"Il patrimonio greco, criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana" (Benedetto XVI) "La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma" (Benedetto XVI)
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Solennità
dell’ordinazione
di sant’ambrogio vescovo e dottore della chiesa,
patrono della santa chiesa ambrosiana e della città di milano
Discorso del Cardinale Angelo Scola, Arcivescovo di Milano
Primi Vespri della Solennità
6 dicembre 2012
L’Editto di Milano:
initium libertatis
1. Il XVII centenario dell’Editto di Milano
«L’Editto di
Milano del 313 ha un significato epocale perché segna l’initium libertatis
dell’uomo moderno»[1]. Quest’affermazione di un illustre cultore del diritto
romano, il compianto Gabrio Lombardi, permette di evidenziare come i
provvedimenti, a firma dei due Augusti Costantino e Licinio, determinarono non
solo la fine progressiva delle persecuzioni contro i cristiani ma, soprattutto,
l’atto di nascita della libertà religiosa. In un certo senso, con l’Editto di
Milano emergono per la prima volta nella storia le due dimensioni che oggi
chiamiamo “libertà religiosa” e “laicità dello Stato”. Sono due aspetti decisivi
per la buona organizzazione della società politica.
Un’interessante conferma di questo dato si può trovare in due significativi
insegnamenti di sant’Ambrogio. Da una parte l’arcivescovo non esitò mai a
richiamare i cristiani ad essere leali nei confronti dell’autorità civile, la
quale, a sua volta - ecco il secondo insegnamento - doveva garantire ai
cittadini libertà sul piano personale e sociale. Veniva così riconosciuto
l’orizzonte del bene pubblico a cui sono chiamati a concorrere cittadini e
autorità.Non si può
tuttavia negare che l’Editto di Milano sia stato una sorta di “inizio
mancato”. Gli avvenimenti che seguirono, infatti, aprirono una storia lunga
e travagliata.
La storica,
indebita commistione tra il potere politico e la religione può rappresentare
un’utile chiave di lettura delle diverse fasi attraversate
dalla storia della pratica della libertà religiosa.
La situazione cambiò profondamente con la promulgazione della dichiarazione
Dignitatis humanae. Quali sono le novità fondamentali
dell’insegnamento conciliare? Il Concilio, alla luce della retta ragione
confermata e illuminata dalla divina rivelazione, ha affermato che l’uomo ha
diritto a non essere costretto ad agire contro la sua coscienza e a non essere
impedito ad agire in conformità con essa.
(...)
2.
Praticare e pensare oggi la libertà religiosa
Tuttavia parlare
oggi di libertà religiosa significa affrontare un’emergenza che va sempre più
assumendo un carattere globale. Secondo l’accurato studio di Brian J. Grim e
Roger Finke[2],
nel periodo compreso tra il 2000 e il 2007 sono stati ben 123 i Paesi in cui si
è verificata una qualche forma di persecuzione religiosa, e
purtroppo il numero
è in continuo aumento.
(...)
3. Nodi da sciogliere
In questo quadro, per sciogliere taluni nodi problematici, sono utili ed
appropriati almeno due ordini di considerazioni.
Il primo riguarda il nesso tra libertà religiosa e pace sociale. Non solo la
prassi, ma anche diversi studi recenti hanno evidenziato come tra le due realtà
esista una correlazione molto stretta. Se astrattamente parlando si potrebbe
immaginare che una legislazione in grado di ridurre i margini della diversità
religiosa riesca anche a ridurre fino ad eliminare la conflittualità che ne può
derivare, di fatto si verifica la
situazione esattamente opposta: più lo Stato impone dei vincoli, più aumentano i
contrasti a base religiosa. Questo risultato è in realtà comprensibile: imporre
o proibire per legge pratiche religiose, nell’ovvia improbabilità di modificare
pure le corrispondenti credenze personali, non fa che accrescere quei
risentimenti e frustrazioni che si manifestano poi, sulla scena pubblica, come
conflitti.
Il secondo problema è ancor più complesso e richiede una riflessione un po’ più
articolata. Riguarda la connessione tra libertà religiosa e
orientamento
dello Stato e, a diversi livelli, di tutte le istituzioni statuali, nei
confronti
delle comunità religiose presenti nella società civile.
(...)
Infatti se la libertà religiosa non diviene libertà realizzata posta in cima
alla scala dei diritti fondamentali, tutta la scala crolla. La libertà
religiosa appare oggi come l’indice di una sfida molto più vasta: quella della
elaborazione e della pratica, a livello locale ed universale, di nuovi basi
antropologiche, sociali e cosmologiche della convivenza propria delle società
civili in questo terzo millennio. Ovviamente questo processo non può
significare un ritorno al passato, ma deve avvenire nel rispetto della natura
plurale della società. Pertanto, come ho avuto modo di dire in altre occasioni,
deve prendere l’avvio dal bene pratico comune dell’essere insieme.
Facendo poi leva sul principio di comunicazione rettamente inteso, i
soggetti personali e sociali che abitano la società civile devono narrarsi e
lasciarsi narrare tesi ad un reciproco, ordinato riconoscimento in vista del
bene di tutti.
4. Per un cammino comune
In proposito vorrei solo accennare a una condizione secondo me imprescindibile
di questo cammino arduo, ma improcrastinabile.
Acquisito l’insegnamento di Dignitatis humanae connesso a quell’initium
libertatis inaugurato positivamente
nell’Editto del 313,
che l’adesione alla verità è possibile solo in maniera volontaria e personale e
la coercizione esterna è contraria alla sua natura, bisogna riconoscere che
questa doppia condizione resta nei fatti spesso irrealizzabile. Perché? Perché
contemporaneamente non si persegue «quel
dovere e quindi il diritto di cercare la verità» (DH 3) che toglie ad
ogni retta affermazione della libertà religiosa il sospetto di essere un altro
nome dell’indifferentismo religioso che non può non porsi, almeno nei fatti,
come una specifica mondovisione la quale, nell’attuale frangente storico, tende
sempre più a far valere l’egemonia di una particolare visione del mondo
sulle altre.
Che dire in proposito di fronte all’obiezione di quanti non soddisfano l’obbligo
di cercare la verità per aderirvi? Anzitutto si deve ribadire che questa è
sempre comunque la scelta di una
mondovisione che ha cittadinanza in una società plurale, ma che non può essere
surrettiziamente assunta come fondamento della aconfessionalità dello Stato.
Tuttavia ancor più decisivo è il libero invito loro rivolto a riflettere in che
cosa consista tale obbligo.
Agostino, genio espressivo dell’umana inquietudine, ne aveva carpito il segreto,
come ci ricorda Benedetto XVI: «Non siamo
noi a possedere la Verità dopo averla cercata, ma è la Verità che ci cerca e ci
possiede»[3].
In questo senso, è la stessa verità, attraverso la pregnanza delle relazioni e
delle circostanze della vita di cui ogni uomo è protagonista, a proporsi come
“il caso serio” dell’umana esistenza e dell’umana convivenza. La verità che ci
cerca si documenta nell’insopprimibile anelito con cui l’uomo ad essa aspira: «Quid
enim fortius desiderat anima quam veritatem?»[4].
E questo anelito rispetta la libertà di tutti, anche di chi si dice agnostico,
indifferente o ateo.
La libertà religiosa sarebbe altrimenti una parola vuota.
5.
L’anniversario dell’Editto, opportunità per Milano
La città di
Milano e le terre lombarde sono e saranno sempre più abitate da tanti nuovi
italiani (immigrati di prima, seconda e terza generazione). Saranno
chiamate a fare i conti con il processo storico (sottolineo
processo storico e non progetto
sincretistico) di meticciato di civiltà e
di culture, a mostrare la capacità di rispettare la libertà di tutti, di
edificare il corpo ecclesiale e un buon tessuto sociale trasmettendo fede e
memoria.
Le nostre terre
sono e saranno obbligate a confrontarsi con lo sviluppo di una società civile
dai contorni molto più variegati e a rischio di sempre maggior frammentazione
per la presenza di interessi corporativi, i cui centri effettivi di potere sono
e saranno sempre più dis-locati
“altrove”, in Europa e nel mondo; poteri, mai neutri, che vedranno sempre più
accresciuta la loro capacità di presentarsi come attori sociali e gruppi di
pressione.
La celebrazione
dell’anniversario dell’Editto di Milano cade in un momento storico in cui la
Chiesa ambrosiana, insieme a tutte le Chiese del nostro paese, è chiamata ad
un’opera di trasformazione della propria presenza nella società plurale.
Superati i decenni della contestazione che annunciavano la fine di ogni forma
pubblica del cattolicesimo (negli anni ’70 anche a Milano molti pensavano così),
i cristiani possono testimoniare l’importanza e l’utilità della dimensione
pubblica della fede. Il cattolicesimo popolare ambrosiano - che non è privo di
profonde fragilità sia nell’assunzione del pensiero di Cristo che nella pratica
sacramentale e del senso cristiano della vita - si mostra tuttavia capace di
risorse innovative per il vivere sociale, inimmaginabili nelle previsioni di
qualche decennio fa. Il concreto
tessuto ambrosiano di vita cristiana, forse in modo culturalmente minoritario,
sta infatti cercando nuove forme per mantenersi capillarmente radicato
nell’esteso territorio della diocesi. Lo fa attraverso reti di solidarietà, di
accoglienza, di costruzione di risposte ai bisogni fondamentali, di gestione del
legame sociale, di educazione alla fede e alla cultura, che va dall’annuncio
esplicito della bellezza, della bontà e della verità dell’evento di Gesù Cristo
presente nella comunità, fino alla proposta di tutte le sue umanissime
implicazioni antropologiche, sociali e di rapporto con il creato.
6. Un lavoro
comune
Il nostro è un
tempo che domanda una nuova, larga cultura del sociale e del politico. I molti
frammenti ecclesiali e civili che già oggi anticipano la Milano del futuro sono
chiamati a lasciar trasparire il tutto. L’insieme deve brillare in ogni
frammento a beneficio della comunità cristiana e di tutta la società civile.
Vita buona e buon governo vanno infatti di pari passo.
[1] G. Lombardi, Persecuzioni, laicità, libertà religiosa. Dall’Editto di Milano alla “Dignitatis humanae”, Studium Roma 1991, 128.
[2]
The Price of
Freedom Denied. Religious Persecution and Conflict in the Twenty-first
Century,
Cambridge University Press, New York 2011.
[3]
Benedetto XVI,
Udienza Generale, 14 novembre
2012.
[4]
Agostino, “Che
cosa più potentemente l’uomo desidera del vero?”,
Commento al Vangelo di san
Giovanni 26,5.
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