Tra l'estate del 2014 e l'estate del 2015 M. Morani redasse, coll'avatar Hieronymus, una rubrica di brevi scritti latini sul quotidiano Avvenire. Tra
le questioni affrontate vi fu anche quella dello studio del latino.
Riportiamo qui gli scritti attinenti il tema: il primo pubblicato il 3
marzo 2015 (puntata 27) e il secondo (in italiano, in quanto puntata
finale della rubrica, n. 48) pubblicato il 25 luglio 2015
Quid prodest?
Velim hodie de
quaestione disputare, quae gravis est et ut ita dicam ante omnes alias
consideranda sit. Quid prodest antiquae humanitatis studium? Cur adulescentuli in
gymnasiis classicas linguas discere coguntur? Ad haec ne temptaveris
responsionem quae ad utilitatem doctrinae spectet: nam facile dicat quis alia
maiora urgere et esse studia utiliora quam carmina et cogitationes antiquorum,
si cotidianae vitae negotia feliciter gerere cupias, et inane denique esse tempus
mortuis linguis dicatum, ut iam nonnulli per saecula dixerunt: nihil ergo sub
sole novi in hac re. Alia via experienda est. Inter praecipua scholae munera
hoc est, iuvenum animos educare et eis facultatem offerre incedendi per iter
vitae viribus suis confisis: discipuli erudiendi sunt ut probi viri et cives
fieri possint. Evenit in nationum historia ut in personae vita: dierum summa te
cotidie prudentiorem facit et promptiorem ad res diiudicandas et ad vitae
pericula sustinenda. Sic maiorum memoria non solum contemnenda non est, sed etiam
meditandi occasio fieri debet. Nam humanitatis cultus validae arboris instar effingi
solet, quae tempestates et undas et fulminum offensiones sustinere potest, si
eius radices in terra firmiter haerent. Ut nos docuit pontifex Benedictus,
Europae humanitas e concursu inter Athenarum, Romae, Ierusalem traditiones nata
est: mores et consuetudines quas nobis maiores tradiderunt magni aestimandae
sunt, si cum exteris gentibus vere colloqui cupimus: nullus enim sermo fieri
potest, nisi ante alios cum vultu et facie tua adstas. Ad hoc efficiendum
notitia antiquarum linguarum instrumentum perutile est: nam quomodo arbitraris te
posse auctorum verba penitus perscrutari, si textuum linguam ignoras? Qua de
causa classicae antiquitatis studium fovendum est in eis scholis praesertim quae
ad humanitatis studia colenda operam maximam dant. Non est hoc studium otium
vel singuli ornamentum, sed humanae societatis necessitas: si periret, grave
vulnus nostrae historiae infligeretur.
Congedo
“Nostra maggior Musa”: così Dante nel Paradiso definisce
Virgilio. In un altro passo del Purgatorio il poeta mantovano Sordello dice
dello stesso Virgilio che “mostrò ciò che potea la lingua nostra”. In queste
affermazioni c’è l’orgogliosa rivendicazione di una continuità col mondo
latino. Virgilio, Sordello, Dante scrivono in tre lingue diverse (latino,
provenzale, italiano), ma la differenza linguistica è percepita come puro
accidente esterno, rispetto alla comune appartenenza a una stessa cultura: c’è
un legame ininterrotto con Virgilio e gli altri scrittori antichi, di cui Dante
(e Sordello) si proclamano eredi. Da tempo si discute sul ruolo da dare alla
cultura classica nelle scuole e nella società. Tanti argomenti si sono proposti,
in positivo o negativo, ma ci pare doveroso, prima di ogni altra
considerazione, ribadire questa continuità. Virgilio scrive in una lingua diversa
da quella che parliamo oggi e solo uno studio paziente mette il lettore in
condizione di capire la sua parola: nessuno lo nega, ma lo stesso può dirsi per
tanti passaggi di Dante. E come nessuno metterebbe in dubbio che Dante è parte
della nostra storia letteraria, così non possiamo dimenticare il legame che ci
riporta all’epoca romana. Virgilio e Cicerone non sono degli estranei, sono i
nostri antenati! Con tutte le diversità linguistiche e culturali, sono pur sempre
espressione di un mondo su cui sono poggiate le radici della nostra cultura
occidentale. Se uno ha degli antenati che illustrano la sua famiglia, cerca di
conservarne la memoria, non di cancellarla. Valorizzando il latino valorizziamo
anche il nostro mondo culturale, e in sostanza noi stessi.
Con questa puntata
Hieronymus si congeda dai suoi lettori, e li ringrazia per averlo seguito nelle
sue settimanali divagazioni linguistiche e filologiche. Ringrazio gli amici di
Avvenire per avermi offerto questa opportunità, che mi ha anche dato occasione
di fare conoscenze ed incontri interessanti. Omnibus vobis gratias ago maxima
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