"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI)

"La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)

 

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Tra l'estate del 2014 e l'estate del 2015 M. Morani redasse, coll'avatar Hieronymus, una rubrica di brevi scritti latini sul quotidiano Avvenire. Tra le questioni affrontate vi fu anche quella dello studio del latino. Riportiamo qui gli scritti attinenti il tema: il primo pubblicato il 3 marzo 2015 (puntata 27) e il secondo (in italiano, in quanto puntata finale della rubrica, n. 48) pubblicato il 25 luglio 2015

Quid prodest?

Velim hodie de quaestione disputare, quae gravis est et ut ita dicam ante omnes alias consideranda sit. Quid prodest antiquae humanitatis studium? Cur adulescentuli in gymnasiis classicas linguas discere coguntur? Ad haec ne temptaveris responsionem quae ad utilitatem doctrinae spectet: nam facile dicat quis alia maiora urgere et esse studia utiliora quam carmina et cogitationes antiquorum, si cotidianae vitae negotia feliciter gerere cupias, et inane denique esse tempus mortuis linguis dicatum, ut iam nonnulli per saecula dixerunt: nihil ergo sub sole novi in hac re. Alia via experienda est. Inter praecipua scholae munera hoc est, iuvenum animos educare et eis facultatem offerre incedendi per iter vitae viribus suis confisis: discipuli erudiendi sunt ut probi viri et cives fieri possint. Evenit in nationum historia ut in personae vita: dierum summa te cotidie prudentiorem facit et promptiorem ad res diiudicandas et ad vitae pericula sustinenda. Sic maiorum memoria non solum contemnenda non est, sed etiam meditandi occasio fieri debet. Nam humanitatis cultus validae arboris instar effingi solet, quae tempestates et undas et fulminum offensiones sustinere potest, si eius radices in terra firmiter haerent. Ut nos docuit pontifex Benedictus, Europae humanitas e concursu inter Athenarum, Romae, Ierusalem traditiones nata est: mores et consuetudines quas nobis maiores tradiderunt magni aestimandae sunt, si cum exteris gentibus vere colloqui cupimus: nullus enim sermo fieri potest, nisi ante alios cum vultu et facie tua adstas. Ad hoc efficiendum notitia antiquarum linguarum instrumentum perutile est: nam quomodo arbitraris te posse auctorum verba penitus perscrutari, si textuum linguam ignoras? Qua de causa classicae antiquitatis studium fovendum est in eis scholis praesertim quae ad humanitatis studia colenda operam maximam dant. Non est hoc studium otium vel singuli ornamentum, sed humanae societatis necessitas: si periret, grave vulnus nostrae historiae infligeretur.

Congedo

“Nostra maggior Musa”: così Dante nel Paradiso definisce Virgilio. In un altro passo del Purgatorio il poeta mantovano Sordello dice dello stesso Virgilio che “mostrò ciò che potea la lingua nostra”. In queste affermazioni c’è l’orgogliosa rivendicazione di una continuità col mondo latino. Virgilio, Sordello, Dante scrivono in tre lingue diverse (latino, provenzale, italiano), ma la differenza linguistica è percepita come puro accidente esterno, rispetto alla comune appartenenza a una stessa cultura: c’è un legame ininterrotto con Virgilio e gli altri scrittori antichi, di cui Dante (e Sordello) si proclamano eredi. Da tempo si discute sul ruolo da dare alla cultura classica nelle scuole e nella società. Tanti argomenti si sono proposti, in positivo o negativo, ma ci pare doveroso, prima di ogni altra considerazione, ribadire questa continuità. Virgilio scrive in una lingua diversa da quella che parliamo oggi e solo uno studio paziente mette il lettore in condizione di capire la sua parola: nessuno lo nega, ma lo stesso può dirsi per tanti passaggi di Dante. E come nessuno metterebbe in dubbio che Dante è parte della nostra storia letteraria, così non possiamo dimenticare il legame che ci riporta all’epoca romana. Virgilio e Cicerone non sono degli estranei, sono i nostri antenati! Con tutte le diversità linguistiche e culturali, sono pur sempre espressione di un mondo su cui sono poggiate le radici della nostra cultura occidentale. Se uno ha degli antenati che illustrano la sua famiglia, cerca di conservarne la memoria, non di cancellarla. Valorizzando il latino valorizziamo anche il nostro mondo culturale, e in sostanza noi stessi.

Con  questa puntata Hieronymus si congeda dai suoi lettori, e li ringrazia per averlo seguito nelle sue settimanali divagazioni linguistiche e filologiche. Ringrazio gli amici di Avvenire per avermi offerto questa opportunità, che mi ha anche dato occasione di fare conoscenze ed incontri interessanti. Omnibus vobis gratias ago maxima


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