Caro Giordano

Caro Giordano, ha visto? È uscito il greco alla maturità Ho letto che lei ama il latino, e per questo (da studente liceale) la posso anche perdonare. Ma il greco... Non mi difenda anche il greco antico, altrimenti perdo tutta la stima che ho per lei...

Matteo L. Vicenza


Caro Matteo, ti risparmio il cognome altrimenti la tua maturità partirebbe maluccio. Già non mi sembri un grande appassionato delle lingue antiche, se la tua lettera finisse poi nelle mani di un commissario d'esame, rischieremmo un disastro... Anche perché, diciamolo, io ti capisco, sai: alla tua età passare le giornate chini sul Rocci (Lorenzo, noto dizionario) anziché sulla compagna del primo banco appare quanto mai fastidioso. E mi rendo conto pure che l'Anabasi di Senofonte, per quanto attraente, non possa competere con la playstatìon, se non altro perché nell'Anabasi vincono sempre gli stessi, mentre alla playstation ogni partita è incerta. Però te lo devo confessare. A me il greco piaceva, piaceva molto, forse anche più del latino. Di quest'ultimo ho imparato ad apprezzare nel corso degli anni il rigore, il metodo, la forza con cui ti costringe a ragionare, a trovare la via di soluzione anche ai problemi che sembrano impossibili.
Del greco ho un ricordo più dolce, se possibile. Adesso i veri cultori della materia inorridiranno, ma io ho sempre accostato il greco alla fantasia, a cominciare da quel modo in cui si presenta, con quell'alfabeto pieno di arzigogoli e curvette. Ho sempre contrapposto (probabilmente sbagliando) la creatività greca alla razionalità latina, la fantasia ateniese contro la ferrea logica dell'eloquio ciceroniano, il latino era ai miei occhi come Beckenbauer, ma il greco era Cruijff.
Non si può studiare il latino senza il greco, non avrebbe senso, sarebbe un'esperienza incompleta, un'immersione parziale nella ricchezza del passato. Qualche mese fa, durante la presentazione di un mio libro, ho incontrato, dopo venticinque anni, la mia prof di latino e greco del liceo, la terribile professoressa Bruno: ai miei occhi era rimasta la stessa di allora. Evidentemente il latino e il greco non fanno nemmeno invecchiare. E devo dire che parlare davanti a lei mi ha messo la stessa soggezione, come se ad ogni parola mi potesse chiedere ancora la radice di un verbo in omega. E l'imperfetto come fa? E il futuro? Epperò, con un po' di sadismo, sono contento che quest'anno sia uscito di nuovo greco al classico. Mi è venuto in mente che tanti anni fa, mentre preparavo la maturità (greco anche allora) un amico molto anziano mi stupì dicendo con un sorriso: «Sono passati decenni, eppure io mi ricordo ancora l'aoristo di "lambano"». Mi chiedevo allora come facesse. E soprattutto che avesse da sorridere con l'aoristo. Adesso sto mormorando l'aoristo di "lambano": dovrebbe essere "elabon". E sorrido anch'io, nell'attesa che tra vent'anni possa sorridere un po' anche tu.
 

(Libero, 05 luglio 2018)

 

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