Lʼimmagine della nave
di Olivia Merli
(da Zetesis 1998-2)
Premessa
Lʼimmagine della nave che si
mette per mare o più in generale della navigazione ricorre con una
certa
frequenza nella letteratura antica, italiana e più in generale europea.
Il mare è stato a lungo uno spazio
sconfinato. Anche il Mediterraneo, il mare
nostrum, lo stagno a detta degli antichi, su cui si è affacciata ed
è
cresciuta la nostra civiltà, misurato col metro della navigazione a
vela è
stato percepito come una barriera, un limite, uno spazio inquietante
attraversabile
a prezzo di lunghe e perigliose spedizioni (due mesi da Gibilterra a
Istanbul,
una o due settimane da Marsiglia a Algeri). Oggi ovviamente la
vertigine non è
data più dalla percezione fisica dello spazio sconfinato visto che in
cinque,
sei ore attraversiamo a volo lʼOceano, ma ciononostante il mare non ha
smesso
di essere unʼimmensità ossessiva, enigmatica, affascinante e come tale
entra
con gran frequenza nella nostra letteratura molto spesso come il limite
di
fronte al quale lʼuomo si interroga, cerca il proprio destino, in
bilico sullʼinfinito
(cfr.: A. Baricco, Oceano mare).
Ho ristretto il campo della mia
ricerca
allʼimmagine più specifica della nave che si mette per mare e più
genericamente
della navigazione, immagine di cui ho tentato di seguire le tracce dalla letteratura antica greca e latina a quella italiana,
dove è stato possibile anche europea.
Tema politico: la nave
in balia della
tempesta è metafora dello Stato
Tema eroico: la necessità della
navigazione come metafora dellʼeroico agire
Tema esistenziale: viaggio per
nave è il viaggio della vita
Tema fantastico: la navigazione
senza meta in un mondo immaginario
Tema filosofico: la navigazione
come metafora della ragione umana e delle sue ricerche metafisiche

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