grande levatura culturale: eppure abbiamo avuto modo di apprezzare come l'impegno di un insegnante riesca a creare un approccio non banale, ad esempio, al pensiero di Platone, favorendo così anche in questo tipo di scuola il permanere della memoria di una civiltà che ci ha costituito.
Ancora un segno: una maestra di terza elementare, nello svolgere la storia greca, ritiene importante accostare i bambini a parole sig nificative di quella civiltà; un papà, interpellato in proposito, ci coinvolge: decidiamo per il primo stasimo dell'Antigone. Su richiesta della maestra, che ha preparato i bambini, il testo viene letto prima in greco, poi in traduzione e spiegato nel suo significato di presentazione della grandezza e dei limiti dell'uomo. I bambini ascoltano, sembrano apprezzare e, forse, s'interessano di più che non al nome dei capi d'abbigliamento o all'elenco dei prodotti.
E non vogliamo vedere un segno positivo nella diffusione di testi classici in collane di tascabili a basso prezzo? Francamente c'importa poco che sia un'operazione commerciale, che il testo non sia scientificamente perfetto e l'introduzione approssimativa: importa che Seneca, o Epicuro, o Cicerone, o Plutarco, o anche Luciano e Apicio siano sentiti come scrittori da comprare e leggere, come appartenenti ad un mondo in comunicazione col nostro.
Sarà certo poco. Ma i segni vanno vagliati e apprezzati se buoni o per ciò che hanno di buono. Il resto al nostro impegno e alla Provvidenza.
La tua pagina in formato stampabile o in pdf">
(Torna alla homepage di Zetesis)
(Torna all'indice degli Editoriali)
(Torna alla pagina iniziale della sezione La rivista)
Per tornare alla home |
Per contattare la Redazione |