Teocrito, Talisie, vv. 128-fine
Questa la mia canzone. E Licida, con un sorriso dolce,
come prima, mi regalò il bastone, da parte delle Muse. Voltò a sinistra
e prese per la strada che va a Pyxa. Io, Eucrito e il bel piccolo
Aminta andammo invece a casa di Frasidamo, e ci sdraiammo allegri sugli
alti letti di soffice lentisco e sui pampini tagliati di recente. Sopra
di noi stormivano pioppi e olmi, e lì vicino una sorgente sacra si
versava mormorando dalla grotta delle Ninfe. Stridevano forte sui rami
ombrosi le cicale bruciate dal sole; e si sentiva da lontano la
ranocchia gracidare nascosta nei densi spineti. Cantavano le allodole e
i cardellini, e la tortora gemeva, e le api d'oro volavano intorno alle
fontane. Tutto profumava dell'opulenta estate e dei suoi frutti. Ai
nostri piedi rotolavano le pere, al nostro fianco mele in quantità; e
fino a terra si curvavano i rami carichi di prugne, e dal collo degli
orci si toglieva la pece di quattro anni prima. Ninfe Castalie che
abitate le cime del Parnaso, forse era questo il vino che una volta,
nella rocciosa grotta di Folo, il vecchio Chirone offrì ad Eracle? O
forse quel famoso pastore dell'Anàpo – il forte Polifemo che gettava le
montagne sulle navi –, fu un vino come questo che lo fece sgambettare
nella sua caverna? Tale è il nettare che ci versaste allora, o Ninfe,
presso 1'altare di Demetra protettrice del raccolto. Sui mucchi di
grano delta dea, ch'io possa piantare ancora la mia vanga, e lei
sorridere, le mani piene di spighe e di papaveri.
ὄχναι μὲν πὰρ ποσσί, παρὰ πλευραῖσι δὲ μᾶλα
δαψιλέως ἁμῖν ἐκυλίνδετο,
τοὶ δ' ἐκέχυντο
ὄρπακες βραβίλοισι καταβρίθοντες
ἔραζε·
τετράενες δὲ πίθων ἀπελύετο κρατὸς ἄλειφαρ.
Νύμφαι Κασταλίδες
Παρνάσιον
αἶπος ἔχοισαι,
ἆρά γέ πᾳ τοιόνδε Φόλω κατὰ λάινον ἄντρον
κρατῆρ' Ἡρακλῆι γέρων ἐστάσατο Χίρων;
ἆρά γέ πᾳ τῆνον τὸν ποιμένα τὸν ποτ' Ἀνάπῳ,
τὸν κρατερὸν Πολύφαμον,
ὃς ὤρεσι νᾶας ἔβαλλε,
τοῖον νέκταρ ἔπεισε κατ' αὔλια ποσσὶ χορεῦσαι,
οἷον δὴ τόκα πῶμα διεκρανάσατε,
Νύμφαι,
βωμῷ πὰρ Δάματρος ἁλωίδος; ἇς ἐπὶ σωρῷ
αὖτις ἐγὼ πάξαιμι μέγα πτύον, ἃ δὲ γελάσσαι
δράγματα καὶ μάκωνας ἐν ἀμφοτέραισιν
ἔχοισα
Nell'immagine: una pagina
dell'edizione Aldina di Teocrito (1495)
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